Una iniziazione alle vie della preghiera: della preghiera personale e, soprattutto, della preghiera liturgica, ecclesiale. Una iniziazione alla verità perché la preghiera - e il suo vertice, l'eucaristia - è il luogo epifanico della verità: Dio si rivela in tutta la luce della sua gloria, e cioè del suo amore e l'uomo, in tutta la sua notte, e cioè in tutta la sua indigenza di amore, non si nasconde. Dio e l'uomo si incontrano nella verità. Non è lo storico della preghiera e della liturgia a parlare in questo libro. Ma l'uomo di fede - lo avverti in ogni pagina -. Un uomo che prega, che abita incessantemente la preghiera. Un uomo che partecipa regolarmente e appassionatamente al culto della Chiesa, che lo vive con tutto il suo essere. Che lo vive estasiato. E che quindi può iniziarti, da teologo - «è teologo chi prega», ci ricorda Evagrio - al suo mistero. Solo chi ha "patito" le cose divine può diventare guida al mistero, mistagogo. Evdokimov ti prende dunque per mano e piano piano ti conduce - anche con l'apparato storico e patristico delle sue conoscenze - nella fornace di fuoco dell'eucaristia. Lì dove fai esperienza del Regno che è già venuto, che sempre viene e che verrà.
Ilario di Poitiers è stato anche poeta. Suo è il Liber hymnorum, primo innario cristiano in lingua latina. Ilario lo compone negli ultimi anni di vita, e in esso riversa tutta la sua sensibilità culturale, molto arricchitasi negli anni di esilio in Oriente: validamente vi coniuga l'intelligenza della fede nicena e della polemica con gli ariani, la familiarità con la pagina biblica e l'evidente formazione retorica della scuola tradizionale. Così echi classici, citazioni scritturistiche, dichiarazioni conciliari si miscelano, accanto a veri neologismi linguistici; il Liber appare difatti segnato da una netta scelta di originalità e da una qualità poetica complessa, non oscurata dalla frammentarietà della tradizione. Questo volume si offre quale studio complessivo del Liber hymnorum, a un secolo dalla sua ultima edizione commentata. La struttura è in tre parti: introduzione, testo critico con traduzione e commento. Nell'introduzione è descritto il contesto storico-religioso, oltre che la pregressa innografia cristiana; vi si presentano poi le fonti e i criteri per la nuova edizione, una dettagliata analisi metrica, i temi teologici del Liber e le ipotesi di una sua resa liturgica. Il commento affronta, procedendo ad verbum, le questioni filologiche, di lingua e stile, di contenuto. E' così valorizzata una produzione poetica tanto singolare e significativa, prima del suo genere in Occidente.
Frati Predicatori, abitualmente detti Domenicani, ricevono la conferma ufficiale da papa Onorio III nel 1216. Hanno una sorprendente fioritura fino alla Peste nera che sconvolse l'Europa intorno al 1338. Pochi anni prima il papa aveva abbandonato Roma, per rifugiarsi in una città più sicura, Avignone. Ciò avrebbe comportato non pochi problemi, primo tra tutti gli scismi ripetuti. I Domenicani dovranno prendere posizione sia per l'uno che per l'altro papa. A ciò si aggiunse il coraggioso tentativo di riformare dal di dentro la vita religiosa, tentativo che ebbe come protagonisti una laica, Caterina da Siena, e un frate, Raimondo da Capua. Tutti questi eventi della vita religiosa sono presentati illustrando anche l'interessante contesto culturale e artistico che condurrà al rinascimento, e quello politico-sociale in continua evoluzione, segnato dal sorgere di una nuova concezione del vivere, l'umanesimo.
Con gli "Stromati" Clemente affronta diversi temi teologici, incentrati sulla figura del perfetto cristiano. Nei primi due Libri l'autore valorizza la filosofia pagana, considerata propedeutica alla fede: se nelle intuizioni filosofiche dei Greci c’è stata come una sorta di furto del pensiero biblico come alcuni sostenevano, la Provvidenza, tesa alla salvezza di ogni uomo, ne ha tratto un esito molto positivo per tutti. Il terzo e quarto Libro hanno argomenti più specifici. Il terzo affronta il tema della sessualità umana e della scelta fra verginità e matrimonio: Clemente valorizza ogni aspetto della volontà del Creatore, quindi anche la finalità della differenza sessuale, opponendosi sia agli edonisti sia agli encratiti che disprezzano il corpo. Il quarto libro è dedicato alla testimonianza e al martirio, che non va ricercato, ma accolto per amore.
Vero testimone del XX secolo, lo staretz Taddeo di Vitovnica fu un uomo profondamente spirituale e religioso: nonostante le difficoltà e le malattie, trovò il modo di vivere nella gioia e di accompagnare spiritualmente tutte le anime che incontrava. Il suo segreto per combattere i cattivi pensieri e controllare se stesso è ora svelato in questo libro, tradotto per la prima volta in italiano. Un insieme di aforismi, brevi riflessioni ed episodi di vita accompagna il lettore alla ricerca di spunti meditativi per affrontare con serenità la frenesia della vita quotidiana.
