
"Uexküll - vitalista tra i vitalisti, feroce idealista, kantiano - in realtà un nemico della scienza naturale, poiché "l'ambiente di ogni uomo è separato da quello di ogni altro", una sorta di monadologia. Ma, con quella doppia vita che spesso hanno i naturalisti di impostazione idealista, in fisiologia egli è anche il più preciso sperimentatore che si possa immaginare. Testardo fino a essere leggermente folle, geniale fino alla punta dei capelli." (Konrad Lorenz)
Attraverso un approccio interdisciplinare, volto a integrare esegesi storica e prospettive socio-antropologiche, questo libro cerca di gettare nuova luce sul peculiare rapporto fra discepolato e famiglia che emerge dal Vangelo di Marco, e sulla particolare natura degli scenari sociali presupposti dall'autore e dai suoi immediati destinatari.
Vengono presi in esame alcuni passaggi chiave del testo e completano il volume tra ampie appendici dedicate alle strategie di reclutamento e di ingresso nel movimento di Gesù, agli spostamenti di Gesù secondo il racconto di Marco e alla classificazione dei tratti positivi e negativi dei discepoli all'interno del Vangelo.
Musarion è un poemetto in tre canti composto nel 1766 dal letterato tedesco Christoph Wieland. Intreccio di filosofia, morale e satira, fu un successo all’epoca – in pieno fermento illuministico – tanto che Goethe scrisse di averne in mente «ogni pagina» e in essa «di rivedere vivente e nuova l’antichità». L’autore di questi versi, la cui protagonista è un’etera, ha creato un genere, a tratti licenzioso e insieme letterario e filosofico, dove la filosofia mette alla prova se stessa in forma di poesia e la commedia umana veicola una precisa, e provocatoria, idea di ragione: la filosofia delle Grazie, polemica tanto verso l’entusiasmo mistico quanto verso la rigidità di filosofi e teologi. La verità – paiono dirci questi canti – è in bilico fra la misura dell’anima e quella dei sensi, e la sua luce è il riflesso dell’irredimibile fragilità umana. In appendice al volume uno scritto inedito di Goethe offre un vivido ritratto dell’amico Wieland.
Prima edizione italiana di un brillante testo del romanticismo tedesco, nel quale si alternano spiritualità ed erotismo.
CHRISTOPH M. WIELAND (1733-1813) è stato uno dei maggiori poeti e pensatori tedeschi la cui opera ha avuto un profondo influsso sul classicismo tedesco, anticipando elementi del romanticismo. Primo traduttore in lingua tedesca di Shakespeare, tra le sue opere tradotte in Italia: Oberon. Poema eroico romantico in dodici canti (Rizzoli, 1993); La storia degli Abderiti (Utet, 1982).
RENATO PETTOELLO, ordinario di Storia della filosofia contemporanea all’Università di Milano, ha curato per Morcelliana: J.F. Herbart, Dialoghi sul male (2007); J.W. Goethe - F. Soret, Conversazioni (2010), con F. Botticchio; A. Schweitzer, Goethe (2011).
Al primo volume dell'opera è allegato un CD-ROM con apparato cartografico, di riferimento per tutta l'opera.
L'esoterismo è ormai considerato dagli specchi come un campo specifico della cultura occidentale. Per secoli le correnti esoteriche antiche e moderne (ermetismo, gnosticismo, alchimia, teosofia, occultismo..) hanno incarnato una visione del mondo di tipo olistico, incentrata sulle nozioni di corrispondenze universali, natura vivente, immaginazione creatrice, in cui microcosmo e macrocosmo sono l'uno lo specchio dell'altro, e i vari livelli di realtà comunicano tra loro attraverso una fitta rete di intermediari angelici e simbolici.
Nella prima parte del volume, che si configura come un'aggiornata introduzione allo studio accademico dell'esoterismo, Antoine Favre fa il punto della ricerca internazionale sulla questione, mentre nella seconda tratteggia un aspetto fondamentale del pensiero esoterico: la nozione di "immaginazione creatrice", intesa sia come organo di conoscenza illuminante ("gnosi") sia come strumento di azione magica del reale.
Pubblicato postumo nel 1933, Morte e sopravvivenza è divenuto un classico. Il fenomeno di rimozione della morte, evidente per Scheler nella modernità, ci sorprende anche oggi: ve ne è una naturale coscienza che pare contraddetta dalla sua continua negazione.
