
Che senso ha leggere oggi pagine scritte più di otto secoli fa? Quale significato può avere per noi sapere come e perché Guglielmo di Saint-Thierry e Bernardo di Chiaravalle accusarono Abelardo di aver elaborato e divulgato una Theologia nova e come e perché Abelardo abbia tentato di difendersi da questa accusa?
La vicenda si colloca in anni di trasformazioni molteplici e profonde, che potremmo definire di crisi, "di crescita". Era in questione il rapporto tra auctoritas e ratio, la possibilità di accostarsi alla sacra pagina con strumenti ermeneutici sempre nuovi, di valutare criticamente i contributi offerti dai Padri. Diverse e contrastanti furono le risposte della tradizione monastica da un lato e della nuova cultura delle scuole dall'altro.
Si trattava di fissare i limiti che regolassero le relazioni tra intellettuali e fede, di trovare e proporre i modi in cui il messaggio cristiano poteva e doveva calarsi entro strutture temporali, politiche e soprattutto culturali, conservando tuttavia la propria genuinità.
Sono problemi ardui, che ora, come allora, interrogano e coinvolgono nel profondo, mettendo alla prova il nostro vivere concreto, di uomini, nella storia. Problemi, mutatis mutandis, ancora attuali, che chi crede non può eludere. E giova non poco poterne leggere in pagine scritte parecchi secoli fa, perché da sempre la fede non ha vita autonoma, ma si incarna nel tessuto della vita collettiva, "nella storia".
Il volume nasce dalla missione della Comunità di Sant'Egidio per il dialogo fra le diverse religioni e confessioni, fra credenti e non credenti, e dalla sua attenzione alla storia delle radici cristiane in Medio Oriente dal tempo apostolico. Una presenza oggi sempre più problematica, di qui l'incidenza dell'emigrazione: lasciare il paese d'origine per trovare un futuro altrove. Un fenomeno che non riguarda soltanto i cristiani, in condizione di pericolo permanente e non, ma tutto il mondo arabo. E se invece il loro futuro fosse lì? Che apporto può offrire in questo senso il cristianesimo? Esso stesso deve meditare sul rischio di chiudersi alle sfide del presente, collaborando a diffondere un senso di rispetto della diversità. Una scommessa che coinvolge ogni ignoranza, per il suo valore nell'equilibrio di una società che condivide la volontà di arginare i fondamentalismi. Il confronto tra autorevoli personalità musulmane e cristiane sulla più urgente attualità mediorientale e sul suo destino ne evidenzia la peculiare identità: per a rara, e storicamente data, densità multietnica e multireligiosa il Medio Oriente potrà diventare un modello di convivenza, nelle diverse fedi, per il mondo intero, se solo ccetta a sfida di ripensare se stesso come bacino di coltura di un pluralismo reale.
Vittorio Ianari studioso dei rapporti tra mondo arabo-islamico e Occidente, ha insegnato all'Università Lateranense e Urbaniana ed è stato responsabile dell'Ufficio per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana. Tra le sue pubblicazioni: Chiesa, cloni e islam (Torino 1995) e lo stivale nel mare. Italia, Mediterraneo e islam: alle origini di una politica (Milano 2006).
Un'indagine in grado di offrire un volto complessivo di Origene riducendo la ricchezza di spunti sulla preghiera dispersi nel suo vasto corpus in una prospettiva storiografica capace di vedere gli influssi esegetico-teologici del pensiero di questo maestro sul primo cristianesimo.
Nuove prospettive di ricerca sul modernismo. Che effetti ha cent'anni dopo l'enciclica Pascendi quel tentativo di fare dell'uomo la misura della religione e come è mutata la Chiesa rispetto ad esso? Un dibattito che tocca l'attualissima questione del rapporto tra fede e cultura, Chiesa e società.
Uno dei più importanti commenti medioevali alle Scritture, quello di Eckhart al Libro della Genesi, a cura di uno dei maggiori studiosi di misticismo in Italia. Un libro che vuole andare oltre la "lettera" della Sacra Scrittura per scoprirne quel "senso più recondito" che "si dà a conoscere solo quando Dio si genera nell'anima nostra". Un vero e proprio itinerario di mistica cristiana.
Se di per sé il discorso filosofico mira all'essenza, il movimento del pensiero dei Maestri talvolta giunge a un tratto in cui l'argomento stesso si fa rarefatto. Di qui il "Breviario" come "discorso breve" sull'Essere che ci orienta fra le parole eterne della filosofia (verità, principio di non contraddizione, a priori/a posteriori, analogia e partecipazione, contingenza e divenire…) e l'esistenza. Una prova del pensiero, e un'opera concisa, auspicata dallo stesso Gustavo Bontadini: parlare dell'essere sgranando uno a uno i luoghi in cui esso si affaccia - dolore e finitezza, alterità e trascendenza, persona e libertà - e avendo cura della sua origine e destinazione universale, o trascendentale. Ne sortisce un disegno armonico dei pensieri di una vita dedita alla fatica del concetto, che procede di proposizione in proposizione sull'esempio di Aristotele. La domanda metafisica è domanda che investe il destino dell'uomo: pensare l'Essere implica e supera il nostro sentimento del nulla, ed è,a un tempo, apertura antropologica dell'altro.
