Dopo la grande recessione che ha colpito il mondo intero, l'Occidente si trova a fare i conti con un modello di crescita rivelatosi fallimentare, centrato sulla corsa al consumo e sull'indebitamento. Ma se a vacillare è un intero modello di vita, l'Occidente può forse cogliere un'opportunità di salvezza guardando a Oriente. È qui che entra in gioco la Slow Economy: la via a uno sviluppo diffuso e sostenibile. Volgendo sempre lo sguardo a una millenaria saggezza orientale fatta anche di risparmio e frugalità, Federico Rampini ripercorre i luoghi e le storie in cui Occidente e Oriente si sono lasciati contagiare reciprocamente, in un awincente viaggio nella memoria e nel futuro.
La globalizzazione dell'economia, accompagnata dall'emergere di una cultura a sua volta globale, ha profondamente alterato il tessuto sociale, economico e politico degli stati-nazione, di vaste aree transnazionali e, non da ultimo, delle città. Nel volume vengono proposti nuovi strumenti concettuali e nuove strategie di ricerca per studiare le città come luoghi di intersezione tra globale e locale. È ormai evidente che numerose metropoli mondiali si sono sviluppate all'interno di mercati transnazionali e hanno ormai più caratteri in comune tra loro che con i rispettivi contesti regionali o nazionali.
Troppo spesso gli economisti si limitano a guardare agli aspetti tecnici delle recessioni. In realtà le crisi sistemiche del dopoguerra sono strettamente legate alla politica internazionale e agli interventi militari.
Non si può comprendere la crisi del petrolio del 1974 senza parlare della guerra del Vietnam e delle tensioni in Medio Oriente. Analogamente, la crisi finanziaria globale del 2008 è intimamente legata alle modalità con cui si è entrati in guerra contro il terrorismo internazionale. Non si possono immaginare scenari di economia stabili con politiche internazionali di scontro militare. Evidenziare i legami tra economia e politica, esplicitare la concatenazione degli eventi in questi ultimi cinquanta anni, tentare di capire dove va il mondo e quale potrebbe essere la prossima crisi globale, se si continua per questa strada, sono gli obiettivi di questo libro. La storia è una variabile che spiega molto degli eventi che viviamo.
Qual è il rapporto tra politica e città in tempi di globalizzazione, post-modernità e neoliberalismo? Nel rispondere a questo interrogativo, il libro propone di scomporre il complesso universo della politica urbana in tre dimensioni: la 'politica come rappresentazione', che si produce intorno ai discorsi e agli immaginari – la città globale, imprenditoriale, creativa – mobilitati a sostegno delle strategie convenzionali di sviluppo urbano; la 'politica come governo', generata dalle diverse modalità di valorizzazione e regolamentazione degli spazi e delle comunità urbane (dalle politiche di rigenerazione economica e territoriale a quelle di sorveglianza); infine, la 'politica come contestazione', alimentata dai movimenti 'dal basso' (per la giustizia e la cittadinanza), che pone in discussione l'ordine socio-spaziale associato alle due precedenti forme della politica.
Le Imprese Sociali si possono considerare a pieno titolo come soggetti attivi nel rilancio della competitività e dello sviluppo, da ricomprendere tra i possibili attori di politiche industriali e del lavoro.
Obiettivo della proposta di questo libro, è la promozione di nuove Imprese Sociali come strumento per favorire la riconversione parziale o totale di aziende in crisi, in particolari settori produttivi, offrendo allo stesso tempo nuove opportunità di lavoro per i soggetti coinvolti.
"La norma offre spazio per creare soluzioni innovative e formule imprenditoriali originali. Per questa ragione occorrono interventi che diano all'Impresa Sociale gli strumenti per svolgere in maniera efficace il proprio ruolo all'interno del nostro sistema socio-economico e permettano di affrontare, in maniera consapevole, le sfide che l'attuale crisi del sistema pone".
