IL LIBRO
Ultimi anni dell’VIII secolo, in Val di Susa, nel Piemonte occidentale. Rachi, il padre di Matolda, si mette in marcia verso Taurino per avvisare re Desiderio che il figlio Adelchi è stato tradito da uno dei suoi duchi. Ma è troppo tardi. Rachi viene ucciso, mentre l’esercito di Carlo Magno sorprende alle spalle le truppe longobarde e le spazza via come fa il primo vento d’inverno con le foglie gialle ancora attaccate ai rami.
In mezzo alla follia della guerra, Matolda diventa in fretta adulta e inizia una nuova vita. I boschi nei quali fino a poche settimane prima giocava allegramente con il padre ora la nascondono dal nemico che depreda e razzia ogni villaggio. Costretta a una vita randagia nella sua stessa terra, in fuga dalle ombre, atterrita dai rumori, divisa tra il ricordo struggente del passato e la speranza di ricostruirsi comunque una vita, Matolda scoprirà di non essere sola. Un giovane soldato franco sta percorrendo i suoi stessi sentieri, lontano dalla violenza degli uomini.
In una terra di confine aspra e selvaggia, in un tempo remoto e misterioso, Matolda incontrerà la forza dell’amore, capirà il significato dell’amicizia, ritroverà la speranza e, soprattutto, sconfiggerà l’odio e la sete di vendetta che come una tenebra avvolgono i cuori e spengono le menti.
L'AUTORE
BARBARA DEBERNARDI ha compiuto studi filosofici, storici e teologici. È giornalista e insegnante in un liceo sperimentale. Vive e scrive in Val di Susa, vicino ai boschi di Matolda. Questo è il suo primo romanzo.
«Perché l’anoressia colpisce alcune donne piuttosto che altre? Gli individui sono più o meno rivalitari, e il caso della magrezza non è differente da molti altri ambiti. Le donne anoressiche vogliono essere campionesse della loro categoria. Lo stesso accade nel mondo della finanza. La differenza consiste nel fatto che il desiderio di essere più ricco degli altri non è ritenuto patologico. Al contrario, il desiderio di essere più magro, se viene spinto all’estremo, possiede degli effetti funesti visibili sul piano fisico. Ma una volta che una ragazza ha scelto di diventare anoressica, ciò significa che essa ha scelto questo ambito di concorrenza, ed è molto difficile abbandonare la gara prima della vittoria, cosa che implicherebbe una rinuncia al titolo di campionessa. Il risultato finale è tragico nei casi estremi, ma ciò non deve farci perdere di vista il fatto che l’ossessione per la magrezza caratterizza tutta la nostra cultura, e non è in nessun modo un tratto distintivo di queste giovani ragazze. […] L’imperativo che spinge queste donne a lasciarsi morire di fame proviene da tutta la società. È un imperativo unanime. Da questo punto di vista, quindi, è strutturato come un sacrificio. E il fatto che sia qualcosa di inconscio dimostra in modo piuttosto inquietante che nel nostro mondo vi è una sorta di ritorno alla cultura sacrificale arcaica.»
René Girard
L'AUTORE
René Girard è nato ad Avignone il 25 dicembre 1923. Critico letterario e antropologo, dal 1981 al 2005 è stato professore di letteratura comparata presso l’università di Stanford. La sua opera complessiva – incentrata su una critica radicale del pensiero moderno da una esplicita prospettiva cristiana – costituisce uno dei contributi filosofici e intellettuali più significativi del XX secolo. Il 17 marzo 2005 Girard è stato eletto membro dell’Académie française.
RECENSIONI
da «Diva e Donna», 5 maggio 2009
«Non lasciatevi spaventare dal titolo […]: è uno stupendo pamphlet in cui il grande filosofo sviscera con stupefacente maestria i meccanismi dei disturbi alimentari, facendo di questo male lo specchio di un’intera società.»
Ballerino sublime (con Nizinskij, il più grande del ’900), coreografo, avventuriero, dandy, lavoratore instancabile, a sedici anni dalla sua scomparsa Rudolf Nureyev continua a esercitare un fascino cui è difficile sottrarsi.
D’altra parte la sua vita assomiglia a un romanzo, in cui bellezza, talento, ribellione, nostalgia e solitudine si intrecciano inesorabilmente: dalla nascita su un vagone della Transiberiana sperduto nelle steppe russe nel 1938, al rocambolesco e fortunoso passaggio all’Ovest nel 1961, dal sodalizio professionale e sentimentale con la più celebre étoile del tempo, Margot Fonteyn, alle innumerevoli relazioni omosessuali con famosi artisti (il ballerino danese Erik Bruhn, gli attori Anthony Perkins e Jean-Claude Brialy, il compositore Leonard Bernstein…) e con sconosciuti incontrati nei bar gay e nelle saune delle grandi città, dal successo travolgente sui palcoscenici di tutto il mondo al ruolo di protagonista nel Valentino di Ken Russell, fino all’incarico di direttore della danza all’Opéra di Parigi, alle performance come direttore d’orchestra, e alla morte, avvenuta per AIDS nel 1993.
