Questo non è il solito manuale di giochi e strumenti per fare teatro in educazione. Al contrario, propone di fare dell'educazione un teatro, con le sue maschere, ruoli, materiali di scena, perché l'educazione non è la vita, ma la vita "rimemorata", inventata, giocata e recitata. Anzi, come il teatro, anche l'educazione è una struttura di finzione. Come l'arte e come il teatro, infatti, l'esperienza educativa modifica le cose per rendere possibile un'esperienza che altrimenti non sarebbe possibile.
E se gli insegnanti fossero come una tribù?? Infatti, c'è l'insegnante-viandante; c'è l'insegnante-Artemide. C'è poi l'alchimista. C'è anche l'insegnante-Vesta. C'è, infine, il perturbatore, l'insegnante che, scansando la noia della ripetizione, non rinuncia ogni giorno a provocare nell'allievo il piacere di problematizzare la sua visione del mondo. Denso e profondo eppure graffiante e impietoso, questo libro va consumato dagli insegnanti come uno snack: occorre aprirlo ogni volta che, in crisi di motivazione, si avverte il bisogno di riconfermare il senso avvincente e totale della professione di educatore.
La politica è anzitutto arte. Il che significa che chi la pratica deve essere un artista. Un uomo di genio. Una persona di fantasia. Disposta sempre meno alle costrizioni della logica di partito e sempre più all'invenzione creativa che gli viene chiesta dalla irripetibilità della persona. La politica è, poi, arte nobile perché legata al mistico rigore di alte idealità. Nobile, perché emergente di incoercibili esigenze di progresso, di pace, di libertà. La politica è, infine, arte difficile perché richiede, nei credenti in modo particolare, la presa di coscienza della autonomia della politica da ogni ipoteca confessionale e il riconoscimento della sua laicità e della sua mondanità.
"La strada su cui Arturo cammina da 93 anni è fiancheggiata dai ruderi di molte ideologie, speranze, illusioni, civiltà, filosofie, piccoli Mozart (per dirla con Saint-Exupèry) assassinati dalla miseria. Sulla stessa strada ha camminato la Chiesa, la 'sua' Chiesa: quella che egli enormemente ama ma della quale conosce il dramma di essere semper casta et meretrix, come la definivano gli antichi Padri: congregata intorno al Crocifisso risorto e però popolata da uomini quasi sempre, quasi tutti, infedeli per viltà e per egoismo.[...] Per questo il vecchio indomito torna e ritorna fra noi, lasciando le sue nuove patrie. Viene come un messaggero" (dalla Prefazione di Ettore Masina).
Le difficoltà e i problemi, le domande e le inquietudini, la ricerca di un'appartenenza non biologica e il bisogno di identità, le ferite del passato e l'incertezza del futuro, le crisi travolgenti ma anche la forte voglia di farcela. In questo libro ci sono storie vere di ragazzi e di famiglie che si cercano, a volte senza trovarsi, a volte anche respingendosi, per far emergere, senza inganno, la realtà dell'adozione nell'adolescenza.
La decisione di separarsi è sempre l'epilogo di una storia di sofferenze accumulate nel tempo. La trama del progetto condiviso si infrange lasciando al suo posto delusione, rabbia, tradimento. Una solitudine nella quale ciascun coniuge cura il proprio dolore, spesso ignorando quello dei figli. Proprio nel momento della separazione, bisogna allora ricordarsi che si può smettere di essere coniugi ma non genitori. E continuare a esserlo, con un impegno comune per far entrare i loro figli nel mondo, resta la sfida che da sola basta a dare senso alla vita.
Viviamo un passaggio senza fine. Una intima responsabilità ci lega al nostro tempo ormai spinto da un moto incessante e accellerato. Oggi è più difficile essere responsabili verso il proprio tempo, percepirlo come qualcosa di cui prendersi cura, di cui rendere conto a noi stessi e agli altri. E' per questo motivo che occorre ripensare continuamente il senso della responsabilità, la sua provenienza, il futuro che da esso può scaturire. Essere responsabili significa procedere all'altezza delle sfide della propria vita. Significa in fondo vivere.
"L'aereo era arrivato sulla grande città e il generale ordinò: Butta la strabomba sul nemico! Il pilota guardò giù e vide bambini che giocavano. E pensò: Se sgancio li ammazzo! Butta la bomba! ordinò il re arrabbiato. Il pilota non ubbidiva, volava e cercava il nemico, e diceva: 'Vedo solo bambini e gente che lavora, il nemico non lo vedo, il nemico non c'è'. Il re e il generale gridarono insieme: Sono loro il nemico! Sgancia e distruggili. Ma il popolo e i soldati urlarono tutti insieme: NO. Urlarono tanto forte che il pilota li sentì. Allora tornò indietro, volò sul castello e disse al re: La bomba la butto addosso a te! Assieme al generale il re scappò e da quel giorno un'altra storia incominciò. In tutta la terra una storia senza guerra" Età di lettura: da 6 anni.
Perché a scuola si deve formare solo la mente e non il cuore? Può essere autentica l'educazione che trascura la consapevolezza di sé, l'empatia, la solidarietà? No. Non dall'ignoranza sul teorema di Pitagora o sulla legge fondamentale della chimica nascono le guerre ma dalla mancanza di sensibilità, giustizia, relazioni positive. Questo libro lancia una sfida provocatoria rivolta alle famiglie, come luogo di crescita emotiva comunitaria, e alla scuola, come comunità di apprendimento: rovesciare il luogo comune secondo il quale la scuola non si deve interessare ai bisogni del cuore. Una scuola estranea alla dinamica emozionale non serve alla vita. Non serve all'umanità. Semplicemente è inutile.