Perché le parole sono così importanti per così tanti ebrei? Il romanziere Amos Oz e la storica Fania Oz-Salzberger si avventurano lungo le varie epoche della storia ebraica per spiegare la fondamentale relazione che esiste tra gli ebrei e le parole. Mescolando narrazione e studio, conversazione e argomentazione, padre e figlia raccontano le storie che stanno dietro ai nomi, ai proverbi, alle dispute, ai testi e alle barzellette più duraturi dell'ebraismo. Secondo loro, queste parole compongono la catena che lega Abramo agli ebrei di tutte le successive generazioni. Usando come cornice per la discussione questioni quali la continuità, le donne, l'atemporalità, l'individualismo, i due Oz riescono con maestria a entrare in contatto con personalità ebraiche di ogni tempo, dall'anonimo, forse femminile, autore del "Cantico dei Cantici", passando per oscuri talmudisti, fino agli scrittori contemporanei. Suggeriscono che la continuità ebraica, persino l'unicità ebraica, non dipenda tanto da alcuni luoghi essenziali, monumenti, personalità eroiche o rituali, quanto piuttosto dalle parole scritte e da un confronto che si perpetua tra le generazioni. Ricco com'è di cultura, poesia e umorismo, questo libro è un viaggio tra le parole che sono al centro della civiltà ebraica e porge la mano al lettore, qualsiasi lettore, perché si unisca alla conversazione.
Dopo le sorprendenti elezioni del febbraio 2012, questo libro propone alla nuova e alla vecchia classe politica, e a tutto il mondo sanitario, un progetto per rifondare la sanità. L'autore affronta le quattro principali questioni irrisolte della sanità italiana: l'interpretazione moderna dell'articolo 32 della Costituzione, la norma madre da cui tutto viene, e la "questione salute"; il ripensamento della medicina quale conoscenza, perché essa si adegui a una società che cambia e a un'economia ostile; il ripensamento delle professioni e del lavoro, in particolare delle professioni sanitarie (medici e infermieri); il ripensamento della sanità come sistema di governo e di organizzazione dei servizi. Da sempre il vero problema della sanità non è la mancanza di idee o di proposte, ma la politica, che da troppi anni si dimostra disinteressata al cambiamento. Questo libro si basa su fatti reali, anche se il soggetto è simbolico. Il "riformista che non c'è" è un limite culturale della nostra società, che, per il bene comune, dovrà essere superato e convertito a una nuova progettualità.
In questo libro gli autori documentano che la società italiana, pur essendo entrata nella famiglia delle società industriali avanzate, continua ad essere caratterizzata da un diffuso e radicato analfabetismo scientifico quotidianamente alimentato dalla esiziale presenza attiva di ideologie radicalmente ostili alla scienza, alla tecnica e al mercato. Il che costituisce uno sconcertante paradosso storico, dal momento che sono proprio la scienza, la tecnica e il mercato i potenti motori di quella epocale rivoluzione in permanenza che siamo soliti chiamare modernizzazione. Il risultato è un libro indispensabile per prendere coscienza di ciò che il nostro Paese ha bisogno per evitare la deriva della regressione storica e per garantire un futuro alle nuove generazioni.
Allorché l'Europa sperimenta la crisi della sua "costruzione" comune e della scienza o dell'opinione che è giunta a orientarla e a legittimarla, ci si interroga nuovamente sulla natura delle associazioni umane e sull'avvenire dei popoli europei. Raymond Aron ha accompagnato l'esperienza novecentesca dell'Europa pensando le idee che hanno trovato in essa asilo e il suo destino sempre sospeso all'alba della storia universale. I saggi raccolti in questo volume illustrano le perduranti lezioni di quella riflessione. Aron discute la natura e l'avvenire delle nazioni - fatto fondamentale della politica europea situandosi nell'elemento dell'azione, ma anche in un orizzonte più vasto in cui la figura spirituale e la matrice politica del Vecchio Continente sono considerate congiuntamente e nel loro significato universale. Lucida testimonianza di un grande pensatore, questa antologia restituisce l'esercizio di responsabilità nella Città di un "buon europeo" e la riflessione imparziale di un classico che non ha smesso di educare tanto il cittadino quanto l'uomo. Pensare l'idea europea, la sua fedeltà storica e il suo compito presente significa ancora pensarla politicamente. Comprendere la vita in comune degli uomini significa ancora meditare la sua fragile architettura, la sottile arte politica che essa richiede, la dialettica che continua a percorrerla tra l'esperienza delle nazioni e la questione della vera unità umana. Prefazione di Alessandro Campi.
