
Nei suoi cinquant'anni di vita, Rocco e i suoi fratelli non ha mai perso il suo status di opera-chiave di un'epoca in cui il cinema assolveva un ruolo capitale nella cultura del nostro paese. Raccogliendo l'eredità trasgressiva di La dolce vita, il film di Visconti ha urtato sensibilità molto accese in un momento di delicata transizione politica, suscitando un aspro dibattito che ha coinvolto la censura, la politica e la magistratura. Facendo ricorso a documenti in buona parte inediti reperiti in vari archivi, e prendendo le mosse da un'analisi filologica delle carte del regista, questo volume propone nuove ipotesi sulle complesse e tormentate fasi che portano alla stesura della sceneggiatura, sulle fonti (in particolare sul ruolo svolto da Giovanni Testori), sulle vicende censorie e sulla ricezione di quella che resta una delle opere più studiate di Visconti, riletta alla luce del suo contesto culturale.
"Questo libro raccoglie alcune riflessioni che ero solito inserire nel bollettino della parrocchia e che poi ogni domenica durante la Messa delle 8.30, la Messa dei bambini, commentavo usando esempi tratti dalla loro vita. Tuttavia, con il tempo, mi sono reso conto che anche gli adulti desideravano che parlassi loro nello stesso modo. Perché questa pedagogia, questo modo di presentare il cristianesimo? La fede ha bisogno di essere verificata nella vita, perché solo così acquisisce consistenza e crea una nuova civiltà. Che cosa fece san Benedetto, che cosa fecero i gesuiti quando giunsero in questi luoghi? Dimostrarono come l'incontro con Cristo cambi il cuore e definisca un nuovo criterio per vivere, trasformando la vita e rendendola più umana. Che cos'è la vita senza tutti quei dettagli che la realtà ci chiama a vivere ogni giorno? Il bagno, la cucina, la sala da pranzo o la camera da letto fanno parte della realtà, e se Cristo non cambia anche la maniera di usare il bagno o di mangiare, significa che è puro moralismo. Come ha affermato Benedetto XVI: 'Il contributo dei cristiani è decisivo solo se l'intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà." (Aldo Trento)
I saggi che David Schindler ha raccolto in questo libro rappresentano una sintesi della sua riflessione antropologica. L’autore si interroga sulla profonda crisi dell’Occidente contemporaneo, evidente in ogni ambito della vita sociale (economico, politico, religioso e culturale), e ne individua la causa principale nel prevalere di un interesse personale egoistico che strumentalizza il prossimo in nome della libertà del singolo, ignorando l’intima chiamata dell’uomo alla comunione e al dono. In tale contesto anche la tecnologia – che secondo il filosofo canadese George Grant è divenuta l’ontologia della nostra epoca – gioca un ruolo determinante poiché ha modificato la nostra concezione di ciò che è bene, favorendo un’idea dell’essere umano priva di profondità e di trascendenza.
Contro questa deriva delle società occidentali, che allontana dalla logica dell’amore propria dell’essere creato, Schindler ricorda l’insegnamento di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, i quali propongono il ritorno a un diverso modo di pensare basato sui principi della gratuità e della relazionalità.
Lo scontro qui illustrato è in essenza quello tra la cultura della vita e la cultura della morte, che, proponendoci di vivere come se Dio non esistesse, «finisce facilmente per negare o compromettere anche la dignità della persona umana e l’inviolabilità della sua vita» (Evangelium vitae, n. 96).
Nota sull'Autore: David L. Schindler, autore di libri e articoli nel campo della metafisica, dei rapporti fra teologia e cultura e della biotecnologia, insegna teologia fondamentale presso l’Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi sul Matrimonio e la Famiglia di Washington. È co-direttore della rivista «Communio: International Catholic Review» e nel 2002 è stato nominato consultore del Pontificio Consiglio per i Laici.
