Il processo di democratizzazione in Italia è avvenuto con gravi ritardi rispetto a quanto accaduto in altri paesi del mondo occidentale e ha dato luogo a un sistema fragile e squilibrato. Il sistema politico italiano si configura come un complesso istituzionale scarsamente differenziato dagli altri sottosistemi della società, in particolare da un sistema economico a sua volta incapace di strutturarsi secondo le leggi del capitalismo moderno. E ciò ha finito con l’alimentare quella forma di democrazia consociativa tipica del nostro paese. Dall’affermazione del trasformismo all’epoca dello Stato unitario e alla stasi istituzionale che contraddistingue l’attuale fase politica, il libro ricostruisce l’evoluzione di uno Stato senza progetto, ancora oggi incapace di liberarsi degli errori del passato.
Le campagne elettorali sono una festa e una battaglia, una celebrazione e una competizione, un momento sacro e un rito pagano, terreno d'azione di folle e singoli leader, condotte da eserciti di volontari e ristretti staff di professionisti. Momento centrale delle moderne democrazie, nel corso degli anni si sono trasformate. Pubblicitari, sondaggisti, esperti di marketing, hanno sostituito militanti, partiti e candidati; tecniche di campaigning e spot, strategie di media management e storytelling, la rete e i social network hanno preso il posto di manifesti, comizi, volantini. Il libro ripercorre le caratteristiche e l'evoluzione delle campagne elettorali in Italia dalla nascita della Repubblica a oggi.
Che cosa sono le campagne elettorali digitali? In che cosa sono diverse dalle campagne online? Quali forme ha assunto negli ultimi anni la mobilitazione degli elettori da parte della politica? Come si rinnovano le strategie ora che sono disponibili tecnologie avanzate e analisi dei "big data"? Un libro utile a orientarsi in un panorama - quello della comunicazione politica ed elettorale - che ha subito in breve tempo trasformazioni radicali.
Il palinsesto è la sequenza di tutto ciò che viene trasmesso in televisione nella giornata, nella settimana, nel mese. Ma è anche un mosaico di contenuti eterogenei, è un processo di composizione sempre presente per gli addetti ai lavori, è l'elemento che definisce l'identità e il 'sapore' dell'offerta per gli spettatori. Luca Barra affronta per la prima volta in modo sistematico il tema del palinsesto: gli strumenti e le regole del buon programmatore, le logiche che sottostanno alla sua composizione, l'evoluzione storica dei palinsesti italiani, gli effetti del digitale e del multichannel. Un volume per comprendere l'elemento principe della grammatica televisiva e i suoi sviluppi futuri.
Quanto è rivoluzionaria la cosiddetta 'rivoluzione digitale'? E quanto, invece, il digitale affonda le proprie radici nei vecchi media analogici dell'Otto-Novecento? Partendo da questi interrogativi, Gabriele Balbi e Paolo Magaudda ci guidano in un originale viaggio attraverso la storia dei media digitali, dalla prima metà del Novecento ai giorni nostri. Con un'ottica globale, gli autori ripercorrono le tappe principali della storia del computer, di internet, del telefono cellulare e della digitalizzazione di alcuni settori dell'industria culturale quali musica, stampa, cinema, fotografia e radiotelevisione. Tra rotture rivoluzionarie e sorprendenti continuità, "Storia dei media digitali" getta uno sguardo disincantato su una delle mitologie del nostro tempo.
Quello di territorio è concetto, dal punto di vista giuridico, mutevole nel tempo: patrimonio del sovrano, elemento costitutivo della persona giuridica statale e degli enti territoriali, garanzia della generalità rispetto agli interessi particolari, linea di confine amministrativo, criterio della sussidiarietà cosiddetta verticale, forma di rapporto fra l'individuo e l'ambiente circostante. Oggi, in un mondo globalizzato e senza confini, la terra riappare, nella sua fisicità, come 'madre', che genera, accoglie, nutre e protegge. È a questa idea di territorio, buona, più che a definire, a riferire di un orizzonte di vita, di un contesto di inclusione e identificazione, di un 'luogo' in cui le persone e le comunità possono convivere e crescere, che guarda questo libro e la materia che ne forma oggetto.
