Questo è un libro per coloro che sono incuriositi e/o angosciati dal tema della sovranità di Dio e della libertà della volontà dell’uomo. Il tema non appartiene solo alla tradizione teologica cristiana ma anche a quella scientica: ha a che fare con il dilemma se siamo determinati a credere (o a non credere).
John Lennox cerca di aiutare i lettori a prendere condenza con il modo in cui il testo biblico affronta questo tema e da qui delineare il volto della risposta libera dell’uomo all’oerta della
grazia, di contro a ogni forma di determinismo. In tal modo il lettore viene equipaggiato per confrontarsi con autorevolezza con le varie tradizioni teologiche che si dividono il campo delle opinioni condizionando drammaticamente la lettura della Bibbia in un senso o nell’altro.
«In un tempo in cui si tende a essere estremisti, anche tra cristiani, questo libro è una dimostrazione sapiente e profondamente biblica del fatto che la verità di Dio non può essere causa di disperazione e frustrazione ma una fonte di vita abbondante in Cristo. Il libro di John Lennox è un antidoto eccellente contro i pericoli del determinismo sulla vita della fede» (Pablo Martinez)
John C. Lennox (PhD, DPhil, DSc) è professore di Matematica all’Università di Oxford oltre che Pastoral Advisor al Green Templeton College di Oxford. È autore del bestseller God’s Undertaker: Has Science Buried God?, tradotto in italiano (Fede e scienza), ed è noto in tutto il mondo per i suoi dibattiti con i più noti esponenti del nuovo ateismo. Le Edizioni GBU hanno pubblicato dello stesso autore: A caccia di Dio. Presunzione e pretese del nuovo ateismo (2013); I sette giorni della creazione (2017)
La teologia cristiana contiene già tutti gli elementi affrontati dalla psicanalisi, ma a differenza di quest’ultima redime veramente l’uomo e lo porta a Dio.
Tutti gli uomini sono turbati nell’anima e desiderano la pace: Fulton Sheen invita il lettore a smettere di incolpare l’inconscio per i propri mali e a esaminare invece la propria coscienza, ad allontanarsi dalla psicanalisi e rivolgersi a Dio. Infatti, i temi affrontati dalla psicanalisi (il conflitto, la repressione, il rimorso, la morbosità, il sesso) sono tutti risolti dal cristianesimo, alla luce dell’intervento divino e della libertà dell’uomo: occorre partire dall’ottica e dalle problematiche dell’uomo moderno per parlare un linguaggio nuovo, tenendo però ben presente che non c’è pace della mente senza pace dell’anima e che la psicanalisi non può in alcun modo sostituirsi al sacramento della confessione o ricondurre l’uomo a Dio. Acquistando qui l'ebook riceverai anche il formato Kindle (attualmente non disponibile su Amazon Kindle).
«Che cos’è la verità?» è la domanda che Ponzio Pilato fece a Gesù. La stessa che – nell’ambito di una disputatio tenutasi nella cattedrale di Rouen – è stata posta a due filosofi francesi contemporanei, ben noti anche al pubblico italiano: Fabrice Hadjadj e Fabrice Midal. Partendo da punti di vista radicalmente diversi, entrambi propongono ta. al lettore interessanti spunti di riflessione su una questione che ha attraversato la storia della filosofia, della religione, della letteratura e dell’arte, e che ciascuno è costretto ad affrontare nel corso della vita. Per Midal la ricerca della verità si inscrive nell’ambito del buddhismo, verso cui il filosofo, di origine ebraica, ha da tempo rivolto il suo interesse (ritrovandone echi suggestivi anche in Rilke e in Monet). Per Hadjadj – pure di origine ebraica, ma convertito al cristianesimo – la ricerca della verità si realizza soprattutto nell’incontro con l’Altro, colto nella sua irriducibile diversità e concretezza, di cui la persona di Cristo è l’espressione folgorante e assoluta.