Pubblicato per la prima volta nel 1974, "Racconti di vent'anni" raccoglie le opere brevi di Arpino apparse in "La babbuina e altre storie" e in "27 racconti", più venticinque inediti. Snodandosi lungo un percorso che va dai racconti realistici a quelli che si potrebbero definire "dell'assurdo", dalle narrazioni "del sabato sera" - in cui alcune figure della letteratura mondiale, come Don Chisciotte, Faust e Sandokan, rivivono in chiave moderna fino a quelle dell'ultima sezione, dove si getta una luce sulle manifestazioni del paranormale, l'intera raccolta è una giostra di caratteri, volti, casi, in cui la forma breve del racconto contiene il respiro ampio del romanzo. Attraverso la descrizione delle dinamiche di coppia, dei rapporti tra genitori e figli, della trama di relazioni che compongono la società italiana del suo tempo, Arpino ci restituisce l'immagine di un'umanità stretta tra le ineludibili necessità del reale e la fuga nella dimensione della favola: una situazione nella quale anche il lettore contemporaneo può facilmente riconoscersi.
Per quanto pubblicata postuma nel 1937, "I paradossi del signor Pond" non è di certo un'opera minore. In otto racconti pieni di suspense, l'autore presenta la figura di un detective dilettante tra le più godibili della storia della letteratura poliziesca: un "ometto pacato", almeno in apparenza, che conosce benissimo il mondo e possiede la straordinaria capacità di elaborare deduzioni perspicaci e formulare, grazie al suo prezioso intuito, precise ipotesi investigative. Al signor Pond piace anche molto fare osservazioni casuali che sembrano contenere flagranti contraddizioni. Dietro ciascuno dei suoi paradossi si cela però un misterioso e avvincente racconto. Il lettore viene ad esempio messo a parte delle vicende di un importante maresciallo dell'esercito prussiano che vede fallire il suo progetto perché "due suoi soldati hanno eseguito i suoi ordini"; o di due uomini "a tal punto d'accordo che uno di essi uccise l'altro"; o ancora di una matita "relativamente rossa" che tracciava "segni neri"; oppure di un uomo "troppo alto per essere visto". La verità, sembra dire Chesterton, non è sempre quella che appare e il mondo, e la vita, vanno visti da prospettive diverse e, soprattutto, mai giudicati troppo in fretta.
A cinque miliardi di persone, in varie aree geografiche del pianeta, è negata la libertà di religione. Pastori e semplici fedeli, uomini e donne, vecchi e bambini sono emarginati, esiliati, perseguitati e uccisi a causa del loro credo. I loro luoghi di culto e di preghiera sono vietati o sistematicamente violati e distrutti.
Come attestano molte fonti autorevoli e «neutrali» sono spesso i cristiani le vittime di tanta intolleranza, ma anche altre minoranze religiose ne sono colpite.
Questo breve e circoscritto vademecum non solo si sforza di monitorare la difficile situazione delle comunità cattoliche, ma, in sintonia con il magistero della Chiesa, sottolinea l’insopprimibile desiderio che ha ogni essere umano di camminare alla ricerca della verità, senza discriminazioni.
E mette a nudo una presenza allarmante e perversa: l’ombra violenta del potere politico e degli interessi economico-finanziari che – attraverso strumenti istituzionali, giuridico-legislativi e l’imposizione di «religioni di Stato» – strumentalizzano e orientano l’anelito religioso di singoli individui e interi popoli e Paesi.
Per interrompere questa spirale di morte il dialogo è l’unico mezzo, come ha recentemente ripetuto papa Benedetto XVI in occasione della Giornata Mondiale della Pace 2011, imperniata appunto sulla «Libertà religiosa, via per la pace».
Nota sugli Autori: Produzione: Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) - Curatore: Francesco Meloni - Collaboratori: Giuseppe Di Ciaccia, Elvira Zito, Liliana Vallina
Da trent’anni missionario in Sudan, da tredici vescovo di Rumbek, nel sud dell’antica «Nigrizia» di Daniele Comboni, monsignor Cesare Mazzolari esprime lo spirito più autentico della missione in un paese che sta per diventare il 54° Stato dell’Africa.