I cinque capitoli del libro, dedicati ai cinque sensi, sono caratterizzati dal termine porta: gli occhi sono la porta della luce, gli orecchi la porta della voce, l’olfatto dell’odore, il gusto del sapore e, infine, il tatto la porta del contatto. L’immagine della porta, ripresa dall’Itinerario della mente in Dio, mostra con efficacia la funzione principale dei sensi: importare ciò che sta fuori, ed esportare ciò che vive dentro. Così la creatura umana si rivela come capace di un dialogo permanente svolto attraverso le cinque lingue parlate dai cinque sensi.
Poliglotta fin dalla nascita, la persona parla la lingua dei colori, dei suoni, degli odori, dei gusti, dei contatti e ogni linguaggio costituisce una vera e propria scienza.
A partire dall’esplorazione del senso fisico, ogni capitolo prosegue evidenziando i legami delle cinque porte con la psiche, le emozioni, i sentimenti dell’essere umano, fino a delineare l’esperienza spirituale che ciascun senso ricava dal contatto con Dio.
Il "Commento al Cantico dei Cantici" di Nilo di Ancira è il più antico commento greco completo a questo libro biblico, mentre gli altri commenti giunti fino a noi si fermano prima della fine. Eredita le prestigiose tradizioni esegetiche di Origene, Gregorio di Nissa e Evagrio Pontico. Nella sua esegesi Nilo fa una sorta di romanzo la cui eroina è una prostituta che sceglie di cambiare vita per diventare degna delle nozze con il re. Essa è figura metaforica dell'anima umana e dei suoi moti interiori. Composto tra la fine del IV secolo e l'inizio del V secolo, tratta diversi temi della vita spirituale la cui mira è la comunione di vita con Dio. Il Cantico è una profezia dell'unione del Verbo eterno con l'anima umana, che si realizza nella storia della salvezza mediante la morte e risurrezione di Gesù Cristo ed è resa a noi contemporanea attraverso la liturgia della Pasqua e del battesimo. Nelle ultime pagine Nilo presenta la persona umana completamente partecipe della luce e della gioia di Cristo glorioso asceso alla destra del Padre. Testo critico di Marie-Gabrielle Guérard. Introduzione, traduzione e note di Maria Benedetta Artioli.
I testi delle preghiere di Agostino non sono composizioni a sé stanti, ma s'intrecciano con i suoi discorsi sull'uomo e su Dio, sulla sua vita, sui suoi peccati, sulle sue esperienze di misericordia. In esse Dio appare costante interlocutore della sua esistenza, presenza viva e costante. Una preghiera intessuta di pensieri e di sentimenti, di luci e di ombre, costantemente aperta al futuro pur nutrita di mille memorie. Egli un giorno, volendo riassumere il nocciolo di ogni preghiera, scriverà che essa è tendere con amore a Dio, alla vita eterna, cioè all'incontro svelato e definitivo con lui, espressione del desiderio più profondo del cuore umano. Questo radicamento degli interrogativi, dei pensieri e della stessa preghiera nel cuore degli uomini ha reso Agostino nel corso dei secoli vicino anche alle persone che si ritengono lontane da Dio, ma che sono pensose. Le parole di Agostino fanno per così dire corpo con la sua persona, con la sua esperienza, con la sua lingua, con i vari tempi della sua vita; per questo risulta difficile la loro traduzione, anche perché egli costantemente allude sia ad espressioni della sacra Scrittura che non sempre cita in modo esplicito, sia ad esperienze della sua esistenza che richiama solo in forma allusiva.