Un’introduzione autorevole e aggiornata alle principali teorie e ai concetti chiave che costituiscono il sistema economico e politico del capitalismo. Nella prima parte del volume vengono presentate le tesi dei principali teorici storici, Adam Smith (la mano invisibile del mercato), Karl Marx (lo sfruttamento del lavoro altrui da parte del capitale), Max Weber (le fondamenta della razionalità economica), Joseph Schumpeter e John M. Keynes (l’instabilità derivante dalle caratteristiche essenzialmente monetarie e finanziarie del capitalismo); nella seconda parte l’autore prende in considerazione le varie istituzioni: mercato di scambio, sistema monetario, impresa, capitale e mercato finanziario, ruolo dello Stato. Una particolare attenzione è dedicata a concetti di forte attualità quali globalizzazione economica, disuguaglianze economiche, fragilità monetaria e finanziaria. Tutti temi che l’autore ha aggiornato espressamente per l’edizione italiana.
Diplomata nel 1984 in una delle più prestigiose business schools francesi, Florence Noiville pone in questo libro due domande fondamentali: le scuole economiche d’eccellenza hanno la loro parte di responsabilità nella crisi che sta devastando società e mercati? Sono state almeno in grado di preparare le élite di domani ad affrontare l’emergenza? Le risposte sono tutt’altro che rassicuranti: sì, le business schools sono colpevoli perché orientano esclusivamente al profitto, mettendo ai posti di comando manager nutriti di elitismo e cultura della prestazione; no, non hanno preparato ad affrontare il disastro perché si sono limitate a sopravvalutare il successo economico.
Tra ricordi autobiografici e casi concreti, Florence Noiville traccia così una panoramica demistificatoria su alcuni disastri dell'economia attuale. Con la sua lucida analisi del fallimentare rampantismo di una generazione, la Noiville consegna al lettore una critica tagliente e ironica della legge del «profitto prima di tutto». Eppure, alla fine, un sogno rimane: quello di un insegnamento che prepari i nuovi dirigenti a evitare le trappole dell'euforia speculativa, che scardini i privilegi delle élite manageriali, in nome della responsabilità, e apra la strada a un capitalismo eticamente sostenibile.
l'autore
Florence Noiville lavora come giornalista a «Le Monde». Dopo la laurea in diritto commerciale presso l'École des Hautes Études Commerciales (HEC), ha presto abbandonato la carriera nella finanza in nome della cultura. Oggi scrive come critica letteraria su «Le Monde des livres», ed è anche saggista e romanziera. In traduzione italiana sono usciti Isaac B. Singer. Una biografia (2006)
La nuova scommessa di Muhammad Yunus - dopo aver ribaltato gli assunti di base del mondo dell’economia con la sua idea di microcredito - sta nel pensare un capitalismo diverso, basato su imprese che abbiano per scopo non solo il raggiungimento del profitto ma anche la ricchezza sociale: il business sociale. In Si può fare! Yunus entra nel merito degli esperimenti di business sociale avviati in questi ultimi anni, spiegando cosa ha funzionato e cosa invece è da cambiare, grazie alla sua capacità di sapere sminuzzare i problemi in modo non convenzionale, parlando di continuo con i protagonisti, per ripensare di continuo convinzioni e procedure. Oltre al racconto dei primi passi (e difficoltà) dell’esperienza Danone in Bangladesh, si susseguono il delizioso racconto della vicenda della Mirakle Couriers di Mumbai, un social business di consegna a domicilio gestito da sordomuti poveri organizzati da un giovanotto che studia a Oxford. Oppure l’incredibile vicenda dei medici dell’Ospedale dei bambini di Firenze, che dopo aver messo a punto l’unica cura contro la talassemia a livello mondiale, dal 2007 stanno cercando di esportarne le pratiche anche negli angoli più poveri dell’Asia. O ancora la collaborazione fra la multinazionale francese Veolia e il mondo Grameen per distribuire acqua potabile purificata nel bacino dell’Himalaya in cui l’acqua è sì abbondante, ma contaminata da tracce di arsenico di origine naturale.
