Pubblicato postumo nel 1933, Morte e sopravvivenza è divenuto un classico. Il fenomeno di rimozione della morte, evidente per Scheler nella modernità, ci sorprende anche oggi: ve ne è una naturale coscienza che pare contraddetta dalla sua continua negazione.
I due termini, qui apparentemente contrapposti, mostrano invece il loro intimo legame. Solo attraverso un ripensamento della morte – che per Scheler è un compito etico – si può dare nuovo senso alla nostra vita, il senso della sua sopravvivenza: afferrare insieme la nostra finitezza e lo slancio verso la trascendenza. Non si intende dimostrare l’esistenza dell’aldilà, ma quell’eccedenza della persona che si dischiude nell’esperienza del morire, quale ultimo atto di vita che caratterizza la libertà e l’anelito spirituale della persona. Una filosofia della morte da cui emerge il nucleo essenziale della stessa antropologia scheleriana, che porta alla luce la struttura ontologica fondamentale dell’uomo.
La lezione di un classico sui temi di vita, morte, sopravvivenza, a partire dalla percezione del tempo, di passato e futuro: in fondo l'esperienza del tempo non è un approssimarsi alla fine? Una fenomenologia dell'essere che si intreccia ai temi ultimi dell'esistenza.
MAX SCHELER (1874-1928) è stato tra i maggiori esponenti della fenomenologia. Tra le sue opere tradotte: Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori (San Paolo Edizioni, 1996); La posizione dell’uomo nel cosmo (Franco Angeli, 2004); L’eterno nell’uomo (Bompiani, 2009). Presso la Morcelliana, a cura di E. Simonotti: Ordo amoris (2008); Amore e conoscenza (2009).
EDOARDO SIMONOTTI ha conseguito il dottorato di ricerca in filosofia presso l’Università di Genova. Tra i suoi lavori: La svolta antropologica. Scheler interprete di Nietzsche (ETS, 2006); Max Scheler. Universalismo e verità individuale (Morcelliana, 2011)
Scritti per la maggior parte dal 1982 al 2009, sono qui ospitati testi che non hanno connessione fra di loro, se non la fonte: la mente, la parabola esistenziale dell’autore e il variare degli interessi. Obbediscono spesso a una molla supplementare, il caso: ora la richiesta di un intervento pubblico, ora l’introduzione a uno scritto proprio o altrui, un notiziario o un riepilogo del proprio lavoro, la testimonianza su un’esperienza di vita. Qui raccolti, seguono l’ordine cronologico della redazione, assente un disegno preordinato che li comprenda tutti.
Alla base di questi testi c’è un’esperienza, avendo vissuto metà della vita in un contesto arabo.
Un lungo saggio della raccolta sembra metaforicamente illustrare il tradizionale nostos, quando si riprende la via di casa. L’autore lo fa cogliendo il pretesto del restauro per sé di un edificio antico. Una raccolta di scritti brevi offre infine come in un dagherròtipo l’immagine di alcuni personaggi che hanno arricchito una vita e un esempio di letture fondamentali, come Flaubert e Mann. Poiché l’autore di questi mémoires è un romanziere c’è anche qualche stralcio di narrativa.
La raccolta completa dei saggi sull'Oriente e l'Occidente di uno dei maggiori scrittori contemporanei, che esplora i temi dell'islam e della cultura tedesca dle '900. Dai grandi romanzieri dell'800, un percorso che mostra le fonti dello scrittore ma offre anche un modello di conoscenza aperta al dialogo fra religioni e cultura.
