
Lo spirito della liturgia è una classica interpretazione della spiritualità liturgica, germinata da una straordinaria potenza d'intuizione e da una perspicacia anticipatrice dei movimenti storici, quale il Guardini ha sempre testimoniate. Il volume, che uscì nel 1919 nella collezione "Ecclesia orans" promossa dall'abate Ildefons Herwegen di Maria Laach, nulla ha perduto a tutt'oggi della sua forza di penetrazione, del suo vigore di sintesi. Nei santi segni l'autore avvia ad una calda comprensione della liturgia e del suo simbolismo. Gli si apre dinanzi così, intatta, la ricchezza di allusione e di appello religioso insita nel segno della croce, nell'inginocchiarsi, nel vario atteggiarsi della mano di chi prega, nell'incedere processionale, nel battersi il petto, nel cero, nell'acqua benedetta, nella fiamma sacra, nella cenere penitenziale, nell'incenso, nella luce, emblema della verità di Dio, nel pane e nel vino, nell'altare coi suoi lini, nel calice e nella patena, nella benedizione, nelle campane. Lo spazio nelle sue direzioni, il tempo con l'avvicendarsi dei ritmi quotidiani, rivelano, essi pure, un'arcana consacrazione liturgica. Profondità cristiana e sensibilità lirica si fondono armonicamente in queste pagine.
Una insanabile opposizione sembra sussistere tra il 'comandamento d'amore' e la 'regola di giustizia' che sovrintende alla vita sociale e politica. Ma davvero, si chiede Ricoeur, vi può essere solo contraddizione tra la logica paradossale dell'amore biblico e la logica dell'equivalenza propria dell'idea occidentale di giustizia? In queste pagine di intensa riflessione e di esegesi biblica, Ricoeur mostra come, senza togliere la discordanza di principio tra le due logiche, si possa giungere ad una loro integrazione pratica.
DESCRIZIONE: Tra pluralità irriducibile delle lingue e possibilità di una reciproca comprensione: è questo lo spazio in cui si pone il problema filosofico, teologico ed etico della traduzione.
Nell'atto del tradurre, per Ricoeur, non solo si evidenziano le ragioni dell'ermeneutica e del dialogo interreligioso - in quanto ascolto e interpretazione della lingua di un altro testo, di un'altra fede - ma anche il senso stesso della relazione etica. I paradossi etici non sono tutt'uno con i paradossi della traduzione? Come accostarsi all'altro, lo straniero, senza ridurlo a sé? Nella mia identità non riconosco i segni di altre identità, trasmesse dalle differenti lingue? Una sfida che si compendia nella categoria di ospitalità linguistica: «ospitalità linguistica... ove al piacere di abitare la lingua dell'altro corrisponde il piacere di ricevere presso di sé, nella propria dimora d'accoglienza, la parola dello straniero».
I due saggi qui raccolti contengono in nuce l'intero pensiero di Augusto Del Noce, il contributo essenziale con cui ha arricchito il dibattito filosofico e culturale: il primo - L'idea di modernità - espone la sua rilettura della storia della filosofia moderna, il secondo L'interpretazione transpolitica della storia contemporanea. Se l'uno rimanda a Il problema dell'ateismo e a Riforma cattolica e filosofia moderna, l'altro rinvia a Il suicidio della rivoluzione, Il cattolico comunista, e al libro su Giovanni Gentile. Sono pagine ove emerge la forza speculativa di Del Noce, del suo leggere controcorrente la storia della modernità mostrandone volti ed esiti per lo più non visti. Esiti che segnano, per la loro ambivalenza, il nostro presente, tra compiuta secolarizzazione e inaspettata rinascita di una funzione pubblica delle religioni.
In questo numero: Søren Kierkegaard. Filosofia ed esistenza, a cura di Michele Nicoletti e Silvano Zucal. Introduzione (M. Nicoletti - S. Zucal) Penzo G., Kierkegaard tra nichilismo e secolarizzazione - Farina M., La critica a Hegel nelle pagine del Diario di Kierkegaard - Zucal S., "Si soffre una volta sola, ma il trionfo è eterno". Kierkegaard e il problema del dolore - Nicoletti M., Kierkegaard e il moderno - Pirillo N., Kierkegaard - Sartre. Il Novecento, la filosofia e le radici cristiane - Martini M.L., Gadamer e Kierkegaard - Brentari C., La riflessione su Kierkegaard e il superamento dell'idealismo nello sviluppo della filosofia di Arnold Gehlen - Giuliani M., Kierkegaard nella teologia ebraica del Novecento - Alessiato E., Søren Kierkegaard critico della modernità. Una recensione letteraria.
"Le ricerche sull'origine e sulle mutazioni della parola 'Stato' - cioè del vocabolo con il quale si indica correntemente il sistema politico vigente nel mondo 'moderno' - sebbene da parecchio tempo in corso, sono ancora lontane dal poter essere considerate approfondite in modo esauriente".Sono le righe con le quali si apre questo saggio del 1981, ritenuto un classico della scienza della politica. In pagine di cristallino rigore scientifico e ispirate alla tradizione del più disincantato realismo, è tracciata la parabola del concetto che segna la storia della modernità: nelle sue trasformazioni interne, lo Stato appare a Miglio come "il capolavoro del pensiero occidentale". Un esito in cui si intravedono anche i segni di un possibile declino, al punto che l'autore ipotizza la "ricostituzione di uno 'Stato per ceti'". Una diagnosi che Pierangelo Schiera, nel saggio introduttivo, discute ricostruendo il profilo intellettuale del suo maestro.
