
Chi ha ucciso - due colpi di pistola alla testa - lo sconosciuto trovato cadavere nei bagni dell'ippodromo, la sera di domenica 13 aprile 1980, a Milano? La vittima, già dagli abiti, appare appartenere a un mondo ben diverso da quello del senzatetto - il barbone, el barbùn, come si diceva in quegli anni - ucciso negli stessi giorni con spietata ferocia nel sottobosco umano di squallore e disperazione che vegeta ai margini della Stazione Centrale. E infatti, i primi passi dell'inchiesta, condotta con determinazione dal commissario Norberto Melis, portano tutti in una ben precisa direzione: i giorni confusi successivi all'8 settembre 1943, con le stragi, le devastazioni e le razzie di opere d'arte compiute dai nazisti nella lenta ritirata verso nord. E il senzatetto? Altra mano? Altra inchiesta? Ma è proprio tutto come sembra? O il passato, e la preziosa biblioteca magico-alchemica trafugata nei giorni lontani della seconda guerra mondiale, non sono che una pista apparente? In una Milano che porta ancora sulla pelle le cicatrici dei cupi anni di piombo, mentre la primavera sembra coincidere con una pioggia uggiosa, e l'assassino colpisce ancora, senza pietà, con l'aiuto di tutti i suoi uomini Melis riuscirà a dipanare il filo rosso sangue che lega tra loro queste morti.
Solo noi possediamo lo strano oggetto biologico chiamato "linguaggio". Noi e nessun'altra specie animale, compresi i primati non umani, visto che uno scimpanzé non sfiora neppure le capacità sintattiche di un bambino di tre anni. Il linguaggio è l'unicità più intrigante ed enigmatica in cui si sia mai imbattuto chi studia l'animale uomo, quella che ha avuto effetti incalcolabili sulla nostra vicenda. Da lungo tempo stuoli di scienziati delle più varie discipline e dei più diversi orientamenti sono alla ricerca delle sue origini; un'avventura intellettuale in cui si incrociano spade e si mettono in campo saperi sofisticati, sempre di nuovo riarmati in una tenzone senza fine. Un vero rovello soprattutto per l'evoluzionismo, alle prese con un "salto" che ne sfidava la tradizionale impostazione gradualistica. Oggi però molto è cambiato, perché negli ultimi venticinque anni abbiamo appreso sulle basi neurofisiologiche e genetiche del linguaggio più che nei secoli precedenti, mentre i biologi evoluzionisti sono approdati, con matematiche avanzate, a interpretazioni stocastiche del cambiamento evolutivo. Dall'analisi di queste risultanze ripartono Noam Chomsky, supremo teorico della grammatica universale innata, e il linguista computazionale Robert Berwick, tra i maggiori studiosi dell'apprendimento vocale negli uccelli canori. La loro tesi, insieme evoluzionistica e discontinuistica, è un punto di arrivo nel dibattito sull'argomento...
Questo libro è un nuovo e definitivo studio della cospirazione clandestina antinazista in Germania e dei numerosi tentativi che questa rete di resistenza organizzò nel tempo per assassinare Adolf Hitler. Hitler divenne Cancelliere tedesco nel 1933. Un anno dopo tutti i partiti politici erano stati messi fuori legge, ad eccezione del Partito Nazionalsocialista, la libertà di stampa non era che un lontano ricordo e il potere di Hitler sembrava inattaccabile. Eppure, negli anni successivi, emerse un improbabile gruppo, stranamente assortito, di cospiratori - tra i quali vi erano soldati, insegnanti, politici, diplomatici, teologi, e persino un falegname - che a più riprese tentò con ogni mezzo di mettere fine alla sanguinosa dittatura del Führer. Questo libro racconta la storia drammatica di questi eventi, così nobili, così ingenui, talvolta al limite dell'assurdo e condannati al fallimento. È una storia che a tratti toglie il fiato, mentre l'autore ci fa assistere in diretta a segrete riunioni notturne, profonde crisi di coscienza e duri scontri tra vecchi amici su come e quando abbattere il nazismo, su come progettare ed eseguire un piano omicida nei confronti del dittatore e su cosa fare dopo, in caso di successo. Lo sguardo innovativo di Danny Orbach getta nuova luce su una storia già nota perché si avvale delle sue conoscenze linguistiche, di archivi ancora poco esplorati e di una particolare attenzione rivolta ai metodi dei cospiratori, le loro motivazioni, le paure, le speranze.
