
Le implicazioni delle problematiche in ambito bioetico, oltre a necessitare un'ampia prospettiva (la bioetica è interdisciplinare) non possono essere concentrate solo sul soggetto in quanto singolo, ma poiché rappresentano anche delle problematiche sociali, devono essere necessariamente affrontate anche dal punto di vista della società, di cui certamente l'individuo è parte. In questo dispiegarsi di relazioni, il diritto svolge un ruolo singolare rappresentando lo strumento di tutela per la realizzazione di ciascuno nella società. La legge positiva promuovendo l'interesse del singolo, favorisce allo stesso tempo la concretizzazione del bene comune.
A oltre sessant’anni dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo, trenta dalla Legge 194, cinque dall’entrata in vigore della Legge 40, e viste le recenti e scottanti discussioni sull’eutanasia e sul testamento biologico, la coscienza di ciascuno di noi si trova, di fatto, violentemente interpellata e «obbligata» a una riflessione meno distratta sul tema fondamentale della vita. In tre sole decadi oltre cinque milioni di concepiti sono stati soppressi legalmente con l’IGV e ora ci si chiede quanti anziani e malati gravi potranno essere soppressi, a breve, altrettanto legalmente con procedure eutanasiche...
«Non bastano le cifre dei sociologi, nude, crude e fredde», puntualizza in queste pagine mons. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita, «è la realtà che ci interpella... Domandiamoci: quanto tutto questo è conforme alla realtà vera, quella che Dio ha pensato e che Cristo ha voluto?».
A questa emergenza educativa, l’Associazione Difendere la Vita con Maria, che nel 2009 ha festeggiato il decennale, risponde tramite iniziative pubbliche e la realizzazione di volumi come questo, chiamando a confronto teologi, politici e legislatori, medici, sociologi e psicologi, esperti di diverse discipline e persone comuni, per una nuova coscienza personale e collettiva, nella convinzione che la rinascita dell’Occidente possa partire solo da un ritrovato amore verso sé stessi e verso la vita.
Il volume propone un percorso che apre alla comprensione di una bioetica integrale, nell’interrogazione aperta sulle origini e il senso di tale disciplina, senza nascondere l’insoddisfazione per gli esiti attuali del dibattito. La parte prima – Mappature – esprime le basi epistemologiche e storiche su cui la bioetica si fonda. La parte seconda – Sentieri – rende conto del tentativo di dire la bioetica in chiave teologica. La parte terza – Incursioni – indaga alcune delle possibili ricadute di una prospettiva globale in campo economico, ambientale e politico.
In Parlamento giace un testo di legge che riguarda eventi cruciali dell'esistenza umana: la morte e il morire. Un documento in stallo che ha visto confrontarsi, su posizioni talvolta trasversali agli stessi schieramenti, destra e sinistra, laici e cattolici. Ma è possibile delimitare una zona neutra che diventi terreno per un testo condiviso? Queste pagine riportano la questione all'interno della riflessione filosofica e della ricerca scientifica senza mai tralasciare il ruolo del medico, la figura che è maggiormente coinvolta nell'esperienza del morire altrui. E nell'affrontare il nodo fondamentale del testamento biologico toccano alcuni temi rilevanti: le conquiste delle tecnologie biomediche - dal polmone d'acciaio alle cure palliative - che giovano alla quantità e alla qualità della sopravvivenza, ma generano problemi di "etica della vita"; le recenti tecniche di sostegno artificiale e le neuroimmagini esploratrici della vita e della morte del cervello, nonché i diversi e complessi aspetti deontologici e legali correlati. Sullo sfondo, un interrogativo ineludibile: su quali strumenti potrà contare il cittadino che intende lasciare a chi resta la tutela del proprio patrimonio ideale e morale, e il rispetto della propria identità?
Giorgio Cosmacini, medico, storico e filosofo della medicina, insegna Storia del pensiero medico nell'Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano. Fra le sue più recenti pubblicazioni "La religiosità della medicina" (Laterza, 2007), "Prima lezione di medicina" (Laterza, 2009) e "Il medico e il cardinale" (Editrice San Raffaele, 2009).
