L'incontro e il dialogo hanno profondamente segnato la personalità e la vita di Pierre Claverie, vescovo di Orano, assassinato nel 1996: ha lavorato incessantemente per mettere in relazione le persone più diverse e si è egli stesso messo in gioco nella scoperta degli altri. Le considerazioni semplici e piene di buon senso che ci offre in questo scritto permettono di riflettere sui diversi fattori che conducono al successo o al fallimento delle relazioni. Dopo aver evocato le figure di Abramo, Mosè e Maria nel cristianesimo e nell'islam, medita su un certo numero di incontri, riusciti o no, di Gesù, così come sui suoi rapporti con gli altri e con il Padre. L'autore considera il testo delle Beatitudini come la legge dell'incontro, di cui la fede, la preghiera, la vita ecclesiale e la vita religiosa sono altrettante applicazioni pratiche. Secondo lui, la differenza dell'approccio di Dio nelle tradizioni musulmana e cristiana rivela le loro rispettive ricchezze (sono citati numerosi testi di mistici musulmani) ma anche l'originalità del cristianesimo, il carattere insieme straordinario e scandaloso del messaggio di Gesù Cristo. Queste meditazioni sono un invito caloroso a fare il punto sul nostro modo di essere con Dio e con gli altri, perché l'incontro e il dialogo sono per noi delle sfide permanenti nelle nostre comunità umane: vita familiare, vita professionale, vita religiosa, vita ecclesiale...
Il termine "filosofia" nella tradizione araba è peculiare e interseca i campi della teologia, della mistica e della politica. Inoltre, sebbene la tradizione filosofica araba sia essenzialmente musulmana, non pochi filosofi "arabi" per nascita e lingua furono cristiani o ebrei. L'intendimento degli autori è di fornire un lessico di riferimento per chi si affaccia allo studio della filosofia araba e contemporaneamente di compilare una piccola "enciclopedia" del pensiero arabo-islamico che consenta al lettore non solo di reperire la terminologia, ma soprattutto di comprenderla nel suo significato storico e teoretico.
Tra i più citati ma meno noti “grandi codici dell’umanità”, il Corano occupa oggi un posto di rilievo in un confronto-scontro di civiltà nel quale prevale inesorabilmente l’aspetto mediatico e, quindi, semplicistico. Testo sacro per oltre un miliardo e mezzo di persone, il suo stile allusivo e frammentato può disorientare o scoraggiare anche i lettori più volonterosi; proporne una breve antologia aiuta dunque a sapere ciò che vi si afferma davvero su temi molto dibattuti e spinosi – come quello della violenza o della condizione femminile –, ciò che invece non vi compare – come la lapidazione e la circoncisione maschile – e ciò di cui non ci si aspetterebbe la presenza ma c’è – come l’enfasi sul tema della pace e del perdono, sulla gentilezza e la benevolenza. Il volume accompagna quindi in un viaggio alla scoperta di un messaggio che risuona da oltre quattordici secoli ma che, paradossalmente, resta in gran parte ancora da esplorare.
Attraverso questo prezioso contributo, P. Antuan Ilgit, S.I. mostra di essere un maestro costruttore di ponti. Fondando una solida base che connette il cristianesimo e l’islam, attingendo al ricco patrimonio di entrambi, fornisce una specie di «planimetria» straordinariamente completa mediante il dialogo interreligioso e il discorso etico. Partendo dalle nozioni di «disabilità» già in possesso delle due grandi religioni, passa poi a considerare come questa planimetria etico-interreligiosa possa essere applicata ai contesti pluri-culturali in generale e alla questione della disabilità in particolare. Oltre a una ricognizione dei principali testi sacri di cristianesimo e islam sull’argomento, P. Ilgit riporta un’incredibile varietà di letteratura in varie lingue. A questo progetto concorrono le sue notevoli capacità analitiche di teologo morale e il suo personale background di gesuita turco formatisi in Europa e Stati Uniti d’America, e con una diretta esperienza di vita in entrambe le tradizioni religiose. Il suo lavoro si rivela inestimabile non solo per coloro che sono interessati a una o più aree di studi sulla disabilità, al dialogo interreligioso tra islam e cristianesimo – specialmente in riferimento alla Turchia moderna –, ma anche all’area critica, volta a portare la teologia morale fondamentale e la Scrittura nell’etica applicata.
