
Meditazioni dall’Evangelica gaudium di papa Francesco
Nel nostro mondo globalizzato si sta facendo sempre più centrale e drammatico il fenomeno delle migrazioni: uomini, donne e bambini che fuggono da situazioni di povertà, guerra, persecuzione, alla ricerca di una condizione di vita migliore. Il massiccio afflusso di profughi pone problemi di accoglienza e integrazione, mette in crisi le politiche migratorie dei governi, spesso inadeguate, e genera sempre più segni di intolleranza, discriminazione e xenofobia nei Paesi che sono meta di migrazione. Troppo spesso le vie di speranza si trasformano in vie di morte. Con parole accorate e paterna sollecitudine, e senza misconoscere il disagio che deve essere onestamente ammesso e compreso, il Papa invita a combattere quella che chiama la "globalizzazione dell'indifferenza", a lottare contro le cause strutturali della povertà, contro la disuguaglianza, la mancanza di lavoro e di casa, contro la negazione dei diritti sociali e lavorativi. E ad aprire nuove frontiere: le frontiere dell'amore.
A Chesterton Shakespeare piaceva da matti: ne traeva insegnamento per la sua vita interiore e al tempo stesso autentico piacere e godimento, non solo per gli straordinari concetti da lui espressi, per la profondità dei suoi drammi, per la complessità delle psicologie dei personaggi, ma anche per l’originalità di talune immagini visive, per la creatività nell’uso del linguaggio, per il semplice suono di certi suoi versi, per la straordinaria capacità di raccontare l’uomo all’uomo senza infingimenti. Nel presente volume sono raccolti – grazie a Valentina Vetri, docente di Cultura e Civiltà inglese presso l’Università CIELS di Bologna – proprio gli scritti in cui Chesterton spiega e interpreta meglio alcune delle opere di Shakespeare più note, in modo che siano perfettamente comprensibili a tutti, dandone letture tanto semplici quanto originali e profonde, che ci spingeranno con rinnovato gusto sulle pagine del “grande Bardo”.
Cosa è davvero accaduto a Medjugorje fra il 1981 e il 1984? Un'indagine del direttore di Radio Maria svela i frutti di pace, guarigione e conversione di uno dei luoghi di pellegrinaggio più visitati al mondo. Cosa è davvero accaduto a Medjugorje fra il 1981 e il 1984? Cosa significarono i primi tempi delle apparizioni nel contesto di un paese comunista che mise a dura prova i veggenti? Aneddoti, testimonianze e curiosità si intrecciano, nel racconto di padre Livio, ai messaggi più significativi della Madonna nei primi tre anni: quelli sulla conversione, sul demonio, sul digiuno, sulla penitenza e la preghiera... messaggi che la "commissione Ruini" sembra aver riconosciuto nella loro autenticità. Dopo oltre 36 anni, la Regina della Pace continua ad apparire a Medjugorje. O, almeno, così asseriscono i sei veggenti che, dal 1981, hanno visto la Madonna decine di migliaia di volte e che, nel frattempo, sono cresciuti, si sono sposati, sono diventati genitori... Per esprimersi sul fenomeno nel suo complesso, padre Livio invita a guardare ai frutti e al seme di quest'albero miracoloso, che ormai ha esteso i suoi rami fino ai confini del mondo. E, per guardare al seme, occorre andare alle origini, individuando un periodo iniziale che possa essere oggetto di indagine approfondita. Se tale inchiesta condurrà a un esito positivo, vorrà dire che, oltre ai buoni frutti, anche il seme da cui quest'albero è sorto è in sé buono, e ciò permetterà, forse, di potersi ragionevolmente esprimere in maniera positiva sulla credibilità delle apparizioni di Medjugorje nel loro complesso.