Due femministe, quattro suore, due ginecologi e una psichiatra: un esplosivo mix che ci trascina con forza nell'universo femminile infrangendo tabu' e pregiudizi. Dalla diagnosi prenatale alle bambole, dall'aborto all'amore per il corpo: chi sa quante sorprese riserva il mondo femminile quando si guarda con gli occhiali giuristi?
La questione del testamento biologico è oggi in Italia al centro di un vivace dibattito. La richiesta di dare ad esso statuto giuridico non può essere disattesa. Di notevole rilevanza sono tuttavia i nodi critici da sciogliere (autodeterminazione, ruolo del medico, nutrizione e idratazione, ecc.) tenendo in considerazione l'insieme dei valori in gioco. Ad essi soprattutto intende fornire una risposta il presente volume, per consentire un approccio equilibrato alle problematiche sottese e formulare su di esse un giudizio motivato e sereno.
La Bibbia parla sovente della malattia, in particolare nei Salmi. Il Nuovo Testamento ci presenta Gesù che “curava ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo” (Mt 4,23). Il Siracide ci ricorda di “onorare il medico per le sue prestazioni, perché il Signore ha creato anche lui” (Sir 38,1) e a tutti dice: “Figlio, non trascurarti nella malattia, ma prega il Signore ed egli ti guarirà” (Sir 38,8). Il buon operatore sanitario terrà dunque in grande conto l’operato dei medici e degli infermieri, ma cercherà di penetrare più a fondo nel cuore del malato. Proprio in vista di tale penetrazione sono contento che si pubblichino, sotto il titolo”Sofferenza e salvezza” e il sottotitolo “C’è una risposta al dolore dell’uomo?”, i contributi che diversi docenti hanno offerto per il corso biennale che si tiene ormai da diciotto anni per gli operatori pastorali della sanità presso la Curia Arcivescovile di Milano. Sarà possibile così anche ad altri usufruire di quanto il Servizio per la pastorale della salute ha fatto per formare i suoi operatori. Essi non possono dirsi “competenti” alla maniera dei medici o degli infermieri, ma mettono al servizio del malato le loro energie spirituali così da completare quanto viene fatto sul piano biologico. Il libro risponde perciò a molteplici domande sulla sofferenza e sul suo significato, partendo dalla percezione del dolore nella società contemporanea per arrivare alla visione cristia-na della sofferenza e alle risposte che vengono date dalle Istituzioni pubbliche. Si danno poi consigli pratici per trattare con i malati e comprendere il mondo della sofferenza. C’è anche un capitoletto dedicato all’arte e un altro dedicato alla musica. Così chi scorre l’insieme del libro può avere una visione abbastanza completa dei tanti aspetti che compongono la pastorale della salute, e prepararsi ad essere attivo in questo settore. Raccomando in particolare quanto qui è detto, soprattutto a partire dal capitolo ottavo, sulla “compassione”. Attraverso di essa sarà possibile ottenere molto dalla gente, rovesciando anche situazioni esistenziali gravi di blocco spirituale e di chiusura in se stessi. Auguriamo dunque a queste pagine di seminare la verità sull’uomo, così da poter raccogliere i frutti di questa semina in un aumento, sia nei malati come nei sani, di speranza e di fiducia in Dio, Padre buono.
Card. Carlo Maria Martini
Arcivescovo emerito di Milano
Contenuto
Trent’anni e più sono trascorsi dai tempi in cui Van Rensselaer Potter, Andrè Hellegers, Daniel Callahan e Willard Gaylin si mossero da pionieri ad esplorare quell’ormai fitto intricarsi di problemi etici legati al nascere e al morire e, su ogni sorta di casi difficili, si sono scritti fiumi di inchiostro. Ma, che cosa è realmente cambiato in quello che è il rapporto tra medico e paziente? Non è forse vero che, nonostante acute penetrazioni antropologiche e giudizi morali ineccepibili, siamo ancora qui a misurarci con un diffuso malcontento? La presente ricerca tenta di approfondire il legame intrinseco tra bene e ragionevolezza nel complesso rapporto che unisce medico e paziente, al fine di rinominare la medicina, non solo come rispetto del paziente ma, anzitutto, come cura e promozione dello stesso, in un dispiegarsi armonico di tutto l’agire del medico il quale, servendo il malato, perfeziona e compie se stesso come terapeuta e, di riflesso, come persona.
