
Nel ripensare il posto proprio dell'uomo nell'universo creato, gli umanisti hanno proposto una innovativa lettura dei concetti di miseria e dignitas hominis, inaugurando un'inedita riflessione antropologica centrata sulla convergenza tra ideali classici, coscienza del «rifiuto del mondo» e dottrina della creazione dell'uomo ad imaginem Dei. Le opere di Marsilio Ficino (1433-1499) offrono un contributo prezioso ed efficace a questo dibattito, fondando una nuova concezione dell'humanitas come realizzazione dello scopo ultimo dell'essere umano nell'esercizio delle sue facoltà conoscitive.
La storiografia anglo-americana ha ricondotto le origini della modernità alla cultura protestante, tracciando una via che parte dal pensiero di Duns Scoto e Ockham, passa attraverso i concetti di volontarismo (Boyle, Newton) e di sovranità assoluta di Dio (Lutero, Calvino), per arrivare alla nascita della scienza sperimentale e della teologia naturale. Tutto ciò a condizione di un costante intervento di Dio sulla natura e al conseguente collasso dei confini tra il naturale e il sovrannaturale. Nel presente saggio si parte da una differente prospettiva: prendendo in esame le indagini sui miracoli nei processi di beatificazione e canonizzazione della prima età moderna, viene considerata la separazione e il successivo costituirsi dell'ordine sovrannaturale accanto all'ordine naturale come fondamentale premessa per la nascita della scienza moderna e come elemento costitutivo della teologia cattolica.
In una celebre pagina di Shakespeare, Antonio, di fronte al cadavere di Bruto suicidatosi poco prima, esclama: "Questo era un uomo!". Ma che cosa fa di qualcuno "un uomo", qual è la caratteristica che, persino di fronte a un nemico mortale, ci fa sentire in presenza di un "vero uomo"? Per Vito Mancuso, tutto dipende dalla libertà. La vera libertà però è interiore, perché ciò che impedisce alla nostra vita di essere autentica sono le menzogne che diciamo a noi stessi, all'origine di quelle che diciamo agli altri. È la libertà da se stessi a rendere la vita davvero libera e dunque autentica. Ma come si diventa liberi da se stessi? E vale la pena perseguire una vita autentica in un mondo basato sulla finzione? Rispondendo a tali interrogativi, questo saggio sulla libertà sorprenderà anche per la passione e la chiarezza con cui è scritto.
Jacob Burckhardt ha scritto alcuni dei testi più influenti di storia della civiltà del Rinascimento in Italia, determinandone un'interpretazione che ha dettato legge fino agli studi degli anni Settanta di Eugenio Garin. Georg Simmel, filosofo e sociologo, ha posto l'estetica degli 'oggetti' dell'arte e dell'architettura come uno dei temi centrali della sua riflessione postkantiana, relativistica, fenomenologica e 'prerazionale'. A duecento anni dalla nascita di Burckhardt e a cento dalla morte di Simmel, a loro è dedicato questo numero dell'Annuario, che ne celebra tutta l'importanza per la cultura europea.
Il libro raccoglie una serie di contributi sul tema del capitale immateriale, della ricerca scientifica e delle conoscenze, dalle teorizzazioni di Antonio Ruberti sino all'attuale panorama dello spazio europeo della ricerca. Esponenti del mondo della cultura, della scienza, dell'economia e della formazione superiore si confrontano con i possibili futuri cambiamenti dell'idea del capitale immateriale, incardinata in quattro parole chiave - conoscenza, competenza, creatività, crescita - che racchiudono una proposta concreta per lo sviluppo e per la rinascita dell'Italia di domani. Introduzione di Gianni Letta. Postfazione di Francesco Coccopalmerio. Contributi di M. Alì, A.M. Alfieri, G. Ardito, A. Catricalà, A. Cocozza. G. Colalucci, T. D'Acchille, C. Gaudio, P. Lasalvia, L. Maffei, S. Monaco, M. Morcellini, L. Moschini, G. Novelli e F. Zedda, G. Paini e C. Marinucci, W. Ricciardi.
Il sapere dei segni è antico quanto l'uomo. Muovendo dalle primordiali incisioni sulle pietre e dalle figure delle divinità arcaiche, il percorso del libro frequenta luoghi singolari ed emblematici, come la pratica poetica dell'ideogramma, le immagini musicali dei chiostri, i giochi formativi della coscienza infantile, la comunicazione gestuale della lingua dei Segni. In ogni tappa del cammino il sapere emerge come replica e figura dell'inconcepibile, come ritmo della vita che si confronta con la metamorfosi e il ritorno, con la perdita e la restaurazione, con la memoria e l'oblio. In questo confronto tra la verità e la vita il sapere dei segni scopre il destino che da sempre lo lega alla figurazione provvisoria e al segreto musicale del ritmo, in quanto aritmetica prima dell'esperienza; e poi comprende l'opera selettiva della morte: la grande creatrice dei segni come figure transitanti della verità.