«Il pane di ieri è buono domani», dice per intero il proverbio. Con la bussola di queste parole Enzo Bianchi racconta storie e rievoca volti della propria esistenza: il Natale di tanti anni fa e la tavola imbandita per gli amici, il suono delle campane nella veglia dell'alba e il canto del gallo nel silenzio della campagna, i giorni della vendemmia e la cura dell'orto.
Trova il momento della solitudine e quello della veglia, accoglie la vecchiaia come una stagione che arriva alla vita.
Ogni racconto è la tappa di un cammino sapienziale che parla dell'amicizia, della diversità, del vivere insieme, dei giorni che passano e della gioia.
Della vita di ogni uomo in ogni tempo e terra del mondo.
L'angoscia di fronte alla domanda: «che tempo fa?» è certo più forte quando un semplice evento atmosferico può distruggere in pochi minuti un anno di lavoro. Allora non è poi così strano vedere il parroco del paese incedere nella tempesta, il piviale viola scosso dal vento, fendere l'aria con l'aspersorio dell'acquasanta e implorare con voce ferma Dio di fermare la grandine: «Per Deum verum, per Deum vivum...»
In un mondo sempre più abitato da suoni nuovi e pervasivi è facile perdere, o non udire, le voci antiche che scandivano lo scorrere del tempo: il canto del gallo all'alba, il rintocco delle campane che annunciava momenti lieti o tristi, il grido dell'acciugaio e il richiamo del venditore ambulante di carta da lettere. Suoni quotidiani, destinati a tutti.
Il cibo, a ben guardare, oltre che un nutrimento necessario è anche qualcosa di cui si deve «aver cura». La tavola è luogo di incontro e di festa e la cucina è un mondo in cui si intrecciano natura e cultura. Preparare il ragù può diventare allora un momento di meditazione e la bogna càuda un vero e proprio rito in cui gli ingredienti che la compongono rappresentano uno scambio di terre, di genti, di culture. A dispetto di ogni localismo (anche culinario) tutti i cibi infatti, anche i più nostrani, sono carichi di debiti con l'esterno e con chi, in terre lontane, ha coltivato le materie prime, le ha fatte crescere e le ha raccolte.
Dentro ciascuno di questi ricordi, e in tutti quelli che compongono il libro, c'è un senso esatto della vita in cui la memoria personale e individuale sfuma nella storia universale o meglio, senza forzature, si fa memoria collettiva.
Sono storie del «tempo che fu» ricche di personaggi singolari, di aneddoti curiosi, di comandamenti nati dalla saggezza popolare e offerti dai padri ai figli, di momenti duri, sofferti e solitari, di volti e di parole che restano a lungo impressi nella memoria. Sono storie piene di amore per la terra. E insieme rappresentano insegnamenti di fede, di amicizia, del vivere insieme, dell'ospitalità. Meditazioni sulla vita, sulla morte, sulla gioia, sulla vecchiaia, e sulla ricchezza della diversità.
Il sinodo dei vescovi dedicato al tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» stabilisce una reciprocità significativa: i giovani non devono essere solo l’oggetto passivo della riflessione ecclesiale, ma sono chiamati a coinvolgersi quali protagonisti e interlocutori veri.
Non si tratta di una visione idealizzata dei giovani: se la “società liquida” non offre loro appigli scontati, certezze facili o strade aperte e sicure, la Chiesa propone loro quella pienezza di vita e di amore che il Signore ha sognato per ciascuno di loro. E lo fa nella consapevolezza della complessità delle situazioni di partenza, ma anche nella convinzione che più che mai oggi l’annuncio della buona novella ha il sapore di una sfida, di un pungolo ad aprirsi a nuovi stili di vita e a nuove forme di protagonismo.
Le pagine di questo libro, nate soprattutto da incontri e dialoghi di Bruno Forte con i giovani (o da loro stimolate), intendono essere un piccolo aiuto a compiere insieme questo cammino.