«Questo è un libro di buona fede, lettore. Esso ti avverte, fin dall’inizio, che mi sono proposto soltanto uno scopo domestico e privato. Non mi sono affatto proposto di essere utile a te né alla mia gloria. Le mie forze non sono capaci di un tal disegno. L’ho dedicato all’utile particolare dei miei parenti ed amici: affinché quando mi avranno perduto (cosa che accadrà molto presto) vi possano trovare alcuni tratti delle mie qualità e delle mie tendenze, e così conservare più completa e viva la conoscenza che hanno avuto di me. Se fosse stato per acquistare il favore della gente, mi sarei fatto più bello e mi presenterei con un andamento studiato. Voglio che mi si veda in maniera semplice, naturale e consueta, senza sforzo né artificio: giacché è me stesso che io dipingo. Vi si leggeranno al vivo i miei difetti e la mia immagine, per quel che il rispetto del pubblico me l’ha permesso».
(Monsieur Michel de Montaigne
Alla biografia intellettuale di uno studioso corrispondono le tappe di una storia, personale e scientifica, che danno forma al suo pensiero. È quello che Jacob Neusner tenta in queste pagine: restituire con la cronaca della sua attività di indagine gli snodi concettuali della sua opera. Il contributo di Neusner allo studio del giudaismo antico nel periodo della sua formazione – i primi sei secoli dell’era cristiana – ha cercato di situare il giudaismo nel contesto dei grandi problemi della civiltà occidentale, per come sono stati definiti dall’antica Scrittura di Israele e dai suoi eredi. Tra le varie visioni dell’uomo che si basano sulla Scrittura, quella giudaica è del tutto originale: questo perché il giudaismo rabbinico, mediante la Halakhah (legge) della Torah, provvede alla formazione di un’intera società a immagine e somiglianza di come il racconto scritturistico ritiene che le cose debbano essere. E su quale racconto si basa il giudaismo rabbinico? Su un testo primario costituito di due parti, la prima delle quali è la Scrittura – accompagnata da diverse raccolte di esegesi chiamate Midrashim – e l’altra è la Mishnah, un codice legale-filosofico seguito da due collezioni di esegesi chiamate Talmud. In tal modo la Scrittura fornì la teologia e la narrativa, o “Aggadah”, e la Mishnah fornì la filosofia e la legge, o “Halakhah”.
Il volume presenta la letteratura documentaria dei testi che compongono il canone, uno ad uno; si dedica alla descrizione, all’analisi e all’interpretazione dei sistemi religiosi compresi all’interno del giudaismo rabbinico; espone poi la storia documentaria della formazione del giudaismo rabbinico dell’antichità, con la sua trasformazione da un sistema filosofico a un sistema religioso che mira all’ordine sociale di Israele. Cerca infine di analizzare il risultato teologico dell’intera impresa, combinando la prospettiva storica con quella teorica: per questa sua visione d’insieme Neusner è divenuto un classico per la storia del giudaismo antico.
JACOB NEUSNER è Distinguished Service Professor di Storia e teologia del giudaismo al Bard College di New York e presta la sua opera di insegnamento presso diverse istituzioni culturali e università americane. È considerato uno dei più importanti studiosi del giudaismo antico, un innovatore nell’uso delle metodologie critiche applicate alla traduzione e all’analisi dei testi rabbinici. Fra le sue numerose pubblicazioni, tradotte in italiano: Come si studia la Mishna (DAC, 1983); Il giudaismo nei primi secoli del cristianesimo (Morcelliana, 1989); Il giudaismo nella testimonianza della Mishnah (EDB, 1995); Un rabbino parla con Gesù (San Paolo, 2007); Ebrei e cristiani. Il mito di una tradizione comune (San Paolo, 2009); Il Talmud: cos’è e cosa dice (San Paolo, 2009).
ANDREA NICOLOTTI è studioso di Storia del cristianesimo e assegnista di ricerca presso l’Università di Torino. Tra le sue pubblicazioni: Alcuni criteri metodologici per lo studio dei testi liturgici, in «Medioevo greco» (2000); Che cos’è la Traditio apostolica di Ippolito?, in «Rivista di Storia del Cristianesimo» 2 (2005); A Cure for Rabies or a Remedy for Concupiscence? A Baptism of the Elchasaites, in «Journal of Early Christian Studies» 16 (2008); La Sindone e i Templari. Storia di un falso (Salerno, 2011); Esorcismo cristiano e possessione diabolica tra II e III secolo (Brepols, 2011)
Utilizzando le tre Etiche di Aristotele, Arianna Fermani in questo volume offre un’ulteriore prova dell’attualità di un pensiero nel quale, costitutivamente, ogni realtà «si dice in molti modi».