Tanto i processi di mondializzazione del diritto quanto la mutazione dei presupposti del costituzionalismo nazionale, rendono sempre più complesso far valere la 'superiorità' dei principi presenti nelle costituzioni nazionali, determinando una progressiva e apparentemente inarrestabile caduta della loro forza prescrittiva. Il diritto costituzionale, perduta la sua vitalità originaria, si mostra così un diritto debole. Ma un'altra ragione spiega la crisi odierna. Il costituzionalismo si è affermato nel corso della storia della modernità in quanto mezzo per la realizzazione dei diritti. Inevitabile diventa chiedersi se c'è ancora un progetto al tempo del disincanto e quali siano i soggetti che nell'epoca attuale possono dare forza materiale al costituzionalismo.
A dispetto dell'immagine corrente della globalizzazione giuridica, l'uniformità senza confini degli ordinamenti che sembra caratterizzare il mondo contemporaneo non azzera il peso delle diverse tradizioni giuridiche: le diverse immagini della 'legge' continuano a segnare differenze, scarti che interrompono lo spazio globale. Persino lo stile, i linguaggi e le modalità di legittimazione della giustizia divengono, seppur in modo più sotterraneo e indiretto, elementi pregnanti di una nuova 'geopolitica', gli strumenti culturali di una lotta per l'egemonia dei modelli giuridici. In particolare due forme della legge si stagliano ancora nel mondo e nell'Occidente: quella anglo-americana della 'legge orale' e quella continentale della 'legge scritta'. Si tratta di due forme antitetiche, che marcano una profonda dualità dell'Occidente.
Il volume analizza la dimensione dell'effettività del diritto pubblico, intesa non soltanto come complesso di principi e regole, ma anche quale contenitore ed espressione di eventi, decisioni e fenomeni socio-economici capaci di incidere direttamente sui diritti dei cittadini. Il conflitto sociale, la lotta per i diritti, l'eguaglianza sostanziale rappresentano le categorie giuridiche che maggiormente hanno contribuito all'insorgere delle tre dimensioni del diritto pubblico, trasformando la pubblica amministrazione da mera esecutrice della volontà legislativa a soggetto attivo nei processi sociali di trasformazione e di erogazione di servizi. Si è così sviluppato un diritto pubblico capace di confrontarsi e fronteggiare decisioni provenienti anche da organismi privi di investitura popolare. Alberto Lucarelli discute i contributi teorici più significativi che si sono avuti nel XIX e XX secolo e "attraverso l'analisi delle idee e dell'evoluzione dei processi normativi - si pensi alla straordinaria stagione delle Costituzioni europee successive alla prima guerra mondiale - evidenzia le varie dimensioni del diritto pubblico. Inoltre delinea quali possano essere gli strumenti e le categorie giuridiche per uscire dalla crisi della dimensione sociale del diritto, e dalla sua impotenza, per raggiungere gli obiettivi della democrazia sostanziale".
Dai codici francese, tedesco e svizzero a quello italiano del 1942, dai codici latino-americani al caso di Cuba, dove sopravvive l'ultimo codice socialista, dalle codificazioni nella realtà cinese fino al dibattito sull'opportunità di un codice europeo: sono alcuni dei temi di un itinerario di studio che del codice civile finisce per confermare l'attualità come strumento dell'esperienza del diritto.
Come e perché sta cambiando il lavoro nel mondo? Il tipo di lavoro svolto esprime ancora un'identità sociale? Al lavoro viene riconosciuto un ruolo tuttora fondamentale nelle singole traiettorie di vita, pur segnate da percorsi occupazionali più incerti e instabili? Come si risponde, nei vari paesi e in Italia, alle maggiori richieste di produttività e "soft skills"? Osservando il passaggio dal 'saper fare cose' al 'saper essere creativi' nella società della conoscenza, Serafino Negrelli delinea le trasformazioni che hanno interessato il lavoro negli ultimi trent'anni e quel che potrebbe accadere nel prossimo futuro.
La Corte costituzionale è l'organo che giudica le controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi dello Stato e delle Regioni, ai conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni. Il volume racconta la storia del ruolo svolto dalla Corte e dall'autorità giudiziaria nel sistema italiano di giustizia costituzionale e dell'evoluzione nel tempo delle loro reciproche relazioni. Rapporti iniziati molto prima del 1956, anno di nascita della stessa Corte costituzionale, anzi in epoca ancora precedente alla sua previsione nella Costituzione repubblicana del 1948. È infatti nelle righe finali del copione stese dai nostri Costituenti la sera della scadenza del loro mandato che c'è un colpo di scena: la Corte costituzionale e i giudici diventano i co-protagonisti indiscussi del sistema di controllo di costituzionalità italiano. Nei primi quaranta anni di vita della Corte costituzionale, dal 1956 al 1996, i due soggetti procedono a una lunga serie di tentativi per accordare gli strumenti processuali di cui dispongono. Poi i loro rapporti si fanno sempre più stretti, e dalle iniziali incomprensioni si passa a una condivisione del medesimo lavoro e dei medesimi obiettivi. Dalla metà degli anni Novanta a oggi i protagonisti della giustizia costituzionale italiana si presentano uniti, fino ad arrivare al giro di boa del nuovo millennio quando entra in scena anche la nuova dimensione europea della giustizia italiana.