Sono passati cinquant’anni dalla morte di don Milani (1967-2017), eppure la sua figura e le sue opere – un epistolario privato e pochi scritti di provocazione pubblica taglienti come una lama – continuano a suscitare un dibattito che non si è mai spento. Questo libro non vuole essere l’ennesimo profilo, ma intende osservare e interpretare questo mezzo secolo di dibattito analizzando la sua figura come uno degli indicatori possibili della storia dell’Italia di oggi.
Il volume analizza quindi il ruolo che la sua Lettera a una professoressa assunse come manifesto antiautoritario nei movimenti del Sessantotto; ricostruisce le visioni contrapposte del “profeta santo” e del “cattivo prete” da parte del mondo cattolico (fino alla recente “discesa a Barbiana” dell’elicottero di papa Francesco); si sofferma sulla sua importanza nei movimenti pacifisti del dopoguerra; ripercorre i tanti pellegrinaggi politici a Barbiana di esponenti dei partiti; riflette su come cinema, teatro e televisione abbiano interpretato il suo messaggio.
Un’intervista a Tullio De Mauro, che è stato uno dei più tenaci sostenitori del pensiero di don Milani sulla scuola e sulla formazione, conclude questo itinerario dentro la biografia sommersa del nostro Paese.
Ogni domenica papa Francesco chiede ai fedeli, al termine dell’Angelus, di “ricordarsi di pregare per lui”. Egli stesso, però, in questi anni si è rivelato un vero maestro di preghiera, nel solco del fondatore della Compagnia di Gesù, quell’Ignazio che “inventò” gli esercizi spirituali come tempo dedicato a stare in presenza di Cristo. In questo libro, dunque, il lettore troverà le preghiere che papa Francesco ha recitato pubblicamente in questi anni; ma anche quelle che appartengono alla sua formazione e devozione personale e, infine, le sue profonde riflessioni sull’arte del pregare, dello stare di fronte a Dio meditando la Parola e trasformandola in appello orante.
Un vero e proprio “manuale” per avvicinarsi all’arte della preghiera e per cominciare a coltivarla.
Tra le altre, presenti nel libro troviamo due fra le preghiere più amate dai fedeli: la preghiera delle cinque dita e la preghiera a Maria che scioglie i nodi.
La passione di don Lorenzo Milani per la parola e l’urgenza da lui percepita di doverla restituire ai poveri è nota e ampiamente studiata. E, tuttavia, non altrettanto investigato e messo a fuoco, almeno fino a oggi, è il vero e proprio laboratorio di scrittura che egli realizzò nella scuola popolare di Calenzano e, soprattutto, a Barbina. Una scrittura che doveva essere limpida, essenziale, diretta, frutto di una ricerca che ha contribuito non poco anche alla modernizzazione della lingua italiana.
Il testo prova a tracciare i termini del magistero di papa Francesco che contengono una sorta di vera e propria “teologia biblica”, cioè una visione di Dio e dell’uomo a partire dalla Scrittura. Il suo insegnamento, infatti, sia espresso in modo autorevole nei documenti che nelle omelie quotidiane, è riconducibile a una delle dimensioni fondamentali della teologia biblica, quella kerigmatica.
Il testo pone in evidenza alcuni contenuti e aspetti della prospettiva cristologica di papa Francesco assumendo come punto di partenza principale l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, che egli stesso ha presentato come il documento programmatico del suo ministero, senza trascurare però gli altri documenti del suo magistero ed espressioni significative dell’attività precedente la sua elezione a Vescovo di Roma. I testi vengono selezionati non tanto per concentrare l’attenzione sul valore dogmatico del linguaggio e dei documenti riguardanti la persona di Cristo e il suo ministero quanto per cogliere quelle tematiche che stanno a cuore al Pontefice con le loro connessioni e implicazioni spirituali e pastorali. Scopo dello studio è offrire al lettore un’occasione per apprezzare lo spessore umano e la ricchezza spirituale di papa Francesco, alimentate da una profonda fede in Cristo, la cui professione rivela effetti di grande portata per la cristologia e per il modo di fare teologia.