Il percorso di Massimo Campanini tra Islam e Occidente ha inizio dal mito di Odisseo, attraversa il pensiero di Dante, pellegrino celeste e profeta politico, lettore compartecipe e profondo del poema omerico, riflette sull'ascensione celeste del profeta Muhammad e arriva fino al filosofo-poeta indiano Muhammad Iqba-l, epigono di un Nietzsche sottratto al suo stereotipo di pensatore "maledetto". Dopo "L'Islam, religione dell'Occidente", un'altra opera per ricercare nei concetti di viaggio e di tempo le radici e le affinità tra due universi culturali erroneamente dipinti come distanti, ma originati dalla medesima radice abramitica.
Immergersi nell'universo mentale musulmano per rintracciare i percorsi attraverso i quali la consapevolezza politica dell'Islam è maturata fornisce di quella civiltà un'immagine polivalente, assai sfaccettata e di certo lontana dagli stereotipi. È quanto fa il libro, che illustra «dall'interno» le implicazioni della politica nell'ambito della dottrina dello stato e del potere, della teologia e della storia islamica, in riferimento ai paradigmi della teologia politica e dell'utopia retrospettiva. Sono messe a fuoco la figura politica di Muhammad, le teorie dell'imamato e del califfato nello sciismo e nel sunnismo, le contraddizioni del modernismo, le sfide del radicalismo attuale ma soprattutto le proposte dell'alternativa riformista.
Negli anni Novanta e nei primi anni del Duemila, come direttore della rivista «Missione Oggi», ho avuto il grande dono di poter accompagnare il cammino della chiesa d’Algeria nel suo periodo forse più difficile e forse anche più significativo, ricco di sapienza evangelica e di fedeltà alla sua vocazione. I numerosi contatti con mons. Henri Teissier, arcivescovo di Algeri, e gli articoli che mi inviava e traducevo per la rivista mi hanno offerto la possibilità di conoscere da vicino le ricchezze di un’esperienza ecclesiale unica, che ritengo possa essere fonte di ispirazione per noi, oggi ancora più di vent’anni fa, quando la presenza di musulmani nel nostro paese ancora non si avvertiva.
Utilizzando gli interventi che mons. Teissier mi inviava, preparati per Incontri pastorali della sua chiesa o per relazioni a Convegni in paesi dell’Europa, il libro presenta l’esperienza concreta e avvincente di dialogo tra cristiani e musulmani vissuta da tutta una chiesa, che sente «la missione di essere chiesa di un popolo musulmano», come ama definirsi. Un’esperienza percorribile anche da noi, soprattutto per la prassi e la spiritualità dell’incontro, maturate in tanti anni di discernimento e di fedeltà. È la via dei rapporti interpersonali e delle collaborazioni quotidiane per risolvere i piccoli e grandi comuni problemi che la vita presenta. Il dialogo avviene tra le persone, non con i sistemi…
Il "Lessico" di Tomasello offre al lettore un serrato confronto fra l'islam tradizionale e ciò che si è soliti chiamare "fondamentalismo". Più volte, nel corso del volume, il lettore vedrà smentite le tesi di quei musulmani moderni e di quegli occidentali che confondono l'ideologia politico-sociale di questo fondamentalismo con l'autentico messaggio del Corano. La tradizione islamica è tutt'altra cosa, e soprattutto essa è ancora viva nelle società islamiche, che in larga maggioranza rifiutano questo genere di devianze, così lontane dallo spirito della loro religione. Le voci di questo libro ci sembrano sufficienti a sgombrare il campo da ogni equivoco, mettendo in chiaro risalto la differenza che corre fra il fine ultimo della rivelazione musulmana, orientato eminentemente verso obiettivi ultramondani, e il progetto tutto secolare del radicalismo contemporaneo. Le fonti alle quali Tomasello si è ispirato in questo suo lavoro sono soprattutto quelle della tradizione classica, con copiose citazioni dei suoi esponenti più autorevoli. Prefazione di Alberto Ventura.