Questa biografia, documentata e appassionante, riporta alla luce molti episodi inediti della sua vicenda esistenziale e artistica, ed è un omaggio al suo genio e al suo coraggio.
L'AUTORE
Bertrand Meyer-Stabley, giornalista e scrittore, è autore di numerose biografie. Tra esse ricordiamo: James Dean, Juan Carlos et Sophie e Sir Elton John.
I miti non appartengono alla mente razionale. Piuttosto, essi scaturiscono dalle profondità di quel grande serbatoio che Jung chiama «inconscio collettivo». In Occidente è capitato che siano stati interpretati come fatti. Ma poiché, in questa nostra era di scetticismo scientifico, siamo consapevoli che tali fatti non possono essere accaduti davvero, la parola «mito» è divenuta sinonimo di «falsità». E la vita religiosa ha assunto un carattere strettamente morale. In altre parole, l’uomo contemporaneo ha perso la possibilità di accedere a una dimensione profonda ed essenziale della sua natura.
Secondo Campbell, però, la grande diffusione delle dottrine orientali nel contesto delle accecate esistenze occidentali ha il benefico effetto di ridestarci al nostro retaggio pre-cristiano, a quelle Tradizioni nelle quali il mito non è inteso come il racconto di fatti pseudostorici, ma è la rivelazione poetica del grande mistero che esiste ora e da sempre, che sta dentro ognuno di noi e che è al di là di ogni possibile definizione.
Spaziando dall’induismo al taoismo, dal buddhismo al giainismo, Campbell esplora le metafore orientali dell’Eterno e del Trascendente, immagini, figure e racconti all’apparenza esotici, quando non estranei alla nostra sensibilità, eppure in grado di trasmettere anche a noi il loro messaggio di verità intorno all’uomo.
La cosa più straordinaria delle mitologie orientali è la loro capacità di dilatare i confini del tempo e dello spazio, portando a un forte ridimensionamento del momento attuale, della vita e delle sue tentazioni e distrazioni, angosce e sviamenti.
Il mito aiuta a sopravvivere alle contingenze che assalgono l’uomo, a trovare «un punto di quiete» e a proseguire nella ricerca con animo leggero, come se fosse un gioco, il gioco di Dio.
Il documentario è vecchio come il cinema, ma a differenza delle opere di fantasia non ha mai conquistato il grande pubblico e ha occupato uno spazio marginale nella programmazione delle sale o nei palinsesti televisivi. D'altra parte è sempre stato il terreno privilegiato di una riflessione profonda sull'etica, l'estetica e la tecnica del mezzo cinematografico e ha impegnato la creatività di alcuni fra i massimi registi del '900. Recentemente, poi, anche grazie ai progressi della tecnologia che hanno molto semplificato il processo produttivo, ha conosciuto un nuovo sviluppo, accompagnato da una più acuta attenzione di operatori culturali e studiosi. In questo aggiornatissimo volume, Guy Gauthier effettua una ricognizione a 36O gradi, combinando storia e teoria, critica e analisi del documentario. Le questioni che affronta vanno dalla definizione di una terminologia specifica alla poetica dei grandi autori, dall'analisi del ruolo del cineasta al problema dei mezzi tecnici e della fruizione sociale dell'opera. Ne risulta l'articolato ritratto di una forma espressiva in evoluzione costante e ricchissima di voci e di esperienze, come dimostra la filmografia raccolta in appendice, in cui sono registrati quasi trecento registi di ogni continente, dalla Francia all'Italia, dalla Cina all'India, dall'Argentina agli Stati Uniti, agli stati africani.
Come è nato il cristianesimo, dal tronco dell’ebraismo, in un Medio Oriente attraversato da numerosi movimenti messianici? Come si è organizzata la Chiesa, prima in clandestinità e poi, a partire dal IV secolo, quando quella cristiana è divenuta la religione ufficiale dell’Impero? Quali controversie dottrinali hanno lacerato la cristianità nel corso della sua storia, provocando scismi e separazioni che ancora durano? Quali rapporti ha intrattenuto la Chiesa di Roma con gli ebrei e i musulmani? Perché l’autorità del papa si è imposta come una sorta di marchio di fabbrica del cattolicesimo? Che cosa furono realmente le Crociate? E quanto è giustificata la leggenda nera della Santa Inquisizione? Quanto devono al cristianesimo e alla Chiesa l’Occidente e il suo sistema di valori? Come ha reagito la Chiesa di fronte all’irruzione della modernità? Che cosa ha rappresentato il Concilio Vaticano II e perché ancora oggi se ne discute? Come è avvenuta la diffusione del cattolicesimo in Asia, Africa e America, continenti nei quali oggi risiede il maggior numero di fedeli?
