In queste pagine l'autrice propone una riflessione sull'empatia alla luce delle elaborazioni filosofiche e delle scoperte neuroscientifiche, aprendo il campo d'indagine anche a discipline più recenti come la "neuroetica". Si tratta infatti di una riflessione che ha necessità di estendersi in diversi contesti, individuando spazi in cui potersi confrontare in funzione dei differenti ruoli e saperi. Se empatia è provare ad andare dove l'altro sta, si devono fare continuamente i conti con l'estraneità di questo luogo che non conosciamo e che ci può essere estraneo. È in quest'ottica che diventa ancor più appassionante approfondire le modalità attraverso cui l'empatia trova possibilità di espressione, ovvero la gentilezza, la gratitudine, la compassione e l'acquisizione di consapevolezza attraverso la dimensione della riflessività. Forse è questa la grande sfida dei nostri giorni: rimanere donne e uomini empatici, nonostante tutto quello che ci circonda.
L’autrice presenta dapprima il contesto storico, biografico, filosofico e spirituale che porta la Stein alla scoperta della dimensione religiosa e alla conversione alla fede cattolica.
In un secondo momento, esamina gli scritti della Stein per far emergere la sua comprensione della natura propriamente teologica della fede.
"L'Etica di Romano Guardini rappresenta non solo una «sorta di sintesi» del suo pensiero, ma un grande affresco in cui troviamo rappresentata con rara chiarezza ed efficacia le dimensioni morali dell'esistenza e le grandi figure dell'etica filosofica e teologica. L'Etica è uno sguardo sulla vita concreta, in un costante confronto con i classici del pensiero occidentale, con la rivelazione cristiana e con la storia dell'Occidente sfociata nei totalitarismi e nel dominio della tecnica. È la vita concreta dell'uomo a suscitare l'attenzione e la riflessione di Guardini, che si accosta con discrezione alle realtà più profonde con la preoccupazione di chi è interessato più a comprendere che a giudicare. Scevra da moralismi così come da ogni tentazione semplificatrice, l'etica guardiniana ha il sapore di un invito a dare sempre nuova forma umana alla vita, nella tensione - spesso drammatica - tra la realtà oggettiva del bene e l'incancellabile richiamo della coscienza." (Michele Nicoletti e Silvano Zucal). Premessa di Franz Henrich.
Qual è il senso della vita? È un valore stabile e oggettivo, o qualcosa di inevitabilmente fluido e arbitrario? In base a quali principi dobbiamo orientare le nostre azioni e i nostri rapporti con gli altri? Se in passato la visione del mondo tradizionale, fondata sulla religione, sapeva dare risposte ai grandi interrogativi dell'esistenza, nella società contemporanea, sempre più individualistica e secolarizzata, la nostra sete di significato si fa ogni giorno più intensa. In questo libro, scritto con un linguaggio accessibile ma concettualmente rigoroso, il giovane filosofo Frank Martela ci accompagna in un viaggio coinvolgente che ripercorre la storia del pensiero occidentale moderno, rivisitato attraverso esperienze quotidiane, aneddoti, film, ma anche con gli strumenti delle più avanzate ricerche psicologiche e sociali sui grandi fenomeni del nostro tempo. Il percorso verso un'esistenza più consapevole e appagante, ci insegna, può cominciare in ogni momento, a patto di riuscire a liberarci da certi preconcetti e ossessioni che impediscono alla nostra personalità più autentica di fiorire: dobbiamo solo volerlo.
Il libro ricostruisce i fondamenti filosofici e teologici dei cambiamenti che le prove dell'esistenza di Dio hanno subito a partire dall'argomento di Anselmo. La rivendicazione di una conoscenza chiara e distinta della natura di Dio, avanzata da Descartes, è all'origine della supremazia della prova che Kant chiamerà ontologica e che avrà una straordinaria fortuna nel pensiero moderno. Di questa fortuna si ripercorrono qui la nascita, lo splendore, le sorprendenti metamorfosi e il tramonto.
Il cristianesimo è una religione perversa? Dio Padre, che pone in mezzo al Paradiso l'albero della conoscenza e poi proibisce alle sue creature di gustarne i frutti, sembra agire come un perverso, e perverso è il piano divino che prevede di sacrificare il proprio Figlio per salvare quelle stesse creature da Lui spinte a peccare... Tuttavia, nonostante questo - o forse proprio per questo - il cristianesimo resta una religione autenticamente «rivoluzionaria», forse la sola in grado di farci riflettere sulla condizione paradossale dell'uomo: e Slavoj Zizek, in questo denso volume, arriva a sostenere- da un punto di vista completamente ateo - che «per essere un vero materialista dialettico bisogna andare fino in fondo all'esperienza cristiana». E la vera esperienza cristiana viene trasfigurata: non consiste più (o non soltanto) nella fede nel Grande Altro divino, ma soprattutto nella tragica consapevolezza dell'impotenza radicale di Dio. Riproponendo, con coraggio teoretico ineguagliabile, i dilemmi agostiniani e kierkegaardiani, Slavoj Zizek fornisce con questo saggio - tanto ai credenti quanto ai non credenti - una visione veramente sovversiva dell'eterno problema di Dio. E poiché oggi anche i difensori dell'Illuminismo riconoscono che una visione religiosa è necessaria per ancorare il nostro atteggiamento etico e politico in un'epoca post-religiosa, questo libro si candida a punto di partenza per un dibattito quanto mai necessario.