Il campo dei media è stato studiato in prevalenza dal punto di vista sociale, culturale e politico, più raramente si sono considerati i suoi aspetti economici. Ma le dimensioni e le funzioni delle imprese che operano nel campo dei media hanno ormai raggiunto una rilevanza tale da imporre una maggior attenzione anche a questi aspetti. Il libro offre alcuni strumenti essenziali per capire e valutare la rilevanza dell'economia nel complesso mondo dei media mettendo in evidenza alcuni caratteri generali e analizzando alcuni settori specifici. I caratteri generali sono trattati nei primi quattro capitoli del libro, che inizia con la definizione dell'ambito occupato dai media e del loro ruolo all'interno dell'industria della comunicazione che comprende anche le telecomunicazioni e l'informatica. Poi si prosegue con l'analisi dei fattori che distinguono l'economia dei media da quella degli altri settori economici e con quella dei maggiori trend che hanno caratterizzato su scala internazionale le imprese e i mercati di riferimento. Il terzo capitolo riguarda le forme dei mercati dei media e le loro caratteristiche attuali e l'ultimo capitolo affronta il tema della pubblicità che oggi è la principale fonte di finanziamento di questo sistema. La seconda parte del libro entra nel merito di settori più specifici, dall'industria della stampa quotidiana all'editoria libraria, dal cinema alla televisione e ai nuovi media digitali
La democrazia non godeva di buona fama nell'antichità, neppure nella città che le aveva dato i natali. L'avversione di gran parte degli intellettuali ateniesi nei confronti del governo 'dei molti' derivava dall'opinione per lo più negativa che gli scrittori antichi avevano del popolo, assimilato a una massa ignorante e irrazionale, facile preda delle lusinghe dei demagoghi. Nell'età moderna il giudizio nei confronti della democrazia muta, ma i dubbi sulla capacità del popolo di autogovernarsi si ripropongono, alimentati dai non pochi casi di pessime decisioni assunte dai cittadini nell'esercizio della sovranità: dalla elezione di Luigi Napoleone a presidente della Repubblica, nel 1848, al voto che conduce al potere Hitler, nel 1933, all'irresistibile ascesa, nel corso del XX e XXI secolo, di improbabili 'uomini della provvidenza' che, in nome del popolo, si ergono al di sopra della legge e dello stato di diritto. Il volume si sofferma su alcuni di questi episodi, identificando quattro distinte dimensioni del problema dell'incompetenza del popolo, esemplificate dalle figure del demos, della plebe, dei subalterni e degli 'stupidi'. Tali figure fanno la loro comparsa in epoche diverse, suscitando la paura e l'ostilità dei ceti colti e aristocratici, ma provocando sconcerto anche in chi crede nel valore dell'eguaglianza politica, ma non si nasconde il problema delle insufficienti capacità critiche dei cittadini-elettori.
A lungo considerato un'istituzione del passato, oggi il museo conosce una straordinaria fortuna, ma in una forma profondamente rinnovata. Sotto il profilo architettonico ha enfatizzato il suo carattere di icona metropolitana, capace di dare una forte riconoscibilità a luoghi in cerca di un'identità perduta o da ritrovare e di essere un punto di riferimento per i flussi turistici e cosmopoliti della nostra epoca. Ma non è solo l'aspetto fisico dei musei a cambiare: cambia il rapporto che queste architetture istituiscono con le opere, il loro contenuto tradizionale. Rifiutandosi di essere un semplice contenitore, il più possibile neutro, questi musei, opere essi stessi, si pongono in dialogo con le collezioni. Un nuovo modo di concepire gli spazi e l'organizzazione dei percorsi coinvolge anche i visitatori, sollecitati da una politica culturale impostata ormai sulle cadenze internazionali degli eventi e delle mostre temporanee. Il volume prende in esame alcuni esempi come il museo dell'Ara Pacis a Roma di Richard Meier, prima opera di architettura contemporanea nel centro storico della capitale; Punta della Dogana di Tadao Ando e Fondazione Vedova di Renzo Piano a Venezia, due diversi modi di affrontare il restauro di luoghi antichi destinati all'arte contemporanea; il museo di Quai Branly a Parigi di Jean Nouvel, in cui l'arte e il patrimonio culturale non occidentale confluiscono in un'isola urbana dove allestimento e collezione formano un tutto unico...
