
La crisi economica globale sta favorendo una pesante recessione, frutto del forte rallentamento del sistema produttivo italiano iniziato ormai da tempo, con conseguenze pesantissime sull'occupazione soprattutto giovanile. Ma cosa può favorire una crescita che rilanci sul piano economico, sociale, culturale e politico il nostro Paese? Le esperienze virtuose documentate nel libro, sottolineano il valore di due grandi direttrici culturali (fondamento della Dottrina sociale della Chiesa): sussidiarietà e solidarietà, che sottendono una nuova idea di esperienza umana. Non quella dell'io egoista concepito da molti intellettuali come motore della vita economica e politica; né quella dell'io deresponsabilizzato che aspetta dalla politica la risoluzione dei suoi problemi; piuttosto quella della persona nella sua unicità e grandezza, irriducibile a ogni circostanza avversa perché mossa da un desiderio infinito che non può mai spegnersi. Il volume è stato realizzato in occasione della presentazione dell'omonima mostra durante l'edizione 2012 del Meeting per l'amicizia tra i popoli, inaugurata dal Presidente della Consiglio Mario Monti.
Nulla di meno naturale della famiglia, si potrebbe dire. Famiglia e coppia sono tra le istituzioni sociali più oggetto di regolazione che ci siano. È la società che di volta in volta definisce quali dei rapporti di coppia e di generazione sono "legittimi" e riconosciuti come famiglia, e quindi hanno rilevanza sociale e giuridica. Storicamente e nelle diverse culture queste definizioni sono cambiate, così come sono mutati i soggetti cui è riconosciuto il diritto/dovere di normare che cosa sia famiglia, quali siano le obbligazioni e responsabilità connesse ai legami familiari, la distinzione, o viceversa l'assimilazione, tra coppia e famiglia. Su queste differenze che hanno una lunga storia si innestano oggi, soprattutto nei paesi sviluppati, i mutamenti prodotti da processi di tipo sia demografico sia culturale. L'invecchiamento della popolazione, l'aumento delle coppie di fatto e la richiesta degli omosessuali di vedersi riconosciute le proprie unioni stanno modificando sia l'idea di coppia sia i processi di formazione della famiglia. Le possibilità offerte dalle tecniche di fecondazione assistita, infine, rompono l'ovvietà del legame biologico tra chi è genitore e chi genera. All'incrocio di demografia, storia, cultura e norme la famiglia si presenta insomma come un fenomeno cangiante, come un caleidoscopio, più che in crisi, in tensione per i cambiamenti che la attraversano.
L’immagine che l’Occidente ha della cultura musulmana è quella, tra l’altro, di una cultura omofobica e avversa alle sfumature di genere. C’è chi ritiene che l’omosessualità, intesa come rapporto paritario, non sarebbe esistita nel mondo musulmano fino all’incontro con la modernità occidentale; chi predica invece che l’omosessualità sia sempre stata diffusa nelle società musulmane a causa della segregazione tra i sessi, rivelando il proprio insito razzismo perché la riduce al mero atto sessuale e a una forzata necessità. C’è chi considera «tutto ciò che altera l’ordine del mondo» un grave «disordine, fonte di male e, fondamentalmente, anarchia». Meglio allora la transessualità intesa come cambiamento di sesso che il travestitismo; meglio maschie barbe che il volto sbarbato; meglio imputare l’omosessualità alla «decadente» cultura occidentale, e rinnegare in tal modo la sua matrice autoctona. In realtà, la storia dell’omosessualità nelle società musulmane è complessa e articolata, e presenta sostanziali variazioni nel tempo e nelle realtà socio-geografiche e una vasta gamma di atteggiamenti tra i musulmani stessi.
Il presente libro offre una panoramica ampia ed esaustiva, spesso dissacrante e provocatoria, del rapporto omosessualità-islam. Partendo dall’analisi dei testi sacri musulmani (Corano e hadith), il volume affronta l’argomento con un’analisi condotta in prospettiva teorica, storico-sociale e letterario-artistica, con grande rigore linguistico nell’uso o nella traduzione di termini arabi e persiani. Ampio spazio è dato alla situazione attuale, soprattutto al dibattito che coinvolge milioni di musulmani che vogliono conciliare l’essere «diversi» con la propria fede.
Se l'Europa non può fare a meno dell'Italia, può l'Italia fare a meno del suo Sud? I meridionali sono davvero brutti, sporchi e cattivi? A queste e a molte altre domande, nello stesso tempo retoriche e provocatorie, risponde in questo libro Giovanni Valentini, pugliese d'origine, che si sente a tutti gli effetti non solo cittadino italiano, ma europeo. E proprio perciò non si rassegna all'idea che l'Italia possa perdere il Sud. Dagli anni immediatamente successivi all'Unità - quelli dell'"annessione" al Piemonte, e più tardi dei saggi di Salvemini e Gramsci - ai nostri giorni, la questione meridionale è sempre stata la questione nazionale. Le regioni del Mezzogiorno non si sono mai davvero sentite parte integrante di uno Stato, perché quello Stato si è sempre manifestato come qualcosa di esterno e invasivo, fonte perenne di sfruttamento e oppressione. Da qui si è sviluppata, fino ad assumere le dimensioni odierne, la realtà dell'anti-Stato nelle sue varie forme: clientelismo, assenteismo, false pensioni, malavita organizzata. Ma il Sud, sostiene l'autore, ha in sé gli anticorpi e le risorse (cultura, patrimonio storico-ambientale, turismo, energie rinnovabili, nuove tecnologie, senza dimenticare la fantasia e il calore umano propri di un popolo generoso) per guardare con fiducia al futuro. Sono molti nel Meridione i settori che lo Stato può e deve finalmente valorizzare in tutte le loro potenzialità. Perché se non si salva il Sud è destinata ad affondare l'intera Italia.
