
Come vivevano i nomadi del deserto 1800 anni fa? E chi era Abramo, l'uomo scelto da Dio per dare inizio alla storia della salvezza? Un biblista di fama internazionale e un illustratore d'eccezione si confrontano in un percorso storico alla scoperta dei personaggi della Bibbia. Ripercorrendo le tappe del viaggio di Abramo, conosceremo la fiorente civiltà di Ur, le meraviglie della terra di Canaan, il vizio e la corruzione di Sodoma e Gomorra. Un racconto appassionante alle origini della nostra civiltà e della nostra religione. Età di lettura: da 8 anni.
Che cosa vuol dire per un popolo vivere di caccia e di pastorizia? E che cos'hanno in comune Isacco, Giacobbe e Giuseppe? Un biblista di fama internazionale e un illustratore d'eccezione si confrontano in un percorso storico alla scoperta dei personaggi della Bibbia. In un serrato susseguirsi di fughe, visioni, inganni e inaspettate rivelazioni, conosceremo i principali patriarchi e il loro profondo esempio di fede cristiana. Un racconto appassionante alle origini della nostra civiltà e della nostra religione. Età di lettura: da 8 anni.
In questo secondo volume dell'opera "La porta della modernità" il pensiero teologico, la spiritualità, il lavoro pastorale e culturale nella diocesi di Milano sono incentrati su due uomini e due sedi: Carlo e Federico Borromeo con il loro rispettivo operato presso due palazzi della città, quello di Brera, per Carlo, e l'Ambrosiana, per Federico. In loro, e nelle istituzioni da loro fondate, una seria opposizione ai temi della Riforma protestante si sviluppa a partire dalla ben radicata consapevolezza dei grandi meriti di Milano, seconda solo a Roma. I gesuiti, presenti a Brera fino alla soppressione dell'Ordine, garantirono la continuità con un passato dottrinale che lentamente aprirono alle svolte moderne della coscienza filosofica e agli sviluppi del sapere scientifico. In Ambrosiana, l'ampio indirizzo culturale inaugurato da Federico, oltre a dimostrarsi sensibile alla riscoperta delle proprie radici, si spalancò alle civiltà antiche e ai mondi che si affacciavano in Occidente grazie alle relazioni dei missionari e dei viaggiatori. Il cattolicesimo non si avvitò così su se stesso ma, attraverso un processo incerto e faticoso, entrò in rapporto fecondo con chi intendeva plasmare il mondo dell'uomo senza negare la signoria di Dio. Qui s'intuisce già lo sforzo tipico dell'illuminismo cattolico lombardo.
"Spezzare il tetto della casa" è un gesto che sta a significare l'apertura dell'uomo al divino. Nella costruzione della casa l'umanità crea il luogo della sua memoria e della conservazione di miti e riti. Nelle società più diverse, fino a tempi recenti, in momenti significativi della vita umana si è usato infrangere la copertura della propria dimora quasi a voler offrire, libera dal peso della materia, l'anima al suo destino. Tale gesto simbolico ci introduce a questo volume in cui la simbiosi tra Eliade narratore ed Eliade storico delle religioni si afferma con particolare nettezza in un insieme di riflessioni sulla creazione, nelle differenti accezioni del termine: i suoi simboli diversi e perenni, legati al sottile gioco che unisce la vita e la morte, vi sono descritti e decifrati in sintesi limpide e ricche di esemplificazioni. Questo libro è frutto di una lunga riflessione sull'ermeneutica del mistero della creatività, dove creazione divina (il mondo e l'uomo) e creazione umana (l'arte e Dio) si illuminano reciprocamente in un tutto composto da parti apparentemente diverse tra loro ma tutte ancorate risolutamente nella nostra epoca.
Quest'opera è un grande strumento per chi accosta la liturgia delle domeniche e delle altre feste del ciclo triennale in cui la liturgia è organizzata. Questo denso volume su I giorni del Signore raccoglie e rappresenta il frutto della riflessione più intensa e più appassionata dell'Autore: un frutto maturato dalla sua inclinazione a cogliere e a gustare la grazia che ogni giorno liturgico contiene ed elargisce. Una simile inclinazione sorse e apparve in lui assai precocemente. Ma forse non c'è da sorprendersi. Come più volte ebbe a riconoscere, la sua vita si ritrovò, si direbbe dal suo esordio, immersa nei santi segni. Risalendo l'erta degli anni, Biffi non riesce a fissare esattamente quando abbia preso avvio la sua considerazione e riflessione sul tempo sacro. Egli ha come la sensazione d'esserci sempre ritrovato dentro; d'aver da subito sentito il fascino e l'attrattiva della grazia di cui sono colmi i giorni liturgici; d'essere stato assai presto colpito dalla dimensione misterica delle feste cristiane. Senza dubbio, una loro elaborazione teologica rigorosa sarebbe venuta in seguito, col crescere della formazione; e tuttavia germinalmente essa era incominciata assai prima, verrebbe da dire dall'infanzia, con i tratti cristiani sopra accennati.