Il declino di tutti i fondamenti, metafisici e terreni, consegna il diritto alla decisione individuale.
La scelta del singolo – che risponde all'interrogativo 'quale è il mio posto nel mondo del diritto?' – costituisce l'unica ed esclusiva verità.
La semiotica si è tradizionalmente occupata di segni e, in particolar modo, di segni verbali (testi letterari innanzi tutto). Col passare degli anni ha poi ampliato il suo interesse anche verso i linguaggi non verbali (pittura, musica, danza), fino ad arrivare ai linguaggi mediatici di oggi: tv, cinema, nuovi media. Man mano che il campo semiotico si è allargato, l'attenzione si è progressivamente spostata dai segni ai testi, fino alla cultura in senso lato ed è proprio sulla cultura che oggi molta semiotica riflette. Si è infatti imposta la consapevolezza che non solo ogni fenomeno di senso va compreso sullo sfondo del suo tessuto culturale globale, ma - anche a seguito del multiculturalismo della nostra società - ci si è progressivamente resi conto di quanto ogni cultura sia un universo di senso a sé, con i suoi codici, le sue regole, i suoi testi fondativi, i suoi riti, e come tale sia più o meno disponibile alla traduzione e al dialogo.
Con curata profondità di analisi e chiarezza di tesi, Manlio Graziano dipana davanti ai nostri occhi una vera e propria strategia della Chiesa destinata a radicare e approfondire il suo irradiamento nel mondo. Storico di formazione, attento alle fonti e alla loro interpretazione, ai nessi logici e temporali, con piglio geopolitico Graziano espone i caratteri e i problemi propri della strategia di nuova evangelizzazione in specifici contesti spaziali. Tutto il volume è costruito intorno a un ragionamento esplicito sui modi in cui la Chiesa cattolica cerca di adattarsi alle dinamiche del mondo, tenendo alto l’obiettivo di «conformare le nostre società al Vangelo, e non conformare il Vangelo alle nostre società». Lucio Caracciolo
Indice
Prefazione Quanto universale è la Chiesa universale? di Lucio Caracciolo - 1. Statistica e criteri di Dio - 2. Le nuove vocazioni - 3. Il tempo del Concilio - 4. La desecolarizzazione del mondo - 5. Il pessimismo pragmatico - 6. La Grande Guerra - 7. La teologia della storia - 8. Europeismo, internazionalizzazione, romanizzazione - 9. La bomba demografica - 10. Il laboratorio italiano - 11. Da Cartesio alla Shoah - 12. L’etica dei doveri - 13. Il modello americano - 14. La santa alleanza - 15. Fino agli estremi confini - 16. La cattolicizzazione della modernità - Conclusione Il secolo cattolico - Appendice di grafici - Bibliografia - Indice dei nomi
In breve
Maestro della scienza penale, ministro della Giustizia, giudice e presidente della Corte costituzionale, Giuliano Vassalli (1915-2009), a lungo protagonista della vita pubblica italiana, ha coniugato pensiero scientifico e azione istituzionale e politica nel segno degli ideali di giustizia ed eguaglianza, nella difesa e per l’affermazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Il volume di Francesco Palazzo raccoglie gli scritti di Vassalli intorno a quattro temi principali: il nesso fra Costituzione e politica criminale, il fondamento della pena alla luce del solidarismo rieducativo del condannato, il processo penale e gli itinerari della sua faticosa riforma, la guerra e i crimini contro l’umanità.
Indice
Maestri del diritto. Un invito alla lettura di Paolo Cappellini e Giuseppe Conte - Giuliano Vassalli: perché legge e giustizia penale non si separino di Francesco Palazzo - I. DIRITTO PENALE, POLITICA CRIMINALE, GIUSTIZIA: IL RUOLO DELLA COSTITUZIONE E DEL CODICE - II. REATO E PENA - III. PROCESSO PENALE E LIBERTÀ - IV. DIRITTI UMANI E GIUSTIZIA PENALE INTERNAZIONALE - Colloquium con Giuliano Vassalli
Massimo Severo Giannini (1915-2000) è stato uno dei più grandi giuristi europei del '900, uno dei padri della Costituzione, ministro per la funzione pubblica, collaboratore di molti giornali. Ha contribuito all'allargamento dei confini del diritto con contributi di grande importanza per la storia e per la sociologia: "Studioso prestato alla politica, è stato progettista di molte nuove leggi, consulente ascoltato, legislatore, e ha aperto una nuova stagione di riforme amministrative. Fu maestro ineguagliato nell'arte propria dei giuristi di distinguere, classificare, ordinare, nonché in quella di problematizzare. Guardando sempre con occhi nuovi una materia, era capace di farne vedere aspetti finallora sconosciuti". Questo volume raccoglie gli scritti di Giannini di maggior interesse per la teoria giuridica e per la storia e, quindi, di maggiore interesse per un pubblico vasto, anche di non giuristi. Il materiale è stato raccolto in cinque sezioni: gli ordinamenti giuridici, lo Stato e la sua storia, l'amministrazione e i diritti, centro e periferia, la scienza del diritto amministrativo. In ciascuna sezione sono pubblicati gli scritti più originali e significativi di Giannini, editi in un lungo arco di tempo (1939-1994).