“Quello di Mura è itinerario di carattere storico-filosofico, teoretico-speculativo e pratico-riflessivo [...]. Un vasto movimento di ricerca e riflessione — sovente su piani paralleli (come già si evince nei primi volumi di questi Scripta Hermeneutica), sovente per percorsi intrecciati [...], secondo un incedere lineare e progressivo, per scansione “storica” o dell’argomentazione, oppure a spirale [...]. Quella di Mura è filosofia che ha fundamentum nel discorso ermeneutico della verità, nella proposta di una “filosofia ermeneutica veritativa” quale specifica prospettiva metodologica ed epistemologica — contrapposta alla vaghezza delle proposte di semiosi soggettiva, relativa, multivoca o infinita — e quale filosofia di “sostanza” ontologica contrapposta a ogni deriva nichilistica, relativistica e debole [...]. Si tratta di una ermeneutica autenticamente filosofica, sia perché versata nel lavoro di interpretazione dei discorsi espressi nel linguaggio [...]; sia ancora perché un esercizio autenticamente interpretativo richiede l’attitudine al riconoscimento dell’autonomia del testo, della (inevitabile) parzialità del punto di vista soggettivo, del valore di un’etica della ragione, della comunicazione e del riconoscimento posta al di sopra di motivi ideologici o strumentali; sia infine perché la validità di un punto di vista su contenuti e comportamenti pratici si lega non solo alla forza epistemica dell’argomento o alla coerenza del procedimento ma anche all’ideale [...] di una comunità illimitata della comunicazione.” Dall’Introduzione di Vinicio Busacchi
Biografia
Gaspare Mura è Professore Ordinario Emerito di filosofia della Pontificia Università Urbaniana, dove ha ricoperto le cattedre di Storia della filosofia antica, Filosofia della religione, Ermeneutica filosofica, ed è stato Direttore dell’Istituto Superiore per lo Studio dell’Ateismo, dell’Urbaniana University Press e della rivista di Filosofia e Teologia “Euntes Docete”. È stato docente di Ermeneutica filosofica presso le Pontificie Università Lateranense e della S. Croce e dal 1993 al 2013 Consultore del Pontificio Consiglio della Cultura. Ha al suo attivo oltre 100 pubblicazioni dedicate alla filosofia ermeneutica, alla filosofia della religione ed allo studio del fenomeno religioso. I 4 volumi degli Scripta Hermeneutica, ordinati per tematiche: ermeneutica veritativa, filosofia pratica, religione e teologia, interpretazioni storiche, si articoleranno in modo da comporre un quadro organico del pensiero dell’Autore, suggerendo le ricche potenzialità dell’«ermeneutica veritativa».
Roberto Di Ceglie, Professore Ordinario di Filosofia della Religione alla P.U.L. Visiting
Scholar presso diversi centri di ricerca della University of Notre Dame (USA). Tra le sue pubblicazioni: Amore e obbedienza in filosofia, Lindau, Torino 2013, con P. Moser; la curatela dell’edizione italiana dell’opera di A. Plantinga, Garanzia della fede cristiana, Lindau, Torino 2014.
Vinicio Busacchi, Professore Associato di Filosofia Teoretica presso l’Università di Cagliari e referente scientifico del Fonds Ricoeur per l’Italia. Tra le sue pubblicazioni: Habermas and Ricoeur’s Depth Hermeneutics: From Psychoanalysis to a Critical Human Science, Springer International Publishing, Cham 2016.
Sulla base del presupposto unanimemente riconosciuto che la metafisica, quale che sia il suo valore, ha avuto una storia, il volume individua i momenti salienti di quest’ultima in alcuni grandi filosofie correnti di pensiero: Platone, Aristotele, il platonismo antico, la metafisica arabo-islamica, Tommaso d’Aquino, Duns Scoto, Suárez, Cartesio, Kant, Hegel, Rosmini, Heidegger, il neotomismo, la filosofia analitica. Ne risulta una storia equilibrata, ricca e coinvolgente, forse unica nel suo genere, di indubbio interesse per chiunque si occupi di filosofia.
I diversi non si identificano. E questo è pacifico! Ma i diversi si collegano. E questa è una bella battaglia... Come battaglia non sembra evocare alcunché di piacevole, ma in quanto bella sembra rimandare a una abilità di tutto rispetto e gradimento. Una specie di battaglia pacificata in origine. Questa bella battaglia è la dialettica. Una abilità eccezionale, anzi una abilità vitale: il dire-attraverso che presuppone il vedere-attraverso che si consuma nel far-vedere-attraverso. Un esercizio continuo. La dialettica è la forma più incisiva del concepire e del dire. Come logica dell’assurdo è un dire la verità attraverso la confutazione della falsità; come logica dell’intero è dire il tutto attraverso la parte o il dire una parte attraverso il tutto; come logica del probabile è dire una parte attraverso un’altra o altre parti; come logica della persuasione è dire ogni cosa nel quadro del tutto (logos) visto da uno sguardo saggio (ethos) rispetto ad un animo coinvolto (pathos). E il coinvolgimento è totale, visto che la base di tutto è l’autocoscienza, cioè la coscienza che vede e dice se stessa attraverso se stessa esaminandosi. Sì, sì, l’esame di coscienza è dialettica pura.
