Le tematiche inerenti l'etica sessuale sono sempre di grande attualità e costituiscono uno dei nodi problematici della Chiesa contemporanea, costantemente interpellata dal desiderio di una loro profonda rielaborazione teologico-morale. Se il Vaticano II ha indubbiamente aperto una nuova stagione, le spinte di rinnovamento coraggiose, nello slancio iniziale, sono state poi modeste nei successivi sviluppi e, in qualche caso, persino regressive. Ne è risultato mortificato quel rapporto tra sessualità e persona che era stata la grande intuizione conciliare. Tale personalismo deve costituire il nuovo paradigma ermeneutico, l'unico che possa ridare smalto a un insegnamento morale oggi appannato e, in gran parte, non più seguito dalla maggior parte dei credenti. Non si tratta di "adeguarsi" ai tempi o di vivere un certo relativismo morale ma di comprendere come il tempo che si vive, che è in sé dono di Dio, si fa anche chiave ermeneutica del suo agire nella storia e della diversa sensibilità morale con cui questo viene percepito. Il testo si presenta come una riflessione sistematica in tema di morale sessuale e matrimoniale, costituendo un vero e proprio manuale. Fa sintesi delle numerose problematiche morali che oggi ruotano attorno ai temi trattati e si rivolge non soltanto agli addetti ai lavori, ma al più ampio pubblico.
Testo originale dell'opera: Explicame la persona. Con un linguaggio chiaro e preciso, con disegni e grafici, l'autore offre in questo testo una filosofia dell'uomo per tutti". "
«Quando la domanda riguarda la violenza e, in particolare, la violenza che le Scritture attribuiscono a Dio con maggiore o minore reticenza, l'unione dei punti di vista biblici e antropologici non può che stimolare. È comunque questa la sfida che abbiamo accettato, quando abbiamo deciso di scrivere il libro a più mani e ci siamo messi al lavoro, ognuno a partire dal proprio campo specifico, su questa questione lancinante, che chiunque apra la Bibbia non può schivare, una questione con effetti a volte allarmanti nella vita reale delle nostre società» (dalla Prefazione).
Animati dalla convinzione che l'esegesi biblica abbia grande interesse a nutrirsi di un dialogo con le scienze umane, specialmente con la psicoanalisi, nell'affrontare il tema della violenza di Dio gli autori alternano lo sguardo esegetico e la riflessione antropologica, indagando prima l'Antico e poi il Nuovo Testamento.
Sommario
Prefazione. I. «Adonai è un guerriero» (Es 15,3). La violenza divina nell'Antico Testamento. II. La violenza arcaica e il paradosso del sacrificio agli dèi oscuri. III. Violenza degli uomini, violenza di Dio. Uno sguardo su alcuni testi del Nuovo Testamento. IV. La religione dell'amore: una risoluzione della violenza divina? Alcuni libri per andare oltre.
Autori
JEAN-DANIEL CAUSSE è psicanalista e studioso di etica, docente alla Facoltà di teologia di Montpellier e all'Università Paul-Valéry-Montpellier III.
ÉLIAN CUVILLIER è docente di Nuovo Testamento alla Facoltà di teologia di Montpellier.
ANDRÉ WÉNIN, dottore in scienze bibliche, insegna greco, ebraico biblico ed esegesi dell'Antico Testamento all'Università Cattolica di Louvain-la-Neuve. È professore invitato alla Pontificia Università Gregoriana, dove insegna teologia biblica. Presso le EDB ha pubblicato: Entrare nei Salmi (2003), Non di solo pane... Violenza e alleanza nella Bibbia (2004), Da Adamo ad Abramo o l'errare dell'uomo. Lettura narrativa e antropologica della Genesi. I. Gen 1,1-12,4 (2008), L'uomo biblico. Letture nel Primo Testamento (22009), Il Sabato nella Bibbia (2006), Giuseppe o l'invenzione della fratellanza. Lettura narrativa e antropologica della Genesi. IV. Gen 35-50 (2007), con C. Focant La donna la vita. Ritratti femminili della Bibbia (2008). Collabora con la rivista Parola Spirito e Vita.
L'esperienza psicologica maturata dall'autore in più di trent'anni di professione e di ascolto anche in altri ambiti, lo ha convinto che la maggior parte delle gravi problematiche in cui sta incorrendo il mondo occidentale vanno ricondotte alla pericolosissima frattura che si è creata tra l'uomo e la donna, tra il maschile e il femminile. Con il presente saggio l'autore cerca di promuovere l'inversione di questo processo partendo da un "gareggiare in stima reciproca" piuttosto che da un avvilupparsi in un mutuo e sterile meccanismo di colpevolizzazione. L'accostamento tra la donna laica e la donna consacrata è voluto e dettato dall'esperienza che dice che se non c'è la gioia della propria identità personale la vita non può che essere mortificata, sia nel matrimonio che nella scelta verginale. Poiché non si può parlare di donna senza parlare dell'uomo, quale suo ineludibile interlocutore e viceversa, il maschile viene spesso chiamato in causa. Per questo motivo il libro non è "per le donne", bensì "verso le donne e verso gli uomini di buona volontà", perché siano gli apripista di un rinnovato e quanto mai auspicabile concerto "a quattro mani".
