Tutto ciò che vive prima o poi è destinato a morire. È una delle poche certezze che abbiamo, probabilmente l'unica. Sappiamo anche che la durata della vita non è identica per tutti gli esseri viventi. Negli esseri umani la sua variabilità è altissima, nemmeno lontanamente comparabile con quanto accade negli altri animali, la cui aspettativa di vita pare avere maggiore uniformità. E quindi perché alcuni esseri viventi sono tanto più longevi di altri? Studiandoli, possiamo imparare qualcosa riguardo al nostro invecchiamento? Possiamo senz'altro, e molta strada è stata fatta di recente dalla scienza. Nella specie umana la vita si è allungata sensibilmente nell'ultimo secolo e l'evidenza ci dice che la durata della vita è mutevole e può essere alterata da diversi fattori come la dieta, i geni che ci sono toccati in sorte, il tipo di vita che conduciamo, tutti aspetti che vengono analizzati minuziosamente in questo libro. Possiamo imparare molte cose dalla scienza dell'invecchiamento, ed è questo che si propone di fare Jonathan Silvertown, spiegando in modo accessibile e coinvolgente i complessi meccanismi biologici che determinano la durata della vita di tutti gli esseri viventi.
Per gli antichi egizi le rane nascevano direttamente dal Nilo. La cosa era data per scontata e non creava scandalo alcuno. In effetti il "mistero" dell'origine della vita nel mondo antico non era poi così misterioso: i vermi nascevano dal terreno e gli insetti dai tronchi marcescenti, tanto che Aristotele dava per scontato che la vita provenisse spontaneamente dalla materia inanimata. Creare la vita dalla non-vita divenne un problema (anche teologico) solo in tempi relativamente recenti, dopo che Francesco Redi, nel XVII secolo, aveva dimostrato che ciò che è vivo deriva esclusivamente da ciò che è già vivo, negando risolutamente, e sperimentalmente, la generazione spontanea. Tutto deve nascere da un uovo, Omne vivum ex ovo. E allora com'è nata la vita all'inizio dei tempi? Nel corso dei secoli il tentativo di rispondere a questa domanda si è intrecciato con alcuni dei progressi scientifici più rivoluzionari, tra cui la scoperta del microscopio di van Leeuwenhoek, la teoria dell'evoluzione di Darwin, la ricostruzione della struttura del DNA da parte di Watson e Crick e la creazione dei primi composti organici in laboratorio ad opera di Stanley Miller. Oggi, in un'epoca di grande sviluppo dell'ingegneria genetica e delle esplorazioni spaziali, alcuni scienziati pensano di essere sul punto di poter creare la vita a partire da elementi non viventi.
"In quanto parola di Dio, il Corano è il fondamento della vita di ogni musulmano. Tutti i casi pubblici e privati, religiosi e secolari, rientrano sotto la sua giurisdizione". Questa visione predominante, peraltro formulata da un intellettuale arabo non fondamentalista, è probabilmente una delle principali cause dell'evidente conflitto politico, sociale e ideologico presente nella quasi totalità dei paesi musulmani. Nasr Abu Zayd, uno dei più importanti intellettuali arabi, condensò nelle pagine coraggiose e illuminanti di questo libro le sue riflessioni circa la necessità di contestualizzare il testo sacro nella storia, cercando di restituire all'interpretazione del Corano il suo valore più autentico per sottrarlo a qualsiasi manipolazione politica e religiosa. Ciò che il Corano offre ai musulmani, sostiene Abu Zayd, non è l'islamizzazione della vita, e neppure la totale separazione della religione dalla vita. Separare la religione dallo Stato è tuttavia essenziale, senza che ciò significhi relegare la religione sullo sfondo della vita sociale. Come modalità di comunicazione tra Dio e l'uomo, il Corano, argomenta Abu Zayd, insegna che l'interpretazione letterale del testo sacro significa congelare la parola di Dio nel momento del suo annuncio storico, ovvero semplificare e impoverire l'immensa e complessa dottrina dell'Islam, trasformando una religione della fede in una religione delle opere e dei riti.
