Un'originale interpretazione di "Lettera a una professoressa" che, a mezzo secolo dalla sua uscita, si presta a una rilettura in chiave sociologica. Concetti come "capitale culturale", "ideologia delle doti", "violenza simbolica", "habitus", "codici linguistici", ne costituiscono di fatto la cornice teorica. Depurando il priore di Barbiana dalle incrostazioni ideologiche che si sono andate sommando nel tempo, fino a falsarlo sublimandolo in una icona buona per tutti gli utilizzi, anche politici, sottolineandone l'eccezionale statura ma anche i, sia pur pochi, limiti, se ne ottiene una rappresentazione più vicina alla realtà, inquadrata nell'ambito della Chiesa fiorentina del suo tempo.
Manifesto che ha reso celebre in tutto il mondo don Milani e la scuola di Barbiana, "Lettera a una professoressa" ha lasciato segni profondi nella cultura e nella società, nonostante travisamenti e strumentalizzazioni. Frutto di una scrittura collettiva sostenuta da un imponente lavoro preparatorio e di cesello linguistico, questo libro-icona rivendica il diritto allo studio di fronte a una realtà scolastica che riproduceva ferocemente le diseguaglianze sociali. E ancora oggi rivolge alla classe docente il suo appassionato appello morale e civile, il rivoluzionario messaggio di un sacerdote convinto che un maestro amante del vero e del giusto può cambiare il mondo.
Don Lorenzo Milani non era specializzato in pedagogia e non militava nei partiti. Eppure pochi hanno fatto e scritto di scuola con altrettanta efficacia e con la capacità di cogliere le radici dell'ineguaglianza sociale. Il priore di Barbiana ha scelto di insegnare ai più piccoli e agli esclusi per educarli a liberarsi da soli e diventare uomini. Perché la parte dei poveri è sempre la parte giusta, non solo per motivi di equità economica o di accesso alla politica, ma in nome del futuro del mondo, il cui germe è là dove anche chi è senza mezzi impara, giorno dopo giorno, i modi e i tempi del futuro di Dio. Le origini religiose dell'attività di don Milani si intrecciano nella sua figura con un profondo senso della laicità e dell'aconfessionalità, elementi che ne fanno uno dei maggiori educatori del nostro tempo.
Lorenzo Milani era un ragazzo di buona famiglia, sveglio e interessato all'arte. Un giorno entrò in una chiesa e lesse il Messale. Da quel momento non poté più fare a meno di Gesù. Età di lettura: da 6 anni.
Nel febbraio del 1965 i cappellani militari della Toscana emanano un comunicato stampa accusando i giovani italiani obiettori di coscienza di essere dei vili. In loro difesa interviene don Milani con una lettera aperta agli stessi cappellani, una lettera di altissimo valore morale e civile nella quale chiede rispetto per chi accetta il carcere per l'ideale della nonviolenza. Per questa sua lettera Milani viene denunciato da un gruppo di ex combattenti e messo sotto processo. Impossibilitato a parteciparvi per l'aggravamento del tumore che lo porterà, di lì a poco, alla morte, Milani scriverà una memoria difensiva sotto forma di lettera ai giudici. In essa la storia civile dell'Italia unita viene riletta senza retorica celebrativa come storia feroce di guerre, di spietato colonialismo, di sopraffazione di poveri. La lettera, vero manifesto contro l'obbedienza cieca, metterà anche sotto accusa la illusoria deresponsabilizzazione dell'esecuzione di ordini, anche omicidi, impartiti da una autorità. Le due lettere di Milani sono accompagnate da note che ne chiariscono il senso e le relazioni con la sua opera.
«Fino a pochi giorni fa ho cercato di vivere guardando avanti. Inaspettatamente ora mi ritrovo travolta dall’anniversario che si compie quest’anno: il cinquantesimo dalla morte di don Lorenzo Milani. Erano anni che non pensavo a lui ed erano anni che non pensavo nemmeno alla scuola. Ho provato, ma non ci sono riuscita ad evitare questo appuntamento con la mia storia personale. E allora eccomi qua: alla fin fine mi tocca guardarmi indietro, rivivere e rimeditare il mio passato e quello della famiglia di don Milani».
Don Lorenzo Milani fu una figura controversa, solo recentemente rivalutata dalla Chiesa cattolica attraverso papa Francesco. Questo scritto ne ripercorre la storia grazie alla testimonianza di un membro della sua famiglia.
Come vissero i suoi genitori, laici e illuminati, la conversione di Lorenzo? Lui, che apparteneva alla società “bene”, ma che si spese fino all’ultimo per i più poveri? Come accolse la sua famiglia questa sua scelta? In una lunga lettera ai nipoti, Emma Paola Bassani apre il suo cuore per cercare di spiegare loro, e ai giovani di oggi, l’impegno civile e la tensione educativa che don Milani riversò nella Scuola di Barbiana. Un modello che può venire attualizzato anche oggi, come chiarisce nella seconda parte di quest’opera il professor Rossi, dirigente scolastico di una scuola all’avanguardia di Milano e particolarmente coinvolto dalla figura di don Lorenzo.
Concludono questo scritto alcune testimonianze di suoi ex allievi, che da bambini furono entusiasti frequentatori della scuola del priore di Barbiana.
