È giunto il momento di smontare uno dei luoghi comuni più duraturo della storia repubblicana, ovvero quello secondo il quale il fascismo è morto e sepolto da fine aprile 1945. Già nel secondo dopoguerra, infatti, la dottrina della continuità dello Stato riportò ai vertici di prefetture e polizia personaggi di schietta fede fascista. Poi si è permessa la ricostituzione di un partito fascista come il Movimento sociale italiano che, tra manganello e doppiopetto, ha avuto un ruolo negli scontri di piazza e ha contribuito perfino all'elezione di presidenti della Repubblica (da Antonio Segni a Giovanni Leone). E ancora, tra la fine degli anni Sessanta e il successivo decennio, le convulse fasi della strategia della tensione, con trame nere e stragi su cui la magistratura non ha fatto chiarezza, lasciando impuniti i responsabili delle sanguinose attività terroristiche. Infine, al superamento del MSI in ottiche postfasciste hanno corrisposto riemersioni e soprassalti di destra radicale. E oggi, a un secolo dalla Marcia su Roma, il fascismo torna periodicamente protagonista delle cronache, segnando la politica e la società con una presenza che non si può ignorare.
Fin dalla Seconda guerra mondiale è apparso evidente che solo una consolidata e condivisa unione avrebbe potuto preservare i Paesi europei da nuovi, sanguinari conflitti. È nato dunque innanzitutto con questo intento il progetto europeo quando, nel 1957, sei Paesi fondatori hanno firmato in Campidoglio il Trattato di Roma. Motivato originariamente dal desiderio di pace, il cammino dell'UE è stato lungo e travagliato: dapprima come unione politica, poi economica, e via via con obiettivi sempre più ambiziosi sui diritti civili, il welfare, l'accoglienza. Le vicende narrate attraverso le cento immagini iconiche di questo libro parlano al cuore e alla memoria del lettore: dalla ricostruzione postbellica alla caduta del muro di Berlino, dall'abolizione delle frontiere alla moneta unica, dal suffragio universale ai referendum, dalla ricerca scientifica all'Erasmus, fino alla recente, dolorosa uscita della Gran Bretagna. Nessuno meglio di Romano Prodi, già presidente della Commissione europea - "padre" dell'euro e convinto sostenitore dell'allargamento dell'UE - poteva raccontare le tappe di quel cammino, i valori condivisi, le conquiste e le disillusioni; ma anche come l'Europa è entrata a fare parte della vita quotidiana dei suoi cittadini ampliando le prospettive delle nuove generazioni. Pur non risparmiando uno sguardo lucido sulle contraddizioni e gli errori commessi negli anni, traspare dalle sue parole una fiducia indefessa nel progetto che lui stesso ha contribuito a costruire. Oggi più che mai la traumatica esperienza della pandemia globale ci ricorda che l'Unione Europea rappresenta una grande forza e non solo: è il nostro futuro.
La memoria culturale romana, in un viluppo di ricordi e racconti, tramanda che Romolo dette il suo nome alla città che aveva appena fondato, diventandone il primo re. Convocati in assemblea gli avventurieri, predoni, esuli, schiavi e altri reietti che avevano deciso di seguirlo, per prima cosa fissò le regole giuridiche, convinto che solo questo vincolo avrebbe potuto unificare una simile turba in un nuovo popolo. Delle norme attribuite a Romolo questo volume ne affronta alcune fra le principali: l'obbligo di concedere asilo a chi volesse rifugiarsi in Roma, il divieto di percuotere alcuni stretti congiunti e quello generale di uccidere, la legge che imponeva di allevare tutti i figli maschi (ma delle femminine solo la primogenita), fino la costituzione del senato.
Nel corso del suo lungo e quieto regno Numa, il saggio e pio sabino che stando alla tradizione succede a Romolo, innova profondamente l'ordinamento giuridico di Roma. Il secondo re crea una miriade di norme organizzative e precettive, volte a garantire la pace nei rapporti tra gli uomini e tra loro e le divinità che popolano la città. Spiccano tra queste, accanto alle prescrizioni istitutive di collegi sacerdotali e di culti, le disposizioni legislative che reprimono la violazione dei confini attuata tramite lo spostamento o la rimozione delle pietre poste sugli stessi, la condotta della concubina che tocca l'altare o il tempio di Giunone e infine l'omicidio: graduando la sanzione a carico del reo in relazione alla volontarietà o meno dell'azione criminosa.
