Sacrifici umani e divinità: un tema presente nella letteratura del vicino Oriente antico, ma rifiutato dalla Bibbia. Eppure c'è il caso unico della figlia di Iefte offerta al Signore in cambio della vittoria del padre sugli Ammoniti. Possibile che il Signore accetti un così cruento atto oltretutto richiesto da parte di chi vuole ottenere un successo personale? L'episodio ha quindi dell'assurdo e Iefte risulta essere un "mostro". L'autrice ha studiato a fondo il "voto di Iefte" (Gdc 11,29-40) e, attraverso l'uso del metodo storico critico, l'analisi esegetica, l'esame della casistica del lessico e il confronto con i commentatori giudei e cristiani delle varie epoche, ha ricavato una lettura originale di questa che fino ad ora è stata considerata una delle pagine oscure della Bibbia. La figlia di Iefte infatti non è stata sacrificata secondo la prassi delle popolazioni coeve a Israele, ma è stata offerta al Signore. Anzi, lei stessa è protagonista attiva di questa offerta perché, dopo la struggente esitazione del padre, è proprio lei a voler espletare il voto fatto al Signore. La sua vita è stata dunque una "consumazione" davanti al Signore perché Iefte aveva specificato nel suo voto che la vittima sarebbe stata per il Signore (sarà per il Signore). Si deduce allora che la figlia di Iefte è una sorta di patrona di tanti uomini e donne che fanno della loro vita un'offerta che si consuma davanti agli altri e al Signore.
Il volume raccoglie gli Atti del 26° Congresso dell'Atism (Associazione teologica per lo studio della morale) a 50 anni dalla sua fondazione (Napoli, 1966). Come nel primo Congresso, anche in quest'ultimo si mettono a tema il Concilio Vaticano II e le sue ricadute per l'autocomprensione della teologia morale. Il tempo trascorso permette una lucida verifica e una inevitabile prospettazione futura, che ripensi la disciplina nel suo radicarsi ecclesiale, civile e culturale e nelle sue numerose sfide e questioni, ma anche in quanto riflessione scientifica sull'esperienza morale credente. La teologia morale è sollecitata dalla contemporaneità con una tale intensità che nessun suo segmento è oggi pacifico possesso, ma questione dibattuta e talora controversa, spesso a vasto raggio interdisciplinare e non di rado nel pubblico areopago. Sic stantibus rebus è giocoforza prospettare strategie per pensare il presente e il futuro, in originale continuità/discontinuità col passato, in un contesto sempre più pluralistico e globalizzato, a permanente rischio di spaesamento. Oltre alla scansione temporale della tematica, il libro offre un dialogo con alcune teologie morali regionali - europea-francese, asiatica-indiana e latinoamericana-argentina -, si sofferma su alcuni snodi tematici d'attualità - a livello della morale ecologica, sociale e familiare - e affronta argomenti d'incalzante emergenza, come la questione antropologica e quella magisteriale.
Il racconto della vocazione al ministero ordinato si identifica spesso con una serie di incontri e pensieri che fanno maturare la decisione di diventare prete. Analizzando la Tradizione (liturgica e non) ci si rende conto che altri elementi sono presenti nella storia delle chiamate all'ordine sacro: le necessità della Chiesa, le caratteristiche umane e spirituali della persona stessa e infine le sue intuizioni (chiamata interiore). È tutta la Chiesa che, attraverso il ministero del Vescovo, sceglie tra i propri membri chi ritiene idoneo al ministero, li chiama e, dopo il loro "eccomi", li consacra ministri. Riportare armonia tra le necessità della Chiesa, le caratteristiche della persona (criteri di discernimento) e la sua disponibilità sembra oggi quanto mai necessario. La pastorale delle vocazioni al ministero consisterà allora nel proporre la vita cristiana per poter individuare e chiamare coloro che Dio ha scelto. Così avremo persone capaci di considerare il proprio servizio chiaramente destinato, innanzitutto, all'edificazione della Chiesa di Cristo, la Chiesa degli Apostoli, e non alla realizzazione di un sogno o di un progetto personale.