Martin Heidegger era un credente? E' noto che fosse un pensatore di formazione cattolica, ma qui l'interrogativo, accostandosi al vissuto spirituale, investe la cosa stessa del suo pensare,: la domanda sull'essere. In una prospettiva che fa dell'ermeneutica l'insieme di etica, estetica e filosofia, queste dimensioni diventano espedienti della fattività della vita in quanto tale. Di qui l'intreccio tra fede e ragione, filosofia e teologia, riflessioni che hanno lasciato un solco nel pensiero teologico contemporaneo - da Bultmann a Rahner, Przywara, Bonhoeffer - e persino nella fisionomia di Heidegger come "anticattolico". La sua stessa ricerca di una "nudità radicale dell'essere" afferma e nega al contempo il rapporto con la trascendenza: se la povertà dell'esserci è la ragione del suo filosofare - e quesito comune alla fede - quella stessa nudità è una condanna a non lasciar balenare le ragioni della salvezza attesa invece dal cristiano. Nel dialogo tra Pierfrancesco staggi e un testimone d'eccezione quale Heinrich Heidegger, emerge, insieme ai ricordi di famiglia, un ritratto inedito di Martin Heidegger.
Heinrich Heidegger, sacerdote diocesano e nipote di Martin Heidegger, si è laureato in Filosofia e Teologia all'Università di Freiburg e Munchen. Vicino allo zio nell'ultima fase della sua vita, ne ha raccolto preziose testimonianze filosofiche e teologiche. Dal 1994 a Mebkirch cataloga materiali sulla biografia del filosofo.
Pierfrancesco Stagi svolge attività di ricerca presso le Università di Torino, Tubingen e Freigburg.
"Ogni traduzione è un'interpretazione, come lo è già la comune lettura. Chi legge è vincolato alla fissità del testo - non può cambiarlo: ne viene interrogato, ma al tempo stesso lo interroga.
Questa singolare circolarità rende diverso chi legge e insieme diversifica il testo, ne moltiplica i sensi".
Bastino queste parole di Salvatore Natoli per introdurre alla versione del Qohelet di Amos Luzzatto: il libro della Bibbia più discusso da teologi e filosofi, perché tocca i dilemmi dell'esistenza umana, mostra qui un altro suo volto, femminile. Chi era Qohelet? Perché il suo nome porta una desinenza femminile?
"Perché Qohelet, almeno 'quel' Qohelet che parla, è proprio donna", spiega Luzzatto: "una donna sapiente, forse un'allieva del re Salomone, che gli fa da portavoce in vecchiaia".
La nuova traduzione del Qohelet qui presentata è una riflessione ebraica sui suoi enigmi: gioventù e vecchiaia, vita e morte, divenire ed eternità. Un libro sapienziale, appunto, perché ha per oggetto la ricerca (capire la realtà), l'utilità (scienza pratica), la rettitudine (il giusto fare) e la verità (scienza, fede, etica).
Una lettura biblica che insieme offre elementi per un pensiero ebraico al banco di prova di problematiche etiche e anche scientifiche.
Lo gnosticism o "spirit gnostico" costituisce l'essenza dell'epoca tardo-antica, visibile in Filone, in Origene e persino nell'antignostico Plotino: letteralmente "conoscenza", fa perno sull'angoscia dell'uomo e sull'idea di "fuga dal mondo". Per la sua naturale mescolanza di elementi mitologici e cristiani, ermetici e mistici, non è però circoscrivibile storicamente a un solo ambito, religioso o culturale. Una prospettiva dualista che, opponendo tenebre e luce, sfera mondana e sfera divina, è il sostrato del pensiero occidentale dall'antichità all'età moderna, ma anche del Novecento - con Heidegger, Barth, Benjamin… Questo stesso è il nucleo della speculazione di Hans Jonas, ed è presentato qui nei suoi lineamenti, frutto di un lungo scavo filologico, come "principio gnostico". Un pensare la contraddizione, e guadagnare la verità, che diventa modello ermeneutico: sul piano esistenziale si traduce nel rispondere all'angoscia del mondo con il "principio responsabilità" che, rovesciando la gnosi nel senso di appartenenza al reale, ci rende soggetti liberi di agire.
Hans Jonas (1903-1993) è stato tra i maggiori filosofi della seconda metà del Novecento.
Claudio Bonaldi collabora con l'Università di Milano per la cattedra di Filosofia morale.