
C’è una radice della propria esistenza cui ogni gruppo sociale ritorna in momenti particolari per riscoprire il senso della sua presenza e del suo operato nel mondo. Questo accade per la Chiesa nella celebrazione eucaristica, fonte e vertice della sua vita e della sua missione. Nell’Eucaristia è presente lo stesso Cristo, e la vita che viene donata da Gesù-pane non raggiunge semplicemente i singoli, ma ha un potere unificante. È questa profonda relazione tra Eucaristia e Chiesa che il volume intende illustrare da diverse prospettive. A partire dal rito pasquale ebraico, per verificare se e come in esso si fondi l’identità del popolo di Dio della Prima Alleanza: l’atto cultuale non è solo ripetizione di gesti archetipici ma ha una funzione performativa, nel porsi informa la comunità che lo celebra. Ci si sofferma su alcuni momenti della storia: da una parte, i Padri della Chiesa hanno sviluppato un’ampia riflessione sul rapporto tra Eucaristia e Chiesa sulla scorta della prassi della dottrina biblica; dall’altra, in epoca moderna, una questione particolare è la possibilità o meno di rivivere la comunione durante la celebrazione eucaristica, indugiando sulla distinzione tra sacrificio e sacramento.
Riferito alla storia teologica più recente è lo studio della genesi e del senso di alcuni passi della Lumen Gentium e di testi di teologia fondamentale in cui è riconoscibile un nesso causale tra la cena del Signore e l’origine della Chiesa. Un altro aspetto indagato in queste pagine è il senso del doppio principio la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa. L’asimmetria del principio spiega in che senso l’Eucaristia possa essere ritenuta momento causativo della Chiesa. Ma i saggi conclusivi toccano altri momenti fondativi dell’unità ecclesiastica: la liturgia, i canti di comunione gregoriani, il significato di dono sacramentale, offerto e accolto nella celebrazione eucaristica, che struttura la com-munitas cristiana. Infine, uno sguardo all’Eucaristia vista dai filosofi cristiani, in particolare nelle intuizioni di Blondel che scorge in essa l’incontro tra Infinito e finito.
Una riflessione a più voci che, nella scomposizione dei suoi volti, avvicina alla complessità di un tema solo apparentemente comune.
COMMENTO: Il nuovo volume dei Quaderni Teologici affronta il tema Eucaristia a Chiesa: la sua interpretazione nell'Antico e nel Nuovo Testamento, come è stato recepito nella storia del cristianesimo, le questioni teologiche, pastoriali e liturgiche.
Una riflessione sul tema del "ritorno della religione" nella scena pubblica. I contributi affrontano i rapporti tra religione,secolarizzazione e politica offrendo un panorama assai ampioe articolato. Si tratta di un omaggio a un maestro della filosofia italiana:Piergiorgio Grassi, direttore di "Hermeneutica" e ordinario diFilosofia delle Religioni presso l'Università di Urbino.
La definizione del rapporto con la filosofia è stata costante nella teologia di Barth. Se nella Lettera ai Romani - al di là della contrapposizione frontale alla saggezza del mondo - emerge una precomprensione kierkegaardiana, e quindi filosofica, della fede, in questo scritto del 1960 Barth determina con rigore e originalità la relazione tra le due discipline. Mentre la filosofia, partendo dall'aldiquà, cerca di elevarsi al fondamento per ritornare con sguardo nuovo al mondo creaturale, la teologia ha come dato preliminare la Parola di Dio, da cui discende per giustificare l'esistenza delle creature. Una differenza di metodo irriducibile, che tuttavia può metter capo a una feconda conflittualità che aiuti l'una e l'altra a "risvegliarsi", a non idolatrare i propri risultati - proprio perché tanto la filosofia quanto la teologia hanno a cuore la verità: l'umanità e Dio, l'umanità di Dio.