"A partire dal corpo" svolge un'indagine filosofica sull'esperienza umana strutturata e unificata nel suo radicamento corporeo. L'impostazione generale del problema rinvia a un'analisi della co-appartenenza uomo-mondo e alla formulazione del triangolo antropologico, con le domande attestanti la singolarità dell'uomo nell'ordine dei viventi. Riprendendo la distinzione fenomenologica tra Ko?rper e Leib, viene ridefinita l'articolazione tradizionale tra corpo, anima/spirito nei termini del corpo fisico, corpo animato o emotivo e corpo simbolico o intenzionale. In questo modo, l'autore comprende il dinamismo di un'esperienza "spirituale" emergente dalla contingenza corporea.
Non è forse un caso che tempi inquieti, tempi di cambiamento come il nostro, possano trovare conforto nelle pagine di Nicola Cusano, un pensatore di «passaggio» tra Medioevo e Modernità, enigmatico e affascinante, che sembra sfidare i secoli, le interpretazioni e le ideologie. Questo libro dimostra l'attualità del suo pensiero, evidenziandone la ricchezza e l'originalità rispetto alle sfide teoriche di oggi. Dal confronto con Hegel a quello con la recente svolta «speculativa» e «realista» della filosofia contemporanea, i capitoli di questo libro cercano di mostrare all'opera il pensiero di Cusano, lasciando emergere la sua capacità di spiazzare costantemente il lettore e metterne in questione i presupposti impliciti ma anche di valorizzarne la prospettiva singolarissima, perfino la stessa deriva nella ricerca di senso che tutti ci coinvolge. La tesi che guida questa lettura è che, come insegna Cusano, se la verità non ci appartiene, noi le apparteniamo senz'altro. Nessuno, neanche chi la nega, può sottrarsi a questa appartenenza. Nessuno, neanche chi la afferma, può eccederla e farla propria. Cusano sembra suggerire che è nel sottile spazio tra questi due eccessi che si collocano tanto il rigore, quanto la responsabilità del pensiero e, con essi, il compito, il destino e il futuro, se ve n'è uno, della filosofia.
In questa raccolta di saggi Maurice Blanchot dà prova di uno straordinario lavoro di critica e di scrittura che unisce alla chiarezza del linguaggio uno spessore di stimolante complessità. Si tratta dell'esplorazione più importante, accanto a quella di Sartre, dedicata alle relazioni tra letteratura, arte e filosofia. La riflessione incrocia i nomi più importanti del XX secolo, da Georges Bataille ad André Malraux, da Pierre Klossowski a Marguerite Duras, da Michel Leiris a Jean Paulhan, da Albert Camus a Claude Lévi-Strauss, da Edmond Jabès a Emmanuel Levinas, da Martin Buber a Franz Kafka.
Il volume si apre con un'agile indagine sulla vita di Thomas More e di altri umanisti come Erasmo da Rotterdam, Lutero e Pico della Mirandola. Lo studio sull'Utopia evidenzia poi gli aspetti sociali, politici e religiosi del tempo tra l'Umanesimo e il Rinascimento. In particolare il diritto penale, che echeggia, tre secoli prima, le conquiste sociali di Beccaria e Verri; poi la monarchia parlamentare contro l'assolutismo regio, le guerre (soltanto di difesa), la colonizzazione, i beni in comune, il lavoro per tutti comprese le donne, la solidarietà con le altre nazioni, il matrimonio, il divorzio, l'eugenetica, l'eutanasia, l'educazione continua e controllata dallo Stato, la sicurezza senile, gli ospedali, il pluralismo religioso, l'ecologia, tutte cose attuali per la nostra civiltà.
«La perfezione è uno stato che non ha alcun senso, uno stato che non ha alcun essere neanche in potenza. Il corpo è, la perfezione non è».
Descrizione
Massima efficienza sul posto di lavoro, culto del corpo sano e senza difetti, corsa a risultati sempre più straordinari: siamo tutti tesi a raggiungere la perfezione. Si potrebbe dire: un ideale neo-puritano – imposto al nostro corpo, ma non solo – ci spinge a squalificare ciò che perfetto non è. Dinanzi a quest’ansia da prestazione Alexis Jenni ci ricorda, in un testo incisivo e sognante, quanto i nostri limiti siano la caratteristica più propria dell’umanità. L’essere imperfetto è l’essere vivente. Il difetto è il luogo della nostra ricchezza interiore e relazionale: ecco perché un elogio dell’imperfezione. Mobilitando rinomati autori spirituali, film di fantascienza geni come Leonardo da Vinci e campioni sportivi come Neymar, ma anche grandi filosofi e poeti, Jenni mostra che la grazia dell’umanità è vivere l’imperfezione.
Riflessione filosofica, esperienza politica e cultura estetica si intrecciano anche in questo libro di Cacciari sulla storia della città. Dalla pólis greca alla civitas romana, dalla città europea alla metropoli e alla odierna postmetropoli: uno sguardo appassionato e insieme disincantato, una difficile lezione della storia da cui trarre qualche saggio consiglio per il futuro prossimo. La città è sottoposta a domande contraddittorie. Voler superare tale contraddittorietà è cattiva utopia. Occorre darle forma. La città è il perenne esperimento per dare forma alla contraddizione.