Convinto assertore dell’educazione come via di evangelizzazione (le scuole della sua diocesi istruiscono oggi 50 mila giovani), il presule bresciano ha attraversato la lunga guerra civile sudanese (1983-2005, 2 milioni di morti) al fianco dei più poveri e dimenticati, offrendo aiuti, piani di sviluppo, istruzione di base e assistenza sanitaria. Intrepido annunciatore del Vangelo, ha sfidato i bombardamenti, la carestia, i sequestri per portare la consolazione di Cristo e far sentire la vicinanza della Chiesa.
A 74 anni, giunto quasi al termine del suo impegno episcopale, racconta in questo libro la vita di una missione che affascinò anche Enzo Biagi, giunto in Sud Sudan proprio per intervistarlo. E lancia un severo monito all’Europa e all’Occidente: solo il primato di Dio e il sentirsi una famiglia «globale» potranno garantire un futuro di pace in tutto il mondo.
Nota sull'Autore: Lorenzo Fazzini (1978), laureato in Lettere Moderne e diplomato in Scienze Religiose, giornalista professionista, scrive per «Avvenire» di attualità culturale e questioni internazionali, collabora con varie riviste («Mondo e Missione», «Messaggero di Sant’Antonio», «Jesus») e ha lavorato all’agenzia «AsiaNews» di Roma. È consulente editoriale e traduttore. Nel 2004 ha conseguito il premio nazionale giornalistico «Natale Ucsi» under 30 e nel 2006 è stato insignito del premio «Giovanni Fallani». Ha pubblicato Nuovi cristiani d’Europa. Dieci storie di conversione tra fede e ragione (Lindau), Nella terra di Dio. Vincent Nagle, missionario a Gerusalemme (Lindau), Nel Cortile dei gentili. Dove laici e cattolici si incontrano (Edizioni Messaggero di Padova). Risiede a Verona, è sposato con Anna e ha due figli, Marco e Maria. Il suo sito web è www.lorenzofazzini.it.
Il percorso che in questo libro ci porta in Pakistan parte in qualche modo dall'Italia e ci conduce proprio ad Abbottabad, la cittadina dove Osama bin Laden si è nascosto ed è stato ucciso. La voce narrante è italiana (per parte di padre) e ha trascorso diversi anni della sua giovinezza in quella località, dove spesso ritorna per ritrovare luoghi e persone che le sono entrati nel cuore. Il racconto di Anna Mahjar-Barducci ci fa conoscere però il Pakistan più vero. Con un'attenzione profonda e piena di rispetto, ma anche con leggerezza e gusto del dettaglio, l'autrice descrive la realtà difficile e contraddittoria di un paese in bilico fra tradizioni millenarie e modernità, grandi ricchezze e povertà estrema, restrizioni della libertà individuale e desiderio di evasione. I luoghi d'incontro dei giovani, le loro feste proibite, gli individui nella loro intimità, i movimenti che combattono l'estremismo, le donne coraggiose che lottano per i loro diritti, la resistenza della parte più conservatrice della società e del clero. Come in ogni viaggio, i ricordi sono accompagnati da sapori e profumi, impossibili da ricreare con le parole, ma che rivivono attraverso la cucina, espressione della cultura di un popolo. Ecco perché i diversi capitoli sono intervallati dalla descrizione di piatti legati alle storie narrate, di cui l'autrice ha trascritto le ricette tradizionali.
Nato in occasione della pubblicazione in videocassetta, a metà degli anni '90, dell'opera omnia del regista francese, questo libro è un atto d'amore. Attraverso l'analisi dei ventitre film che Francois Truffaut ci ha lasciato (contrappuntata dalle recensioni d'epoca dello stesso Casiraghi), e ripercorrendo l'intreccio tra cinema e vita, nasce un ritratto "morale" tracciato con estrema sensibilità, unico per approccio nella pur sterminata bibliografia truffautiana, con una forte capacità di affabulazione che rasenta il romanzo, e un'intensa partecipazione ai problemi dell'infanzia, dell'adolescenza, del contratto amoroso. Non sono più o non sono soltanto i film a dettare l'impresa, bensì il percorso artistico e soprattutto umano del loro autore che la morte ha elevato a una dimensione superiore, lontana da ogni querelle. In questo che si configura come un vero e proprio testo base, rivolto a un pubblico non solo di cinefili. Prefazione di Walter Veltroni.