
Pur essendo numerosa la presenza di cristiane e cristiani laici nella vita ecclesiale, essa è ancora insufficiente, soprattutto se si considerano le possibilità aperte dal concilio Vaticano II. Da quel momento la Chiesa non è solo gerarchia, ma è innanzitutto "popolo di Dio", communio fidelium, stabilendo un'uguaglianza fondamentale tra le figlie e i figli di Dio. Tutti sono chiamati da Dio a svolgere la propria missione nel mondo. L'autore rileva il rapporto tra il sacerdozio comune di tutti i battezzati e il sacerdozio ministeriale. L'azione laicale non si riduce a una semplice supplenza o collaborazione, è piuttosto una corresponsabilità, un esercizio attivo dei ministeri propri nella pastorale della parrocchia, della diocesi e della Chiesa universale nei confronti della realtà socio-culturale, familiare e matrimoniale.
L'opera propone un confronto tra la prospettiva etica tracciata da Gesù nel celebre esordio del Discorso della montagna (Mt 5,1-12) e il paradigma della vulnerabilità elaborato dalla psichiatria e dalla filosofia a indirizzo fenomenologico. L'obiettivo è quello di delineare un itinerario etico e antropologico condivisibile, partendo da metafore della persona che la restituiscano alla sua verità e integrità.
L'opera, dedicata ad Agnese Cini per i suoi ottanta anni, raccoglie alcuni scritti intorno a tre idee di fondo: che, come canta il Salmo 119, la Torà è una delizia per chi la conosce, la studia e la ama; che, come attestato in molti modi, alla forza della Bibbia nessuna roccia può resistere; che in tanti all'opera delle "mani" di Agnese devono riconoscenza.
Il libro non vuole essere semplicemente una traduzione, ma un'operazione culturale. Qualcuno dirà che è una riprova della sudditanza di alcune teologhe italiane a quelle d'Oltreoceano. Basta aprirlo per capire che non è vero. Consente infatti a teologhe e teologi di mestiere, ma anche a tutti coloro che semplicemente riflettono sulle grandi questioni della fede, di sbirciare in quell'immenso cantiere a cielo aperto che è oggi la teologia femminista nei diversi continenti.
Uno scavo meticoloso e originale nel grande cumulo dei dispacci inviati dai rappresentanti del Regno di Sardegna presso lo Stato della Chiesa alla corte torinese, dalla caduta di Napoleone ai moti del 1821. È l'ora della restaurazione. In otto capitoli emergono le figure più rilevanti di quell'epoca. Questo e altro in un volume che esige ulteriori approfondimenti in studi successivi.
Il volume rappresenta uno strumento offerto ai tanti enti ecclesiastici che si trovano ad agire in tempi nuovi e di non facile interpretazione, con particolare attenzione alle problematiche connesse alla gestione delle loro opere e del loro patrimonio. I singoli contributi affrontano tematiche unite da un unico filo conduttore: una lettura carismaticamente orientata delle opere e delle attività degli istituti di vita consacrata, sensibile alle peculiarità e alle criticità del momento presente.
Un luogo comune vuole che in Calabria la Storia sia sempre di passaggio. L'idea dell'antologia storica è nata per smentire questo luogo comune. Annibale e Spartaco erano andati in Calabria non di passaggio ma per reclutare ribelli e organizzarsi. Giulia la figlia di Augusto, che può essere considerata la Lady Diana di 2.000 anni fa, fu confinata a Reggio Calabria e là morì a causa dell'Imperatore Tiberio suo ex-marito. Felice Vinci, ribelle alle tesi ortodosse, ci fa conoscere suo nonno, calabrese, che dovette andarsene a causa del terremoto, mentre il brano seguente ci fa incontrare Alarico il Re-Guerriero che saccheggiò Roma dopo 800 anni. Con Gioacchino da Fiore incontreremo un Monaco pensatore, profeta e ribelle e perciò condannato dal Concilio del 1215. Parleremo inoltre di Dan Brown, il Priorato di Sion, il brigante "Re Marcone", Tommaso Campanella, Alexandre Dumas, Re Gioacchino Murat, Mussolini ed infine il campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, do ve nessun prigioniero morì di morte violenta.
Il dibattito sul tema della conciliazione tra fede e ragione è sempre stato particolarmente vivo, soprattutto nel periodo medievale, quando l'intelligibilità della fede rappresentava una vera e propria sfida per l'epistemologia teologica e filosofica. Una voce autorevole è stata quella di Bonaventura da Bagnoregio, che si espresse sulla questione dell'intellectus fidei offrendo riflessioni di estremo interesse, capaci di interrogare e di confrontarsi anche con gli autori più moderni. Marco Arosio esamina e discute le interpretazioni che la storiografia filosofica del XX secolo ha dedicato al pensiero e all'opera di san Bonaventura. Il volume fornisce una panoramica ampia e dettagliata del dibattito novecentesco e offre una rilettura originale del pensiero bonaventuriano.
Gli ultimi cambiamenti normativi sul processo canonico possono suscitare l’interesse degli operatori anche del diritto secolare. L’opera tratta in chiave culturale alcuni aspetti dell’ordinamento processuale della Chiesa, nella convinzione che conoscere la sua ricchezza, e segnalare sue eventuali debolezze, sia d’interesse in un contesto come quello attuale, dove la comunicazione e il confronto tra i vari sistemi giuridici si ritiene generalmente una risorsa che supporta il Diritto nell’adempimento della sua superiore funzione, quale fattore umanizzante dei rapporti interpersonali e sociali.