La figura del medico che ha parimenti conseguito la laurea rabbinica e che sovente diviene guida spirituale della sua comunità consente di avvicinare in una prospettiva nuova e originale lo studio e la pratica della medicina nel mondo ebraico. Medici rabbini hanno curato illustri figure di papi e di regnanti in un periodo in un periodo in cui i corregionali vivevano in condizioni di forte discriminazione. I saggi qui raccolti attraversano il tardo Medioevo e il Rinascimento sino a giungere a oggi. Ripetutamente si punta lo sguardo verso la città di Roma, ma il panorama si estende anche a Ferrara, Padova, Venezia e altre citò italiane, alla Francia e alla Spagna, prima e dopo l'espulsione del 1492.
Perché ci sono i poveri, chi sono e come si è trasformata storicamente la loro condizione? Come è stata descritta la povertà? Questo volume affronta il tema secondo una prospettiva sociologica, con una particolare attenzione per il caso italiano, illustrando con chiarezza gli strumenti che misurano il fenomeno della povertà nelle sue varie dimensioni.
Quali sono i criteri con cui la crudeltà, ampiamente mostrata dai media vecchi e nuovi, è occasione di sdegno o di intervento "umanitario"? La risposta è che lo sdegno dipende da un complesso di circostanze, tra cui gli interessi materiali in gioco e la fondamentale indifferenza delle opinioni pubbliche occidentali. Come si è determinata questa strana mescolanza di insensibilità e moralismo? Riprendendo il tema della crudeltà nel mondo classico e moderno, come si manifesta soprattutto nella letteratura e nella cultura di massa, il saggio analizza la complessità dello "sguardo" come ottica culturale: non è la crudeltà a essere finita ma il nostro sguardo culturale a non vederla più. È così che dalla fine della guerra fredda, ormai da quasi venticinque anni, l'Occidente combatte guerre in mezzo mondo senza che la sua vita quotidiana sia alterata e in un'indifferenza appena venata di voyeurismo.
"Queste sono storie ispirate a delle esistenze comuni, da cui trarre spunti per rivelare ed esporre una straordinarietà altrimenti difficile da cogliere. Se vogliamo che ciò che all'apparenza ci è familiare lo diventi davvero, dobbiamo per prima cosa rendercelo estraneo. Si tratta di un compito difficile e la piena riuscita è quanto meno incerta. Tuttavia è questo l'obiettivo che noi, lo scrittore di queste quarantaquattro lettere e i suoi lettori, ci prefiggiamo per la nostra avventura. Ma perché proprio quarantaquattro? Sospetto che la maggior parte dei lettori si porrà questa domanda. Sento di dover loro una spiegazione. Adam Mickiewicz, il più grande poeta romantico polacco, inventò un personaggio misterioso, un portavoce della Libertà e suo rappresentante, o vicereggente sulla Terra, il cui nome è Quarantaquattro. Grazie ad Adam Mickiewicz il numero quarantaquattro simboleggia lo stupore e la speranza che accompagnano l'arrivo della Libertà. È un numero che annuncia, in modo indiretto e solo agli iniziati, il tema conduttore di queste missive. Lo spettro della libertà aleggia in ciascuna di loro. Anche quando si trattano temi del tutto diversi. Anche quando la sua presenza, come per ogni spettro degno di questo nome, appare invisibile." (Zygmunt Bauman)
L'uomo contemporaneo va modificando sempre più le proprie dotazioni naturali, per correggerle, sostituirle, potenziarle. Le conseguenze sulla durata e la qualità della vita sono evidenti. Dalla nascita alla morte, aumentano gli interventi artificiali sul corpo e con essi le possibilità di manipolare la nostra esistenza. I robot, non più quei mostri cari alla fantascienza, assumono ruoli e funzioni umane, proponendosi come interlocutori e compagni di un futuro vicino. Stiamo passando da un'evoluzione naturale a un'evoluzione artificiale della nostra specie?
Le organizzazioni sindacali hanno attraversato il Novecento svolgendo un ruolo essenziale nella conquista dei diritti dei lavoratori e affermandosi come presenza politica e sociale importante nei paesi avanzati. Oggi lo scenario è cambiato - come dimostra anche la lunga contrattazione Fiom/Fiat - e i problemi del lavoro, dall'instabilità degli impieghi ai bassi salari, ai lavori poco gratificanti, risentono della crisi mondiale. I sindacati possono ancora trovare soluzioni soddisfacenti per un mondo lavorativo così sfaccettato o sono irrimediabilmente legati a una stagione passata?
Scritto da tre noti sociologi italiani, accomunati da una particolare sensibilità per i problemi della didattica, questo manuale continua a dare un contributo significativo alla diffusione della cultura sociologica nel nostro paese. Nella nuova edizione qui presentata il volume si arricchisce di numerosi aggiornamenti, soprattutto in relazione alle trasformazioni intervenute negli ultimi anni nelle società contemporanee.
Nato da una serie di conferenze, questo nuovo libro di Sennett si fa particolarmente apprezzare per la leggibilità, la comprensività dello sguardo, la capacità di ricapitolare i diversi filoni di analisi che l'autore ha sviluppato negli ultimi anni, suscitando interesse e considerazione crescenti. La sua attenzione si sofferma sulle differenze tra le forme tradizionali di capitalismo industriale e quelle più globalizzate, febbrili e mutevoli del "nuovo capitalismo". Il volume si chiude sul tentativo di tratteggiare possibili "contromisure" - personali e istituzionali - capaci di limitare le conseguenze perniciose di questo cruciale passaggio storico.