«Stavo camminando sulla sabbia invernale, solida, pesante. Spingevo la carrozzina con te dentro, mi piaceva voltarmi indietro e vedere le tracce che lasciavamo, due rotaie parallele, un binario curvo, con in mezzo i segni dei miei passi. Il mio percorso dentro il tuo percorso, il mio sentiero dentro la tua via».
Leonardo è diventato padre da pochi giorni. La nascita di Mario ha ribaltato il suo modo di vedere e sentire le cose, come se una locomotiva avesse sfondato le pareti di casa: il suo bambino è adesso «il punto più folto dell'universo».
Lo osserva attentamente, per quell'intruso che è: un piccolo alieno piovuto sulla terra, un concentrato di potenzialità e vita irriflessa. È affascinato dai suoi occhi spalancati sul mondo, dal suo essere corporeo, insieme inattingibile e totalmente permeabile: «Per ora sei attraversato da tua madre. Prima la respiravi, immerso dentro di lei. Adesso la mangi. Un'ondata di mamma ti attraversa».
Lui pensa a quando Mario sarà abitato dalle parole, a quando i pensieri lo porteranno lontano. Vorrebbe accompagnarlo, o aspettarlo laggiù, nutrendolo a sua volta del «latte nero» della scrittura: «Queste parole, da nere che sono, diventeranno trasparenti, trapassate, trapensate, solo se ci sarai tu che le leggi».
Decide di scrivere su un quaderno quello che prova per lui e quello che ha imparato dalla vita: gli racconta le sue storie d'amore e le sue disillusioni, i rapporti con la famiglia, le esperienze più scontate e quelle di cui non si parla volentieri. «Io sono stato un bambino felice. Poi, a quattordici anni ho scoperto che era tutta una finzione. Ora tocca a te».
È il senso autentico delle cose che vuole consegnargli, senza infingimenti né censure. Il figlio dovrà leggerlo quando sarà un adolescente, e il suo sguardo potrà illuminare ogni frase facendo sbocciare nuovi significati.
Ma questo castello di parole è destinato a crollare ben presto, davanti alla più inaspettata e indicibile verità.
Il fumatore è assediato da eserciti di salutisti, menagramo e ricattatori. Tra cui i bambini che ripetono a raffica: «Vuoi piú bene alla sigaretta che a me».
Oggi un altro mostro è comparso. Allen Carr e il suo libro da novanta milioni di copie hanno creato dal nulla orde di ex fumatori molesti. Che ti guardano con un sorrisetto schifato.
L'autore ha letto il libro. E per sei mesi non ha toccato una sigaretta. Era abbastanza felice, ma al tramonto si trasformava in Dracula. Cosí, alla fine, ha deciso di smetterla. E di ricominciare. Questo è il suo diario. La storia delle sue sofferenze e scoperte.
Che riguardano la vita e i limiti di ognuno.
È un sorriso liberatorio contro la paura che tutto, là fuori, sia un veleno, ma le sigarette di piú.
Farà ridere, soffrire e pensare. Vi farà incontrare anche il primo tabagista europeo, tre Marlboro-men, e l'annoiato artigliere egiziano da cui tutto iniziò. Vi mostrerà che nell'universo non siamo soli.
E offrirà qualche buon consiglio per non scomparire di nuovo dietro a una nube di fumo.
Questa esilarante esplorazione delle stranezze del regno animale ci permette di scoprire - con il beneplacito della scienza - che reale e fantastico convivono felicemente in ogni angolo del mondo e in ogni sua creatura. L'onisco delle cantine che beve dal sedere, gli scorpioni fosforescenti al buio, le bisce che fingono crisi di vomito e svenimenti per allontanare gli estranei: il regno animale non ha alcun bisogno della nostra immaginazione per rivelarsi straordinario. Con l'aiuto dei disegni e le vignette dell'illustratore americano Ted Dewan, e con lo stile frizzante e il rigore scientifico che già caratterizzava Il libro dell'ignoranza, John Lloyd e John Mitchinson fondono l'autorevolezza di un manuale di zoologia con il ritmo di un testo letterario, smentendo categoricamente lo stereotipo secondo cui imparare è noioso.
