Non c’è cristiano al mondo che non consideri la povertà nei suoi risvolti umani positivi: essa libera la persona dalla smania del possesso, la aiuta a saper prescindere dalle cose futili e a capire che nella vita è molto più importante l’essere che l’avere.
Spesso, però, soprattutto per coloro che inseguono le logiche di un consumismo sfrenato e compulsivo, si tratta di una condizione di carenza e privazione, di beni materiali, persone o interazioni sociali.
La povertà vera è un’altra cosa: è un atteggiamento interiore che nasce e si sviluppa da un sentimento in ascolto della Parola e è, dunque, kenosi che si espande nell’offerta di sé per il bene del mondo.
È questo l’oggetto del libro: non uno tra i tanti sulla povertà nell’epoca odierna del cosiddetto materialismo, ma un testo sulla povertà evangelica, in tutta la sua ricchezza di espressioni e valenze.
E poiché i consacrati sono tra i più sensibili interpreti dei valori evangelici, il tema è stato affrontato attraverso il racconto dei loro vissuti, valorizzando anche la gioia scaturita da certi distacchi.
Un libro che è un invito di apertura alla ricchezza divina in un cammino verso la totale rinuncia di tutto e, insieme, una raccolta di testimonianze capaci di favorire o rafforzare lo spirito di carità nell’obbedienza della povertà.
Dopo aver affrontato il tema della castità nel precedente numero, la collana “Quaderni dell’Edi.S.I.” propone un nuovo momento di formazione, questa volta incentrato sul voto dell’obbedienza.
Dono gratuito del proprio amore a un altro, e all’Altro nel caso specifico della vita consacrata, l’obbedienza permette di cogliere come la volontà del Creatore operi mediante un’autorità legittima.
Autori vari, provenienti da settori differenti, hanno voluto testimoniare la certezza che solo percorrendo un sano cammino di crescita spirituale la persona può raggiungere la piena maturità, e la comunità diventare luogo dell’inveramento dell’obbedienza a Dio e dell’autorità che serve per amore.
Ascolto, osservazione, condivisione, ricerca di una via percorribile, sono le qualità richieste al formatore, necessarie a sostenere obbedienze possibili e ad appianare il terreno a altre difficili; altresì importanti, in un rapporto che si fonda sulla volontà delle parti, sono l’accoglienza e il consenso alla chiamata, relative al formando e imprescindibili per un’educazione ben riuscita.
Le possibili difficoltà che si è cercato di delineare nel volume sono pertanto da considerare non come degli impedimenti, bensì come dei passaggi comuni nella vita di una comunità e nella crescita della persona.
In quali occasioni sperimentiamo in modo particolarmente incisivo la nostra umanità? Ci sono aspetti del vivere in corrispondenza dei quali la conoscenza di noi stessi e degli altri assume tratti di singolare pregnanza? Quale che sia la specifica risposta data alla domanda, la tesi dell’Autrice è radicale: «occorre per prima cosa prendere in considerazione il sentire».
Dedicata a questo aspetto originario della vita e al correlato mondo degli affetti, l’opera, insieme ai più celebri esponenti della ricerca fenomenologica del Novecento, riflette sui modi in cui un ordo amoris si costituisce e si manifesta, identificandone le diverse forme e i differenti ritmi.
Dall’amore – ricordano concordemente Hildebrand, Scheler e Stein – l’identità umana resta segnata in modo indelebile, mentre è chiamata alla fatica della coerenza e a riconoscere la propria e altrui singolarità, altrimenti inattingibile alla conoscenza.
Letto come un ultimo risultato della sempre ricca e vitale scuola fenomenologica o interpretato come un esercizio personale, attento e profondo di ricerca del senso, Immagini del sentire fa notare ciò che ogni persona non può ignorare: l’esigenza di apprendere la propria “grammatica del sentire”, l’insieme dei modi genericamente “possibili” e quindi antropologicamente ammessi per strutturare, nella logica di ricettività e responsività, un’esistenza intera.