Cosa si può dire sulla vita? Sono varie le forme di sapere che si esercitano per rispondere a questa domanda. L'interesse dominante riguarda l'origine e la fine della vita. Su questo terreno si confrontano, e a volte si scontrano, soprattutto la teologia e la biologia. Questo testo raccoglie la sfida sul versante propriamente teo-logico: come la biologia può aiutare il credente contemporaneo a pensare e a parlare credibilmente di Dio? E, d'altro canto, come la rivelazione cristiana può illuminare la comprensione del multiforme fenomeno vita? È interessante notare, ad esempio, che l'evoluzionismo, pur oggetto di aspre polemiche da parte di vescovi e teologi fin quasi alla metà del secolo scorso, sia diventato in seguito un paradigma condiviso, entro cui leggere non solo il fenomeno vita, ma anche reinterpretare il tema della creazione. Il confronto tra biologia e teologia si presenta perciò come un caso paradigmatico del rapporto tra sapere scientifico e sapere della fede. L'esito del confronto, nel breve periodo, pare consistere in una "nuova alleanza" tra teologia e biologia affinché l'approfondita consapevolezza della fede cristiana e dei fenomeni vitali contribuisca a favorire una maggiore felicità, per il presente e per il futuro, per ogni vivente sulla terra e (forse) nell'universo. (Giacomo Canobbio)
L'irregolarità del processo intentato a Galileo è un fatto. Nonostante l'Inquisizione si attenesse a una procedura codificata, sulle inesattezze formali del processo la storiografia moderna tedesca ha versato fiumi d'inchiostro. Ma lo sguardo dello storico passa qui dalle inesattezze formali, dalla falsificazione di documenti e dalle lacune del procedimento giudiziario, all'analisi delle stesse basi canoniche di cui si sarebbe avvalsa la sentenza di condanna. Non sono in gioco solo la violazione del diritto e la falsificazione di documenti, ma gli stessi argomenti teologici. Non è mai esistito, in realtà, un decreto di condanna dell'astronomia copernicana come dottrina eretica né un decreto di censura teologica dell'eliocentrismo - per il quale Galileo di fatto fu condannato. Così, si annoda ancora di più l'intreccio di quel processo, ove - commenta l'autore "il falsario è rimasto vittima del falso da lui stesso prodotto". A sfumare sono i contorni fra un'autorità ecclesiastica regista del processo ingannevole contro uno dei fondatori della scienza moderna, e una istituzione vittima dell'aver prestato fede per secoli a questa grande menzogna fondata su presupposti inesistenti. Il seguito della storia è ancora da scrivere, perché nell'imponderabile oscillano conseguenze e giudizi ideologici. I documenti conducono fin qui, ma la ricostruzione di questo grande equivoco spalanca nuove piste di ricerca.
Proseguendo nella ricerca iniziata con "La città originaria, Metafisica della politica, Metafisica del giusto", l'autore si interroga sui fondamenti della democrazia nel tempo della globalizzazione. Uno spazio che obbliga a considerare non i singoli ma i popoli - i "molti" - come soggetti dei processi di democratizzazione, tanto che anche gli altri concetti chiave della filosofia politica - giustizia, diritti, libertà - vanno rideclinati al plurale, in un tentativo di pensare la democrazia sotto la forma di un "esistenziale": condizione affinché ciascuno, in dialogo con i tanti volti del prossimo, trovi nel convivere la forma più autentica di riconoscimento.
Viene spontanea la domanda perché mai dedicare energie allo studio di una traduzione della Bibbia, quella greca, se abbiamo l’originale ebraico. In effetti, la Bibbia dei Settanta, spesso oggi chiamata semplicemente la Settanta, non è che la Bibbia tradotta in greco a partire dal III sec. a.C. e in uso presso tutti quegli ebrei stabilitisi nel mondo occidentale che ormai non conoscevano più l’ebraico: sembra, dunque, una delle tante traduzioni, sia pure la più antica.
In realtà, le cose non stanno proprio così: fra il testo ebraico trasmesso dalla tradizione manoscritta medievale e il testo greco ci sono differenze che hanno resistito a ogni sforzo di essere spiegate come derivanti da libertà o ignoranza dei traduttori. È cosa nota fin da quando Agostino e Girolamo discutevano se era meglio correggere i malandati testi latini allora correnti sulla base del testo ebraico (Girolamo) o di quello greco (Agostino). Girolamo la spuntò introducendo il concetto apparentemente ovvio di Hebraica Veritas contro Agostino che insisteva sul fatto che la Bibbia greca era la Bibbia delle chiese cristiane.
Documenti ebraici che l’archeologia ha portato alla luce recentemente – i manoscritti di Qumran – ci hanno fatto toccare con mano che esistevano, sia pure poco numerosi, testi ebraici sicuramente precristiani che erano il modello da cui fu fatta la traduzione greca. Ormai la Settanta non interessa perché era una traduzione, oltre a tutto molto libera, dell’originale ebraico, ma perché è il testimone di un testo ebraico scomparso dalla tradizione ebraica e diverso da quello trasmesso come il testo ebraico.
Così la Settanta ci porta dall’ambiente cristiano ed ebraico alessandrino dentro il cuore della cultura ebraica precristiana. Quale ambiente palestinese tramandava una Scrittura diversa da quella diventata canonica? Mentre si moltiplicano, a partire dalle scoperte di Qumran (circa la metà del XX secolo), gli studi sulla letteratura ebraica apocrifa, parallela a quella diventata canonica, adesso un nuovo testo letterario si aggiunge a sollecitare i nostri interessi: gli ebrei avevano più di una Bibbia e i cristiani dei primi secoli fecero loro la Bibbia diversa da quella trasmessa dagli ebrei. Gli autori stessi del Nuovo Testamento conobbero, oltre al testo ebraico canonico, anche quello della Settanta.
Natalio Fernández Marcos con grande chiarezza traccia il quadro attuale della ricerca e apre lo sguardo su prospettive che toccano la nostra stessa cultura cristiana di oggi. Non resta che sperare che si possa leggere anche in italiano la Bibbia greca, che in ogni caso è la Bibbia delle chiese ortodosse.
(Paolo Sacchi)
COMMENTO: Una limpida introduzione su come si sia affermata la celebre Bibbia dei Settanta (Septuaginta), ovvero la prima traduzione in greco della Bibbia ebraica.
