L'utilizzazione della logica, nell'ambito della Letteratura cristiana antica, trova una diffusa e fondamentale presenza non solo nella produzione di opere filosofiche ma anche di quelle a sfondo apologetico, esegetico, morale o di quelle a carattere prevalentemente antropologico o teologico-filosofico. Il presente volume, nei quattro rapidi capitoli che lo compongono, enuclea gli elementi di fondo che caratterizzano l'applicazione della logica in due autori del tardo-antico: Gaio Mario Vittorino e Agostino d'Ippona. Delle loro opere, qui trattate, ne viene fuori un quadro significativamente modificato, rispetto a quello tradizionalmente delineato dal vaglio critico della ricerca specializzata.
I vizi capitali a prima vista fanno pensare a problemi riguardanti soltanto la teologia morale, ma a ben vedere si interessano di essi anche altre scienze, quali la filosofia, la psicologia, la medicina, ecc. Ciò dimostra la grande attualità della riflessione su di essi. L'autore li analizza qui da più punti di vista sia per aiutare a individuarli, sia per aiutare a contrastarli alla luce della rivelazione cristiana.
Un afflato poetico intenso permea i quattro Vangeli, perché ogni pagina e ogni riga canta l'amore appassionato del Padre dei cieli e di Gesù per tutti gli uomini; per tutti: vicini e lontani, buoni e cattivi, credenti e non credenti. E tutti siamo chiamati ad accogliere questo amore, abbandonandoci a Colui che ci ama e ha dato la sua vita per noi. Nel testo vengono proposte, in versione poetica, alcune riflessioni su avvenimenti salienti dei Vangeli.
Tutti cercano la felicità. I problemi nascono quando si tratta di determinare la natura della felicità. Molti si sono applicati a studiarne la natura, a definirla e a descriverla, tra costoro possono essere ricordati in particolare: Aristotele, Seneca, Agostino d'Ippona, Bonaventura da Bagnoregio, Alberto Magno, Boezio di Dacia, Tommaso d'Aquino. Proprio su quest'ultimo verte il contenuto di queste pagine. L'autore analizza alcune opere del filosofo e teologo medievale Tommaso d'Aquino e propone una sintesi della riflessione che l'Angelico ci ha tramandato del concetto di «beatitudine», quale ha indagato ed esposto nelle sue opere e perseguito nella sua vita di religioso domenicano.
Il testo si sofferma su alcuni punti essenziali circa il matrimonio, in modo da mettere in luce ciò che risulta essere di particolare aiuto affinché i battezzati, chiamati al sacramento del matrimonio, possano essere luce e sale della terra nella nostra epoca, che tende sempre più al relativismo, prescindendo da principi oggettivi di moralità e di biologia.
L'autore affronta un argomento spinoso e difficile: il dialogo. E lo fa dal particolare angolo di vista della letteratura. Egli, spaziando tra epoche, culture e religioni individua, proprio nella letteratura, la capacità di unire le differenze e di ciò offre numerosi esempi.
Queste riflessioni sulla castità, scritte al maschile, sono rivolte sia a presbiteri e religiosi, sia a seminaristi e a novizi.
Esse offrono un contributo circa un argomento vasto, contrassegnato dalla singolarità delle situazioni, delle personalità, delle culture, con l’intento di offrire, in modo presentabile, la ricchezza di senso di questa forma di impegno e di tentare di dare un nome alle difficoltà che incontrano quanti si sono incamminati sulla via della castità.
Vivere la castità, nella forma specifica che essa prende nella vita religiosa o nel ministero ordinato, significa accogliere la vita che Dio ci dona, la vita in abbondanza..
Qui vi sono contenute le opinioni e i quesiti dei ragazzi mugellani su Gesù di Nazareth e sulla Chiesa. Da esse si evince sia la ammirazione per la persona di Gesù, sia la richiesta alla comunità ecclesiale di stare accanto ai giovani, sia la loro voglia di essere protagonisti nella Chiesa e nella Società. È possibile accogliere in chiave propositiva le domande e le attese dei ragazzi di oggi? A ciò tenta di rispondere l'autore con l'individuare una prassi ecclesiale che possa essere adeguata per far vivere i giovani in Cristo e nella Chiesa.
La croce è un segno di salvezza? È segno di vita? O, semplicemente, è segno-ricordo vivo della passione-morte di Cristo?
A queste domande risponde l’Autore percorrendo tre vie possibili:
— la via della verità (attraverso le Sacre Scritture e i Padri),
— la via della bellezza (attraverso l’arte),
— la via della liturgia (attraverso gli usi della comunità credente).
Il tutto per comprendere l’eloquenza della presenza silente della croce nella celebrazione liturgica della Chiesa.
Alcune immagini a colori corredano il testo.
Nel libro viene affrontato il problema del male dal punto di vista metafisico, oppure spirituale. Esso si inserisce in un contesto sociale in cui si assiste ad una rinascita del satanismo attraverso maghi, streghe, cartomanti, veggenti, sensitivi, guru di vario genere..., e alla sua messa in evidenza da cinema, stampa, cronaca...