Con Meravigliosa complessità, a un anno dalla presentazione di Amoris Laetitia, vengono esposte la recezione del testo, le resistenze al testo e le questioni aperte dal testo. Ne risulta un affresco di prospettive e di problemi appassionanti, che riguardano non solo la pastorale familiare ma anche il destino della Chiesa cattolica nel mondo postmoderno.
Il testo si presenta come un possibile percorso, attraverso un dialogo con Paul Beauchamp, che conduce verso una maggiore comprensione di ciò che è stata definita esegesi esistenziale: restituire al lettore la responsabilità e la dignità di interprete, tanto del testo biblico quanto della sua vita. "...Questo lavoro si distingue sia per una accentuata conformità al tenore dell'opera dell'autore amato e studiato, sia per una sorta di pratica diffusa di rendicontazione di una attività in corso, per la quale la denominazione provvisoria di esegesi esistenziale risulta quantomai appropriata non solo per Beauchamp ma per l'autrice stessa. Il lettore italiano che verrà così a contatto con il famoso biblista d'Oltralpe o il giovane studioso che desideri approfondire la conoscenza di un nome o di un commento che ha potuto appena sfiorare e per cui ha provato curiosità, potrà entrare in quell'opera e in quel mondo con immediatezza e con i riferimenti essenziali" (dalla Prefazione di Gian Domenico Cova).
Due dei più noti studiosi italiani di liturgia si interrogano, a partire da prospettive differenti, su chi sia l'uomo della liturgia, su quale affinità esistenziale esista tra l'uomo di oggi e il «fatto» della liturgia cristiana. Queste pagine, nate da conversazioni tenute a giovani universitari, offrono ad ogni lettore interessato e in ricerca un'introduzione chiara e autorevole alla liturgia e alla ricchezza antropologica di cui essa è maestra.
Uno sguardo dentro la stanza di terapia, per cogliere nel loro svolgersi le azioni del prendersi cura. Accogliere, sospendere il giudizio, ascoltare empiricamente, offrire sostegno alla persona nella esplorazione di nuove possibilità, co-creare: questo e molto altro è il nucleo del prendersi cura, fatto non solo di pensieri e parole, ma anche di sguardo, voce, emozioni, immaginario, corporeità.
L'intellettuale ebreo francese André Neher (1914-1988), a partire dall'esperienza "indiretta" della Shoà, ha condotto una prolungata riflessione sul silenzio di Dio ad Auschwitz. Attraverso una originale ermeneutica evidenzia i momenti in cui nella Bibbia Dio è silente, rivelando una sua tipica modalità nel manifestarsi. Si rifà, in questo percorso, all'opera teologico-mistica del seicentesco Gran Rabbino Loew di Praga, rivalutandone la figura. Riesce così, in maniera persuasiva, a creare le condizioni per la nascita di una "fede ex-nihilo" dalle macerie del non-senso di Auschwitz; una fede basata sulla speranza e derivata paradossalmente da quel silenzio di Dio che risulta essere ineliminabile.
Vulnerabilità è una nozione generale, utilizzata in molte circostanze, spesso senza curarsi troppo del significato che assume. Oltre ad offrire un focus sulle diverse interpretazioni della vulnerabilità, questo volume la esplora come "condizione" che ha ispirato e fatto riflettere non solo il mondo della filosofia e delle scienze umane ma anche quello della letteratura, della poesia e della scienza medica, in tempi e luoghi diversi. Di qui la ricchezza esperienziale e di significati che da essa scaturisce e che chiede di essere presa sul serio.
«Conosci te stesso»: l'antico precetto, inciso sull'architrave del tempio di Delfi, esprime un desiderio comune all'uomo di ogni epoca. Eppure, il desiderio umano di conoscersi cozza con la difficoltà che ciascuno incontra nell'esplorare il proprio sé. Su questo tema un teologo e uno psichiatra si mettono in dialogo: a partire da approcci diversi ma ultimamente convergenti, i loro contributi dimostrano che ogni uomo, se vuole conoscersi, deve incrementare la consapevolezza della necessità di incontrare l'altro: si tratti dell'altro "minuscolo", cioè il fratello in umanità, o dell'Altro "maiuscolo", cioè il Dio di Gesù Cristo.