Tutto ciò che vive prima o poi è destinato a morire. È una delle poche certezze che abbiamo, probabilmente l'unica. Sappiamo anche che la durata della vita non è identica per tutti gli esseri viventi. Negli esseri umani la sua variabilità è altissima, nemmeno lontanamente comparabile con quanto accade negli altri animali, la cui aspettativa di vita pare avere maggiore uniformità. E quindi perché alcuni esseri viventi sono tanto più longevi di altri? Studiandoli, possiamo imparare qualcosa riguardo al nostro invecchiamento? Possiamo senz'altro, e molta strada è stata fatta di recente dalla scienza. Nella specie umana la vita si è allungata sensibilmente nell'ultimo secolo e l'evidenza ci dice che la durata della vita è mutevole e può essere alterata da diversi fattori come la dieta, i geni che ci sono toccati in sorte, il tipo di vita che conduciamo, tutti aspetti che vengono analizzati minuziosamente in questo libro. Possiamo imparare molte cose dalla scienza dell'invecchiamento, ed è questo che si propone di fare Jonathan Silvertown, spiegando in modo accessibile e coinvolgente i complessi meccanismi biologici che determinano la durata della vita di tutti gli esseri viventi.
Per gli antichi egizi le rane nascevano direttamente dal Nilo. La cosa era data per scontata e non creava scandalo alcuno. In effetti il "mistero" dell'origine della vita nel mondo antico non era poi così misterioso: i vermi nascevano dal terreno e gli insetti dai tronchi marcescenti, tanto che Aristotele dava per scontato che la vita provenisse spontaneamente dalla materia inanimata. Creare la vita dalla non-vita divenne un problema (anche teologico) solo in tempi relativamente recenti, dopo che Francesco Redi, nel XVII secolo, aveva dimostrato che ciò che è vivo deriva esclusivamente da ciò che è già vivo, negando risolutamente, e sperimentalmente, la generazione spontanea. Tutto deve nascere da un uovo, Omne vivum ex ovo. E allora com'è nata la vita all'inizio dei tempi? Nel corso dei secoli il tentativo di rispondere a questa domanda si è intrecciato con alcuni dei progressi scientifici più rivoluzionari, tra cui la scoperta del microscopio di van Leeuwenhoek, la teoria dell'evoluzione di Darwin, la ricostruzione della struttura del DNA da parte di Watson e Crick e la creazione dei primi composti organici in laboratorio ad opera di Stanley Miller. Oggi, in un'epoca di grande sviluppo dell'ingegneria genetica e delle esplorazioni spaziali, alcuni scienziati pensano di essere sul punto di poter creare la vita a partire da elementi non viventi.
"In quanto parola di Dio, il Corano è il fondamento della vita di ogni musulmano. Tutti i casi pubblici e privati, religiosi e secolari, rientrano sotto la sua giurisdizione". Questa visione predominante, peraltro formulata da un intellettuale arabo non fondamentalista, è probabilmente una delle principali cause dell'evidente conflitto politico, sociale e ideologico presente nella quasi totalità dei paesi musulmani. Nasr Abu Zayd, uno dei più importanti intellettuali arabi, condensò nelle pagine coraggiose e illuminanti di questo libro le sue riflessioni circa la necessità di contestualizzare il testo sacro nella storia, cercando di restituire all'interpretazione del Corano il suo valore più autentico per sottrarlo a qualsiasi manipolazione politica e religiosa. Ciò che il Corano offre ai musulmani, sostiene Abu Zayd, non è l'islamizzazione della vita, e neppure la totale separazione della religione dalla vita. Separare la religione dallo Stato è tuttavia essenziale, senza che ciò significhi relegare la religione sullo sfondo della vita sociale. Come modalità di comunicazione tra Dio e l'uomo, il Corano, argomenta Abu Zayd, insegna che l'interpretazione letterale del testo sacro significa congelare la parola di Dio nel momento del suo annuncio storico, ovvero semplificare e impoverire l'immensa e complessa dottrina dell'Islam, trasformando una religione della fede in una religione delle opere e dei riti.
Gli uomini sono figli dell'Era glaciale: solo quando il freddo intenso dell'ultima glaciazione cominciò a stemperarsi, oltre 10000 anni fa, apparve la coltivazione, e con questa l'urbanizzazione e l'inizio della storia. Può apparire paradossale, ma è stato il riscaldamento del clima a crearci. Nel corso di tutta la storia umana, d'altra parte, il clima non è certo rimasto stabile e i suoi effetti sulle culture sono stati enormi. Non si può prescindere dalle condizioni climatiche nello studio delle civiltà, dei popoli, delle guerre, delle migrazioni, delle carestie, delle religioni e persino dell'arte e della letteratura. Diventa sempre più chiaro che il clima della Terra è parte integrante e motore inconsapevole dello sviluppo storico, politico e culturale dell'uomo e Wolfgang Behringer lo dimostra per la prima volta in forma estesa, con chiarezza e abbondanza di esempi.