Gli uomini sono figli dell'Era glaciale: solo quando il freddo intenso dell'ultima glaciazione cominciò a stemperarsi, oltre 10000 anni fa, apparve la coltivazione, e con questa l'urbanizzazione e l'inizio della storia. Può apparire paradossale, ma è stato il riscaldamento del clima a crearci. Nel corso di tutta la storia umana, d'altra parte, il clima non è certo rimasto stabile e i suoi effetti sulle culture sono stati enormi. Non si può prescindere dalle condizioni climatiche nello studio delle civiltà, dei popoli, delle guerre, delle migrazioni, delle carestie, delle religioni e persino dell'arte e della letteratura. Diventa sempre più chiaro che il clima della Terra è parte integrante e motore inconsapevole dello sviluppo storico, politico e culturale dell'uomo e Wolfgang Behringer lo dimostra per la prima volta in forma estesa, con chiarezza e abbondanza di esempi.
Questo nuovo romanzo è il seguito di Il profumo della pioggia nei Balcani, ed è rimasto a lungo nel cassetto dell'editore jugoslavo perché i tempi non erano pronti per una critica aperta al regime di Tito. Con grande realismo, e la stessa pacata ironia della prima parte della storia, Gordana Kuié racconta le vicende, le piccole gioie e le grandi difficoltà quotidiane del dopoguerra nella nuova Jugoslavia, dal 1945 fino a metà degli anni Sessanta. Le quattro sorelle Salom sopravvissute al conflitto e alle persecuzioni naziste si trovano ad affrontare altre prove: il luogo e l'azione si spostano da Sarajevo a Belgrado, in casa di Marko Koraé e della moglie Blanki. Un tempo ricco possidente e proprietario di giornali, Marko trascorre alcuni mesi in carcere come “nemico del popolo”, e ha poi difficoltà perfino a trovare lavoro. La coppia vive, insieme alla cognata Riki e alla figlia Inda, in una casa modesta, costretti a condividerla con i rappresentanti della “nuova” classe rurale, una coppia di contadini rozzi che danno molto filo da torcere alla famiglia borghese spodestata: il racconto è tragicomico, soprattutto quando quest'ultima viene chiamata a rispondere di maltrattamenti in tribunale. Un altro inquilino, il maggiore Spasic, impara invece le buone maniere dai Koraé, ma, dopo la scissione tra Tito e Stalin nel 48, finisce sulla famigerata Isola nuda. Clara parte invece per gli Stati Uniti, dove verrà raggiunta da Riki, che sceglie di non sposare l'amore di sempre perché non ne condivide le idee politiche. Nina si trasferisce a Dubrovnik con il marito, ma rimarrà presto vedova. Parallele, scorrono le vicende di Inda, nella realtà l'autrice stessa, e delle sue amiche adolescenti che vivono i tempi nuovi in modo molto diverso.
Si vince e si perde ovunque, non solo in Italia. Ma in Italia, più spesso che altrove, chi è vinto non accetta la sconfitta. "Bisogna saper perdere" racconta il declino, l'uscita di scena ma anche l'horror vacui dì alcuni degli uomini più potenti del nostro Paese. Politici che sono stati alla guida di un partito, o che hanno governato l'Italia per anni. Che hanno avuto a disposizione soldi e voti. Che hanno regalato sogni e speranze, e attirato invidie e diffidenze. E che prima o poi, inevitabilmente, hanno fatto i conti con il fallimento di un progetto o la fine di una carriera. Questo libro è una storia pubblica, ma anche un diario privato. Rivela i dubbi di Umberto II e Mario Segni, il risentimento di Parri e Prodi, l'amarezza di De Gasperi, il cinismo di Togliatti, gli insuccessi di Nenni e Fini, le fughe e la pervicacia di Fanfani e De Mita, la rabbia di Craxi, l'ostinazione di Berlusconi, fino all'irruzione di Renzi. C'è chi, ieri come oggi, grida al "colpo di stato", chi invoca i "brogli", chi si scaglia contro le congiure, chi prepara rivalse e vendette, chi ostacola con ogni mezzo la sua successione e chi ostenta distacco, finge l'addio, ma prova a mantenere il controllo su poltrone e programmi. Perché, a volte, saper perdere conta molto più di vincere. E soprattutto perché la sconfitta svela meglio di qualsiasi vittoria la natura degli uomini e la maturità di una democrazia.