Anche i cattolici più preparati e consapevoli conoscono in maniera insufficiente la storia della Chiesa cui appartengono. Questo in parte dipende dal carattere «esistenziale» della scelta di fede, in cui storia e cultura possono entrare solo marginalmente, ma è pure la conseguenza della particolare complessità di una vicenda storica ormai bimillenaria.
Eppure la storiografia sul cattolicesimo non è mai stata così vivace come in questi ultimi anni. Stimolata dai rapidi cambiamenti che interessano la società, si è aperta proficuamente al contributo di altre discipline, quali la sociologia o l’antropologia, che hanno ampliato gli orizzonti della ricerca, accumulato dati preziosi un tempo trascurati e portato alla luce il contributo decisivo che oggi offrono alla Chiesa nuovi soggetti, quali ad esempio i tanti movimenti espressi dal laicato.
Il volume di Jean-Pierre Moisset, che in Francia ha ricevuto numerosi premi ed è entrato nella classifica dei libri più venduti, si inserisce a pieno titolo in questo rinnovamento storiografico e ha fra i molti pregi innanzitutto quello di ricostruire in modo completo ed equilibrato una storia che spesso viene ridotta a qualche data sparsa e a pochi «passaggi» esemplari, e che invece è ricca di avvenimenti e di insegnamenti utili al nostro tempo.
Il mondo ha saputo della pericolosità del programma nucleare iraniano il 14 agosto 2002, durante un briefing tenuto a Washington dal Consiglio Nazionale della Resistenza in Iran. Da allora la comunità internazionale ha chiesto invano di poterne verificare la natura pacifica. Lungi dall’aprire le porte dei suoi centri alle ispezioni internazionali cui ha l’obbligo di sottoporsi, Teheran è andata avanti per la sua strada eludendo la trattativa diplomatica, incorrendo in cinque dure censure nella forma di risoluzioni ONU al Consiglio di Sicurezza e subendo infine le sanzioni economiche.
L’incubo secondo molti è concreto: entro pochi anni l’Iran di Mahmoud Ahmadinejad disporrà di un arsenale atomico che potrà usare per promuovere le sue ambizioni egemoniche in Medio Oriente. Ma non tutti credono a questa previsione – in primo luogo la Russia e la Cina. L’Europa preferisce affrontare la crisi attraverso il dialogo e gli Stati Uniti sembrano voler prima risolvere definitivamente le loro missioni in Iraq e Afghanistan.
Il dossier Iran è la questione di politica estera e di sicurezza più importante e strategica oggi sul tappeto. Ed è anche la più complessa, perché sono in gioco giganteschi e divergenti interessi economici legati al petrolio all’interno dello schieramento occidentale: l’Unione Europea, infatti, è di gran lunga il principale partner commerciale dell’Iran, mentre gli Stati Uniti da molto tempo non hanno con esso alcun rapporto.
Frutto di un imponente lavoro di ricerca e di interviste a diplomatici e alti funzionari dei servizi di sicurezza e di intelligence di molti Stati, La bomba iraniana fornisce un quadro tanto informato quanto allarmante di quella che, a giudizio di Emanuele Ottolenghi, è una minaccia molto seria per gli interessi strategici dell’Europa e indica una via d’uscita, proponendo una serie di raccomandazioni pratiche ai leader europei che devono affrontarla.
È il 2 ottobre del 1928. In una stanza della casa dei Padri Lazzaristi a Madrid un giovane sacerdote sta meditando. Si chiama Josemaría Escrivá. È un figlio della classe media spagnola. «Avevo 26 anni, grazia di Dio e buon umore, nient’altro», racconterà anni dopo. Quel giorno, in quel luogo, egli «vede» il compito a cui dedicherà la sua esistenza. Possiamo tentare di riassumerlo così: nessun aspetto della nostra vita è secondario, ogni nostra azione quotidiana, anche quella in apparenza più insignificante, è un mezzo che ci consente di offrirci interamente a Dio. Josemaría Escrivá si sente illuminato dalla sua scoperta. Dio gli chiede di aiutare i cristiani a diventare santi ogni giorno. È una rivoluzione «democratica» nel regno della santità, un modo di cercarla in mezzo agli uomini e non più abbandonando il mondo, nel luogo di lavoro come in famiglia, seguendo l’esempio di Gesù che trascorse quasi tutta la sua vita terrena lavorando come artigiano a Nazaret. In questa antologia, curata da don John Paul Wauck, sono raccolti alcuni dei testi più significativi di san Josemaría Escrivá. In essi il fondatore dell’Opus Dei espone i principali temi del suo messaggio – la chiamata universale alla santità, il lavoro come cammino di santificazione, la vita contemplativa in mezzo agli impegni quotidiani, l’unità di vita e opere –, si sofferma sui grandi amori della sua esistenza – Gesù, Maria, san Giuseppe – e affronta molti degli argomenti oggi più dibattuti – quali la libertà della persona, il matrimonio, il significato del dolore, il ruolo della donna, l’impegno sociale, la spiritualità degli uomini –, rivelando una sensibilità e un linguaggio straordinariamente moderni, capaci di parlare davvero a tutti, secondo lo spirito più autentico della sua testimonianza.
