«Dovremmo tentare di occuparci di politica - afferma Popper - al di fuori della polarizzazione sinistra-destra». Ma, allora, che fare? «È un fatto, neppure molto strano - fa egli presente -, che non è particolarmente difficile mettersi d'accordo in una discussione sui mali più intollerabili della società e sulle riforme sociali più urgenti. Un tale accordo si può raggiungere molto più facilmente che non su particolari forme ideali di vita sociale. Quei mali, infatti, ci stanno di fronte qui ed ora. Si può averne esperienza, e li esperimentano ogni giorno molte persone immiserite e umiliate dalla povertà, dalla disoccupazione, dalle persecuzioni, dalla guerra e dalle malattie [...]. Possiamo imparare dando ascolto alle esigenze concrete, cercando pazientemente di valutarle nel modo più imparziale e considerando i modi per soddisfarle senza creare mali peggiori». Di conseguenza: «Non mirare a realizzare la felicità con mezzi politici. Tendi piuttosto ad eliminare le miserie concrete. O, in termini più pratici, lotta per l'eliminazione della povertà con mezzi diretti, assicurando che ciascuno abbia un reddito minimo. Oppure lotta contro le epidemie e le malattie erigendo ospedali e scuole di medicina. Combatti l'ignoranza al pari della criminalità [...]. Non permettere che i sogni di un mondo perfetto ti distolgano dalle rivendicazioni degli uomini che soffrono qui ed ora». Introdurre "ragione" e "ragionevolezza" nella teoria e nella pratica della politica: in questo è consistito l'impegno di Popper - impegno raramente compreso, e da più parti, come anche dimostra la recezione del suo pensiero in Italia: tra marxisti ostili, crociani diffidenti e cattolici indifferenti.
Questa non è un'epoca per vecchi: nell'orgia di giovanilismo che contraddistingue i nostri giorni, donne e uomini anziani sono esposti a una sorta di rottamazione che nasce da un ingiustificato astio verso rughe e capelli bianchi, accompagnato da una ancora più ingiustificata esultanza per la giovinezza, della quale poco ci manca che si torni a cantarla «primavera di bellezza». Se poi la vecchiaia è una stagione della vita, una condizione del vivente che è lì per chiunque la raggiunga, che senso ha, ci chiediamo, parlare specificamente di vecchiaia delle donne? Non esiste una differenza delle qualità delle donne e degli uomini di tipo naturale, essenziale, oggettivo, genetico; esistono invece pregiudizi maturati nel tempo. Sulla vecchiaia delle donne pesano eredità di comportamento e «vestigia di gender», tra le quali sicuramente quella della sterilità, del venir meno della capacità di procreare che colpisce le donne diversi anni prima degli uomini.
È stata la Grecia a passare all'Europa l'idea di razionalità come discussione critica. Per questo, se è nel giusto P.B. Shelley a dire che «noi tutti siamo greci», ha però altrettanto ragione B. Croce a sostenere che «non possiamo non dirci cristiani». L'Europa, infatti, come ha scritto S. de Madariaga, «È socratica nella sua mente e cristiana nella sua volontà». Di qui l'ammonimento di T.S. Eliot: «Se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura; e allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie».
La presente monografia attraversa l'intero percorso teoretico del pensiero di Sofia Vanni Rovighi, a partire dalla fenomenologia della conoscenza, attraverso la logica e la metafisica, l'antropologia e l'etica. La scelta di pubblicare questa monografia, pertanto, nasce dall'esigenza di rendere ragione di un pensiero che non si ferma solo ed esclusivamente sulle indagini storiografiche, che sono molteplici e hanno fatto scuola, ma s'incammina lungo i sentieri della speculazione filosofica, la quale, confrontandosi con diversi sistemi di significato, tra cui la fenomenologia, cerca di cogliere l'intero come prospettiva di orizzonte intrascendibile per l'umano indagare.
Nuova edizione aggiornata
Facendo riferimento al più recente dibattito bioetico, il volume ricostruisce i percorsi attraverso i quali si sono definiti i criteri etici, deontologici e giuridici che orientano le scelte quando sono in gioco questioni dal decisivo impatto sulla vita di tutti. Tra queste, le decisioni sulle cure e l’accesso a tecniche che incidono sulla procreazione (interruzione della gravidanza, procreazione medicalmente assistita).
L’analisi consegna al lettore l’immagine di significativi passi compiuti nella direzione di un diritto volto a garantire che i soggetti non cessino mai di essere considerati persone. Ma mostra anche che molti sono ancora i passi da compiere per individuare linee d’azione compatibili con la nostra Costituzione.
“Chi aumenta la propria conoscenza aumenta la propria ignoranza”, scriveva Friedrich Schlegel. “Io vivo sempre più avvertendo la presenza dell’ignoto dentro il noto, dell’enigma dentro il banale, del mistero dentro ogni cosa e, soprattutto, dell’avanzare di una nuova ignoranza dentro ogni conquista della conoscenza”, ci dice Edgar Morin.
Così in questo libro si spinge a esplorare i territori del sapere, in cui ci si imbatte
in una terna inseparabile: conoscenza, ignoranza, mistero. Tutti i progressi delle scienze suscitano nuovi interrogativi e sfociano nell’ignoto: quello dell’origine, della fine, della natura della realtà. Più si vede quel che c’è di razionale più bisogna vedere anche quel che sfugge alla ragione ma il mistero non svaluta affatto la conoscenza che vi approda, al contrario, stimola e fortifica il senso poetico dell’esistenza.