NATALIO FERNANDEZ MARCOS specialista di Filologia biblica, è uno dei maggiori esperti della Bibbia greca e del giudaismo ellenistico. Dirige, insieme a M.V. Spottorno Díaz-Caro, la traduzione spagnola della Septuaginta (Sigueme, Salamanca); già pubblicato il I vol., Pentateuco, in corso di stampa il II vol., Libri storici. In italiano: La Bibbia dei Settanta. Introduzione alle versioni greche della Bibbia (Paideia, Brescia 2000).
DESCRIZIONE: Nello Specchio dell’anima – sempre velato, avvolto nell’aura del mistero – Guardini nei suoi anni giovanili raccoglie scritti di varie destinazioni, articoli, brevi saggi, “elzeviri”, interventi, omelie per matrimoni di amici, una ricchezza di argomenti, una molteplicità di stili che esprimono esperienze profondamente coinvolgenti, altezza di meditazione teologica, spiritualità vivacemente disponibile ai fermenti dell’epoca. Il lettore sarà così condotto in viaggi in Algovia, in Engadina, nell’Italia settentrionale, soprattutto nel Veneto, a Roma, in Sicilia, che l’Autore gusta con sensi culturalmente affinati e sa descrivere con disegno classico, singolarmente vicino al modello di Goethe, indugerà con lui sui paesaggi tedeschi amorosamente indagati nella profusione d’alberi, erbe, fiori, ma si interrogherà anche sul segreto d’una natura restia a manifestarlo, quasi pudica, conturbante e insieme fascinosa nelle infinite distanze delle galassie. In tutta questa policromia di impressioni e genialità di riflessioni domina la consapevolezza del sacro onnipresente, che si schiarisce e si precisa tuttavia nei suoi contorni specificamente cristiani, come in alcune concise ed efficaci notazioni religiose, o nella rapida e originale delineazione della figura del “Poverello” di Assisi.
COMMENTO: Le meditazioni spirituali e teologiche di Guardini, che conducono alla scoperta di sè. PRIMA EDIZIONE
ROMANO GUARDINI (1885-1968) è stato una delle maggiori figure della storia culturale europea del sec. XX. Presso la Morcelliana è in corso di stampa l'Opera Omnia.
Nella storia delle Chiese cristiane il monachesimo è una istituzione fondamentale che ha come scopo la ricerca della perfezione attraverso la scelta, sigillata dai voti, di un particolare tipo di vita religiosa incentrato sulla sequela Christi. Nella loro storia millenaria, in guise peculiari, in Oriente e in Occidente, le varie forme della vita monastica, diventate per lo più di tipo cenobitico e in genere istituzionalizzate, si sono radicate nelle diverse civiltà, non soltanto dal punto di vista squisitamente religioso ma, più in generale, politico, economico e culturale. In Oriente, il monachesimo è riuscito a resistere nei secoli ai cambiamenti indotti da una storia tumultuosa, che ha messo spesso in discussione l’esistenza stessa delle varie Chiese. In Occidente, soprattutto nella sua forma benedettina, esso si è imposto nell’arco millenario del medioevo come una realtà sempre più centrale, capace di fronteggiare i cambiamenti più profondi, generando, da Cluny a Citeaux, nuove risposte religiose e organizzative, per non dire delle innumerevoli familiae monastiche nate dal tronco principale. Il fenomeno monastico è una realtà variegata e complessa, messa in crisi in modo drammatico in età moderna tanto dalla Riforma protestante quanto dai processi di secolarizzazione; altrettante sfide corrosive cui tuttavia il monachesimo si è dimostrato capace, attraverso adattamenti e trasformazioni, di resistere, conservando il suo profilo identitario e quelle specificità i cui tratti essenziali furono definiti nei primi secoli dell’era cristiana. La storia che si dipana in queste pagine ha inteso indagare proprio tale periodo, insieme aureo e fondativo, concentrando l’attenzione sulla fase più antica del monachesimo, latino e soprattutto orientale. Il volume si pone così come un primo bilancio della più recente stagione di studi sul monachesimo antico: una storiografia innovativa, caratterizzata non solo da una molteplicità di tagli interpretativi, ma anche dall’allargarsi dello spettro delle fonti e da rinnovate prospettive di lettura.
COMMENTO: La prima storia del monachesimo orientale, coordinata da Giovanni Filoramo, con il contributo dei maggiori specialisti: Fabrizio Vecoli, Federico Fatti, Maria Chiara Giorda, Vittorio Berti, Roberto Alciati, Rosa Maria Parrinello.
GIOVANNI FILORAMO insegna Storia del cristianesimo presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Per i nostri tipi ricordiamo Veggenti, profeti e gnostici. Identità e conflitti nel cristianesimo antico (2005). Tra le pubblicazioni più recenti: La Chiesa e le sfide della modernità (Laterza, Roma-Bari 2007); la serie Le religioni e il mondo moderno (4 voll., Einaudi, Torino 2008-2009); Il sacro e il potere. Il caso cristiano (Einaudi, Torino 2009).