IL LIBRO
Ha ancora senso pensare al diritto di resistenza negli stati democratici di diritto? E innanzitutto: che cosa significa politicamente ‘resistenza’? In cosa si differenzia da altre forme di opposizione e di cambiamento? Rispetto a chi o a che cosa è lecito o opportuno opporre resistenza? E ancora: è possibile porre un limite alla con-fusione dei poteri, ossia alle enormi capacità di influenza e condizionamento del potere economico e ideologico globalizzato? Ermanno Vitale analizza le tradizionali teorie del ‘diritto di resistenza’ alla luce delle nuove dimensioni che il potere politico, economico e ideologico ha assunto nel mondo contemporaneo e propone una definizione di resistenza costituzionale il cui scopo è difendere il patto sociale nel caso estremo in cui sia ragionevole dubitare dell’affidabilità delle garanzie istituzionali.
INDICE
Introduzione - I. Resistenza e forme di mutamento politico - II. Giustificare il diritto di resistenza - III. Resistere al potere economico ed ideologico - IV. Alla ricerca di un equilibrio sociale perduto - V. Metodi di resistenza - Indice dei nomi
In breve
Come è possibile che la mattina quando sfogliamo il giornale o la sera guardando il telegiornale comprendiamo in modo ovvio, naturale e immediato le notizie? Perché la nostra comprensione è il risultato del ricorso a una stratificazione di pratiche, di risorse e di competenze socialmente condivise tra chi elabora e chi fruisce l’informazione. Questa la tesi di Enrico Caniglia che ribalta la tradizionale interpretazione: non sono i media a produrre senso comune ma è il senso comune che rende possibili i fenomeni mediatici. «Lo scopo del libro non è quello di proporre una nuova teoria dei media o del giornalismo, ma di illustrare e di mettere alla prova un approccio alternativo, più attento agli aspetti pratici, per l’analisi empirica dei fenomeni mediatici».
Indice
Introduzione Le notizie come fenomeno sociale - 1. Comprendere le notizie - 2. Le notizie come descrizioni - 3. Le notizie come storie - 4. Come le notizie spiegano quello che è successo - 5. Neutralità e obiettività - 6. Le notizie diffondono stereotipi e pregiudizi? - Riferimenti bibliografici
Perché le relazioni fra popolazioni diverse si risolvono spesso in conflitti? Il volume prova a rispondere a questo interrogativo grazie a un approccio integrato e multidisciplinare. Un modello che si propone di comprendere e spiegare le ragioni dei contrasti nel rapporto fra migrazioni e globalizzazione, antiche e nuove minoranze etniche, dimensione politica e dimensione sociale. In questa nuova edizione si affrontano temi di particolare peso per la nostra contemporaneità, come la teoria dello scontro di civiltà e il rapporto tra religione e conflitti etnici.
La comunicazione d'impresa è un sapere integrato che, gestito da un professionista, esperto in pubbliche relazioni, consente a un'azienda di elaborare e attivare flessibili ed efficaci strategie di presenza sul mercato di riferimento. Applicata e praticata da anni in paesi come Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, in Italia ha lungamente stentato a prendere piede a causa, si diceva, di una tendenza a organizzare la comunicazione "per comparti": ovvero ciascuna agenzia o struttura lavora in autonomia, e non esiste una mente centrale che ne coordini gli sforzi (e i risultati) comunicativi verso l'esterno. Le cose oggi stanno finalmente cambiando. Questo volume offre una panoramica teorica sulla comunicazione d'impresa e passa in rassegna le diverse professionalità legate a questo settore, dalla pubblicità alle relazioni pubbliche, alle promozioni, sponsorizzazioni.