Gli schemi che l’intelligenza umana elabora devono essere molteplici e vanno tenuti, per quanto possibile, “aperti”. Questo determina la presenza di “figure” concettuali intrinsecamente polimorfe; figure che il Filosofo attraversa lasciando che i loro profili, pur nella loro diversità e, talvolta, persino nella loro incompatibilità, convivano.
La verifica di questa metodologia passa attraverso l’approfondimento di alcune nozioni-chiave, dando vita a un percorso innovativo che si snoda lungo tre linee fondamentali: vizio e virtù, passione e, infine, vita buona.
Un invito alla lettura di Aristotele che introduce alla sua Etica. Attraverso l'analisi filologica dei testi si mostra l'attualità di Aristotele nelle problematiche moderne.
ARIANNA FERMANI è ricercatrice in Storia della filosofia antica presso l’Università di Macerata. Ha tradotto integralmente le Etiche di Aristotele (Aristotele, Le tre Etiche, Bompiani, Milano 2008). Ha pubblicato Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele (Eum, Macerata 2006) e numerosi contributi, dedicati all’etica aristotelica, all’interno di miscellanee e riviste nazionali e internazionali. Ha anche curato: Dio e il divino nella filosofia greca, in «Humanitas» (Morcelliana, Brescia 2005); Platone e Aristotele. Dialettica e logica (Morcelliana, Brescia 2008); Attività e virtù. Anima e corpo in Aristotele (Vita e Pensiero, Milano 2009)
In costante colloquio con i classici del pensiero occidentale, la riflessione filosofica di Giulio Severino si distingue per l’originale capacità di coniugare l’esame filologico e analitico dei testi con l’impegno teoretico, ponendo in dialogo le dottrine del passato con i problemi del nostro tempo.
Con il titolo La filosofia e la vita, i curatori evidenziano il progetto severiniano di radicare la ragione e il senso in quelle dimensioni più elementari e immediate dell’esistenza (l’inconscio, il corpo, il tempo ecc.) che la metafisica ha variamente trascurato e rimosso. Il tema fondamentale intorno a cui ruotano i saggi qui presentati è l’idea dell’assenza di Dio come condizione insuperabile dell’uomo contemporaneo, una mancanza strutturale e non epocale che Severino invita a tenere ferma nel suo carattere enigmatico e a interrogare filosoficamente, senza la nostalgia per la fede antica e senza peraltro il minimo cedimento al nichilismo.
La lezione più preziosa che emerge dall’itinerario speculativo di Giulio Severino è la convinzione che la filosofia sia una bussola indispensabile per orientare responsabilmente l’uomo in un mondo privo di garanzie metafisiche ultime.
I saggi di Giulio Severino mostrano il suo peculiare atteggiamento filosofico, che individua il razionale nelle dimensioni più elementari e immediate dell'esistenza (l'inconscio, il corpo, il tempo, ecc..), che la metafisica ha per lo più rimosso. In particolare, i saggi dedicati a Hegel rappresentano uno dei capitoli più innovativi della letteratura hegeliana degli ultimi trent'anni.
GIULIO SEVERINO (1936-2000), studioso di Hegel formatosi alla scuola di Alberto Caracciolo, ha insegnato Filosofia della storia all’Università di Genova. Tra le sue pubblicazioni: Origine e figure del processo teogonico in Feuerbach (1972); Principi e modificazioni della mente in Vico (1981); Inconscio e malattia mentale in Hegel (1983).