Ingegnere, uomo d'affari, diplomatico, finanziere Vaticano: non è facile trovare una definizione unica per Bernardino Nogara. Una volta, nel 1927, lui si definì «vecchio minatore». La sua carriera, da giovane ingegnere, cominciò infatti nelle miniere, prima nella sua Lombardia, poi in Galles e infine nei Balcani. Queste furono solo le prime tappe di un lungo viaggio, costellato da incontri importanti e da ruoli determinanti sulla scena nazionale e internazionale. Dalle miniere balcaniche Nogara arrivò a Costantinopoli, allora capitale dell'Impero ottomano, dove ebbe incarichi di rilievo per conto del governo italiano e divenne finanziere. Questa nuova dimensione, a cavallo tra affari, finanza e diplomazia, lo portò poi alla conferenza di pace di Versailles e a Berlino al Piano Dawes. Nel 1929, da Berlino si trasferì nella Città del Vaticano, chiamato da Pio XI a gestire le finanze della Santa Sede, posizione che il cattolico Nogara ricoprì per 25 anni. Nel 1958, alla sua morte, Giovanni XXIII definì Bernardino Nogara «servo buono e fedele»: una descrizione calzante, a patto di specificare che la fedeltà di Nogara non fu solo nei confronti della Chiesa o del Pontefice ma anche dell'Italia. Una doppia fedeltà che, con grande autonomia di giudizio, riuscì a gestire anche nei momenti più difficili. La sua biografia, ricostruita anche grazie a un'importante e in gran parte inesplorata mole di carte personali, non trascura la dimensione privata, essenziale per capire le motivazioni dell'azione di un uomo la cui opera ha sicuramente influenzato la storia d'Italia e della Santa Sede.
Profetesse, mistiche, false sante, streghe, riformatrici, libere pensatrici animano il vasto popolo delle eretiche, di quante si sono ribellate in cerca di verità Le donne che hanno provocato scosse inaspettate e scardinato gli equilibri del loro tempo hanno pagato a caro prezzo le proprie scelte. Tante di loro sono state considerate eretiche e per questo condannate, perseguitate, ridotte al silenzio. L'eresia è stata studiata attraverso i protagonisti maschili, mentre poca attenzione è stata riservata alle provocatorie e alternative esperienze femminili. Per colmare questo vuoto e restituire al concetto di eresia il valore originario di scelta, Adriana Valerio ripercorre due millenni di storia raccontandoci le vite di donne - dalle montaniste a Margherita Porete, da Giovanna d'Arco a Marta Fiascaris fino alle donne dell'Anticoncilio del 1869 e alle moderniste - tutte decise a lottare, conoscere, predicare ed esercitare ministeri in nome di una nuova chiesa inclusiva e senza confini.
Intrighi, amori, gelosie, rivalità, e soprattutto potere: chi lo deteneva come chi lo desiderava era pronto - nelle corti del Rinascimento - a sacrificare qualsiasi affetto, amicizia, sentimento. Una delle maggiori signorie d'Italia, quella degli Este; una delle corti più brillanti ed eleganti del Rinascimento, quella di Ferrara; una coppia molto unita, quella di Ercole d'Este e Isabella d'Aragona; sei figli legittimi e due illegittimi, cresciuti tutti insieme ed educati secondo i principi dell'umanesimo più raffinato. E tuttavia, nel 1505, uno di loro, Giulio, amante della bella Angela Borgia, viene accecato su ordine di uno dei suoi fratelli, il cardinale Ippolito, invaghito della stessa donna. E l'anno successivo lo stesso Giulio viene condannato alla prigione a vita insieme a Ferrante - un altro dei fratelli estensi - per aver tentato di assassinare Alfonso, il loro fratello maggiore e titolare del ducato con il cardinale Ippolito. Uno dei drammi familiari e politici più emblematici del Rinascimento italiano, analizzato con il rigore dello storico e narrato con l'estro dello scrittore.
