Gli esseri umani hanno sviluppato società e tecnologie molto complesse, ma la maggior parte di noi non sa nemmeno come funziona una penna o una bicicletta. Come è possibile che si sia ottenuto così tanto, nonostante si comprenda così poco?
Gli scienziati cognitivi Steven Sloman e Philip Fernbach sostengono che noi sopravviviamo e prosperiamo malgrado le carenze della nostra mente perché viviamo in una ricca comunità della conoscenza. La chiave della nostra intelligenza sta nelle persone e nelle cose intorno a noi. Attingiamo continuamente a informazioni e competenze situate al di fuori delle nostre teste: nei nostri corpi, nel nostro ambiente, nei nostri beni e nelle comunità con cui interagiamo – e di solito non ce ne accorgiamo neppure.
Nuova edizione aggiornata
Facendo riferimento al più recente dibattito bioetico, il volume ricostruisce i percorsi attraverso i quali si sono definiti i criteri etici, deontologici e giuridici che orientano le scelte quando sono in gioco questioni dal decisivo impatto sulla vita di tutti. Tra queste, le decisioni sulle cure e l’accesso a tecniche che incidono sulla procreazione (interruzione della gravidanza, procreazione medicalmente assistita).
L’analisi consegna al lettore l’immagine di significativi passi compiuti nella direzione di un diritto volto a garantire che i soggetti non cessino mai di essere considerati persone. Ma mostra anche che molti sono ancora i passi da compiere per individuare linee d’azione compatibili con la nostra Costituzione.
È possibile coniugare i modelli teorici e clinici della psicoterapia familiare con quelli della psicodinamica? Gli autori, forti di una doppia formazione sistemica e psicoanalitica, costruiscono un modello clinico e interpretativo complesso, in grado di integrare il paradigma sistemico con alcuni fondamentali costrutti della psicoterapia psicoanalitica, indicando una serie di procedure operative concrete. Vengono affrontati i temi della presa in carico individuale e della costruzione dell’alleanza terapeutica, suggerendo l’uso di una lente bifocale che consente di alternare nel ruolo di protagonista ora l’individuo, ora la sua storia familiare. L’attenzione si centra sulla ricerca di rimandi tra le caratteristiche individuali del paziente, la storia dei legami nella famiglia d’origine, le strategie che improntano i suoi stili relazionali attuali e la riedizione di tali modelli all’interno della relazione terapeutica.
Il volume propone al lettore una mappa concettuale e applicativa per la valutazione del narcisismo patologico, in particolare degli aspetti vulnerabili e grandiosi, e mette in evidenza la sua centralità per la clinica anche nel contesto forense, ad esempio per quanto riguarda le sue implicazioni nel rischio suicidario e nell’uso di sostanze. Idealmente il lettore verrà coinvolto in un dialogo con alcuni dei principali esperti internazionali del narcisismo patologico: Elsa Ronningstam, Diana Diamond, Emily A. Dowgwillo, Jessica Yakele.
Per rendere più agevole al lettore, clinico o ricercatore, la traduzione operazionale dei costrutti di grandiosità e vulnerabilità narcisistica nell’ottica dell’approccio psicodinamico, il volume contiene la versione italiana del Pathological Narcissism Inventory di Pincus e collaboratori, corredata del manuale e dei dati normativi italiani.
Alla base delle riflessioni di Mark Solms è la necessità di guardare al mondo nella duplice prospettiva della psicoanalisi e delle neuroscienze, allo scopo di superare il divario fra mente e cervello e generare nuove ipotesi scientifiche sulla linea di confine tra le due discipline.
Fondamentale è l’impegno di Solms per il riconoscimento della neuropsicoanalisi come spazio clinico, teso sia ad aprire nuovi campi di trattamento psicoanalitico, come la psicoterapia psicoanalitica di pazienti con lesioni cerebrali, sia ad approfondire i complessi rapporti insiti nei trattamenti psicoterapeutici e psicofarmacologici.