La cultura moderna ha spesso stornato la generazione dalle categorie ontologiche, antropologiche ed etiche fondamentali, o l'ha mantenuta, ma nel senso dell'autoproduzione idealista. Sennonché la stessa identità soggettiva e, di seguito, l'umana capacità di fare esperienza feconda, richiedono la generazione da parte di altri per essere attivate: grazie alle relazioni benefico-virtuose guadagniamo le nostre capacità fondamentali (cognitive, riflessive, deliberative, espressive, dialogiche, tecniche, ecc.). Insomma, la generatività è la dimensione antropologicamente sintetica, a partire dalla quale è possibile giudicare le relazioni umane, che sono sempre generative o de-generative, sempre istituenti o destituenti altri. A dispetto della sentenza secondo cui «la mia libertà finisce dove comincia la tua», si può invece dire che «la mia libertà esiste perché c'è la tua, e se la tua è benefica, inoltre ha senso anche, e principalmente in vista della relazione generativa benefica reciprocante con la tua». Il presente volume ha focalizzato la categoria della generazione, prefissandosi il compito di conseguire un incremento di riflessione critica su questa categoria ontologica, antropologica ed etica cruciale. Postfazione di Francesco Botturi.
ll volume è la prima trattazione in lingua italiana, introduttiva ma il più possibile completa e aggiornata, dell’Etica delle virtù (Virtue Ethics), una corrente dell’etica contemporanea ancora poco conosciuta e coltivata nell’Europa continentale, che pone al suo centro proprio la nozione di virtù. Nonostante questo termine non sia oggi particolarmente usato e apprezzato sul piano del linguaggio comune, l’interesse che esso ha suscitato da qualche decennio permette di presentare la Virtue Ethics come un vero e proprio filone dell’etica contemporanea con radici classiche, che si distingue da quelli deontologico e utilitarista-consequenzialista. Dopo un excursus sui principali autori riconducibili alla Virtue Ethics, il libro ne prende in esame i più rilevanti e dibattuti snodi concettuali da una prospettiva tematica o problematica, ed evidenzia i nessi tra le virtù e altre dimensioni dell’agire umano. Segue, infine, un’ampia e aggiornata bibliografia.
È un’utopia voler costruire un mondo più solidale? L’immagine della poesia sociale è stata usata da papa Francesco per definire l’attività e l’impegno delle organizzazioni cooperative e dei movimenti popolari, ai quali egli si è rivolto in occasione di tre incontri mondiali. La vita di queste realtà, non riducibile a manifestazioni confinate in specifici contesti geografici, come quello latino-americano, è oggi molto vivace e particolarmente utile per l’aggiornamento sociale della Chiesa e per la ricerca in ambito filosofico e sociologico. Sulla scena pubblica locale e globale si muovono infatti nuove organizzazioni aggreganti che fanno emergere inediti contesti e processi di collaborazione. Esse identificano gruppi, animati da comuni interessi, in grado di promuovere risposte condivise ai bisogni che accomunano persone diverse per ceto, nazione o classe sociale.
Nella società attuale è difficile individuare e sostenere i valori del dono, perché qui dono e scambio di mercato sono intrecciati in un abbraccio parassitario che sembra una simbiosi. I valori altercentrici del dono sono valori del portatore materno, non del parassita, ma sono di un portatore che non sa neppure che esiste un modo indipendente di fare le cose, perché il patriarcato/mercato è stato così efficace nell'imporsi da reinterpretare (anche ribaltare) e legittimare il proprio parassitismo.
“Per quanto pubblicato più di sessant’anni fa (ma pensato ed elaborato già da diversi decenni) “Il diritto internazionale e il problema della pace” non ha perso nulla in completezza di informazione, immediatezza e freschezza espositiva e lucidità di argomentazione. Quando venne per la prima volta dato alle stampe, questo libro apparve a molti come testo agile sì, gradevole certamente, ma essenzialmente destinato alla scuola e meritevole quindi di essere letto e meditato soltanto da studenti di giurisprudenza. Mai giudizio fu più grossolano di questo. I lettori più attenti, infatti, non esitarono a ritenerlo e ben a ragione un piccolo capolavoro: una di quelle opere che si possono anche scrivere in pochi giorni, ma che richiedono anni di letture e di studio per essere pensate e successivamente redatte” (dalla Prefazione di Francesco D’Agostino).
Achenbach è il fondatore della "Philosophische Praxis", forma principale di consulenza filosofica. Il volume raccoglie i saggi fondamentali, in cui ha presentato il suo lavoro e ne ha discusso finalità e modalità. Per Achenbach la consulenza filosofica "non si occupa dei sistemi filosofici, non prescrive alcun filosofema, non costruisce alcuna filosofia, non somministra alcuna visione filosofica, ma mette in movimento il pensiero: filosofa", quindi deve riflettere produttivamente su casi concreti. Insomma: l'aiuto che il consulente filosofico può dare a chi lo consulta non sta nel "curarlo" o nel fornirgli una "verità" preconfezionata, ma nel metterlo in grado di pensare, nel dialogo con altri.