«Democrazia dissociativa» è la metafora di origine neuro-psichiatrica che si è voluto utilizzare per caratterizzare sinteticamente i profili del nostro sistema politico negli ultimi venti anni, dominato dalla contrapposizione ossessiva fra «berlusconismo » e «anti-berlusconismo». In senso esattamente opposto al paradigma di «democrazia consociativa» – raccomandato da Arend Lijphart come forma ottimale di democrazia (e in parte sperimentato nell’Italia di Prima Repubblica) – nel nuovo corso si rompono irreparabilmente i legami di rappresentanza e rappresentatività fra una società che, se non coesa al proprio interno, si presenta tuttavia priva di conflitti irriducibili, e la politica ridotta a un’arena di lotta permanente fra «bande», interamente calata in una logica di potere fine a se stessa. Alla luce di questo schema interpretativo, il pamphlet ripercorre le fasi salienti di sviluppo e agonia della cosiddetta Seconda Repubblica, dal primo governo di centrodestra, guidato da Silvio Berlusconi nel 1994, al recente governo dei tecnici affidato a Mario Monti nel 2011.
Circola da tempo un pensiero post-secolare che invoca il ritorno della religione nella sfera pubblica, con l'auspicio che faccia da collante etico-politico per democrazie ormai sfibrate. Ma in una società di fatto monoreligiosa come quella italiana l'attivismo politico del cattolicesimo comporta un rischio serio per l'autonomia della legge civile, come ha mostrato la vicenda del crocefisso nelle scuole pubbliche. D'altra parte l'operazione si presenta rischiosa anche per la Chiesa stessa. Il "progetto culturale" con cui il Cardinal Ruini, presidente della Cei per oltre quindici anni, si proponeva di rilanciare il ruolo pubblico dei cattolici era rivolto a un mondo che non esiste più dagli anni Cinquanta. Da allora sono profondamente cambiati gli interessi e le preoccupazioni dei fedeli, le forme del credere e gli stili di aggregazione. La centralità della coscienza individuale e un reale pluralismo interno hanno preso il posto di gerarchie e liturgie tradizionali. Tentare di tradurre in politica la forza di queste esperienze religiose è dannoso e velleitario per chi ha a cuore il futuro della fede.
"Quota zero" è uno studio sulla lunga durata di un disastro e sull'ordine sociale derivato da un evento apocalittico come il terremoto di Messina del 1908. La città dello Stretto viene qui vista come uno dei primi spazi di applicazione di quella shock economy che, secondo orientamenti prevalenti, sarebbe tipica della contemporaneità e del neoliberismo. Secondo l'autore, però, molte delle forze attive nel contemporaneo capitalismo dei disastri sarebbero state all'opera nella città siciliana già all'inizio del secolo scorso. Al punto che Messina ha finito con l'anticipare di decenni tutte le contraddizioni del capitalismo contemporaneo. Pietro Saitta ripercorre la storia di Messina, dei suoi abitanti marginali e del Mezzogiorno, alla luce di categorie analitiche mutuate dagli studi postcoloniali e subalterni, oltre che dalle teorie sul sistema-mondo. Testimoni privilegiati e diretti sono differenti generazioni di reietti dei cantieri edili, di abitanti delle baracche e simili figure ugualmente impegnate a sopravvivere e "resistere", sfruttando gli interstizi lasciati liberi da un sistema pervasivo e spietato che si rinnova da decenni. Quel che discende da questo sforzo è una visione intorno a un evento centrale della storia nazionale, delle utili osservazioni comparative sulla gestione dei disastri nel nostro paese e l'avanzamento di una proposta metodologica nei termini di un approccio alla ricerca sociale teso a coniugare storiografia, sociologia... Prefazione di Biagio Oriti.
La crisi in cui versa il capitalismo democratico tiene tutti col fiato sospeso e provoca un diffuso senso di impotenza. Nel tentativo di affrontare problemi prima inimmaginabili si adottano misure che agiscono come operazioni di emergenza a cuore aperto sul mondo occidentale, eseguite senza una vera conoscenza del decorso della malattia. La situazione è così grave che ci sembra di capire sempre meno che cosa esattamente stia succedendo e in che modo si sia potuti giungere a questo punto. Wolfgang Streeck, nelle sue Adorno-Vorlesungen di Francoforte, va alla radice della presente crisi finanziaria, fiscale ed economica, che interpreta come una fase all'interno della lunga trasformazione neoliberista del capitalismo del dopoguerra, iniziata già negli anni settanta. Facendo riferimento alle teorie critiche formulate a quell'epoca, analizza in che modo sia evoluta la fondamentale tensione tra democrazia e capitalismo nel corso di quarant'anni e quali conflitti ne siano derivati tra stati, governi, elettori e interessi del capitale. Esamina infine la trasformazione del sistema degli stati europei, da stato fiscale fondato sulle imposte, a stato indebitato, a stato basato sul consolidamento, e si interroga su quali siano le possibilità di ripristinare oggi una stabilità economica e sociale. Dal momento che il futuro che attende l'Europa è la concreta implosione del patto sociale che era stato alla base della democrazia capitalistica.