I curatori:
PAOLO BECCHI insegna Filosofia pratica e Bioetica presso l’Università di Genova. Tra le sue più recenti pubblicazioni per Morcelliana: Hans Jonas. Un profilo (2010); Kant diverso. Pena, natura e dignità (2011); Il testamento biologico (2011).
FRANCESCA MICHELINI è ricercatrice presso la Humboldt Universität zu Berlin e l’Università di Kassel. Tra le sue pubblicazioni: Sostanza e assoluto. La funzione di Spinoza nella Logica di Hegel (2004); Il vivente e la mancanza. Scritti sulla teleologia (2011).
ROBERTO MORANI è dottore di ricerca in Filosofia e autore dei volumi: Soggetto e modernità. Hegel, Nietzsche, Heidegger interpreti di Cartesio (2007); Essere, fondamento, abisso. Heidegger e la questione del nulla (2010)
Costante è stata l'attenzione di Ricoeur al tema della pena, nel suo versante teologico (chi commette peccato? Chi giudica e condanna?), filosofico (l'intrecciarsi di male subito e commesso) e politico-giuridico (come sanzionare il colpevole senza comminare inutili sofferenze?).
Nei saggi qui per la prima volta tradotti, che coprono l'arco dell'intera riflessione ricoeuriana, vediamo all'opera il respiro ermeneutico del filosofo: partire dalle evidenze per mostrare i rendiconti significati del "diritto di punire", un diritto che , se non riflessivamente sorvegliato, rischia di rovesciarsi nell'opposto; non riparazione di un danno, ma perpetrazione, anche involontaria, del male fisico e morale
"Attualità dell'Illuminismo", a cura di Renato Pettoello. R. Pettoello, "Una categoria dello spirito. Premessa"; E. Franzini, "Metafisica dell'Illuminismo"; V. Costa, "La giustizia. Una passione della ragione"; E. Colombo, "Realtà ed etica. Albert Schweitzer e l'Illuminismo"; F. Tomasoni, "Karl Löwith e l'Illuminismo. Un incontro mancato?"; M. Spallanzani, "Progresso dei Lumi" e "curiosità intellettuale". "L'Illuminismo di Hans Blumenberg". "Mino Martinazzoli, un politico pensante". I. Bertoletti, "Malinconia della democrazia. Sulla filosofia politica di Mino Martinazzoli"; P. Corsini, Mino Martinazzoli. "L'intelligenza degli avvenimenti, il carisma della parola"
"Briciole filosofiche" è l'opera con la quale Kierkegaard nel 1844 intende conferire un "significato decisivo all'esistenza" sulla base della sola ipotesi cristiana, e giustificarlo dal punto di vista filosofìco. Il curatore del volume, Umberto Regina, evidenzia come in questo titolo sia condensato il senso stesso della ricerca kierkegaardiana. I due termini semplicemente accostati stanno a dire che se anche la quantità è poca, la qualità è tutto: è filosofia, appunto. In aperta polemica contro ogni sistema idealistico di tipo hegeliano, Kierkegaard si sottrae alla logica dell'identità per valorizzare il pensiero della differenza: essere coscienza in grado di cogliere la propria temporalità al cospetto dell'eternità. L'eterno dona, insieme alla verità, la condizione per riceverla: v'è un'asimmetria che si manifesta nel "paradosso", ovvero la "passione del pensiero per ciò che non può pensare". Ad essere rovesciata è la tesi parmenidea della coincidenza fra l'essere e il pensare nell'identità del tutto; ciononostante, è la stessa filosofia a mostrarci l'irriducibilità del paradosso, come passione per ciò che è eccedente - spiega Regina - "propria di chi è disposto a compiere qualsiasi sacrificio intellettuale pur di non aderire a una verità nemica dell'esistenza" quale sarebbe l'idea di "sostanza": "l'intelletto e il paradosso vogliono la stessa cosa, ma possono volerla solo nel momento". Il momento è quello della "fede", nella quale la loro inconciliabilità può divenire "intesa"