Nella storia dell'umanità la morale ha formato un binomio inscindibile con la religione. Tuttavia, nella cultura e nelle società occidentali moderne, le teorie etiche hanno concepito la morale in modo autonomo rispetto alla religione, oscurando o rimuovendo il suo fondamento teologico, al punto da legittimare la tesi di "un'etica senza Dio" nel dibattito pubblico. In quello accademico, poi, si moltiplicano le spiegazioni naturalistiche della morale che tengono in scarsa o nulla considerazione la religione. L'intento del libro, che tiene conto anche del recente dibattito anglo-americano sul tema, è quello di ricongiungere morale e religione a partire dalla visione teistica del mondo: una visione filosofica e al tempo stesso religiosa che riconosce l'esistenza di un Dio onnipotente, onnisciente, perfettamente buono, creatore del mondo. La tesi sviluppata è che un'etica su basi religiose, lungi dall'essere superata e inattuale, è in grado di offrire una giustificazione e una motivazione della morale che è più convincente di una secolare e di rappresentare, all'interno del pluralismo etico contemporaneo, una chiara alternativa al relativismo e al nichilismo morale.
Sappiamo alla perfezione cosa vogliamo avere - ricchezza, piacere, potere - ma non sappiamo più chi vogliamo essere . Nella grave crisi in cui siamo immersi, necessitiamo continuamente di avversari per definire le nostre identità, e spesso ci scopriamo nemici addirittura di noi stessi, in una sorta di permanente guerra interiore. La filosofia di Vito Mancuso è un'àncora preziosa in questi tempi difficili: rinnovando in noi il desiderio di antiche riflessioni, ci indica la strada per risalire alle radici profonde della nostra coscienza, e ci insegna come il senso e la direzione della nostra vita su questa Terra vadano ricostruiti a piccoli passi, giorno dopo giorno, nella consapevolezza di trovarci al cospetto di qualcosa di più importante di noi stessi. Solo così sapremo entrare in armonia con la logica che determina il nostro cammino e amare quella semplicità naturale dentro di noi che è il vero segreto per una vita degna, una vita che vale la pena vivere, una vita autentica.
Quello della legge morale naturale è uno dei grandi temi che hanno impegnato la riflessione filosofica di Alasdair MacIntyre (Glasgow, 1929) negli ultimi tre decenni. Si tratta di un discorso che il filosofo scozzese sviluppa in costante dialogo con Tommaso d'Aquino e dentro un più ampio affinamento della propria teoria della razionalità pratica: il risultato di un simile sforzo è un'idea di legge di natura dai connotati fortemente dinamici, che aggrega gli esseri umani nella ricerca del vero, in un'intrapresa critica che non fa sconti né lascia spazio a facili compromessi. Lo studio esposto in questo volume si propone di offrirne una ricostruzione sistematica, non trascurandone i legami vitali con altri aspetti della speculazione macintyreana e promuovendo un rinnovato confronto con le fonti tommasiane. Esso si compendia in un invito a ripensare la legge morale naturale come logica delle relazioni buone con altri, con se stessi e con l'Altro.
C'è un luogo comune e universale che ha dato vita all'umanità e in cui ogni essere umano continua a nascere. Questo luogo è il discorso, il sermo, direbbe Orazio: liquido amniotico dello spirito che ci traghetta dalla natura alla cultura, dalla vita istintiva alla vita sociale. Questa semplice evidenza reca però con sé tutti i problemi e i paradossi delle nostre credenze e dei nostri saperi, quindi i limiti delle nostre pretese verità e l'ambiguità di una presunta idea di realtà che da molto tempo ci accompagna. Il libro ne attraversa esemplarmente numerose figure emblematiche: dall'idioma dell'antico mondo della poesia cinese alla riflessione greca sui nomi, ai dialetti e alle lingue del medio evo e del mondo romanzo, alla formazione della nostra lingua volgare, sino ai lessici paradossali delle moderne scienze della natura e alla evoluzione darwiniana delle forme di vita. Da questi e da ancora altri percorsi emerge la proposta di una nuova etica del discorso, che ne curi le cecità e le superstizioni: estremo dono della filosofia al senso dell'uomo planetario in cammino.
"Minima moralia" è un libro fondamentale per la ricostruzione del dibattito filosofico e culturale del Novecento. I suoi aforismi hanno alimentato appassionate discussioni nel mondo accademico, politico e sociale. Adorno li scrisse prevalentemente durante gli anni del suo esilio americano condensando in costellazioni concettuali i principali nuclei tematici del suo pensiero: la messa in discussione della razionalità moderna e occidentale, la critica del fascismo e della personalità autoritaria, lo smascheramento della cultura di massa e delle sue fascinazioni, la possibilità di pensare filosoficamente e teologicamente l'utopia. "Minima moralia" parla con sorprendente freschezza alla teologia contemporanea e può essere giustamente considerato un grande libro della tradizione cristiana. I "classici" infatti prospettano all'interno di una tradizione culturale o religiosa nuovi stili di riflessione e inediti orizzonti di ricerca, hanno inoltre il potere di avvicinare e convocare persone diverse per formazione, sensibilità e cultura. Nei singoli aforismi è all'opera un pensiero "in uscita" che non teme di riconoscere i propri limiti e non ha paura della propria incompletezza, un pensiero che rimanda costantemente ad "altro da sé" scegliendo la via dell'abbassamento, mostrando la rilevanza degli scarti e dei frammenti.