Taizé nasce nella Francia occupata dai nazisti come comunità monastica, voluta da un giovane protestante svizzero, Roger Schutz-Marsauche, che non crede all’esistenza di frontiere invalicabili fra i paesi, le confessioni religiose, le culture, le generazioni. In un’epoca in cui l’uomo sembrava aver smarrito ogni speranza, frère Roger fonda sulle dolci colline della Borgogna un luogo di riflessione, di preghiera e di dialogo, dapprima riservato ai confratelli protestanti e poi con il passare degli anni aperto anche ai cattolici e agli anglicani (l’unità dei cristiani, così tanto desiderata…). Taizé diventa in poco tempo una delle realtà più vitali del mondo cristiano, capace di parlare – in un’Europa sempre più atea – alla società e, in particolare, ai giovani, e impegnata a fare dell’ecumenismo una pratica davvero quotidiana. Le immagini dei tantissimi ragazzi che ogni anno da tutte le parti del mondo si radunano festanti sulle colline francesi per pregare e stare insieme sono forse la rappresentazione più efficace dello spirito di Taizé. Ma altrettanto significativi sono i legami che frère Roger e la sua comunità hanno stretto con Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, con uomini politici come Mitterrand, con intellettuali e artisti come Wim Wenders, e i progetti di aiuto alle zone più povere del pianeta, dall’Africa, all’Asia, all’America latina.
Nelle pagine di questo libro il cantiere avviato dalla comunità di Taizé – diretta dal 2005 da frère Alois, dopo la tragica scomparsa di frère Roger –, si rivela un’opera titanica nella sua semplicità, una tra le più alte di tutta la spiritualità del XX secolo. Dopo aver assistito alla sconfitta dei totalitarismi, all’esaurimento delle ideologie e aver contribuito a riavvicinare molte voci discordi della cristianità, Taizé ha ora di fronte la sfida forse più difficile: ridare una speranza cristiana a un mondo soffocato da un relativismo privo di una prospettiva autenticamente umana.
Incombente e sinistra presenza nel Codice Da Vinci, l’Opus Dei è da anni uno dei capri espiatori dei media di tutto il mondo, che a turno la dichiarano implicata in scandali e inchieste su assassini, bancarotte e traffici illeciti. Ma è proprio il «mostro» di cui si parla? È davvero una società «segreta », ultraconservatrice, ricchissima e pressoché onnipotente, in grado di controllare anche il Vaticano? E, in ogni caso, perché la si ritiene coinvolta in oscure manovre politico-finanziarie di portata mondiale?
Queste sono solo alcune delle domande a cui Patrice de Plunkett risponde in un libro-inchiesta che fa finalmente luce su uno dei grandi «enigmi» religiosi e politici dei nostri tempi.
Attraverso la storia della Prelatura, i suoi rapporti con il Vaticano e con i paesi in cui ha messo radici, le testimonianze di chi vi ha aderito e anche quelle di chi ne è uscito, De Plunkett dipinge un quadro lucido documentato e preciso della Obra spagnola, senza ignorare le questioni più spinose – ad esempio il caso Calvi – o le accuse più gravi.
A qualcuno non piacerà, ma forse la verità è molto semplice: l’Opus Dei è soltanto una «via» che il cattolicesimo mette a disposizione dei credenti per seguire la propria fede, vivendo secondo quelle regole di castità, obbedienza e povertà dettate dal suo fondatore, Josemaría Escrivá de Balaguer. È uno strumento offerto ai cristiani per arrivare a Dio e alla «santità».
L'AUTORE
PATRICE DE PLUNKETT, saggista e giornalista, ha codiretto per molti anni una delle riviste francesi più famose, «Figaro Magazine», e attualmente è membro del comitato editoriale della rivista cattolica «Kephas». È autore di La culture en veston rose, Ça donne envie de faire la révolution!, Quelle spiritualité pour le XXIe siècle?, L’Évangile face aux médias, Benoît XVI et le plan de Dieu e Nous sommes des animaux mais on n’est pas des bêtes.