Federico Rampini, dopo cinque anni a Pechino, è dal 2009 corrispondente della “Repubblica” da New York, il luogo forse più “caldo” del momento. Dal suo nuovo, privilegiato osservatorio si interroga, in questo libro, sul destino declinante della superpotenza americana e disegna una mappa che tiene conto dei nuovi rapporti di forza con Cindia dopo la crisi del 2008. Quali sono gli effetti della “nuova America” sulla “vecchia Europa”? Come sapremo rispondere alle sfide della nuova economia globale? E soprattutto: come stanno cambiando in questo scenario le nostre vite? Rampini risponde con la consueta lucidità e capacità di visione a queste domande cruciali, raccontando, attraverso una molteplicità di storie e personaggi affascinanti, gli. stili di vita, le nuove forme di lavoro e i protagonisti del mondo che verrà.
"Gli animali, non avendo il pensiero, non si fanno le seghe mentali. Noi invece con il pensiero ci creiamo un'autoimmagine mentale di noi stessi indipendente dalla realtà. Ed è proprio quell'autoimmagine che ci genera la paura." La paura è il vero grande nemico della nostra vita. Anzi, la paura immaginaria, quella che scatta quando ciò che ci spaventa non è fisicamente presente. Questa paura ci causa ansia, depressione, angoscia, attacchi di panico, comportamenti maniacali e fobici, fino a somatizzazioni anche gravi. Giulio Cesare Giacobbe ha scoperto e sperimentato un metodo per sconfiggerla. Lo ha battezzato "psicoterapia evolutiva", e ha già guarito molte persone. In questo libro, a metà fra "Come smettere di farsi le seghe mentali" e "Alla ricerca delle coccole perdute", con il suo stile ironico e dissacrante, accompagna il lettore in un vero e proprio training per diventare finalmente adulti nel senso vero del termine.
Dopo la grande recessione che ha colpito il mondo intero, l'Occidente si trova a fare i conti con un modello di crescita rivelatosi fallimentare, centrato sulla corsa al consumo e sull'indebitamento. Ma se a vacillare è un intero modello di vita, l'Occidente può forse cogliere un'opportunità di salvezza guardando a Oriente. È qui che entra in gioco la Slow Economy: la via a uno sviluppo diffuso e sostenibile. Volgendo sempre lo sguardo a una millenaria saggezza orientale fatta anche di risparmio e frugalità, Federico Rampini ripercorre i luoghi e le storie in cui Occidente e Oriente si sono lasciati contagiare reciprocamente, in un awincente viaggio nella memoria e nel futuro.
Pubblicato nel 1962, un anno prima della sua morte in esilio a Mosca, “Gran bella è cosa vivere, miei cari!” è un romanzo la cui gestazione ha accompagnato gran parte della vita di Hikmet. Pur trattandosi di un'opera di fiction, le vicende che Hikmet racconta sono attinte dalla sua biografia: sua è la voce del narratore, un uomo morso da un cane rabbioso che attende la fine del periodo di incubazione isolato in una capanna dell'Anatolia lasciandosi andare alle intermittenze della memoria e del cuore; suo è il “materiale di vita” che si accumula nelle pagine, gli squarci sull'infanzia, i momenti di attivismo politico, le sofferenze dell'esilio; suo l'incancellabile ricordo di un'amatissima donna, Anushka, sfuggente e contesa.
“Mettiamo che un giorno il mondo si sveglia e scopre che sono finiti petrolio, carbone e corrente elettrica. Non occorre immaginarlo, prima o dopo capiterà. Ma facciamo finta che sia già qui. Ha un brutto muso quel giorno. Tempo duro, infame, che scortica il mondo a coltellate. Lo spoglia di tutto. Di quel che serve e di quel che non serve. La gente all'improvviso non sa che fare per riacciuffare il necessario: sta dentro la natura, ma, per averlo, occorre tirarlo fuori, cavarlo con le mani. E la gente, le mani, non le sa più usare”. Che cosa succede agli uomini che non sanno più cavarsela senza energia? Prima, per scaldarsi, bruciano i mobili, poi i soldi. Prima, per nutrirsi, mangiano qualsiasi cosa, poi diventano antropofagi...
Mandorla è la bambina felice di una ragazza madre piena di fantasia. Maria, la mamma, lavora come amministratrice d'immobili e ha lo speciale dono di trasformare ogni riunione condominiale in toccanti sedute di terapia di gruppo... Quando un tristissimo giorno Maria muore cadendo dal motorino, i condomini di via Grotta Perfetta 315, quelli che più le volevano bene, scoprono da una lettera che proprio nel loro stabile la piccola Mandorla è stata concepita... ma su chi sia il padre, la lettera tace. Proprio perché con tutti Maria sapeva instaurare un legame intenso, nessun uomo tra i condomini si sente sollevato agli occhi degli altri dal sospetto di essere il padre di Mandorla. È così che verrà presa la decisione di non fare il test del DNA su Mandorla, che verrà adottata dalla sola condomina single ma crescerà vivendo a turno in ciascuna delle famiglie di via Grotta Perfetta: un piccolo grande caleidoscopio dei modi di “fare famiglia” oggi. Ma per Mandorla sapere chi è il suo vero padre si farà sempre più irrinunciabile...
