La pubblicazione, nel 1963, del libro di Hannah Arendt "La banalità del male" suscitò un dibattito incandescente, che turbò profondamente Arendt, anzitutto perché quel libro incrinò i suoi rapporti con gli amici e i sodali ebrei di un tempo, tra i quali Gershom Scholem. Ma quel dibattito dai toni accesissimi, che dagli ambienti accademici tracimò sui giornali e sui media del tempo, era destinato a lasciare un segno indelebile sul pensiero e sulla vita stessa di Arendt. Esso inaugurò un lungo e travagliato percorso speculativo che l'avrebbe condotta al capolavoro incompiuto "La vita della mente". La "questione ebraica", così come viene messa a fuoco attraverso il dibattito provocato da "La banalità del male", segna così una svolta radicale nel cammino di pensiero di Arendt e lascia affiorare una concezione assolutamente peculiare dell'ebraismo, distante anni luce dalle versioni allora dominanti, compresa quella difesa dallo Stato di Israele, una concezione che negli scritti arendtiani, fino ad allora, era rimasta sottotraccia.
Opuscola/251
Nell'epoca in cui la figura dello straniero torna a essere pericolosamente identificata con quella del nemico, compito della filosofia è quello di ricostruire la storia, la potenza e l'attualità di categorie di cui abbiamo urgente bisogno. Patendo dalla Grecia antica e dalla tradizione giudaico cristiana, fino al arrivare alla modernità del Lumi e al pensiero contemporaneo, l'Autrice offre una articolata ricostruzione filosofica, ma anche storica, linguistica e giuridico-politica, dei concetti di straniero e ospitalità nella loro intima connessione.
"Nell'attraversare quella stanza, nell'aprire quella finestra, nel rigovernare quel letto e quella cucina, il soggetto viene investito da ricordi, sensazioni, sentimenti, e così, senza averlo propriamente deciso, si trova a rivivere e ripensare, a immaginare e a fantasticare, come se egli fosse accolto da un flusso di emozioni e parole che gli rivela come quella stanza e quella finestra, nel letto e quella cucina non sono mai stati dei semplici oggetti a sua disposizione o dei meri spazi da occupare, essendo piuttosto il proprio luogo, la "propria casa" senza proprietà".
Con "Lessico amoroso" Massimo Recalcati ha dato vita a un'operazione culturale che riprende e aggiorna i "Comizi d'amore" di Pasolini: partendo dalla constatazione del fatto che "non sappiamo più parlare d'amore", Recalcati ha usato la televisione per provare a ridare una lingua poetica all'amore. Il volume, che contiene un dialogo inedito tra Recalcati e i due curatori, raccoglie una serie di saggi di psicoanalisti, filosofi, giornalisti che provano a indagare, in tutti i suoi aspetti, l'esperimento del "Lessico amoroso" e i suoi effetti in un serrato dialogo con il pensiero di Recalcati.
«Voglio che questa gioia diventi un tuo possesso: non ti verrà mai meno, una volta che ne avrai scoperto l'origine. »
Io = sesso. Io s'esso, tu s'essi. noi sessistiamo. Tutta un'alchimia precede questo montaggio così complesso. Alchimia, magia, chimica, processi o manovre o anche incontri fortuiti, combinazioni e ricombinazioni, mutazioni - poco importa. I1 sesso mostra di per sé fino a che punto esso si preceda indefinitamente (perché dove comincia - e dove finisce - la partizione dentro/fuori?) e allo stesso modo fino a che punto esso si succeda. Esso si precede in un'indifferenziazione sessuale del sesso stesso e si succede in una
pluralizzazione sessuale che ormai tende anche verso una dissociazione crescente delle funzioni generatrici e degli agenti sessuali. Il giorno in cui è stato detto che uno sguardo di desiderio equivale già a commettere adulterio il sesso ha assunto apertamente l'ampiezza illimitata che conteneva.