La scena l'abbiamo vissuta tutti. A cena, di fronte a un invitante piatto di arrosto, sempre più spesso qualcuno solleva il dubbio: è eticamente lecito nutrirsi di carne? È l'argomento più volte sentito dall'amica vegetariana o il cavallo di battaglia del combattivo commensale, laureato in filosofia: mangiare carne è moralmente sbagliato, così come costringere certi animali a vivere in gabbia nei nostri minuscoli appartamenti, per non dire dell'abominio delle lotte tra galli o delle sperimentazioni mediche sui topi. La discussione prende spesso la piega di una distinzione netta tra buoni e cattivi, tra chi si mette dalla parte degli animali e chi, per varie ragioni, non lo fa. Ragionando con grande rigore scientifico, Hal Herzog usa qui tutto il suo umorismo e l'esperienza accumulata in vent'anni di studi per regalarci un libro spiazzante. Non c'è niente da fare: più a fondo si va nelle questioni legate all'etica delle nostre relazioni con gli animali più le carte si mescolano, le contraddizioni affiorano e il confine tra bene e male si fa incerto. Poco importa quali siano ora le vostre opinioni sugli animali e sull'uomo: dopo aver letto questo libro probabilmente saranno cambiate
Il cervello è l'oggetto più complesso che esista in natura. Lo studio di questo organo e delle sue funzioni è stato tradizionalmente appalto di campi di ricerca differenti, tra loro mutuamente escludenti, dalle scienze "dure", alla psicoanalisi, alle scienze "umane". Negli ultimi cinquant'anni però le neuroscienze hanno raggiunto risultati strabilianti, che escono da un ambito disciplinare ristretto e investono questioni di portata universale. Conoscere i risultati ottenuti dagli studi recenti sul cervello è quindi fondamentale, ma non è tutto. La scienza non ci consente ancora di integrare i singoli aspetti del funzionamento cerebrale in una trama unitaria, che ci spieghi come le varie strutture del cervello abbiano dato luogo alle singole menti umane, caratterizzate ciascuna da un'unicità di funzioni biologiche, esperienze e storie individuali. Le neuroscienze ci forniscono però molte tracce: sentieri che ci consentono di esplorare i paesaggi di una foresta che era a lungo rimasta immersa nell'oscurità. Con grande capacità espositiva, Alberto Oliverio ripercorre per noi alcuni dei sentieri che si addentrano in territori poco conosciuti, soprattutto quelli che possono farci riflettere e condurci a varcare il confine della sola biologia
"L'analisi infantile si è dimostrata unica per un aspetto essenziale: fu l'unica innovazione che dette la possibilità di verificare la correttezza delle ricostruzioni nell'analisi degli adulti. Ora, per la prima volta, con l'applicazione diretta del trattamento psicoanalitico a bambini piccoli, ciò che era stato semplicemente supposto o dedotto diveniva una realtà viva, visibile e dimostrabile"
"Il lattante prova nei confronti della madre sia amore che odio, e quando la madre gli viene a mancare e i suoi bisogni non vengono soddisfatti egli ne sente l'assenza come l'effetto dei suoi impulsi distruttivi; donde l'angoscia persecutoria (il timore che la madre possa essersi trasformata in madre cattiva e persecutrice), il lutto, il senso di colpa e l'angoscia depressiva (il timore che la madre amata possa essere stata distrutta dalla sua aggressività)"
Negli ultimi trent'anni della sua vita Carl Gustav Jung ha concentrato la sua attenzione sull'osservazione psicologica dei fenomeni religiosi. È religiosa, afferma Jung, ogni esperienza di pienezza e di totalità che "afferri" l'individuo per farlo procedere lungo il tragitto dell'individuazione. In questo cammino spirituale le religioni orientali si rivelano maestre nel guidare verso un "processo d'iniziazione". Nell'evidenziare le singolari affinità tra le simbologie religiose dell'Oriente e le produzioni psicologiche (sogni, visioni, creazioni artistiche) dell'uomo occidentale, Jung non si allontana mai da un profondo senso di concretezza storica, mettendo in guardia il lettore da "ogni imitazione semplificatrice e scimmiottatura orientalizzante, quale che ne sia la motivazione". Introduzione di Luigi Aurigemma
In questo libro due maestri, e le loro idee, sono a colloquio. La tesi junghiana dell'inconscio collettivo dialoga con le pagine più vive sulla mitologia che Kerényi abbia mai scritto. La creazione mitica non è che la rappresentazione degli archetipi, e come tale rivela una sfera importante della psiche. Il testo di Kerényi si riferisce ai fanciulli e alle fanciulle divine, mentre quello di Jung ne è il naturale commento psicologico. Si tratta però di sezioni autonome, che si possono leggere anche in ordine invertito. Per Jung il tema onirico della "fanciullezza" rappresenta la parte "giovane" della psiche collettiva e come tale cela sempre un valore positivo. Prefazione di Mario Trevi
Come e quando sono nate le fiabe? E perché si rassomigliano in tutto il mondo? Nell'interpretazione di Propp, i racconti di fate non sono fantasia ma storia, sono il documento di una delle più antiche età dell'uomo: l'epoca delle comunità di cacciatori, prima ancora che la pastorizia e l'agricoltura cominciassero a cambiare il volto del mondo. Giovandosi di un materiale comparativo vastissimo tratto dall'etnologia e lavorando soprattutto sui racconti di fate russi, Propp stabilisce una serie di confronti tra i principali motivi di cui sono intessute le fiabe e analoghe forme rituali esistenti nella protostoria e presso i primitivi. Attraverso tanti racconti sezionati e comparati, interrotti e ripresi in un giro di richiami e illuminazioni, il mondo vivace della narrazione si compone esso stesso in un affascinante racconto. Introduzione di Alberto M. Cirese
Le due più grandi scoperte della psicoanalisi sono state l'inconscio e la sessualità. Se il primo deflagra con "L'interpretazione dei sogni", la seconda emerge con i saggi sulla teoria sessuale, nucleo fondamentale per il grande impianto teorico che Sigmund Freud ha eretto tassello dopo tassello. Se ad essi accostiamo "Al di là del principio di piacere" ripercorriamo l'intero arco di esperienze intellettuali che abbraccia quindici anni di riflessione: le nozioni di Eros e "pulsione di morte" possono essere finalmente lette alla luce di una meditazione filosofica, dolorosa e solenne in una compiutezza che contiene l'inizio e il punto di arrivo della rivoluzione psicoanalitica
Non tutti sanno che il padre della psicologia analitica è stato anche un grande scrittore. O, se vogliamo, uno scrittore "tout court". Da poco è stato rivelato al mondo lo scrigno nascosto in quel "Libro rosso", tenuto nascosto per quasi un secolo, e che ha dimostrato ancor di più la forza espressiva e immaginifica della prosa di Jung. In questo libro che ha l'agilità di una piccola enciclopedia portatile, sono state raccolte brevi formule tratte dalla sua intera opera, folgoranti battute (di spirito e non) che dimostrano la capacità di concentrare un pensiero in pochi giri di dense parole, di andare oltre il ristretto ambito specialistico della psicoterapia e di divagare attraverso i percorsi più stravaganti su argomenti insoliti e spesso molto eccitanti. Jung interroga per noi il diavolo, la vita, il corpo, la colpa, il dolore e ci restituisce in una sola frase tutto il senso della sua esperienza umana e intellettuale