"Chi dice che solo la storia, i romanzi, la poesia o i saggi ci fanno vedere la realtà-irrealtà della cosa uomo o delle cose dell'uomo? Altre zone, altri strati, quindi non solo lo stato delle cose o le cose in un certo stato. Un testo contenente un detesto perché quello che mi piace è solo surreale, voglia di metafisica e trascendenza del pensiero volatile fermo solo a certe stazioni mentali, "Nessun dogma!" liricamente né aforismi, né enigmismi..." (Alessandro Bergonzoni)
Chiunque, se interrogato su quale sia il dono che più ardentemente vorrebbe un giorno ricevere dagli Dèi, risponderebbe: "Un po' di serenità." Eppure la natura di tale stato d'animo è quanto mai misteriosa: tutti la desiderano, ma forse nessuno sa bene di cosa si tratti. Nulla a che fare con felicità, gioia, soddisfazione, contentezza: esperienze destinate alla radicale inafferrabilità dell'attimo fuggente così ben tematizzato da Orazio. Il sentimento qui interrogato riguarda l'eterno; un eterno perfettamente "immanente", però; che non osa strapparci via dal giogo della temporalità, e incantarci con la favola di una salvezza sempre di là da venire: che non va confusa con quanto vanamente promesso da troppe utopie, sia laiche che religiose.
Due amici. L'amante di entrambi. Un omicidio. Ramon, fanatico cattolico, ossessionato dall'idea di peccato, e Theo, generoso, responsabile, razionale, sono due amici che, oltre ad aver condiviso mille avventure, dividono la medesima amante, Leila, creatura libera e selvaggia, riluttante a qualsiasi legame stabile. Tornando da un viaggio, Theo trova Leila assassinata e sfregiata. L'accusa ricade sul suo amico Ramon che, inspiegabilmente, confessa il delitto. Ma la polizia non appare convinta della confessione di Ramon e Theo si rende presto conto dell'assurdità della confessione dell'amico. In un Messico assolato e ambiguo, l'autrice costruisce una trama fitta di colpi di scena, affondando la propria penna nelle pieghe più intime dell'animo umano.
Jean Hyppolite si propone di fare un commento e una parafrasi che seguono con fedeltà il testo hegeliano pagina per pagina, nell'intento di renderne più comprensibile l'insieme. Ogni appiglio interno al testo viene sfruttato per chiarire le varie connessioni di un'opera che ha esercitato sulle menti più diverse un fascino quasi pari alle difficoltà intrinseche che l'accompagnano. Grazie alla inesauribile fruibilità e all'esemplare rigore di questo strumento, come scrive Vincenzo Cicero nella sua introduzione al volume, "il commento di Jean Hyppolite alla Fenomenologia dello Spirito è ancora oggi, a sessant'anni suonati, un modello insuperato di interpretazione 'oggettiva' del libro più famoso di Hegel".
Rievocando la passione giovanile per il dialetto che, benché tabù nel contesto scolastico, gli era indispensabile per assicurarsi il rispetto dei coetanei e cogliere le sfumature di certe sere, di personaggi bizzarri e di odori e sapori di campagna, Diego Marani comincia il racconto del proprio approccio alle lingue, un lungo apprendistato che culmina nell'incarico di interprete al Consiglio europeo. Un tirocinio costellato di esperienze spassose, viaggi rocamboleschi e incontri personali.
Da ragazzo, Einstein suonava il violino nei ritrovi studenteschi, gozzovigliava nei caffè, passava da un flirt all'altro, e organizzava beffe goliardiche con i suoi compagni del politecnico di Zurigo, dove era entrato a diciassette anni per studiare fisica. Dennis Overbye ha ricostruito la vita di Einstein presentandone amicizie, amori, rapporti familiari, il suo ruolo di padre in perenne conflitto, ma anche le sue doti di "bon vivant". Attraverso lo studio di una documentazione in gran parte inedita, Overbye ha fatto luce su un periodo meno noto della vita di Einstein, in particolare quello compreso fra il 1905 e il 1921. Il testo è stato pubblicato nei Saggi Bompiani nel 2002.
Il testo è una rivisitazione, storicamente documentata, dell'epoca d'oro del musical americano, cioè di quella mescolanza per molti versi formidabile di recitazione, ballo e canto che si affermò in America fra gli anni Venti e gli anni Cinquanta. Camerino conduce la sua indagine a partire dai grandi autori di musical, presenti anche nel CD musicale allegato al libro: Jerome Kern, Irving Berlin, Cole Porter. Di questi personaggi, molti di origine ebraica, viene tratteggiata la vita, per mostrare come l'idea stessa di musical sia nata dall'esperienza vissuta da questi uomini, fatta spesso di stenti, suonando nei bordelli o nelle case da gioco.
Con abili esercizi di stile Lauzi crea un giallo surreale e pieno di brio, per quanto venato da un malinconico sense of humour. Aboliti tempo e spazio, gli strambi e simpatici personaggi si rendono conto che chi li ha inventati, il Narratore, non ha la più pallida idea del loro destino, e decidono così di entrare d'autorità nella trama, nel tentativo di darle una forma. Bruno Lauzi, nato all'Asmara nel '37 ma cresciuto a Genova, è ritenuto con Bindi, Gino Paoli e Luigi Tenco uno dei fondatori della cosiddetta "Scuola genovese".
Le grandiose costruzioni templari, le migliaia di tavolette incise, i tesori delle tombe regali, i poemi epici ispirati a Gilgamesh: è l'eredità lasciata dal mondo sumerico agli archeologi che da oltre un secolo inseguono le vestigia di un popolo, affascinante e misterioso, di cui sono ancora ignote le origini e l'appartenenza etnica. Giovanni Pettinato compone una globale immagine che testimonia l'imponente incidenza culturale dei Sumeri, i quali costruirono con Uruk la prima città, inventarono la scrittura, istituirono l'insegnamento scolastico, il sistema bicamerale, lo Stato sovrano. L'opera è completata da ampie citazioni di testi mitologici.
Un saggio contro la follia di chi ogni giorno e in tutto il mondo, incita gli uomini a suicidarsi in nome della loro identità. Maalouf si rifiuta di contemplare questo massacro con fatalismo e rassegnazione. Il suo stesso destino di uomo d'Oriente e d'Occidente lo spinge a spiegare ai suoi contemporanei, con parole semplici e riferimenti diretti alla storia, alla filosofia e alla teologia, che si può restare fedeli ai propri valori senza sentirsi minacciati dai valori di cui gli altri sono portatori.