"Tre sarebbero, per Tagliaferri, i potenti segreti non soltanto del trionfo secolare del cristianesimo alla fine del tardo antico sino a tutto il medioevo, ma della sua stessa profonda identità tradizionale: 1) l'istituzione romana, con la sua peculiare sinergia tra religione e politica; 2) il razionalismo filosofico ellenistico, decisivo nell'interpretazione allegorica della Scrittura e nella definizione dei fondativi dogmi cristiani; 3) la religiosità popolare, che sopravvive senza sostanziali fratture nel suo passaggio dalla configurazione greco-romana a quella cristiana? Rinunciare ad uno di questi tre elementi significherebbe, per Tagliaferri, dissolvere l'identitaria dimensione storico-religiosa e politico-culturale del cristianesimo, condannandolo ad un destino inesorabile di marginalizzazione e sopravvivenza settaria, fanatica, tutt'al più debolmente intimista e individualisticamente prassistica, se non dichiararlo dissolto in esangui formule concettuali." (Gaetano Lettieri)
La tensione tra fede nell'incarnazione e svalutazione del corpo rispetto all'anima attraversa l'intera storia del cristianesimo. Ai giorni nostri la questione assume però nuove valenze: la pelle nuda di corpi eroticamente stilizzati è pressoché onnipresente. La presente raccolta di saggi cerca di riflettere da una prospettiva risolutamente teologica su questi sviluppi culturali. Con contributi di Regina Ammicht Quinn, Theresia Heimerl, Stefanie Knauss, Ulrike Kostka, Stefan Orth, Magnus Striet e Saskia Wendel.
Il volume è il frutto della Giornata di studio, svoltasi nel gennaio 2011 presso la Facoltà teologica dell'Italia settentrionale. La domanda "Che cos'è il corpo?" interroga da sempre la riflessione cristiana, perché, come affermava Michel de Certeau: "L'interrogativo tormenta il discorso mistico. Ciò che il discorso tratta è infatti la questione del corpo". La domanda, ricondotta alla sua essenza è la seguente: qual è il ruolo del corpo nella ricerca di Dio? Ad essa alcuni autori hanno risposto che il corpo è ciò che deve essere guidato, corretto, disciplinato, per essere reso capace dell'avventura con Dio. Altri, invece, hanno percepito il corpo come una realtà che deve essere dimenticata, perduta, abbandonata se si vuole accedere all'incontro con Dio. In realtà, da sempre il cristianesimo ha visto nel corpo una realtà buona, uscita dalle mani del creatore, e crede che la salvezza riguarda l'uomo nella sua globalità di anima e corpo. Gli interventi raccolti nel volume si propongono di condurre un'indagine sull'uomo concreto e sulla qualità spirituale della sua esperienza, al fine di ritrovare la capacità relazionale, iscritta nel corpo stesso
Scopo di questo saggio è focalizzare il disegno - meraviglioso - che Dio ha per noi. L'obiettivo è perseguito attingendo a tutte le risorse del sapere umano: in particolare le scienze umane, la filosofia, e la teologia. Al momento della nascita l'uomo è ancora un semplice abbozzo di umanità, ricchissimo di potenzialità e suscettibile di svariate realizzazioni. È un progetto aperto, tutto da compiere. L'antropologia filosofica studia la progettualità umana così come viene concepita dalla pura ragione. La teologia, invece, fondandosi sulla Sacra Scrittura - che è il documento del disegno di Dio sull'uomo - scopre progetti ancora più vasti e stupendi di quelli che la ragione da sola riesce a individuare e realizzare. In particolare la Rivelazione ci insegna che Gesù Cristo ha compiuto per primo, e nella sua vicenda terrena, questo disegno divino sull'umanità e che egli stesso chiama ogni discendente di Adamo ad essere associato a questo compimento mediante il dono della sua salvezza, della grazia santificante, dei sacramenti e della sua stessa persona divina.