Il fascismo fu vera dittatura, ma anche, se non una farsa, certamente un grande spettacolo. E Mussolini ne fu il regista unico: regista di se stesso e del suo pubblico. Molto più del cinema o dell'architettura, la fotografia, al pari della parola, è stata il principale veicolo del consumo totalitario. Con essa l'immagine del duce diventa personale, portatile, trasferibile, riproducibile e collezionabile. Grazie a un numero molto ampio di fotografie inedite tratte da album e archivi privati, che si affiancano a quelle canoniche e già note del Ventennio, Pasquale Chessa offre una nuova e convincente lettura del fascismo come messa in scena del potere.
“Nel momento in cui i medici avevano rinunciato a curarmi – e io a farmi curare da loro –, proprio quando mi vedevo già imprigionato in una condizione di vita contrassegnata dal dolore cronico, c’è stato qualcuno che mi ha proposto un modo bizzarro per venirne fuori: ‘Impara a stare fermo e a respirare’, è stato il consiglio”. Afflitto da una malattia invalidante che nessuno riesce a spiegare o alleviare, Tim Parks comincia a esplorare il misterioso e affascinante rapporto che lega la mente al corpo. E’ aperto a ogni soluzione, ma non sospetta che gli esercizi di respirazione – e la meditazione – possano fornire le risposte ai suoi interrogativi e una insperata via d’uscita per lui, istintivamente scettico verso qualsiasi teoria esoterica o new age. Da questa rinnovata consapevolezza si avvia non soltanto un istruttivo e a tratti esilarante percorso alla ricerca degli effetti della malattia sul proprio lavoro e su quello degli altri scrittori, ma anche una riflessione stimolante sul ruolo che hanno lo sport e l’arte nel modellare il nostro atteggiamento verso la salute, una meditazione sull’identità e la dimensione spirituale. Senza dimenticare che quello della malattia è lo sfondo esistenziale di tutti gli esseri umani (o quasi), Parks ci insegna a fidarci anzitutto di quello che “dice” il nostro corpo, mostrandoci con intelligenza e ironia che è proprio questa l’unica strada che conduce all’armonia e al benessere.
Perché Dio permette il male e la sofferenza? Che cosa ci attende dopo la morte? Come conciliare la fede cristiana con la teoria evoluzionistica? Sono alcune delle tante domande, scomode e affascinanti al tempo stesso, che vengono spesso rivolte a monsignor Gianfranco Ravasi.
Il celebre biblista ne ha raccolte centocinquanta, offrendo a ciascuno di questi interrogativi, che accompagnano il cammino di credenti e non credenti, una risposta chiara e argomentata.
Affrontare con le corrette coordinate metodologiche i testi della tradizione giudaico-cristiana è la condizione imprescindibile per rispondere non solo alle domande più spinose e cruciali, ma anche a interrogativi insoliti e curiosi: Gesù ha mai riso? Sapeva leggere e scrivere? Quali lingue parlava?
Monsignor Ravasi guida il lettore nel mistero della vita e della fede, e tra le innumerevoli sfumature di quel capolavoro irripetibile che è la Bibbia.
Gianfranco Ravasi, consacrato arcivescovo da papa Benedetto XVI nel 2007, è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e delle Pontificie Commissioni per i Beni culturali della Chiesa e di Archeologia sacra.
Esperto biblista ed ebraista, è stato prefetto della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana di Milano e docente di Esegesi dell’Antico Testamento alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale. Collabora a “Il Sole-24 Ore”, “Avvenire”, “L’Osservatore Romano”. Conduce “Le frontiere
dello Spirito” in onda su Canale 5.