Nel Novecento la democrazia alterna successi e fallimenti: il periodo tra le due guerre sembra preludere alla sua crisi definitiva; la fine della Seconda guerra mondiale ne segna la rinascita; la conclusione della Guerra Fredda sospinge poi la forma democratica verso nuovi e imprevisti successi, con una diffusione che va ben al di là dell'area occidentale, dove è nata. Infatti, mentre nelle democrazie di lungo corso si moltiplicano i segnali di insoddisfazione, in molte altre regioni del mondo la democrazia non perde colpi e viene imitata in molti modi. Dagli anni Settanta a oggi, un processo più o meno intenso di democratizzazione ha investito quasi la metà degli Stati, dall'Europa meridionale e orientale all'America latina, all'Asia e all'Africa. In molti paesi le trasformazioni politiche portano alla nascita di democrazie consolidate, ma in altri il processo si interrompe, subisce battute d'arresto e anche vere e proprie inversioni di tendenza. Perché alcuni Stati si democratizzano prima e altri più tardi? E perché le cause e i percorsi che portano alla democrazia risultano così diversi? È possibile, infine, esportare la democrazia? Sono solo alcuni degli interrogativi posti da Grilli di Cortona di fronte alla diffusione globale del "governo del popolo".
Di diritti umani parlano testi costituzionali e dichiarazioni universali, Ong e organizzazioni finanziarie transnazionali, neoconservatori, liberali e no-global. Ci si riferisce ai diritti umani per legittimare sia le guerre umanitarie e l'imposizione delle politiche economiche, sia le lotte contro il neoliberismo. Ma cosa significa che i diritti umani sono "diritti", e cosa significa che sono "umani"? Davvero in tutto il mondo uomini e donne fanno riferimento agli stessi principi? Ne condividono il significato, vi attribuiscono lo stesso valore, li interpretano allo stesso modo? In che rapporto stanno i diritti collettivi e quelli degli individui, i diritti di libertà e i diritti sociali, i diritti politici e i diritti culturali? Definire una facoltà, un bene o un valore come un diritto è lo stesso che considerarli come l'oggetto di un dovere? L'autore muove da questi interrogativi per la sua analisi che unisce l'ottica teorico-giuridica alla ricerca storica sulla genealogia dei diritti umani.
Il termine "giornalismo" indica azioni diverse: il racconto di un fatto, il commento, una foto, un filmato, un'intervista, un titolo, una pagina di giornale, un talk show, una vignetta, una cartina geografica, una tabella. Nei secoli, il giornalista ha cambiato veste e compiti. Oggi in molti paesi è considerato un controllore dei poteri al quale si chiedono verità, distacco, obbiettività, per quanto possibili, ma la strada per arrivare fin qui è stata lunga e non è ancora giunta a conclusione: i canali a disposizione del cittadino si sono infatti moltiplicati, vengono usati in concorrenza l'uno con l'altro, aiutano a informarsi in modi e tempi diversi, si inseguono e si accavallano in una evoluzione senza soste che prefigura scenari di crescente complessità. Il volume, articolato in due sezioni dedicate rispettivamente alla teoria e alla pratica, si propone di "insegnare" al lettore non solo "come si fa" giornalismo, ma anche "che cos'è", con un'attenzione particolare alla situazione nel nostro paese.
La Costituzione italiana è entrata in vigore il 1° gennaio 1948. A sessant'anni dalla sua promulgazione, è possibile e doveroso misurarne il valore. Non in astratto, ma nella storia concreta della Repubblica, e con riferimento a cinque oggetti precisi: i diritti fondamentali, la forma di governo, il processo e la funzione giurisdizionale, la pubblica amministrazione e il sistema delle autonomie e la dimensione sovranazionale, su cui scorre la vicenda costituzionale europea. È quanto fanno i capitoli che compongono questo volume, nei quali gli studiosi più esperti sul tema mettono in evidenza la difficile e contrastata emersione del disegno costituzionale nella storia della Repubblica, ma anche il peso e il ruolo che la Costituzione ha avuto in quella storia.
Dalla comunicazione pubblica al linguaggio della vita quotidiana, la fiducia è tornata ad essere un punto di riferimento: si chiede, si coltiva, si revoca, costruisce e demolisce mondi, si da e si ha fiducia. Improvvisamente essa riemerge da teorie polverose e diventa la parola chiave di fronte alla crisi economica, alle difficoltà di governi e parlamenti, alla diffidenza di tutti i giorni nei confronti dei mercati. Eligio Resta ripercorre le tracce del concetto di 'fiducia' nel diritto nell'economia, nella filosofia. Con qualche inattesa sorpresa.