C’è realmente una sovrappopolazione nei Paesi poveri? L’Europa si sta spopolando? Perché una popolazione può continuare a crescere mentre la fecondità umana cala? La Terra ha delle risorse insufficienti? Qual è la piramide di cui parlano i demografi? Cosa è l’età media della popolazione e cosa è la speranza di vita? Quali sono i sistemi pensionistici? Chi pagherà le nostre pensioni?
Queste domande sono al centro dell’attuale dibattito politico e sociale. L’Autore vi risponde con un linguaggio semplice e concreto, illustrato da numerosi esempi. Le quattro operazioni aritmetiche, cioè addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione, sono sufficienti a cogliere queste nozioni elementari e semplificate. Unico scopo di queste pagine è accompagnarci a una migliore conoscenza di fenomeni umani essenziali, come la vita, la morte e l’amore.
Traduzione di Giorgio Maria Carbone
Michel Schooyans - Filosofo e teologo, professore emerito dell’Università Cattolica di Lovanio e dell’Università Cattolica di San Paolo del Brasile, ha insegnato Filosofia politica, Ideologie contemporanee ed Etica delle politiche demografiche. È membro dell’Accademia Pontificia delle Scienze Sociali, dell’Accademia Pontificia per la Vita e dell’Accademia Messicana di Bioetica. Tra i suoi libri ricordiamo: Terrorismo dal volto umano, 2009; Il volto nascosto dell’ONU, 2004; Nuovo disordine mondiale, 2000.
In genere gli storici preferiscono ricostruire il passato sulla base di testi e documenti scritti, dati politici, economici o statistici, in alcuni casi testimonianze orali. Ma cosa sarebbe la storia del fascismo o dello stalinismo se non conoscessimo le immagini usate per la propaganda? Quale sarebbe il giudizio su conflitti recenti come il Vietnam senza le testimonianze lasciateci dai reporter di guerra? E risalendo più indietro nel tempo, come potremmo scrivere la storia della vita quotidiana o delle abitudini alimentari dei nostri antenati senza considerare le rappresentazioni visive che ci sono state tramandate? O una storia dell'Antico Egitto che prescinda dallo studio delle pitture tombali? Attraverso un affascinante excursus nei secoli, ricco di esempi tratti dalla storia antica e moderna, europea ed extraeuropea, Peter Burke dimostra come l'uso delle immagini possa arricchire in modo decisivo la nostra conoscenza del passato e del presente. Un ritratto, una statua, un'iscrizione, un arazzo - o più di recente una fotografia o un film - possono rappresentare "prove storiche al pari di quelle più tradizionali, e ci aiutano a comprendere meglio eventi e contesti a noi vicini o lontani.
Dalle contraddizioni e dai paradossi della nostra epoca emerge prepotentemente una richiesta: riprendere l'idea di fraternità. Oggi non è più sufficiente denunciare la persistenza di una questione etica o di una questione morale. Nel delicato momento che stiamo vivendo è necessario recuperare in chiave etica e politica un'idea troppo a lungo oscurata o identificata con le letture parziali che ne sono state date nel corso della storia. Questo libro spiega come rimettere al centro della nostra concezione del mondo e dell'agire umano la fraternità, una nuova "bussola" contro il fondamentalismo individualista, ma anche contro le derive comunitariste e settarie, di qualsiasi matrice. Ripercorrendo e rivelando le narrazioni della fraternità in Occidente - la concezione cristiana, la concezione illuminista e quella marxista -, le rimette in discussione dando a ciascun lettore gli strumenti per costruire una propria visione della fraternità in chiave laica e civile. Prefazione di Giuseppe Vacca.
Crisi della democrazia; inadeguatezza dei partiti, delle rappresentanze e delle élites nella risposta alle sfide della globalizzazione; una classe media sempre più frammentata ed esposta, non solo in Italia ma anche in Europa, a derive populiste che alimentano formazioni euroscettiche e, in alcuni casi, anche xenofobe. Sembra essere questa la fotografia della realtà politica contemporanea, ma la crisi viene da lontano. Il pensatore spagnolo J. Ortega y Gasset, già agli inizi del Novecento, in un testo significativo, e che conferma tutta la sua attualità, dal titolo "Democrazia morbosa", aveva individuato le patologie dell'uomo massa e della nascente democrazia. La crisi dell'uomo medio, il degrado e la svalutazione della cultura appaiono segni distintivi della nuova democrazia post-ideologica moderna. Entro tale contesto partiti in forte crisi di rappresentanza, in alcuni casi, cercano pericolose scorciatoie in un uso strumentale del termine popolo. Il risentimento per la mancata rappresentanza delle giuste istanze dei cittadini può provocare rabbia e frustrazione con risultati potenzialmente destabilizzanti per le stesse istituzioni democratiche. Occorre perciò promuovere un'Europa solidale, con un welfare rinnovato, che renda protagonisti i cittadini e non le masse. Prefazione di Stefano Ceccanti.