Questo nuovo romanzo è il seguito di Il profumo della pioggia nei Balcani, ed è rimasto a lungo nel cassetto dell'editore jugoslavo perché i tempi non erano pronti per una critica aperta al regime di Tito. Con grande realismo, e la stessa pacata ironia della prima parte della storia, Gordana Kuié racconta le vicende, le piccole gioie e le grandi difficoltà quotidiane del dopoguerra nella nuova Jugoslavia, dal 1945 fino a metà degli anni Sessanta. Le quattro sorelle Salom sopravvissute al conflitto e alle persecuzioni naziste si trovano ad affrontare altre prove: il luogo e l'azione si spostano da Sarajevo a Belgrado, in casa di Marko Koraé e della moglie Blanki. Un tempo ricco possidente e proprietario di giornali, Marko trascorre alcuni mesi in carcere come “nemico del popolo”, e ha poi difficoltà perfino a trovare lavoro. La coppia vive, insieme alla cognata Riki e alla figlia Inda, in una casa modesta, costretti a condividerla con i rappresentanti della “nuova” classe rurale, una coppia di contadini rozzi che danno molto filo da torcere alla famiglia borghese spodestata: il racconto è tragicomico, soprattutto quando quest'ultima viene chiamata a rispondere di maltrattamenti in tribunale. Un altro inquilino, il maggiore Spasic, impara invece le buone maniere dai Koraé, ma, dopo la scissione tra Tito e Stalin nel 48, finisce sulla famigerata Isola nuda. Clara parte invece per gli Stati Uniti, dove verrà raggiunta da Riki, che sceglie di non sposare l'amore di sempre perché non ne condivide le idee politiche. Nina si trasferisce a Dubrovnik con il marito, ma rimarrà presto vedova. Parallele, scorrono le vicende di Inda, nella realtà l'autrice stessa, e delle sue amiche adolescenti che vivono i tempi nuovi in modo molto diverso.
Si vince e si perde ovunque, non solo in Italia. Ma in Italia, più spesso che altrove, chi è vinto non accetta la sconfitta. "Bisogna saper perdere" racconta il declino, l'uscita di scena ma anche l'horror vacui dì alcuni degli uomini più potenti del nostro Paese. Politici che sono stati alla guida di un partito, o che hanno governato l'Italia per anni. Che hanno avuto a disposizione soldi e voti. Che hanno regalato sogni e speranze, e attirato invidie e diffidenze. E che prima o poi, inevitabilmente, hanno fatto i conti con il fallimento di un progetto o la fine di una carriera. Questo libro è una storia pubblica, ma anche un diario privato. Rivela i dubbi di Umberto II e Mario Segni, il risentimento di Parri e Prodi, l'amarezza di De Gasperi, il cinismo di Togliatti, gli insuccessi di Nenni e Fini, le fughe e la pervicacia di Fanfani e De Mita, la rabbia di Craxi, l'ostinazione di Berlusconi, fino all'irruzione di Renzi. C'è chi, ieri come oggi, grida al "colpo di stato", chi invoca i "brogli", chi si scaglia contro le congiure, chi prepara rivalse e vendette, chi ostacola con ogni mezzo la sua successione e chi ostenta distacco, finge l'addio, ma prova a mantenere il controllo su poltrone e programmi. Perché, a volte, saper perdere conta molto più di vincere. E soprattutto perché la sconfitta svela meglio di qualsiasi vittoria la natura degli uomini e la maturità di una democrazia.
Albert Campion, detective e gentiluomo, si sveglia in un letto d'ospedale, solo e spaventato, soprattutto perché non ricorda niente, di sé e di quello che è successo per farlo finire lì. Sa solo di avere una missione importantissima, un complotto da sventare, e dato che siamo nel 1940, dev'essere qualcosa che riguarda l'Inghilterra in guerra. Sente un poliziotto parlare di arresto, fuori dalla stanza, e decide di scappare rubando la tenuta da vigile del fuoco accanto all'estintore. Viene raccolto in macchina da una bella donna, che sembra conoscerlo benissimo, e portato in un'aristocratica magione dove lo aspetta un party e una buona accoglienza. Perdipiù la bella giovane donna dice di essere la sua fidanzata. Campion continua a nascondere il proprio stato di amnesia, e mette il cervello rimasto all'opera per sventare comunque il terribile pericolo che incombe sulla sua patria in guerra...