Destinatari
Studenti di teologia, filosofia e morale.
Autore
Cristiano Arduini, è presbitero dal 1995 e, dopo essere stato vicario parrocchiale e assistente dei ragazzi in Seminario Minore, è ora docente di Bioetica presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova e delegato vescovile per la Pastorale Familiare della stessa diocesi. Il presente volume è tratto dalla sua tesi di dottorato discussa presso l’Istituto Giovanni Paolo II.
L'autore di questo libro non condivide l'illusione, oggi così diffusa, secondo la quale è sufficiente stabilire alcuni supremi principi (democrazia, autonomia, non maleficenza, equità, ecc.) per elaborare le fondamenta di una biopolitica compatta e coerente. Non è così: la biopolitica ha certamente una sua logica e ha comunque bisogno di essere argomentata con ragionamenti rigorosi e coerenti; ma ha soprattutto un cuore, nell'idea che la vita sia nel medesimo tempo l'orizzonte della nostra esperienza e l'orizzonte della nostra percezione del bene. Da questa idea, nella quale ontologia e assiologia si fondono e si confondono, deriva l'unica possibilità di scrivere parole di biopolitica non votate alla tristezza, ma aperte piuttosto alla speranza e provviste di senso, come quelle che sono affidate a questo libro.
Ci spinge la speranza che la domanda sulla responsabilità
personale dell’uomo nei confronti della sua morte possa
essere posta in maniera nuova e sobria, degna e moralmente
seria, al di là di ogni dogmatismo e di ogni fondamentalismo.
Hans Küng e Walter Jens
Nel 1995, anno della sua prima edizione, questo saggio ha scatenato aspre polemiche e discussioni accese, tanto da diventare un punto di riferimento imprescindibile, un classico ampiamente diffuso e tradotto. Il teologo Hans Küng e lo storico della letteratura Walter Jens discutevano di una morte che viola la dignità dell’uomo: quella che spegne, talvolta dopo sofferenze prolungate artificialmente dalla medicina, un corpo e una mente piagati da malattie incurabili. Da allora i dubbi, i timori, la diffidenza che accompagnano le pratiche di eutanasia non si sono placati; Chiesa, politica, e morale faticano ancora a trovare un punto d’incontro. E Walter Jens oggi sta vivendo in prima persona il dramma su cui si interrogava: affetto da alcuni anni da demenza senile, è sprofondato in un mondo al di là del pensiero, al di là delle parole. Nei contributi inediti di questa nuova edizione, Hans Küng, insieme a Inge Jens – la moglie di Walter, che racconta la sua sofferenza e la sua disperata ricerca di una direzione da seguire – tira le fila del dibattito attuale e lancia un appello per una discussione oggettiva, che metta al primo posto l’uomo e la sua volontà, e sopratutto che riconosca al malato la libertà di scegliere come lasciare questo mondo.
Essere ammalati è una condizione speciale di disagio a cui, oggi, vengono riconosciuti ampi diritti: tra tutti il diritto alla cura, affinché il malessere venga estirpato o la sofferenza alleviata. Chiunque soffra di una malattia tende a far valere questo diritto. Ma chi soffre di problemi psichici è nella medesima condizione? Riconosce il suo essere ammalato e sa di avere dei diritti per questo suo stato? E quali diritti hanno i familiari, i congiunti, i coabitanti e la società tutta affinché la malattia da cui è affetta questa persona non ricada in qualche modo sulla loro esistenza? E ancora, quali limiti hanno i curanti, i familiari, la società nei confronti di quei singoli che essi ritengono affetti da tale malattia? La complessa e parziale risposta a queste domande è la cifra che marca la differenza tra una bioetica orientata alla pratica medica in generale ed una bioetica della cura in psichiatria: interrogativi bioetici ancor più specificamente che etici, perché chiunque intervenga come professionista nell'ambito della cura di queste forme di malessere o, anche, chiunque abbia competenza ad intervenire e decida di non intervenire, determina una ricaduta significativa sull'esistenza, la qualità di vita, gli stessi aspetti biofisici della vita del singolo malato e delle persone a lui prossime. Interrogarsi sulle conseguenze delle nostre scelte nel campo della cura delle malattie mentali è lo scopo di questo lavoro.