Prefazione di Iside Pasini
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Altre opere dell'Autore
Giuseppe Barzaghi - Sacerdote domenicano, è nato a Monza il 5 marzo 1958. Dottore in Filosofia (Università Cattolica di Milano) e Teologia (Pontificia Università San Tommaso in Roma), è docente di Teologia Fondamentale e Dogmatica presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna e di Filosofia Teoretica presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna. è Socio della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino. è stato a lungo direttore della rivista «Divus Thomas».Padre Barzaghi è inoltre molto conosciuto a Bologna dove celebra la Messa festiva delle 22:00 che affascina giovani e meno giovani, riempiendo la basilica di San Domenico fino al portone. Un migliaio di persone, per lo più ragazzi e adolescenti, ma anche non credenti o semplici curiosi, vengono ad ascoltare le sue omelie che sono vere lezioni. Con parole semplici ma rigorose, con uno stile quasi teatrale, smonta e rimonta il Logos del Vangelo, mostrando le “meccaniche” della nostra fede, e seducendo l’intelletto e il cuore.Tra le opere pubblicate ricordiamo: Philosophia. Il piacere di pensare (Il Poligrafo, 1999); Oltre Dio. Ovvero omnia in omnibus. Pensieri su Dio, il divino, la Deità (Barghigiani Editore, 2000); Anagogia. Il cristianesimo sub specie aeternitatis (ETC, 2002); Maestro Eckart. Invito alla lettura (Edizioni San Paolo, 2002); Lo sguardo di Dio. Saggio di teologia anagogica (Cantagalli, 2003).
Movendo dalla riflessione teologica di Schelling nel suo riconoscere, attraverso le peculiari risorse offerte dal giudizio infinito, Dioin una indeterminazione ontologica che rende il concetto stesso, predicativamente declinato, del tutto "inerte" a cospetto di Dio, questo studio si propone di esaminare la funzione che, in tale orizzonte di pensiero, è svolta dalla Chiesa nel suo sviluppo storico e spirituale. L'"ecumenismo spirituale", al quale la Chiesa futura dovrebbe, per Schelling, ispirarsi poggerebbe infatti su una "pluralità" monoteistica consonante con la vocazione più autentica di una ecclesia che intenda dare espressione alla pura potentia existendidi Dio. Qui - si legge in un'ispirata pagina di Schelling - «come in un germe infinitamente fecondo, dorme in quell'unità eterna con l'abbondanza delle sue figure, la ricchezza della vita e la pienezza dei suoi sviluppi, temporalmente senza fine, ma qui assolutamente presenti, e passato e futuro, entrambi senza fine per il finito, qui giacciono insieme, indivisi, sotto una coltre comune».
Nessun filosofo può sottrarsi al rischio di rimanere preda dei paradossi che arriva a vedere e pensare, al rischio di esplodere in volo un attimo dopo averli sfiorati con le proprie ali. Come Kierkegaard testimonia e come Jean Luc Marion sottolinea "un pensatore senza paradosso è come l'amante senza passione, pura mediocrità". Il pensiero di Simone Weil non può che sottrarsi a qualsiasi sospetto in tal senso: la sua idea di Dio propone paradossi incalzanti cui la sua stessa vita rimase a lungo sospesa e il fatto stesso che per lei Dio possa manifestarsi solo tramite la sua assenza risulta fondamentale per poter comprendere il suo rapporto con la fede cristiana. L'esperienza della sventura ha proprio la prerogativa di rendere "Dio assente per un certo tempo", un tempo in cui, "bisogna che l'anima continui ad amare a vuoto, o almeno a voler amare, seppure con una parte infinitesimale di se stessa. Allora un giorno Dio le si mostrerà e svelerà la bellezza del mondo, come accade a Giobbe". La sventura è per la Weil un dispositivo semplice: raduna tutto il male e lo raccoglie in un unico punto per trasfigurare il dolore di cui l'essere umano è capace in una dimensione impersonale.