Questo libro introduce un concetto fondamentale per le future sorti dell'umanità. Estranei alla dimensione privata e al valore commerciale, ma anche all'alternativo privato e statale, i beni comuni sono riemersi nella notte dei tempi diventando la bandiera dei movimenti progressisti mondiali che cercano una via d'uscita dal capitalismo. Il recupero dei diritti delle comunità sui beni comuni, la loro riappropriazione delle risorse naturali rappresenta un nuovo paradigma di società organizzata a livello locale e a partecipazione democratica, ecologicamente sostenibile, integrativo e in parte anche sostitutivo del mercato, da rilanciare anche nei paesi del Nord.
Ci hanno raccontato che saremmo diventato ricchi grazie al Dow Jones, liberi di navigare nelle reti della New Economy, moderni e globali nel mondo unificato dalla fine della guerra fredda. E adesso? Se è tutto un modello culturale e politico quello che la crisi economica e finanziaria ha messo in ginocchio, si stenta a vedere quale alternativa possa sostituire gli entusiasmi degli ideologi del mercato e la sicumera dei retori anti-statalisti. E a sinistra si ode solo un silenzio assordante. Edmondo Berselli non vuole dare soluzioni, ma indicare almeno alcuni idee possibili, dall’«economia sociale di mercato» di Bad Godesberg alla dottrina sociale della Chiesa cattolica. Che sembreranno poco alla moda, ma hanno pur sempre assicurato alle generazioni europee del dopoguerra non solo una notevole crescita economica, ma anche una stabilità sociale (e forse una dignità morale) che oggi rimpiangiamo.
“Con i paraocchi delle
ideologie dominanti è difficile
vedere il comune, anche se
è ovunque intorno a noi.”
Al di là della proprietà,
al di là del pensiero
unico liberalcapitalista
c’è il bene comune.
“Il problema che il libro pone è certo quello davanti
a cui tutti ci troviamo: tentare la costruzione di una
società libera anche nelle nuove condizioni della
globalizzazione, che non è solo economica ma
coinvolge profondamente la nostra mente e i nostri
stessi affetti, desideri, sogni.”
— Gianni Vattimo su Impero
Dopo il comunismo e il capitalismo, oltre Karl Marx e Adam Smith c’è la vera alternativa: il “comune”, ovvero il bene comune. Insieme di conoscenze, linguaggi, affetti, energie, mobilità e natura, questo patrimonio generale è ciò a cui deve tendere la moltitudine se vuole modifi care davvero, dalle radici, l’impero economico odierno. Non attraverso l’insurrezione armata o la violenza sovversiva. Ma con una serie di pratiche che mira a restituire alle masse quello che appartiene loro di diritto, da sempre: la sovranità. In questo ultimo capitolo della trilogia inaugurata da Impero e proseguita con Moltitudine, Michael Hardt e Antonio Negri delineano un modo rivoluzionario di pensare la nostra epoca, completando un’opera destinata a essere per il XXI secolo ciò che il Capitale è stato per il XX. Dalla critica alle teorie del fascismo globale alla marginalizzazione umiliante delle classi produttive, dalle contraddizioni del sistema mondiale alla fi ne progressiva della funzione del capitale, dal fallimento dell’unilateralismo alla crisi che fa ormai da sfondo alla nostra vita, gli autori ci guidano in un percorso in cui modernità e tradizione, passato e futuro convivono. E propongono una serie di azioni politiche indispensabili per opporsi a quei poteri che lavorano non solo per sfruttare in privato ciò che è risorsa naturalmente data alla moltitudine, ma per bloccare la potenza straordinaria di quest’ultima, per arrestare la vitalità di un pensiero e di comportamenti capaci di essere autenticamente collettivi. Un’opera senza pari nel pensiero contemporaneo, un libro ricco e polifonico che cerca di “afferrare la scintilla che manderà a fuoco la prateria”. Per rivoluzionare il mondo ripartendo dalla povertà, dall’amore, dall’uomo.