"I maestri cristiani del deserto fiorirono, esplosero in un attimo che durò tre secoli, dal III al VI dopo Cristo. Da poco Costantino aveva restituito ai cristiani il diritto di esistere, spezzando il dogma di Commodo, e sottratto con dolcezza la giovane religione al terreno meravigliosamente umido del martirio, alla stagionatura incomparabile delle catacombe. Questo significava, evidentemente, consegnarla a quel mortale pericolo che rimase tale per diciotto secoli: l'accordo col mondo. Mentre i cristiani di Alessandria, di Costantinopoli, di Roma, rientravano nella normalità dei giorni e dei diritti, alcuni asceti, atterriti da quel possibile accordo, ne uscivano correndo, affondavano nei deserti di Scete e di Nitria, di Palestina e di Siria. Affondavano nel radicale silenzio che solo alcuni loro detti avrebbero solcato, bolidi infuocati in un cielo insondabile. In realtà, la maggior parte di quei detti fu pronunciata per non rivelar nulla, così come la vita di quegli uomini volle essere tutta quanta la vita di «un uomo che non esiste». I detti e i fatti dei Padri furono raccolti in ogni tempo con estrema pietà perché, appunto, erano quasi sempre noci durissime, inscalfibili, da portare su di sé tutta la vita, da schiacciare tra i denti, come nelle fiabe, nell'attimo dell'estremo pericolo, e inoltre i Padri rifiutavano, per lo più, recisamente di scrivere. Furono raccolti in pergamene: greche, copte, armene, siriache. In quelle pergamene non furono perpetuati soltanto gli oracoli e i portenti dei Padri e dei loro discepoli, ma anche quelli di certi incogniti secolari che praticavano segretamente i loro precetti e, nascosti in quelle metropoli che i Padri abominavano, furono qualche volta maestri ai loro maestri." (dallo scritto di Cristina Campo)
Breviario esicasta si compone di due preziosi saggi di Dumitru Staniloae, uno dei maggiori teologi ortodossi rumeni del XX secolo, considerato "la colonna della teologia ortodossa contemporanea" e il "teologo dell'amore" per eccellenza. Il primo contributo, che dà il titolo al libro, raccoglie gli esercizi spirituali che padre Staniloae predicò ai monaci della comunità monastica benedettina di rito bizantino, presso l'Abbazia di Chevetogne, la cui principale vocazione è quella di mantenere vivo il dialogo ecumenico con la tradizione ortodossa. Queste meditazioni tenute nel settembre 1974, ci consegnano un limpido distillato del suo insegnamento sulla preghiera. In filigrana emerge una dottrina che è il frutto di un'assidua frequentazione della grande tradizione patristica-esicasta e filocalica. La riflessione è incentrata sull'esichia, ovvero su una particolare modalità di contemplazione orante connotata da uno stato di profonda pace del cuore. Il secondo contributo, "La ricezione della tradizione nel mondo di oggi", scritto nel 1979, si concentra sul significato della tradizione cristiana nel mondo contemporaneo, con il preciso intento di presentare una risposta alla ricorrente domanda: la cultura contemporanea può ancora far tesoro della tradizione? I due brevi saggi riflettono una profonda sensibilità maturata nei confronti della "preghiera del cuore" radicata intimamente nella teologia orientale, cui si aggiunse l'esperienza spirituale personale di un sapiente testimone della spiritualità cristiana del Novecento, tale da rendere preziosa questa traduzione italiana di Staniloae, anche nell'intento di celebrarne i centoventi anni dalla sua nascita.
Viaggiando nelle province dell'Impero bizantino poteva capitare di imbattersi in un monaco arrampicato sulla sommità di una colonna: un asceta che passava la sua vita sospeso tra terra e cielo, dedicandosi alla preghiera e agli esercizi spirituali. Era uno spettacolo strano, che attraeva fiumi di pellegrini. Nonostante la bizzarria di un'ascesi tanto estrema e sorprendente, l'incontro con uno stilita era un evento meno eccezionale di quanto si potrebbe pensare. Gli abitatori delle colonne non erano poi così pochi, soprattutto nei deserti della Siria. Sempre esposti alle intemperie, sottoponevano il corpo a prove durissime. Ma sapevano anche compiere miracoli, guarire i malati, formulare profezie, esorcizzare gli indemoniati. Grazie a queste doti straordinarie si guadagnavano la devozione di fedeli di ogni strato sociale che accorrevano in massa ai piedi delle loro colonne: contadini, soldati, funzionari di corte, e persino imperatori. Per il loro prestigio, gli stiliti erano spesso chiamati a dirimere controversie, sostituendosi alle autorità civili e assumendo così anche un ruolo politico. Di molti di loro conosciamo non solo i nomi ma anche le vicende esistenziali che li hanno portati a una scelta così radicale. Questo volume, indagando testi biografici bizantini quasi mai tradotti in italiano, ricostruisce la storia, la vita e le opere dei santi stiliti. Ma ne narra anche la leggenda: un mito spirituale che ha attraversato i secoli e, tramite la poesia di Kavafis e di Rilke, è arrivato fino al cinema di Buñuel e Monicelli.
Tra le donne che hanno più contribuito all'espansione del Cristianesimo, tessendo reti di contatti e conoscenze, compaiono le vedove, come attestano sia le Lettere di Paolo che gli Atti degli Apostoli. Queste vedove, insieme alle vergini, sono state a fondamento della Chiesa delle origini e sono tuttora colonne portanti dell'edificio ecclesiale, come mostra l'esperienza di un gran numero di parrocchie in tutto il mondo. In un tempo in cui s'intensifica la riflessione ecclesiale sulle diaconie e i ministeri, è necessario, pertanto, ripensare all'esperienza della consacrazione vedovile, come fa Lucia Cerciello consegnandoci questo originale saggio, scritto con cura e passione. Prefazione di Rosalba Manes.