Un ampio e documentato excursus storico sul Carmelo Teresiano lungo l'arco dei secoli.
La singolare e sfaccettata figura di Edith Stein è fra quelle che meglio incarnano, nel tessuto sociale tedesco fra Otto e Novecento, l’impegno per la rivendicazione della specificità dell’essere femminile e del suo valore peculiare.
Convinta assertrice della necessità di ripensare il significato del femminile in relazione al maschile, e del fatto che nella struttura essenziale dell’essere umano è inscritta una “vocazione” o “chiamata”, affida alla donna l’eccelso compito di portare a pieno sviluppo l’umanità autentica, in sé e negli altri. Madre, sposa, insegnante, educatrice, o qualunque sia la posizione che si trovi ad occupare, la donna è, nel pensiero steiniano, sempre e comunque amore pronto al servizio, nonché riflesso immediato della maternità soprannaturale della Chiesa, e pertanto sua principale collaboratrice nell’opera della Redenzione.
È in questa cornice che si collocano gli scritti del volume: una raccolta di conferenze tenute da Edith Stein tra il 1928 e il 1932, tradotte fedelmente dal tedesco e ritenute tra le più rappresentative del cospicuo bagaglio culturale ed esistenziale dell’autrice.
Frutto di una ricerca condotta in anni di lavoro, il volume nasce con l’intento di rintracciare nel pensiero della Stein i nessi che intercorrono tra la fenomenologia della persona e la teologia della Chiesa. A tale scopo, vengono presentati i tratti costitutivi del suo percorso filosofico e spirituale: da un lato la Chiesa, evidenziata come Corpo di Cristo, luogo dove la comunione empatica ha la sua massima realizzazione, frutto della vita di grazia, porta d’accesso all’accoglimento della verità di fede; dall’altro l’essere della persona, che è capacità di donarsi, conformemente al darsi dell’amore agapico del Dio trinitario.
La prospettiva di lettura scelta privilegia aspetti e motivi che conducono la Stein a una concezione della Chiesa profondamente in sintonia con le intuizioni che andavano maturando nella vita ecclesiale, e che avrebbero poi trovato compiuta espressione nella ecclesiologia del Concilio Vaticano II.
Merito di questo studio è l’aver saputo mostrare quale ricchezza generi nella vicenda della Stein l’incontro tra filosofia e religione, un incontro che è sperimentato da lei in termini di vita vissuta, prima ancora di essere reso oggetto di formulazione teorica.
Il significato della femminilità attraverso l'incontro con Dio.
Il presente volume si concentra sull’«Ultimo ritiro» della beata Elisabetta, scritto in prossimità della morte e considerato fin da subito un piccolo capolavoro della letteratura mistica.
Celebrazione, nella dura realtà della sofferenza, di Colui che abita “il Cielo della nostra anima”, il testo è
una lunga riflessione su un unico tema centrale: come vivere fin d’ora “nel Cielo della nostra anima” dove la Trinità risiede ed è preludio di ciò che costituirà un giorno la gioia profonda nel “Cielo della gloria”.
Conquistata dal pensiero del Dio Trinità presente in ogni cosa e sensibile all’amicizia umana, la beata Elisabetta in questa sua ultima fatica esorta credenti e laici a trovare un tempo di “ritiro” personale per avere esperienza viva di Dio. L’ideale contemplativo che vive in lei, dunque, non le impedisce di essere attenta ai bisogni degli altri.
In questa prospettiva si inserisce il volume di Padre Conrad che, facendo propria la volontà della beata di estendere le sue riflessioni al più vasto pubblico, ha introdotto un commento esplicativo a ognuno dei sedici “giorni” e appositi suggerimenti per la preghiera, così da rendere le pagine dell’«Ultimo Ritiro» dense di spiritualità e consigli pratici, più facilmente accessibili.
Un libro con gli insegnamenti dei grandi maestri di vita cristiana.
Un’antologia di testi per meditare e contemplare il paradosso della croce e della sofferenza innocente. Uno sguardo sul volto del Servo sofferente che illumina e dà senso al dolore di ogni uomo.