"I Santi sono i più umani tra gli uomini. Essi non hanno bisogno del sublime, se mai è il sublime che avrebbe bisogno di loro. I Santi non sono mai alla stregua dei personaggi di Plutarco. Un eroe dà l'illusione di superare l'umanità, mentre il Santo non la supera, la assume. Si sforza di realizzarla nel miglior modo possibile, si sforza di avvicinarsi il più possibile al suo modello Gesù Cristo, cioè a Colui che è stato perfettamente uomo". (Georges Bernanos)
"Il lettore troverà qui raccolti i principali articoli che ho pubblicato sia in Francia che all'estero negli ultimi quindici anni. Questa raccolta fa così seguito a 'Il conflitto delle interpretazioni', che copriva il periodo degli anni Sessanta [...]. Dico anzitutto che l'ermeneutica - ovvero teoria generale dell'interpretazione - non ha mai finito di 'fare i conti' con la fenomenologia husserliana [...]. Passo poi a ricostruite gli ascendenti che l'ermeneutica contemporanea - cioè postheideggeriana - riconosce insieme alla sua ascendenza husserliana [...]. I testi della seconda serie illustrano meglio il tono irenico che mi concedo in quest'opera. A questo punto faccio dell'ermeneutica. Ho appena detto da dove vengo. Ora dico dove vado [...]. Ciò che mi ha maggiormente interessato nell'analisi semiotica o semantica dei testi, è il carattere paradigmatico della loro configurazione rispetto alla strutturazione del campo pratico nel quale gli uomini agiscono o subiscono. Certo, i testi - in particolare quelli letterari - sono insiemi di segni che hanno poco o tanto spezzato i loro ancoraggi con le cose che si ritiene designino. Ma, tra queste cose dette, ci sono uomini che agiscono e che soffrono; anzi, i discorsi sono a loro volta delle azioni; ecco perché il legame mimetico - nel senso più attivo del termine - tra l'atto di dire (e di leggere) e l'agire effettivo non è mai del tutto spezzato". (Dalla Prefazione di Paul Ricoeur)
Il terzo volume delle Opere di Sini (La scrittura e i saperi) è interamente dedicato al nodo che stringe le forme, i supporti e i contesti delle pratiche di scrittura ai saperi che in esse si costruiscono e istituiscono. In questo primo tomo (L'alfabeto e l'Occidente) è documentato il cammino genealogico attraverso il quale, tra gli anni Ottanta e i Novanta, l'autore è giunto a formulare una delle tesi più note e originali della sua filosofia: l'esercizio della scrittura alfabetica, con le sue specificità rispetto a ogni altra modalità grafica, è la condizione pratica che ha reso possibile la nascita dei saperi concettuali e "desomatizzati", su cui si fonda la nozione occidentale di verità. Il percorso verso tale nozione di verità, che è il centro dell'intera enciclopedia filosofico-scientifica, è ricostruito da Sini nei suoi passaggi cruciali, dal mondo dell oralità alle civiltà della scrittura, fino alla "invenzione" dell'alfabeto e alla nascita della "mente logica" come luogo in cui emergono i tratti di una episteme universale: anelito incompiuto, istanza illusoria o concreto esito planetario di quell'Occidente che, oggi quanto mai, chiede di essere nuovamente interrogato, nella sua determinatezza storica e nelle sue - troppo spesso obliate - operazioni fondative. Il ricco apparato delle Appendici raccoglie saggi e articoli che documentano la vastità di orizzonti entro i quali Sini ha condotto la sua indagine intorno alle diverse pratiche di scrittura.
Questo saggio rappresenta un'ampia analisi dell'attività intellettuale di un uomo della fine dell'antichità, degli ideali che cercava di realizzare in essa, degli elementi a sua disposizione, degli studi compiuti nella sua formazione, degli scopi, dei metodi e delle tecniche, messi in atto per compiere una trasformazione in senso cristiano dell'intelligenza. In Agostino si trovano condensate e articolate una molteplicità di esperienze intellettuali: dalla complicità con i quadri dell'eloquenza e dell'erudizione antica, si passa alla dimensione di una ricerca metafisica che, abbandonando l'ingenuo gnosticismo manicheo, si inoltra nella speculazione più pura della ragione e verità cristiana. Senza rinunciare mai allo studium sapientiae, Agostino sente acutissima l'esigenza di una scienza specificamente cristiana subordinata all'intelligenza delle Scritture e in funzione di un insegnamento delle verità rivelate: nasce così la definizione di tutte quelle regole che stanno alla base dello sviluppo medievale della teologia.
Mai forse Paul Ricoeur aveva affrontato un campo così vasto come in quest'opera. Egli stesso definisce la problematica del presente volume "il carattere temporale dell'esperienza umana". L'autore così precisa: "Esiste tra l'attività di raccontare una storia e il carattere temporale dell'esperienza umana una correlazione necessaria e universale. In altri termini il tempo diviene 'tempo umano' nella misura in cui è articolato in un racconto; e d'altro canto, il racconto raggiunge il suo pieno significato quando diviene una condizione dell'esperienza temporale. Il tempo è un aspetto dei movimenti dell'universo. Se non ci fosse nessuno per contare gli intervalli non ci sarebbe tempo. L'attività del racconto consiste nel costruire degli insiemi temporali: configurare il tempo". La storia è dunque protagonista della teoria della narratività esposta in questo primo volume. Tempo e racconto si apre con una doppia prospettiva: la prima ci porta verso la meditazione sul tempo di sant'Agostino, la seconda verso la teoria del racconto di Aristotele. Le due prospettive vengono tessute dall'autore in una trama di pensiero che dall'affermazione secondo cui il tempo umano è sempre un tempo raccontato si apre ai sentieri della comprensione del racconto nella sua doppia veste di storia e di fiction.