Mentre il primo tomo di Mistica e Spiritualità era dedicato alla mistica intesa come esperienza suprema della realtà, questo secondo è dedicato alla spiritualità intesa più come cammino per giungere a tale esperienza. L’autore - pur consapevole della difficoltà di definire la spiritualità del nostro tempo con i suoi diversi cammini, legati non solo alle tradizioni e al culto, ma anche alle diverse sensibilità degli uomini e al periodo storico - ne presenta comunque un abbozzo, cogliendo questa spiritualità in modo integrale, nella capacità cioè di coinvolgere l’uomo nella sua piena realtà, così come può essere espressa dalle quattro parole greche: sôma-psychê-polis-kosmos, ossia corpo, anima, società e cosmo. L’uomo scopre però anche un elemento divino tanto immanente quanto trascendente. Ed è precisamente questo elemento misterioso, questo soffio, questa presenza trascendente e immanente ciò che conferisce alle cose, così come all’uomo, la loro identità. La spiritualità è come una «carta di navigazione» nel mare della vita dell’uomo: la somma dei principi che dirigono il suo dinamismo verso «Dio», dicono alcuni; verso una società più giusta o verso il superamento della sofferenza, dicono altri. Possiamo dunque parlare di spiritualità buddhista, benché i buddhisti non parlino di Dio; così pure di una spiritualità marxista, sebbene i marxisti siano allergici al linguaggio religioso. Il concetto tanto ampio della parola spiritualità esprime piuttosto una qualità di vita, di azione, di pensiero, ecc., non legata a una dottrina, confessione o religione determinate, per quanto i loro presupposti siano facilmente riconoscibili. Il tomo inizia con due libretti in cui sono stati sviluppati gli argomenti, fili conduttori di ritiri in ambiente cristiano, come mostra il linguaggio semplice, quasi parlato. La seconda sezione tratta di una spiritualità propria del monaco, non confinata però all’istituzione monacale, ma come archetipo universale in ogni uomo (ricerca del monos, unione con il divino). Segue una descrizione della tradizione ascetica in India e, come esempio di incontro della spiritualità occidentale (cristiana) con quella indiana, uno scritto dedicato all’amico Henry Le Saux, esempio di incontro fecondo delle due tradizioni. L’ultima sezione è dedicata alla saggezza, come traguardo di una spiritualità positiva.
Charlotte von Kirschbaum non è stata soltanto un'indispensabile collaboratrice di Karl Barth, ma anche una ricercatrice e teologa originale e autonoma. Le sue riflessioni teologiche sulla "questione della donna" sono l'espressione di un certo contesto storico-culturale, ma anche della sua stessa biografia. L'uguaglianza e la disuguaglianza tra donna e uomo nella società civile e nella comunità cristiana si risolvono, per lei, non con un'emancipazione forzata della donna, ma solo con una vera relazione di amore e di mutuo rispetto tra uomo e donna, vissuta nell'orizzonte più ampio della volontà e della grazia di Dio che trascende ogni sottomissione a un essere umano. Le sue tesi sulla "donna vera" e sul suo ruolo nella chiesa, sviluppate mediante una lettura attenta di importanti e controversi passaggi e figure della Bibbia, possono essere ancor oggi una provocazione su cui riflettere e discutere.
È indubbio che il rapporto tra antropologia e pastorale sia uno dei nodi maggiori del nostro tempo. La cosiddetta "questione antropologica", che tanto ha caratterizzato il dibattito dell'ultimo decennio della Conferenza Episcopale Italiana e del Progetto Culturale, ne è chiaro segno. All'interno di questo vasto e complesso contesto ci si è chiesto se sia possibile assumere fino in fondo, all'interno del fare e del pensare la pastorale, le prospettive antropologico-filosofiche (Emmanuel Lévinas, Maria Zambrano...) Alcuni filosofi, biblisti, Teologi pastorali si sono chiesti come coniugare i dati delle loro singole discipline, lasciandosi interrogare dagli altri saperi. La risposta è all'interno di queste pagine: prendere sul serio l'alterità come categoria fondante dell'antropologia e, nello specifico, di quella pastorale, significa entrare dentro la scoperta della filialità, intesa come autoconsapevolezza della vita come continua nascita.
Cos'è il cristianesimo? Il "Diouomo", risponde padre Justin Popovic. Soltanto il "Diouomo". Una risposta, questa, che viene approfondita nell'intreccio di un serrato confronto tra due "visioni del mondo", tra due culture, tra due civiltà. La civiltà dell'uomo, puramente immanente, paga di sé, senza alcun orizzonte di ulteriori, che riduce l'uomo a insetto e produce unicamente mostri, e la civiltà del "Diouomo", il Cristo, che, lungi dal mortificare l'uomo, ne esalta le potenzialità, ne moltiplica le forze, ne dilata all'infinito la misteriosa grandezza. Il Diouomo o il nulla. Il Diouomo o il nichilismo più tetro e più barbaro. L'essenza del cristianesimo sta qui: nella mano tesa del risorto Diouomo all'uomo che giace nei sepolcri dei suoi peccati, delle sue disperazioni, delle sue morti. Il libro di Padre Justin, dunque, nell'inno che tesse al Cristo Diouomo, si dimostra in realtà un inno cantato all'uomo: la cristologia è l'unica chiave per l'antropologia. Quella vera. Libro denso, che introduce nel cuore del cristianesimo e del suo messaggio pulsante di vita risorta, e nel contempo mette a nudo le radici nichilistiche presenti nella nostra cultura europea.