*************LA NOSTRA RECENSIONE************* (DI FRANCESCO BONOMO)
Nelle sue Etimologie, Isidoro di Siviglia distingue le domande in due generi, quelle finite e quelle infinite. L'una è detta causa e l'altra proposizione generale (Etym. II, 15). L'uomo nel corso della storia del pensiero continuamente si è posto domande che come cause posseggono un contesto definito in ogni suo aspetto o domande infinite che posseggono un'estensione, se così si può dire, al di là del tempo e dello spazio. Parafrasando possiamo affermare che di molte cause ma ancor più di proposizioni generali si è occupato il Cardinale Ravasi nel suo libro Questioni di fede. Un impegno serio e molteplice perché le domande sono tali da poter abbracciare diversi campi d'azione della nostra riflessione e ricerca. Il tema in cui si restringe l'oggetto delle questioni è propriamente quello della fede affrontato su più versanti: filosofico, antropologico, teologico e così via. La pubblicazione nata dalle domande poste all'Autore da coloro che lo seguono nei suoi molteplici interventi è una raccolta di risposte che non hanno la pretesa di essere esaustive per la grandezza dei contenuti ma sono certamente un mezzo stimolante per cogliere i punti della questione ed intraprendere la strada indicata continuando ad interrogarsi sulle radici e le motivazioni della fede. A noi che abbiamo avuto il piacere di leggere le pagine di questo nuovo libro del neo cardinale Ravasi viene in mente l'esperienza del giovane studente di Oxford, Charles Reading, protagonista di Loss and Gain (trad. it. Perdita e guadagno, Jaca Book 1996) romanzo del beato John Henry Newman, che in un continuo incalzante processo di interrogazione interiore, e degli amici e professori che lo circondano, arriva a mettere in discussone tutto il suo patrimonio di fede per poter raggiungere una migliorata e più serena adesione alla Rivelazione ed alla fede della Chiesa.
Il testo scorre ed è di una chiarezza inusuale. Gianfranco Ravasi è capace di coniugare la nettezza dell'esposizione e l'altezza dei contenuti con uno stile avvincente. Le domande, argute e ad ampio raggio, in cui ognuno di noi lettori può riconoscere nelle trame del textus i propri interrogativi, spingono a correre alla risposta ed alla successiva domanda in un ritmo incalzante che ha alla sua base il bisogno di comprendere, conoscere ed approfondire la fede che ci è stata trasmessa, accettata o combattuta, vissuta in pienezza o solo marginalmente. Un uomo che domanda esprime il suo desiderio di non rimanere indietro, di non fermarsi alla superficie, esprime l'anelito di ascesa, di impegno a non volersi sottomettere al pensiero comune senza giudizio critico. Dai Vangeli stessi otteniamo un metodo nel domandare, dalla richiesta del pane quotidiano alla domanda sulla personalità del Messia: La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo? Voi chi dite che io sia? (Mt 16, 14;16)
Leggere Questioni di fede è un evento, un'esperienza che va fatta da parte di tutti coloro che vogliono approfondire il messaggio della fede cristiana. Un libro in cui l'Autore non si nasconde dietro definizioni cattedratiche o sterili apologie: si pongono domande e si propongono risposte “aperte” perché i temi trattati non si esauriscono, come ricorda spesso il Nostro, in poche decine di righe.
In un contesto culturale come il nostro in cui anche le realtà più evidenti divengono verità relative, in cui il compito educativo e formativo è in piena crisi di espressione, in un tempo presente nel quale si affastellano e si propongono con la permanenza e l'incisività di un filo d'erba maestri e dottori che non producono i risultati sperati, il cardinale Ravasi, rifacendoci al munus docendi, diviene per noi lettori un riferimento al tipo di pastore descritto da Gregorio Magno nel Prologo della terza parte della sua Regola Pastorale: “Dunque il discorso di chi insegna deve essere fatto tenendo conto del genere degli ascoltatori per essere adeguato a quella che è la condizione propria dei singoli e tuttavia non decadere dal suo proprio genere che è di servire alla comune edificazione”
Biblista di fama internazionale, l'Autore conduce il lettore verso la comprensione delle tematiche più complicate ed ostiche di Antico e Nuovo Testamento. Le sacre Scritture, in questo senso, hanno il privilegio di essere le più citate, privilegio da condividere con il filosofo Pascal che sovente interviene con i suoi Pensées ad illustrare e spiegare le prime battute delle ouverture alle grandi sinfonie delle questioni suscitate dagli interlocutori del libro.
Chiedete a un insegnante. Vi dirà che il vero nemico quotidiano del suo lavoro non sono gli studenti indomiti, i tagli ai fondi di un nuovo ministro o il cattivo stato delle strutture scolastiche. Ma i genitori: è colpa loro se il ruolo e l'identità degli insegnanti sono stati degradati, la loro autorità delegittimata, la loro professionalità vilipesa. È il punto di vista ironico e spietato della "Profe": l'insegnante con gli anfibi diventata nota con libri, blog, radio, giornali e tv. Un divertentissimo ricevimento genitori, campionario delle varie tipologie: il genitore assente, il genitore disarmato, quello delegante, quello "ggiòvane", il genitore che fa finta di non esserlo e quello che "lasciamo che si esprimano!", il genitore che ha studiato e fa sfoggio di cultura e quello che "troppo studio fa male", quello arrogante, competitivo, che fa i compiti al figlio e vuole un voto alto per sé. E con un pizzico di indulgenza in più racconta anche gli studenti che di questi genitori sono prodotto. L'autrice è consapevole che "questo è un libro impopolare. Un libro che potrebbe far discutere, senz'altro innervosire coloro che si riconosceranno nel bestiario dei genitori. Si astengano semmai dal leggerlo i permalosi, i portatori di coda di paglia e i deficienti di umorismo".