Lessico famigliare è il libro di Natalia Ginzburg che ha avuto maggiori e piú duraturi riflessi nella critica e nei lettori. La chiave di questo straordinario romanzo è delineata già nel titolo. Famigliare, perché racconta la la storia di una famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino tra gli anni Trenta e i Cinquanta del Novecento. E Lessico perché le strade della memoria passano attraverso il ricordo di frasi, modi di dire, espressioni gergali.
Scrive la Ginzburg: «Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti, o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire "Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna" o "De cosa spussa l'acido cloridrico", per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole».
In appendice la Cronistoria di «Lessico famigliare» a cura di Domenico Scarpa e uno scritto di Cesare Garboli.
La Cina II. L'età imperiale dai tre Regni ai Qing si propone lo studio di un'epoca di grande splendore nella storia della civiltà cinese, dal tramonto della dinastia Han nel III secolo fino alla metà del XIX secolo e l'avvento della modernità. Un progetto unitario e ambizioso, che per ricchezza dei contenuti e prestigio degli studiosi coinvolti, è unico a livello internazionale.
Anche per La Cina II, Maurizio Scarpari - docente di Lingua cinese presso l'Università Ca' Foscari di Venezia e curatore di tutti e quattro i volumi che comporranno la Grande Opera - raccoglie il prezioso contributo di diciotto sinologi di fama mondiale (tra cui undici italiani e sette stranieri), per una panoramica esaustiva sul periodo della storia cinese che più colpisce l'immaginazione occidentale: la Cina della Grande Muraglia, dell'esercito di terracotta, della Via della Seta, di Marco Polo e della dinastia Ming.
Il volume si apre con l'analisi delle forme organizzative dello Stato sotto le diverse dinastie imperiali, per poi occuparsi, nelle sezioni successive, della struttura della società, delle correnti artistiche e letterarie, dei progressi in campo scientifico-tecnologico e dell'avvento delle grandi religioni della tradizione cinese, buddismo, daoismo e confucianesimo. Una panoramica esaustiva e affascinante, che non tralascia le relazioni tra la Cina e l'estero, dalle influenze indiane in campo religioso al conflitto con gli imperi nomadi, fino ai primi incontri con l'Europa del Medioevo.
Infine, l'attesa si compie: ecco la terza parte, quella conclusiva, del grande romanzo di Javier Marías. La vicenda è quella ormai nota: Jaime Deza - che amici, colleghi e familiari chiamano Jacobo, Jack, Jacques, ma anche Yago - è al servizio di un misterioso centro di spionaggio inglese che sfrutta il suo straordinario talento di interpretare le potenzialità di un carattere, di saper leggere il volto delle persone e di prevederne così i comportamenti. Dal rapporto con Tupra, il suo superiore, Jaime Deza apprende - dal vivo e con pratiche dove ogni scrupolo viene messo da parte - cosa sia la violenza, come dietro l'apparenza della realtà vi siano oscuri e inestricabili intrecci e finisce per conoscere il vero volto di chi lo circonda, e anche il suo. Allo stesso tempo deve congedarsi per sempre da due figure fondamentali: il padre e Sir Peter Wheeler; grazie all'esperienza diretta della Guerra Civile spagnola, il primo ha saputo trasmettergli la coscienza di quanto il tradimento e la delazione siano presenti nell'essere umano, mentre il secondo lo ha introdotto nel misterioso mondo dei «traduttori di anime», dove gli scopi finali delle azioni non sono mai trasparenti e spesso la legalità è messa tra parentesi. Nella sua condizione di spagnolo trans-terrado nell'«isola grande», Jaime è infine obbligato a confrontarsi con la solitudine provocata dalla lontananza dei figli ancora piccoli e della moglie Luisa: una solitudine che la presenza della giovane Pérez Nuix non riesce certo a colmare.