I due termini, qui apparentemente contrapposti, mostrano invece il loro intimo legame. Solo attraverso un ripensamento della morte – che per Scheler è un compito etico – si può dare nuovo senso alla nostra vita, il senso della sua sopravvivenza: afferrare insieme la nostra finitezza e lo slancio verso la trascendenza. Non si intende dimostrare l’esistenza dell’aldilà, ma quell’eccedenza della persona che si dischiude nell’esperienza del morire, quale ultimo atto di vita che caratterizza la libertà e l’anelito spirituale della persona. Una filosofia della morte da cui emerge il nucleo essenziale della stessa antropologia scheleriana, che porta alla luce la struttura ontologica fondamentale dell’uomo.
La lezione di un classico sui temi di vita, morte, sopravvivenza, a partire dalla percezione del tempo, di passato e futuro: in fondo l'esperienza del tempo non è un approssimarsi alla fine? Una fenomenologia dell'essere che si intreccia ai temi ultimi dell'esistenza.
MAX SCHELER (1874-1928) è stato tra i maggiori esponenti della fenomenologia. Tra le sue opere tradotte: Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori (San Paolo Edizioni, 1996); La posizione dell’uomo nel cosmo (Franco Angeli, 2004); L’eterno nell’uomo (Bompiani, 2009). Presso la Morcelliana, a cura di E. Simonotti: Ordo amoris (2008); Amore e conoscenza (2009).
EDOARDO SIMONOTTI ha conseguito il dottorato di ricerca in filosofia presso l’Università di Genova. Tra i suoi lavori: La svolta antropologica. Scheler interprete di Nietzsche (ETS, 2006); Max Scheler. Universalismo e verità individuale (Morcelliana, 2011)
Scritti per la maggior parte dal 1982 al 2009, sono qui ospitati testi che non hanno connessione fra di loro, se non la fonte: la mente, la parabola esistenziale dell’autore e il variare degli interessi. Obbediscono spesso a una molla supplementare, il caso: ora la richiesta di un intervento pubblico, ora l’introduzione a uno scritto proprio o altrui, un notiziario o un riepilogo del proprio lavoro, la testimonianza su un’esperienza di vita. Qui raccolti, seguono l’ordine cronologico della redazione, assente un disegno preordinato che li comprenda tutti.
Alla base di questi testi c’è un’esperienza, avendo vissuto metà della vita in un contesto arabo.
Un lungo saggio della raccolta sembra metaforicamente illustrare il tradizionale nostos, quando si riprende la via di casa. L’autore lo fa cogliendo il pretesto del restauro per sé di un edificio antico. Una raccolta di scritti brevi offre infine come in un dagherròtipo l’immagine di alcuni personaggi che hanno arricchito una vita e un esempio di letture fondamentali, come Flaubert e Mann. Poiché l’autore di questi mémoires è un romanziere c’è anche qualche stralcio di narrativa.
La raccolta completa dei saggi sull'Oriente e l'Occidente di uno dei maggiori scrittori contemporanei, che esplora i temi dell'islam e della cultura tedesca dle '900. Dai grandi romanzieri dell'800, un percorso che mostra le fonti dello scrittore ma offre anche un modello di conoscenza aperta al dialogo fra religioni e cultura.
«Questo è un libro di buona fede, lettore. Esso ti avverte, fin dall’inizio, che mi sono proposto soltanto uno scopo domestico e privato. Non mi sono affatto proposto di essere utile a te né alla mia gloria. Le mie forze non sono capaci di un tal disegno. L’ho dedicato all’utile particolare dei miei parenti ed amici: affinché quando mi avranno perduto (cosa che accadrà molto presto) vi possano trovare alcuni tratti delle mie qualità e delle mie tendenze, e così conservare più completa e viva la conoscenza che hanno avuto di me. Se fosse stato per acquistare il favore della gente, mi sarei fatto più bello e mi presenterei con un andamento studiato. Voglio che mi si veda in maniera semplice, naturale e consueta, senza sforzo né artificio: giacché è me stesso che io dipingo. Vi si leggeranno al vivo i miei difetti e la mia immagine, per quel che il rispetto del pubblico me l’ha permesso».
