Come ricorda Sabrina Mori Carmignani nella prefazione a questo volume, a un giovane poeta che nel 1903 gli chiedeva consigli sui propri versi, Rilke risponde senza traccia d'esitazione: "Non scriva poesie d'amore", e questo monito non può non essere letto anche e soprattutto in direzione dello stesso Rilke. Il quale, in realtà, aveva sì scritto 'poesie d'amore', e in particolar modo negli anni giovanili (fra l'altro un'intera raccolta dedicata a Lou Andreas-Salomé dal titolo In tuo onore), ma aveva anche avvertito piuttosto precocemente il limite di un'ispirazione inserita entro l'esperienza vissuta in prima persona. E non è certo un caso che poi molte delle liriche dedicate a Lou non siano state da lui pubblicate. Per questa ragione, selezionare e raccogliere un'antologia di liriche amorose nell'ambito della pur vasta opera rilkiana impone il difficile confronto con un orizzonte tematico aperto. Come spesso avviene nell'opera dei poeti più grandi ogni singolo componimento rappresenta una sorta di tutto compiuto; e in Rilke questo accade in maniera ancor più evidente, poiché tutta la sua straordinaria evoluzione di poeta, pur nella molteplice complessità della sua voce, tende a un assoluto rigore espressivo, a una sorta di 'congiunzione' dei temi, che ne rivela - si pensi ai Sonetti a Orfeo e al canto estremo delle Elegie Duinesi - la natura profondamente poematica.
Tra il 1849 e il 1851 Gustave Flaubert compì quel viaggio in Oriente a lungo vagheggiato nelle sue opere giovanili. A organizzare il viaggio fu un suo grande amico, il ricco e intraprendente Maxime Du Camp. Un altro suo grande amico, Louis Bouilhet, restato invece in Normandia, fu il destinatario di queste sue splendide lettere. Il formicolio delle città piene di scene grottesche, gli amori crudamente raccontati in misere capanne lungo il Nilo, sullo sfondo di palme e rovine, le tante "malinconie del viaggio": ecco cosa racconta Flaubert in queste lettere dall'Egitto. Partito con il cuore gonfio di delusione per le critiche degli stessi suoi amici a "La tentazione di sant'Antonio", Flaubert piano piano scopre se stesso durante il viaggio, per diventare al ritorno, nella pratica ascetica della scrittura di "Madame Bovary", una sorta di eremita, come quel suo sant'Antonio la cui terra aveva finalmente visto in Egitto.
I due poemi qui presentati sotto il titolo di "Poemetti erotici" facevano parte del progetto di Pessoa di indagare il fenomeno amoroso attraverso cinque composizioni, delle quali rimangono tuttavia solo "Epitalamio" (1913) e "Antinoo" (1918). Anche se composti in un inglese volutamente letterario, quasi a rimarcarne la 'classicità' - dal canto nuziale che racconta timori e turbamenti della giovane sposa, al lamento funebre dell'imperatore Adriano di fronte al corpo senza vita dell'amato giovinetto Antinoo - più tardi Pessoa si riferì ad essi con gli appellativi di 'indecenti' e 'osceni', sostenendo di avervi sfogato i propri istinti più bassi; ma ben al di là del giudizio del loro stesso autore, e al di là anche dell'esaltazione esplicita dell'omosessualità ellenistica, questi due poemetti "ci rivelano - come ha scritto Antonio Tabucchi - un Pessoa giovane, giovane come forse mai fu, che parla dell'amore, dei sensi, del corpo. Che bel Pessoa".