Nello Scavo, tra i più esperti e premiati corrispondenti di guerra italiani, raggiunge la capitale ucraina a metà febbraio 2022, quando la minaccia di un attacco russo si fa sempre più insistente, ma ancora in pochi credono possibile un'invasione militare da parte di Vladimir Putin. Da quel momento, registra senza censure il rapido tracollo di una situazione che si fa sempre più pericolosa: la dichiarazione dello stato di emergenza, il trasferimento delle ambasciate, e poi le esplosioni, le colonne di carrarmati, il disperato esodo dalle città. Giorno dopo giorno descrive i movimenti delle truppe russe e la resistenza degli ucraini; approfondisce le conseguenze politiche ed economiche dei combattimenti; svela le ragioni ideologiche alla base delle decisioni dei leader. Allo stesso tempo non dimentica la dimensione umana del dramma in corso, raccogliendo le testimonianze dirette di chi da un momento all'altro ha dovuto abbandonare la casa, ha perso la famiglia, ha scelto di imbracciare un fucile. "Kiev" è il diario personale di un conflitto nel cuore dell'Europa, scritto sul campo da un giornalista chiaro nello spiegare le ragioni di quanti la guerra la decidono, ma soprattutto capace di dare voce a coloro che questa tragedia sono costretti a subirla.
Mentre in tutta Europa circolavano idee rivoluzionarie, Daniel O'Connell guidò il cattolicesimo irlandese alla sfida contro il grande impero inglese con mezzi pacifici. Riuscì a raggiungere obiettivi insperati, per l'epoca, per un cattolico nel Regno Unito.
La crociata di Federico II di Svevia (1228-29) fu straordinaria per vari motivi. Contrariamente a quanto era sempre accaduto, la Terra Santa fu riacquisita alla cristianità senza alcuno spargimento di sangue, ma soltanto con accordi diplomatici, secondo i proclami imperiali. Inoltre, a compiere l'impresa fu uno scomunicato, un escluso dalla comunità dei cristiani. Un'eccezionale aura mistica avvolse poi l'evento in un'epoca che attendeva la fine dei tempi: l'arrivo imminente dell'Anticristo sarebbe stato preceduto dal trionfo di un ultimo imperatore, che, secondo i vaticini, avrebbe riunito Oriente e Occidente riportando sulla Terra l'età dell'oro. Fu una crociata pacifica e controcorrente: ricondurla alla memoria della nostra contemporaneità carica di tensioni e scontri tra religioni e "civiltà" può contribuire a comprendere il presente attraverso lo studio del passato. E viceversa.
La storia e le memorie della nostra Repubblica necessitano di narrazioni e linguaggi capaci di coinvolgere cittadini di diverse generazioni nella riappropriazione di un percorso comune. Aldo Moro (1916-1978) fu tra i protagonisti più autorevoli e discussi, un leader e uno statista che faceva politica attraverso la cultura, nello sviluppo di una consapevole pedagogia civile. All'iniziale concentrazione sul "caso Moro" e sulla sua morte violenta al culmine della stagione terroristica, sta seguendo una riconsiderazione della sua figura complessiva, che permette di evidenziare le connessioni molteplici tra la biografia politica e morale dello statista pugliese e le vicende dell'Italia repubblicana. I contributi compresi nel volume contemplano piani diversi: la conoscenza dei risultati più accreditati degli studi storici con l'attenzione ad alcuni degli snodi più problematici ed attuali di questa "storia", nonché ai linguaggi tramite cui la figura di Moro - uomo e intellettuale, leader politico e statista - è entrata nell'immaginario repubblicano (tramite la televisione e il cinema, le inchieste parlamentari e le indagini processuali, la toponomastica urbana e le rappresentazioni simbolico-rituali).
Una breve ed essenziale storia dell'Ucraina, da sempre crogiolo di popoli, mischiati tra loro da millenni e le cui vicende in Italia restano poco conosciute o note solo attraverso il filtro delle esperienze storiche dei vicini. Breve per la sua formulazione sintetica, essenziale perché vengono messi a fuoco gli avvenimenti cruciali del XX e XXI secolo, fino all'invasione russa a opera di Putin. L'analisi storica e geopolitica di Massimo Vassallo consente al lettore di addentrarsi nella spesso trascurata storia dell'Europa orientale da un'angolatura differente rispetto a quelle tradizionalmente offerte da Mosca e Varsavia, tenendo in debito conto il punto di vista di Kyïv, e di comprendere l'instabilità di questa regione. Un'instabilità legata alla stratificazione etnica avvenuta nel corso dei secoli, che ha radici antiche e ha creato spaccature e conflitti difficili da sanare.