Il lavoro di Dario Cornati ha per oggetto l'unità di metafisica e amore. Si presenta come viaggio nella cultura antica e moderna, medievale e romantica: un lungo viaggio alla ricerca della sapienza d'amore. Come ogni viaggio, non potendo toccare tutte le terre bagnate dal lógos, ne privilegia alcune (Platone, Agostino, Bonaventura di Bagnoregio, Spinoza, Blondel, Balthasar, fra le altre), in grado restituire la parola, altrimenti tanto spensierata e maltrattata di agápe. Ne restituisce lo splendore della verità e lo spessore della giustizia, andando controcorrente rispetto alle mode contemporanee dei neo-razionalismi e dei fideismi del credere. Al termine di questa audace navigazione, ciò che spunta all'orizzonte è il contesto, reso di nuovo abitabile, di una città dell'uomo, edificata dall'éthos laborioso dell'amore che ne rigenera la speranza. Certo, riacciuffare persino nelle filosofie di Cartesio, di Spinoza, di Kant, di Hegel una riflessione sull'essere amabile e il rendersi amabile dell'umana creatura pare un'impresa; come lo è, del resto, l'impegno condiviso a plasmare la realtà nell'ordine ritrovato dei nostri affetti più sacri. In entrambi i casi, tuttavia, si tratta di mettere in campo non soltanto l'aspirazione della ragione e lo slancio del sentire, bensì - in aggiunta - un'etica della dedizione e del sacrificio, della resistenza ostinata e della resa fiduciosa. Una passione per il "corpo a corpo" del vivere, insomma, che il cristianesimo, rimesso finalmente in strada, sembra oggi riscoprire. «Di senso non si parla più oggi. Si parla di benessere, di sicurezza, di futuro, di pace, ma del senso spirituale del mondo che abitiamo si tace. Qui, invece, per tutta risposta, noi faremo spazio pensosamente a quell'assoluto che è l'amore» (Dario Cornati).
Dal fenomeno al fondamento indica un percorso ermeneutico utilizzando alcuni tratti della via pulcritudinis e della sapientia cordis come sentiero di accesso al verum e al bonum. L’itinerario traccia un accostamento alla bellezza intelligibile a partire dall’esperienza sensibile, come tentativo di rinvenire il rapporto uomo-mistero. Un luogo emblematico in cui l’eredità della stretta relazione pulchrumpistis-verum è rimasta intatta e genuina dalle sue origini, è rappresentato dalla tradizione benedettina cassinese, ricca di monaci-scienziati che hanno scrutato la realtà nella sua essenza preservando nella storia e nel tempo l’armonioso rapporto tra la fede e la ragione.
Fabio Miele si è laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale nel novembre 2001. Ha conseguito il Magistero in Scienze Religiose presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense. Nel 2017 ha conseguito il Dottorato in Filosofia presso La Pontificia Università Lateranense. Ha pubblicato La realtà della Chiesa. Il risveglio e la visibilità nel pensiero di Romano Guardini (Gruppo Edicom 2001).
Roberto Schiavolin dedica un profilo colto, informato e meditato allo studioso fiorentino Marco Vannini, analizzandone il vasto lavoro. Vannini, infatti, ha potuto recare sul nostro tempo, sull’incerta e tragica religiosità che lo segna, un giudizio forte e segnato dalla perenne inattualità che qualifica la mistica, destinata a quella stessa singolarità propria della filosofia. Attraverso la lente filosofica propria di Vannini, Schiavolin ripercorre la storia della Chiesa, del cristianesimo e della fede nei secoli, fino ad arrivare all’oggi, un’epoca di post-secolarizzazione, caratterizzata da una nuova ricerca di ulteriorità. La misitica, per Vannini, può rappresentare la risposta a questa urgenza, a questo nuovo bisogno di spiritualità.
«La morte ha una pessima reputazione. Perché mai dovremmo gioire di dover morire, anziché fuggire dai nostri limiti e dalla nostra finitudine?
Propongo qui una risposta umanista a questa domanda. Risvegliando due sentimenti: il senso di angoscia e il senso del tragico. L’erosione di questi due sentimenti segna la disumanizzazione, crea la soglia del post-umano». (Robert Redeker)
Descrizione
Il nostro non è forse il tempo dell’eclissi della morte? Tra sogni d’immortalità, culto della giovinezza e paura del cadavere, la morte non deve più fare parte della vita. Viene nascosta, snaturata, eclissata. Ed è un’eclissi sia nel linguaggio (dove per esempio “lasciare” ha sostituito “morire”) sia nell’ambito sociale (per cui la morte è stata evacuata dalla città). E il transumanesimo porta oggi a compimento tale eclissi, decretando che la vita è ormai senza morte e la morte senza vita.
È allora questa la difficoltà che viene affrontata da Redeker: quella di una vita che non è più ordinata verso una fine, verso la morte che le conferiva profondità e significato. Analizzando ciò che l’eclissi della morte dice del nostro tempo, il filosofo francese evoca i temi della cremazione, dell’eutanasia, del posto del corpo. E pone questa domanda scandalosa per la società contemporanea: perché mai dovremmo gioire di dover morire?
Commento
Un testo inusuale, provocatorio e salutare, in cui l’eclissi della morte è denunciata come perdita di umanità per tutti noi.