Albert Campion, detective e gentiluomo, si sveglia in un letto d'ospedale, solo e spaventato, soprattutto perché non ricorda niente, di sé e di quello che è successo per farlo finire lì. Sa solo di avere una missione importantissima, un complotto da sventare, e dato che siamo nel 1940, dev'essere qualcosa che riguarda l'Inghilterra in guerra. Sente un poliziotto parlare di arresto, fuori dalla stanza, e decide di scappare rubando la tenuta da vigile del fuoco accanto all'estintore. Viene raccolto in macchina da una bella donna, che sembra conoscerlo benissimo, e portato in un'aristocratica magione dove lo aspetta un party e una buona accoglienza. Perdipiù la bella giovane donna dice di essere la sua fidanzata. Campion continua a nascondere il proprio stato di amnesia, e mette il cervello rimasto all'opera per sventare comunque il terribile pericolo che incombe sulla sua patria in guerra...
Grande scienziato, innamorato del proprio mestiere, Peter B. Medawar ha scritto un'apologia della scienza, brillante e appassionata: la scienza è "una grande e splendida impresa, la più felice che gli esseri umani abbiano mai intrapreso". Con lucidità, e anche con garbata ironia, Medawar procede, per via di esempi, a illustrare al lettore quel che la scienza davvero è, come si fa scienza, quali siano le ragioni del suo successo - quando ha successo quali i legami tra scienza e politica o tra scienza e cultura, quale l'importanza dell'immaginazione creativa e della fortuna nelle scoperte scientifiche. Soprattutto, Medawar vuole difendere la scienza dall'accusa di non sapere rispondere agli "interrogativi ultimi" sull'origine, sul destino e sul significato dell'uomo. Sono interrogativi, egli dice, che richiedono risposte trascendenti, dominio della metafisica o della religione, e che non possono essere oggetto di analisi e di comprensione scientifica. Al contrario, per tutti i problemi che la scienza è in grado di risolvere non ci sono limiti al suo potere: l'arte della ricerca scientifica è appunto l'"arte dei risolvibile". Il discorso di Medawar si chiude con una nota di ottimismo. Tutti noi possiamo in qualche modo contribuire a cambiare il mondo e a migliorarlo, e quindi il destino nostro sarà quello che noi stessi avremo saputo crearci.
Branchi di maschi nella frenesia dello stupro collettivo: la predazione si ripete dai primordi della storia, attraversando immutata il processo di incivilimento, impennandosi nel cuore del Novecento e guadagnandosi ancora oggi grande spazio nelle cronache. Che si consumi come crimine di guerra, che collabori a finalità genocidarie, oppure si "normalizzi" in brutalità quotidiana in tempo di pace, vi agisce la stessa istintualità della barbarie più arcaica. È il cono d'ombra dell'identità maschile. Su di esso si concentra lo psicoanalista Luigi Zoja, internazionalmente noto per l'indagine sull'altra polarità maschile, quella del padre. La conciliazione di biologia e cultura, più fragile e instabile nell'uomo rispetto alla donna, è esposta da sempre a squilibri. I centauri del mito greco, esseri metà umani metà animali, ne rappresentano la forma estrema. La loro orda non conosce altro eros che l'ebbrezza orgiastica accompagnata dallo stupro, "incontrollabile come un pogrom". A differenza del violentatore singolo, il gruppo non ha coscienza di commettere un crimine. Del centaurismo come contagio psichico Zoja scandaglia i motivi e ripercorre le manifestazioni: dalla schiavitù sessuale delle donne native durante la colonizzazione dell'America Latina, all'epilogo senza onore della seconda guerra mondiale, agli stupri ritualizzati come "terapia" per le lesbiche (il jackrolling attuale in Sudafrica), fino alle condotte abusanti del 31 dicembre 2015 a Colonia.
"Istinto" e "intelligenza" sono i termini che meglio si prestano a definire il campo di studio della scienza del comportamento animale: per questo Anthony Barnett li ha scelti come concetti chiave per guidare il lettore nel suo libro introduttivo e rivolto ai non specialisti. Nella sua esposizione, ormai divenuta un vero classico dell'etologia, Barnett offre un panorama completo sul comportamento umano messo a confronto con quello degli animali: quali sono gli effetti della ricompensa e della punizione nell'addestramento, quali sono i meccanismi sociali all'interno di una comunità di scimmie antropomorfe? Come funziona lo sviluppo sociale e intellettuale dell'uomo, le emozioni e l'impulso ad agire sono innati o sono comportamenti appresi? Con il suo stile brillante e la varietà delle materie trattate "Istinto e intelligenza" ha giustamente contribuito a diffondere e a rendere popolare l'etologia.