«La 'giustizia' complessiva realizzabile nel sistema costituzionale è il prodotto del massimo di integrazione possibile tra eguaglianza e libertà»: una concezione integrata dei due princìpi e non più una opposizione reciproca secondo la quale a più libertà corrisponderebbe meno eguaglianza e viceversa. Questa la nuova sfida che il costituzionalismo lancia ai detentori del potere.
I diritti umani parlano agli Stati. Ma solo a essi? E non anche agli individui in quanto soggetti di diritto internazionale? E se i diritti umani si rivolgono anche agli individui, qual è il loro scopo? La tesi di questo libro è che i diritti umani sono strumenti di lotta contro tutto ciò che impedisce di decidere autonomamente del proprio destino. Prima però di poter parlare di un 'universalismo degli oppressi', occorre chiedersi: coloro che vivono in condizione di subalternità sono in grado di appropriarsene? E desiderano farlo?
Il legame tra diritti e dignità umana è un punto fermo nel pensiero giuridico corrente, fondato sul postulato che tutti gli uomini siano egualmente degni e si debbano reciproco rispetto per la comune umanità. Ma a questa accezione 'genetica' e ugualitaria della dignità umana, oggi prevalente, si sono contrapposte storicamente concezioni diverse, elitarie e subordinate all'esito dell'azione individuale. Umberto Vincenti risale alle origini classiche del concetto di dignitas hominis e ne ricostruisce il lungo percorso, fino alla odierna formulazione dei diritti: umani, inviolabili, fondamentali, della personalità.
Il sogno di una società dell'informazione uguale per tutti si sta infrangendo contro l'evidenza: Internet riproduce meccanismi di esclusione propri del passato e li ripropone nel presente con forza del tutto nuova. Il modello della rete pervade la società, dà forma alle relazioni umane, è alla base di ogni tipo di attività economica, politica, associativa o religiosa. Chi non ha i mezzi per accedervi è fuori da tutto, intrappolato al fondo della piramide sociale.
Il diritto ha sempre tentato di disciplinare il fenomeno della guerra, prima attraverso norme e principi di tipo legislativo, poi per mezzo di misure costituzionali. Il percorso di giuridificazione del conflitto armato è culminato, nel XX secolo, nello ius contra bellum, il diritto volto a contrastare (e non più semplicemente a regolare) il conflitto, conseguenza diretta dei fantasmi di apocalisse finale. Mario Fiorillo ripercorre in questo volume l'evolversi del confronto tra il diritto e quel particolarissimo campo dell'agire umano che è il fatto bellico. La sua analisi da una parte passa in rassegna le diverse forme di legittimazione della guerra, delle sue cause e dei suoi fini, elaborate nei secoli dal pensiero occidentale, e dall'altra ricostruisce storicamente il processo di strutturazione giuridica del conflitto armato e delle sue modalità. L'autore si sofferma in particolare sui conflitti armati delle comunità globalizzate contemporanee, divise fra tradizionale garanzia dei diritti e ossessione di sicurezza. Dall'equilibrio del terrore della guerra fredda si è approdati oggi a un terrore senza equilibrio, una cortina di paura e panico che avvolge il mondo occidentale e che si richiama ancora una volta al diritto in cerca di legittimazione.
Lo Stato italiano è esteso e costoso come tutte le democrazie europee, però è più debole e inefficace degli altri. Sebbene la nostra normativa sulla comunicazione nella pubblica amministrazione sia una delle più avanzate al mondo, questo primato non riesce a tradursi in realtà operativa. Quando prendiamo un treno, spediamo un pacco, abbiamo bisogno di un documento, vogliamo aprire un'attività, prenotiamo un controllo medico o paghiamo una bolletta, ad esempio, ci ritroviamo invariabilmente a combattere con un "mostro" amministrativo pachidermico e inefficiente. Insomma paradossalmente l'amministrazione pubblica del nostro paese è a tutt'oggi una delle zone sociali con il più elevato tasso di ineffettività della legge. Eppure una comunicazione pubblica efficace è risorsa e opportunità per una nazione: crea valore aggiunto ai servizi, ne orienta le prestazioni ai bisogni della collettività, facilita la vita ai cittadini; assicura la trasparenza e favorisce la partecipazione; accresce l'efficienza.