“Chi aumenta la propria conoscenza aumenta la propria ignoranza”, scriveva Friedrich Schlegel. “Io vivo sempre più avvertendo la presenza dell’ignoto dentro il noto, dell’enigma dentro il banale, del mistero dentro ogni cosa e, soprattutto, dell’avanzare di una nuova ignoranza dentro ogni conquista della conoscenza”, ci dice Edgar Morin.
Così in questo libro si spinge a esplorare i territori del sapere, in cui ci si imbatte
in una terna inseparabile: conoscenza, ignoranza, mistero. Tutti i progressi delle scienze suscitano nuovi interrogativi e sfociano nell’ignoto: quello dell’origine, della fine, della natura della realtà. Più si vede quel che c’è di razionale più bisogna vedere anche quel che sfugge alla ragione ma il mistero non svaluta affatto la conoscenza che vi approda, al contrario, stimola e fortifica il senso poetico dell’esistenza.
Sue Gerhardt illustra come le prime relazioni del bambino concorrano a formare il suo cervello “sociale” e come lo sviluppo cerebrale possa condizionare l’equilibrio emotivo futuro. Esistono infatti “percorsi neuronali” che possono condurre a condizioni patologiche come l’anoressia, l’abuso di sostanze, i disturbi di personalità o i comportamenti antisociali.
Rendendo semplice la complessità, l’autrice offre una brillante interpretazione delle più recenti scoperte nel campo delle neuroscienze, della psicologia, della psicoanalisi e della biochimica: le relazioni che stabiliamo con gli altri formano il nostro carattere e l’amore è fondamentale per sviluppare la capacità di diventare pienamente “umani”.
Jean-Pierre Vernant e altri studiosi come Marcel Detienne e Pierre Vidal-Naquet, oltre a delineare una panoramica delle istituzioni militari e a elaborare il ritratto psicologico del combattente, definiscono qui il ruolo, lo statuto sociale e il significato stesso della guerra nella civiltà greca.
Il mondo miceneo, il sistema classico e l’epoca ellenistica costituiscono i tre momenti in cui si articola il nuovo volto della guerra. Nel mondo miceneo, essa sembra costituire una funzione specializzata. Con la polis classica, la guerra diventa “politica” e l’attività guerriera si confonde con la vita in comune del gruppo. In epoca ellenistica, la guerra si separa dalla politica, per assumere la forma di un’attività professionale al servizio dei sovrani.
Eugenio Borgna concepisce la speranza come un’inclinazione umana solo apparentemente fragile, in realtà continuamente capace di farci accedere alla pienezza dell’esistenza. Che si tratti delle difficoltà della vita quotidiana o degli abissi della psicopatologia, è dalla conoscenza di sé che nasce la spinta ad aprirsi al futuro e uscire dalla solitudine.
Borgna descrive le molte declinazioni della speranza a partire dalle intuizioni di grandi poeti e scrittori come Leopardi e Kafka, oltre che dalla sua lunga esperienza clinica e di pratica della psichiatria fenomenologica. La speranza è da sempre al centro della cura: senza di essa non si riuscirebbe a trovare le parole da rivolgere ai pazienti, a ciascuno quelle che gli siano più consone. È come una stella cometa che illumina le notti dell’anima.
L’empatia è caratterizzata dal movimento verso l’altro, verso i nuovi pensieri e desideri generati dall’incontro tra due esseri umani. L’empatia non produce somiglianze o sintonie, ma movimenti imprevisti e diversificati.
Il libro focalizza pertanto le empatie quali si attuano in differenti contesti caratterizzati da fattori storici e culturali, disparità e asimmetrie. La diversa qualità delle relazioni porta in primo piano modalità dell’esperienza empatica rimaste ai margini della riflessione sia nel passato sia nel presente, come l’empatia senza simpatia e l’empatia negativa.