DESCRIZIONE: Fu a partire dal 1937, cioè dall’anno in cui i Carmina Burana vennero musicati da Carl Orff, cultore di musica antica, che quelle produzioni poetiche e musicali divennero note al grande pubblico. La loro fortuna si impose nella cultura generale e nella coscienza collettiva sempre con le caratteristiche della gaudente e disinvolta spensieratezza, spesso allargata alla licenza e alla trasgressione.
Ma a ridimensionare la communis opinio circa il significato e le caratteristiche dei Carmina Burana esce ora questa sorprendente pubblicazione di Ugo Trombi, che ci colpisce sin dal titolo di per sé significativo: I Carmina Burana che non t’aspetti. Diciamo subito che si tratta di una raccolta poetica che proviene dal medesimo codice bavarese che contiene i più noti carmi gaudenti o licenziosi: ce ne parla il curatore stesso nel capitolo dell’Introduzione dedicato al Codice buranense. Tuttavia, la raccolta che qui viene presentata è composta da canti spirituali, corone e drammi sacri: ci mostra dunque un volto completamente diverso (e in questo senso sorprendente) da quanto universalmente conosciuto circa i Carmina Burana. Come il lettore potrà verificare, affiora da questa selezione una produzione di notevole valore spirituale, di tensione al sublime e alla purezza, alla semplicità e alla verità, non priva di qualche accento critico verso l’esercizio del potere all’interno della Chiesa.
(dalla Prefazione)
COMMENTO: La traduzione dei celebri canti di Carl Orff, che ne rivela il carattere spirituale e profondamente cristiano
UGO TROMBI, già docente di lettere latine e greche, ha pubblicato presso la Morcelliana: Inni preghiere cantici. Antologia di poesia latina cristiana dal iv al xiii secolo (2003); presso Graphital Edizioni: Poesia dall’Eremo. Antologia dei Carmina di Pier Damiani (2002); L’innario Paraclitense e i Compianti di Pietro Abelardo (2003); presso Città Nuova: Romano il Melode, Kontakia/1 (2007).
DESCRIZIONE: Il dramma ruota attorno al decreto di Creonte che vieta la sepoltura di Polinice, e si sviluppa dal contrasto tra le leggi scritte della pólis e le leggi non scritte, da sempre esistenti nell’animo umano. È proprio a queste che si appella Antigone per giustificare il gesto di sepoltura del corpo del fratello. In tale contrapposizione la critica ha visto, di volta in volta, l’alternativa tra i valori dello Stato e quelli della famiglia, tra la politica e la religione, tra il mondo degli uomini e quello guidato e ordinato dagli dei, tra la ragione di Stato e la coscienza individuale. Sono tutte letture possibili e motivate; esse colgono un aspetto della problematica sviluppata dalla tragedia.
Questa nuova edizione commentata mostra la «valenza ossimorica» del testo di Sofocle, il suo declinarsi accostando concetti antitetici: l’uomo è, insieme, éupolis (fa grande la patria) e ápolis (senza patria), pantopóros (capace di tutto dal punto di vista del movimento) e áporos (incapace di muoversi, bloccato), deinós (grandioso e terribile). Una tessitura linguistica che svela l’andamento dialettico della tragedia – una dialettica senza conciliazione divenuta modello della condizione umana.
COMMENTO: La celebre tragedia in un'edizione commentata per il lettore comune, gli studenti, i docenti.
GIAN ENRICO MANZONI è docente di Didattica del Latino nella sede bresciana della Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica e insegna Letteratura greca e latina nel Liceo classico Cesare Arici di Brescia. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche sia di Letteratura greca, riguardanti Omero e Sofocle, sia di Letteratura latina, dedicate ad autori come Ennio, Cinna, Cornelio Gallo, Virgilio, Ovidio, Plinio il Vecchio e Quintiliano. Per la Morcelliana è autore della Postfazione alla nuova edizione del saggio di V. Ehrenberg, Sofocle e Pericle (2001).
DESCRIZIONE: Cresciuto alla scuola di Karl Rahner, del quale rielaborò anche alcune opere, di fronte alla insignificanza "politica" del cristianesimo, Johann Baptist Metz avverte la necessità di superare la teologia trascendentale del maestro per far valere la dimensione pratica della teologia. Diventa così il fondatore di una "nuova teologia politica", nella quale si consideri il mondo come luogo del mostrarsi di Dio e quindi come luogo nel quale la fede cristiana si presenti con la sua valenza politica. Ciò comporta che si esca dalla "religione borghese" e si dia vita a una Chiesa capace di attuarsi come comunità dell’esodo, cioè comunità critica grazie alla memoria sovversiva di Gesù che essa è chiamata a tenere desta, in particolare nei confronti delle vittime. Tra queste in particolare quelle prodotte dalla Shoà, l’evento che segna il secolo XX e impone la necessità di una nuova teodicea: non si può, infatti, non ascoltare l’interrogativo che sgorga da quella tragedia: "Come parlare di Dio dopo Auschwitz?". Teologia in processo quella di Metz, che si è precisata gradualmente, ma che è servita a far uscire la riflessione dalle questioni astratte, relative alle condizioni di possibilità dell’evento cristiano, per farla approdare alla domanda che sale dal male del mondo.
Giacomo Canobbio
COMMENTO: Il ritratto di uno dei più importanti teologi cattolici (nato nel 1928, allievo di Karl Rahner), padre della nuova teologia politica.