Incentrato sul tema del tempo e della memoria, e pervaso da una irridente levità ironica, questo terzo e ultimo volume del suo progetto narrativo più ambizioso conferma il talento di Javier Marías, da molti ormai considerato fra i più autorevoli scrittori europei.S
«E c'erano stati momenti in cui si era sentito impazzire, perché avevano un bel dire e suggerire, i professori, gli esperti, gli estranei, ma a suo figlio era stato negato il diritto di vivere, e allo stesso tempo avrebbe vissuto una vita sulla soglia dell'oscurità permanente».
Diego, impiegato ministeriale, è padre di un bambino disabile. Nell'istituto dove suo figlio è seguito, incontra Walid, elegante mediorientale che porta lí il suo Yusuf. Tra i due padri nasce un'amicizia, un giuramento di lealtà reciproca. Walid non parla mai della sua vita, ma rivela a Diego una Roma sconosciuta e segreta, risvegliando in lui desideri sopiti di felicità. Finché non scompare. Al suo posto appare un agente dei servizi segreti, che è proprio sulle tracce di Walid. E Diego è una delle tracce. La progressiva scoperta della verità sulla vita di Walid sconvolgerà la vita di Diego, costringendolo infine a una difficilissima scelta, tra la fedeltà alle leggi dello Stato e la fedeltà a qualcosa che non ha forse nome, ma che ha il suo fondamento proprio nell'essere un padre. Il racconto di una profonda relazione umana, radicata nella condivisione del dolore, che diventa, per due individui appartenenti a mondi lontanissimi, l'occasione per ribaltare il concetto di diversità e infrangere fittizie barriere culturali.
Ciò che rende davvero intrigante il dialogo non è la varietà dei temi trattati, quanto la sua unità complessiva: le diverse questioni, come tanti percorsi differenti, conducono ad un unico problema, quello della filosofia e della sua importanza. Perché è la filosofia che sola può rendere conto dei problemi che assillano la vita degli uomini, offrendo loro la possibilità di una vita giusta, buona e felice. Ed è in questa celebrazione della potenza della filosofia che consiste il vero cuore del Menone, e la lezione piú profonda di Platone - una lezione che vale non per i personaggi del dialogo, ma per l'unico destinatario che a Platone interessava: i suoi lettori.
Quando dico che la Divina Commedia è la vetta delle letterature, lo dico proprio perché è un piacere leggerla, e chissà cosa abbiamo fatto di straordinario per meritarci un dono cosí bello. È come se Dio ci avesse detto: «Guarda, siete stati talmente bravi e buoni che vi voglio premiare; vi dò uno che vi scrive la Divina Commedia!»
Roberto Benigni
Oltre a essere un attore Benigni è un raffinato intellettuale; anche se si presenta sul palco saltellando come un clown, è uomo di ottime letture e letterato di bocca fina, capace talvolta di sorprendere pure chi lo conosce bene, che butta lí tra parentesi il nome di un minore, ed emerge che Benigni lo ha letto, magari in originale.
Per cui queste lecturae Dantis paiono un poco, da parte sua, anche la manifestazione di una vocazione didattica, gaiamente professorale, che da tempo egli maturava... Il miracolo, che forse non sperava neppure lui, è che lo hanno seguito le folle... Cose che accadono solo ai profeti. Meglio che si fermi, altrimenti un giorno o l'altro gli salterà in mente di moltiplicare anche i pani e i pesci. E a lui, si sa, non piace chi si traveste da «unto del Signore».
Umberto Eco
«Anima camaleontica, mutabile, fluida, virtuale», Andrea Sperelli è il protagonista-esteta del Piacere, un aristocratico romano di antica nobiltà, che vive una vita splendida, tutta immersa nella mondanità, ricca di donne e avventure. Combattuto tra la passione per Elena Muti e l'amore per Maria Ferres, Sperelli crede che «bisogna fare la propria vita come si fa un'opera d'arte». Malgrado le buone intenzioni, sarà sopraffatto dalle attrattive d'una Roma corrotta e lussuriosa, ritrovandosi invischiato in una perversa sovrapposizione psicologica delle due donne amate. Abbandonato da entrambe, resterà preda della sua abulica esistenza di nobiluomo, inetto a vivere.