(Monsieur Michel de Montaigne
Alla biografia intellettuale di uno studioso corrispondono le tappe di una storia, personale e scientifica, che danno forma al suo pensiero. È quello che Jacob Neusner tenta in queste pagine: restituire con la cronaca della sua attività di indagine gli snodi concettuali della sua opera. Il contributo di Neusner allo studio del giudaismo antico nel periodo della sua formazione – i primi sei secoli dell’era cristiana – ha cercato di situare il giudaismo nel contesto dei grandi problemi della civiltà occidentale, per come sono stati definiti dall’antica Scrittura di Israele e dai suoi eredi. Tra le varie visioni dell’uomo che si basano sulla Scrittura, quella giudaica è del tutto originale: questo perché il giudaismo rabbinico, mediante la Halakhah (legge) della Torah, provvede alla formazione di un’intera società a immagine e somiglianza di come il racconto scritturistico ritiene che le cose debbano essere. E su quale racconto si basa il giudaismo rabbinico? Su un testo primario costituito di due parti, la prima delle quali è la Scrittura – accompagnata da diverse raccolte di esegesi chiamate Midrashim – e l’altra è la Mishnah, un codice legale-filosofico seguito da due collezioni di esegesi chiamate Talmud. In tal modo la Scrittura fornì la teologia e la narrativa, o “Aggadah”, e la Mishnah fornì la filosofia e la legge, o “Halakhah”.
Il volume presenta la letteratura documentaria dei testi che compongono il canone, uno ad uno; si dedica alla descrizione, all’analisi e all’interpretazione dei sistemi religiosi compresi all’interno del giudaismo rabbinico; espone poi la storia documentaria della formazione del giudaismo rabbinico dell’antichità, con la sua trasformazione da un sistema filosofico a un sistema religioso che mira all’ordine sociale di Israele. Cerca infine di analizzare il risultato teologico dell’intera impresa, combinando la prospettiva storica con quella teorica: per questa sua visione d’insieme Neusner è divenuto un classico per la storia del giudaismo antico.
JACOB NEUSNER è Distinguished Service Professor di Storia e teologia del giudaismo al Bard College di New York e presta la sua opera di insegnamento presso diverse istituzioni culturali e università americane. È considerato uno dei più importanti studiosi del giudaismo antico, un innovatore nell’uso delle metodologie critiche applicate alla traduzione e all’analisi dei testi rabbinici. Fra le sue numerose pubblicazioni, tradotte in italiano: Come si studia la Mishna (DAC, 1983); Il giudaismo nei primi secoli del cristianesimo (Morcelliana, 1989); Il giudaismo nella testimonianza della Mishnah (EDB, 1995); Un rabbino parla con Gesù (San Paolo, 2007); Ebrei e cristiani. Il mito di una tradizione comune (San Paolo, 2009); Il Talmud: cos’è e cosa dice (San Paolo, 2009).
ANDREA NICOLOTTI è studioso di Storia del cristianesimo e assegnista di ricerca presso l’Università di Torino. Tra le sue pubblicazioni: Alcuni criteri metodologici per lo studio dei testi liturgici, in «Medioevo greco» (2000); Che cos’è la Traditio apostolica di Ippolito?, in «Rivista di Storia del Cristianesimo» 2 (2005); A Cure for Rabies or a Remedy for Concupiscence? A Baptism of the Elchasaites, in «Journal of Early Christian Studies» 16 (2008); La Sindone e i Templari. Storia di un falso (Salerno, 2011); Esorcismo cristiano e possessione diabolica tra II e III secolo (Brepols, 2011)
Utilizzando le tre Etiche di Aristotele, Arianna Fermani in questo volume offre un’ulteriore prova dell’attualità di un pensiero nel quale, costitutivamente, ogni realtà «si dice in molti modi».
Gli schemi che l’intelligenza umana elabora devono essere molteplici e vanno tenuti, per quanto possibile, “aperti”. Questo determina la presenza di “figure” concettuali intrinsecamente polimorfe; figure che il Filosofo attraversa lasciando che i loro profili, pur nella loro diversità e, talvolta, persino nella loro incompatibilità, convivano.
La verifica di questa metodologia passa attraverso l’approfondimento di alcune nozioni-chiave, dando vita a un percorso innovativo che si snoda lungo tre linee fondamentali: vizio e virtù, passione e, infine, vita buona.
Un invito alla lettura di Aristotele che introduce alla sua Etica. Attraverso l'analisi filologica dei testi si mostra l'attualità di Aristotele nelle problematiche moderne.
ARIANNA FERMANI è ricercatrice in Storia della filosofia antica presso l’Università di Macerata. Ha tradotto integralmente le Etiche di Aristotele (Aristotele, Le tre Etiche, Bompiani, Milano 2008). Ha pubblicato Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele (Eum, Macerata 2006) e numerosi contributi, dedicati all’etica aristotelica, all’interno di miscellanee e riviste nazionali e internazionali. Ha anche curato: Dio e il divino nella filosofia greca, in «Humanitas» (Morcelliana, Brescia 2005); Platone e Aristotele. Dialettica e logica (Morcelliana, Brescia 2008); Attività e virtù. Anima e corpo in Aristotele (Vita e Pensiero, Milano 2009)