La biografia storica approfondisce in particolare il periodo della conversione, valorizzando contatti, esperienze e testimonianze edite e inedite. L'autrice focalizza la sua attenzione sul Milani giovane, trasformato da Lorenzo in Don Lorenzo, scavando nei documenti e approfondendo sia gli ambienti sia il momento storico particolare del tempo. In breve, è anche un racconto storico dell'Italia d'allora, un racconto basato su alcuni punti di vista particolari: la famiglia Milani, la Firenze del pittore Staude, primo maestro di pittura di Milani, l'Accademia di Brera con alcune figure fondamentali, gli artisti a Milano. E altro ancora. A tratti biografia, a tratti saggio storico: uno spaccato dove alcune realtà e informazioni di guerra e movimenti s'intrecciano.
Il volume raccoglie in due tomi tutti gli scritti editi e le numerose pagine inedite di don Milani. I soli due libri dati alle stampe in vita: Esperienze pastorali, del 1958, che il Sant'Uffizio fece ritirare dal commercio; e Lettera a una professoressa, cui Milani deve la sua fama e che uscì a firma della Scuola di Barbiana un mese prima della morte del priore. Accanto ad essi: l'epistolario privato e tutti gli scritti sparsi; gli articoli su quotidiani e riviste dedicati a scuola, istruzione, emancipazione e sfruttamento del lavoro; e le due lettere pubbliche sull'obiezione di coscienza rivolte ai giudici e ai cappellani militari.
Un piccolo gioiello ritrovato, questo libretto con cinque scritti di padre Balducci con a tema don Milani e la sua eredità educativa. A partire dalla lettura di "Esperienze Pastorali" in primis, ma anche delle lettere alla professoressa, ai cappellani militari, ai giudici..., Ernesto Balducci analizza non solo la figura del prete di Barbiana, di cui fu anche amico, ma la stessa situazione ecclesiale dell'epoca, a partire da diverse prospettive che conservano ancora oggi una coerenza profetica che non sembra patire il trascorrere degli anni e la stessa passione di allora per una Chiesa "di liberazione" che oggi sembra tanto tornare attuale con il pontificato di papa Francesco. Il primo scritto è degli anni Sessanta, l'ultimo degli anni Novanta. Più di tre decenni passati a riflettere su come deve essere una "Chiesa che va verso i poveri" della nostra società. Un libro che riconsegna all'oggi due grandi figure della Chiesa non solo italiana: Balducci e Milani.
Don Lorenzo Milani è stato una delle figure che nel Novecento italiano hanno lasciato più tracce di sé, sia dal punto di vista dell'esperienza pedagogica e spirituale consumata in vita, sia dal punto di vista dell'eredità lasciata attraverso gli scritti e il vigore di un esempio a cui la distanza temporale restituisce complessità e profondità. Molti hanno scritto della scuola di Barbiana e di don Milani. Adele Corradi, che ha lavorato con lui nella sua scuola, non racconta la storia di don Milani. Come lei stessa dice in una breve nota, "chi la volesse conoscere dovrà rivolgersi altrove". In questo piccolo libro insegue piuttosto le tracce di un rapporto tanto coinvolgente quanto problematico e lo fa attraverso accensioni progressive di memoria. Don Lorenzo è sì il personaggio carismatico, sensibile, non di rado urtante (qualche volta persino antipatico), delle biografie, ma qui ci appare in una luce tutta affatto nuova. Adele si lascia visitare dai ricordi con amore ma senza reverenza, con il fervore di chi è ben consapevole dell'eccezionalità di un'anima così vasta ma anche con la scioltezza, la leggerezza e lo humour di una grande narratrice.
A quasi cinquant'anni dalla sua scomparsa don Lorenzo Milani, prete degli ultimi e straordinario italiano, tante volte rievocato ma spesso frainteso, non smette di interrogarci. Eraldo Affinati ne ha raccolto la sfida esistenziale, ancora aperta e drammaticamente incompiuta, ripercorrendo le strade della sua avventura breve e fulminante: Firenze, dove nacque da una ricca e colta famiglia con madre di origine ebraica, frequentò il seminario e morì fra le braccia dei suoi scolari; Milano, luogo della formazione e della fallita vocazione pittorica; Montespertoli, sullo sfondo della Gigliola, la prestigiosa villa padronale; Castiglioncello, sede delle mitiche vacanze estive; San Donato di Calenzano, che vide il giovane viceparroco in azione nella prima scuola popolare da lui fondata; Barbiana, "penitenziario ecclesiastico", in uno sperduto borgo dell'Appennino toscano, incredibile teatro della sua rivoluzione. Ma in questo libro, frutto di indagini e perlustrazioni appassionate, tese a legittimare la scrittura che ne consegue, non troveremo soltanto la storia dell'uomo con le testimonianze di chi lo frequentò. Affinati ha cercato l'eredità spirituale di don Lorenzo nelle contrade del pianeta dove alcuni educatori isolati, insieme ai loro alunni, senza sapere chi egli fosse, lo trasfigurano ogni giorno: dai maestri di villaggio, che pongono argini allo sfacelo dell'istruzione africana, ai teppisti berlinesi, frantumi della storia europea.
Con chiarezza e capacità di coinvolgimento il testo si propone di far conoscere don Lorenzo Milani nella sua complessa personalità. Il suo insegnamento profetico ha ancora tanto da dire su alcune questioni nevralgiche dei nostri giorni, come la potenza rivoluzionaria del messaggio cristiano, la centralità della scuola per la costruzione di una civiltà più a misura d’uomo e la sfida di una convivenza pacifica fra i popoli. La lettura del testo è utile a chi, giovane, ha sentito soltanto il nome di don Milani e a chi lo ha letto in passato, per riscoprirne la testimonianza in occasione del cinquantenario della morte (26 giugno 1967).