La trasmissione di informazioni tra élite politiche, mass media e pubblico segue ormai le logiche di mercato di qualunque altro bene commerciale. La politica fa ampio ricorso a sondaggisti ed esperti, pronti a metterne in scena l'ormai permanente spettacolarizzazione. Più informato di un tempo, ma trasformato in target da sollecitare all'acquisto e bersagliato da informazioni troppo 'specializzate' e spesso parziali, quanto margine di reale partecipazione democratica resta al cittadino-consumatore di oggi?
In queste pagine Laclau, teorico della politica internazionalmente noto, offre al lettore una sorta di compendio del suo pensiero filosofico e politico sui rapporti tra democrazia, populismo e dinamiche di formazione delle identità collettive. Il volume si struttura in tre parti. La prima ripercorre a grandissime linee la storia primonovecentesca della psicologia delle masse. Nella parte centrale Laclau elabora un modello teorico del tutto originale, che si muove a cavallo tra la teoria politica di Gramsci e quella psicanalitica di Freud e Lacan. Nella terza e ultima parte l'autore passa in rassegna una interessante casistica storica di "incroci" tra democrazia e populismo: dalla vicenda italiana della Lega Nord - la cui ascesa è esaminata sullo sfondo della crisi del Partito Comunista Italiano e del crollo simultaneo della Democrazia Cristiana, all'inizio degli anni Novanta - ai regimi populistici dell'America Latina, da Perón a Vargas.
Gary Becker è stato un pioniere nell'applicare l'analisi economica allo studio del comportamento umano in aree come la discriminazione, il matrimonio, le relazioni familiari e l'educazione, dove si riteneva che il comportamento fosse dettato principalmente dalla consuetudine e dall'irrazionalità. La ricerca di Becker sul capitale umano - pubblicata in tempi in cui la stessa espressione capitale umano era ancora nuova e fortemente controversa - è divenuta presto un classico ed è stata considerata dal comitato del Nobel come il contributo più notevole di questo studioso alle discipline economiche. Per la prima volta tradotto in italiano, "II capitale umano" studia le conseguenze economiche prodotte, in termini di assunzioni e livelli salariali, dall'investimento in istruzione e formazione individuale.
Bio-diritto e bio-politica sono oggi formule di gran moda e si parla correntemente di danno biologico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, dignità della vita, living will (o testamento biologico) e integrità del corpo, mentre nelle grandi Carte e nelle Costituzioni hanno fatto irruzione, già da tempo, dimensioni non sempre immateriali della vita, come la felicità, la vita delle generazioni future, la fraternità. Quando la formula "diritto vivente" compare nella cultura europea degli inizi del secolo scorso, può già vantare una lunga storia e affonda le sue radici nelle riflessioni di Platone sull'etico politico. L'idea della sovranità della legge aveva tessuto, fin dai suoi esordi, un robusto filo che la legava alla dimensione della "vita", nel duplice significato del riguardare la vita rappresentandola e di essere per se stessa vita. In questo volume Eligio Resta rilegge la formula "diritto vivente" nei molti strati di senso che la compongono e traccia alcuni brevi percorsi all'interno del lessico con cui quel diritto si presenta, focalizzando l'attenzione su alcune parole influenti nel dibattito giuridico (e non solo) contemporaneo: vita, corpo, tecnica, archivio, verità, processo, tempo.
Nessuna delle categorie giuridiche intorno alle quali si organizza oggi la teoria del diritto può essere considerata semplicisticamente fuori gioco: né la sovranità, né l'ordinamento, né i diritti, né la giurisdizione. Tuttavia, nessuna sembra avere più il significato che le aveva dato la scienza giuridica stratificandosi nei secoli. Da una parte, si parla di degiuridificazione, deregulation, di deroghe e di eccezioni, di regolazione extragiudiziale delle controversie, insomma di svuotamento della capacità ordinativa dello strumento giuridico. Dall'altra, mai come in questo periodo è cresciuta l'enfasi sul nesso diritto-diritti, tanto dal punto di vista delle attese e dei bisogni "dal basso", quanto in funzione della garanzia di un nucleo universalistico minimo di principi e regole di matrice neoilluminista, a fronte del risorgere di conflitti identitari estremi. La realtà è che, a dispetto delle speranze seguite alla caduta del Muro di Berlino, il mondo è stato globalizzato sì, ma non dal diritto. Riprendendo e rinnovando alla luce delle sfide attuali un percorso di ricerca iniziato un trentennio fa con il volume "Decisione e norma", l'obiettivo di questo lavoro è quello di sondare la capacità di alcune categorie centrali della teoria generale del diritto di rappresentare la mobilità del nuovo quadro, senza occultarne ideologicamente l'opacità, restituendo il diritto al ruolo attivo, anche se solo relativamente libero, dei consociati.