L’Iran è un paese di frontiera, un’area di transito fra oriente e occidente, culla di una peculiare elaborazione architettonica e artistica. la cultura di matrice persiana è una delle più ricche e variegate al mondo. Giovanni Curatola traccia i contorni della civiltà dell’Iran portando alla nostra attenzione l’architettura persiana (compresa l’analisi dei suoi fondamentali aspetti ornamentali) e la cosiddetta «arte decorativa», comprendente preziose miniature, ceramiche, tappeti di ineguagliata fattura. L’incontro fra cultura islamica e mondo occidentale ha prodotto attraverso i secoli modifiche profonde in innumerevoli campi e lo stesso processo si è verificato anche nel mondo islamico, facendoci comprendere meglio le basi delle tendenze artistiche odierne in un mondo che, malgrado i conflitti, è sempre più globalizzato. Le fondamenta dell’arte islamica si ritrovano anche in quella persiana ma, partendo da un’area geografica ben identificabile, si è diffusa attraverso i secoli fino al Caucaso, all’Asia centrale, all’India e, ovviamente, all’Europa. Un esempio? L’arte islamica del mosaico, la cui conoscenza ci è oggi indispensabile per analizzare e comprendere un’intera civiltà sviluppatasi nell’arco di quasi quindici secoli.
Uno dei maggiori studiosi del mondo arabo, Francesco Gabrieli, si misura in questo breve libro con la civiltà orientale e il suo millenario confronto con l’Occidente, teatro di ostilità ma anche di incontri fecondi e scambi ideali e materiali. Un agile compendio che consente di viaggiare nel tempo dalle origini dell’islam all’apogeo dell’impero, dall’epoca delle crociate all’impero ottomano fino alle complesse vicende del mondo islamico nell’età moderna. In appendice al libro, una preziosa antologia letteraria.
Sommario
I. La civiltà arabo-islamica e l’Occidente. II. L’antica Arabia. III. Il Profeta meccano. IV. Il primitivo Stato islamico e le conquiste. V. Gli Omayyadi. VI. Gli Abbasidi. VII. La disintegrazione dell’Impero. VIII. La cultura araba del Medioevo. IX. Le Crociate. X. I mongoli e la decadenza dell’Islam. XI. L’Impero ottomano. XII. Arabi e Islam nell’età moderna. Appendice.
Note sull'autore
Francesco Gabrieli (1904-1996), professore di Lingua e letteratura araba all’Università di Roma, si è occupato di storia politica e religiosa dell’islam e di letteratura araba e persiana. Autore di scritti letterari e di viaggio, è stato presidente dell’Accademia dei Lincei e ha vinto nel 1983 il Premio Balzan per l’orientalistica. Tra le sue pubblicazioni: L’Islam nella storia (Dedalo 1993), Dal Nilo alla fontane di Roma. Saggi di letteratura araba moderna (Franco Angeli 2004), Tra Oriente e Occidente (Liguori 2009).
La caduta di Costantinopoli nel 1453 apparve ai contemporanei come un evento epocale. Mentre gli eserciti turchi sembravano ormai destinati a conquistare Roma e a instaurare un nuovo impero islamico, in tutta l'Europa dilagò un clima di terrore in cui presero a diffondersi profezie che annunciavano conseguenze terribili e perfino la fine del mondo. Con la conquista della capitale imperiale, il sultano Maometto II poteva, a buon diritto, sostenere di essere l'erede del titolo di imperatore romano, e perciò l'unico candidato a ricostituire l'antico impero. Questa volta sotto il segno dell'islam. A nulla valse la lettera di papa Pio II, in cui gli prometteva il titolo e le terre dell'impero romano d'Oriente, a patto che si battezzasse e abbracciasse il cristianesimo. Ciò non impedì, tuttavia, la circolazione della leggenda secondo la quale Maometto il profeta sarebbe stato non solo cristiano, ma papa in pectore. Segno di quanto forte fosse il desiderio di porre fine alle violenze e realizzare un dialogo interreligioso fra cristianesimo e islam.
Il perdono è una merce decisamente rara a tutte le latitudini, in tutte le culture e anche, guarda un po', per tutte le religioni. È una buona intenzione - in verità, più invocata che praticata - per tante anime generose e pie, ma una pratica ostica anche per mistici, asceti, uomini di Dio e credenti devoti. Si va anche benino per una volta, ma per «settanta volte sette» è decisamente complicato. Ma poi è giusto? Si ritiene che ci debba essere un buon motivo per perdonare. Ma non c'è altro motivo che la parola di Dio. Ce lo ricordano chiaramente gli autori di questi commenti alla Sura XXXIX, 53-54: l'ebreo Davide Assael, la cattolica Antonella Casiraghi, il senatore Elvio Fassone e il musulmano 'Abd al-Ghafur Masotti. Chi vi riesce alla fine? Per essere tale il perdono supera la pratica della giustizia, padroneggia i desideri del cuore e apre la strada alla misericordia ricevuta e donata. È il sentiero di Dio. Un «punto d'incontro» tra tutte le religioni. Una lettura destinata a ogni uomo di buona volontà.