Dopo essere stato per decenni una palla al piede dell'economia nazionale, il Mezzogiorno è oggi chiamato a riconoscere spazio al mercato e alle logiche imprenditoriali, divenendo la frontiera di un'Italia inedita e ricca di potenzialità. È questa la tesi sostenuta da Piercamillo Falasca e Carlo Lottieri, persuasi che tale obiettivo possa essere raggiunto sposando l'idea di un federalismo fiscale per il Sud. Anziché invocare una maggiore redistribuzione a loro favore, la classe politica e l'opinione pubblica meridionale devono accettare la sfida della competizione tra territori, rinunciare allo status quo e proporre al Centro-Nord uno "scambio": alla riforma federale e all'abolizione di ogni sussidio si accompagni l'abbattimento generalizzato e per dieci anni dell'imposta sul reddito di impresa per chi investe al Sud. Il costo per l'erario sarebbe sostenibile e si creerebbero quelle condizioni favorevoli allo sviluppo economico che mezzo secolo di trasferimenti miliardari non ha prodotto. Il sogno degli autori è quello di veder sorgere nel Mezzogiorno una nuova Irlanda, calda e multicolore, tra Pompei e la Valle dei Templi: una "tigre mediterranea" quale solo una svolta coraggiosamente federalista e in direzione del mercato può permettere.
Se oggi si parla di crisi del modello culturale occidentale, le radici di questa crisi vanno rintracciate nella storia delle idee degli ultimi due secoli. È in particolare nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale che si assiste a una chiara presa di coscienza di questa crisi. Come sosteneva lo storico inglese Arnold Toynbee, una cultura decadente e in crisi può ancora avere un futuro grazie all'opera di minoranze creative e personalità eccezionali. L'autore vede proprio in quei pensatori cristiani tra le due guerre, oggetto del presente studio, quella minoranza creativa e quelle personalità eccezionali che, avendo coscienza della crisi, si adoperarono a trovare possibili soluzioni. Si tratta ovviamente di posizioni e punti di vista assai diversi tra loro, ma tutti con il comune denominatore di individuare il superamento della crisi nell'abbandono del modello antropologico della modernità e nel recupero delle radici cristiane della cultura. Lo sforzo di questi pensatori appare oggi più che mai attuale. Il recupero delle radici cristiane dell'Europa, come ha sostenuto a più riprese anche papa Benedetto XVI, sembra sempre più l'unica via d'uscita dallo stato di apatia e di perdita di identità in cui è caduta la cultura occidentale.
A distanza di oltre mezzo secolo torna sul mercato italiano il capolavoro di G.K. Chesterton "L'uomo eterno", una intensa esplorazione della storia umana in cui l'autore, opponendosi al dilagante darwinismo sociale, nega la linearità dello sviluppo dalla barbarie alla civiltà e riafferma l'unicità e la cesura rappresentate nella storia dal messaggio cristiano.
Le questioni bioetiche affondano le loro radici nella sofferenza, rendendo tormentata la risposta dell'etica. Una sofferenza che deriva dalle forme diverse che nell'età della tecnica assume la vulnerabilità, intesa come la continua esposizione al dolore, alla malattia e alla morte che segna la condizione umana e ci affida alla "cura". Fare della vulnerabilità un principio bioetico fondamentale, come nella Dichiarazione di Barcellona del 1998, significa indicare una "via" per dar voce al dolore dell'esperienza del limite che rimane dietro il "caso bioetico". Ripensando l'autonomia alla luce della vulnerabilità, integrando l'approccio dell'etica dei principi con quello dell'etica della cura, il testo propone una rilettura di alcuni temi della bioetica: la responsabilità verso il futuro, il rispetto per la persona, i modelli di relazione paziente-medico, le scelte dell'etica del morire, la rinuncia alle cure. Ne emerge la proposta di una "bioetica della cura" che, pur tra difficoltà teoriche, mostra le potenzialità di una "bioetica della solidarietà".
Raccogliendo una quantità notevole di scritti giornalistici, Eugenio Fizzotti passa in rassegna nella prima parte del volume aspetti di particolare interesse del compito evangelizzatore della Chiesa, soprattutto in terra calabrese, attingendo a documenti di prima mano e ad interventi pastorali di vescovi e cardinali di alto profilo. In quanto figlio spirituale di Don Bosco, egli analizza nella seconda parte tematiche di eccezionale attualità riguardanti l'educazione che, ritenuta da sempre "questione di cuore", rappresenta una sfida da accogliere e da affrontare per la costruzione di un futuro di giustizia e di rispetto della legalità. La terza parte, specificamente dedicata agli orizzonti psicologici ed educativi additati dalla visione teorico-pratica di Viktor Frankl, fondatore della scuola viennese di logoterapia e analisi esistenziale, fa risaltare il ruolo preponderante della ricerca di senso in una vita che, aperta a relazioni interpersonali di qualità e capace di guardare oltre se stessa, realizza compiti esistenziali unici e irripetibili, da cui scaturiscono le sorgenti della felicità che nulla e nessuno può mai distruggere. Come scrive nella Prefazione il Card. Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, anch'egli salesiano, Eugenio Fizzotti in questo volume mostra ancora una volta che "l'opera e il pensiero frankliani rappresentano un'autentica rivoluzione copernicana, che rompe gli schemi del conformismo e del fatalismo.
Il progetto della società civile richiede in primo luogo l'esercizio di alcune virtù civiche che potremmo sintetizzare con l'espressione autogoverno: l'insieme delle virtù che segnano la distanza tra il suddito, ripiegato su se stesso e in balia del potere coercitivo, e il sovrano, responsabile per le azioni che compie e per questa ragione libero di contribuire alla realizzazione della propria personalità. L'esercizio di tali virtù richiede il sacrificio costante e la vigilanza perenne, dal momento che il progetto della società civile non è l'esito intenzionale di qualche astuto scienziato sociale; non si tratta di un'opera d'ingegneria sociale, raggiunta in modo definitivo, una volta per tutte, bensì è la lenta evoluzione di attitudini che hanno assunto la forma storica che noi conosciamo dopo un'incessante - e mai definitivamente compiuta - opera di approssimazione a ciò che uomini imperfetti, ma desiderosi di migliorare la propria condizione, hanno creduto e credono che sia la verità.
La lunga e articolata vicenda dell'Azione Cattolica viene ripercorsa al fine di offrire un'aggiornata lettura storica sul ruolo avuto da quest'associazione nella Chiesa e nella società italiana. Il volume coglie, da differenti prospettive, la graduale maturazione del laicato cattolico come movimento organizzato nel nostro Paese. Vengono prese in considerazione alcune tematiche connesse: la dimensione religiosa, che costituisce una natura costante periodicamente "riscelta", la cultura sociale, sindacale e politica, ma anche la questione femminile, la questione nazionale, le relazioni fra storia del laicato e pratiche di spiritualità. Si arriva infine all'analisi di due modalità di radicamento territoriale, geograficamente agli antipodi della penisola: il caso veneto e il modello meridionale. In un panorama sociale e politico oggi radicalmente mutato, l'approccio storico può assumere un valore inedito. È opportuno, infatti, recuperare il cammino di questa lunga tradizione con uno sguardo complessivo, per constatare come la centralità della Parola, della liturgia, della cultura sia stata vissuta dall'Ac in tutta la sua valenza educativa e culturale.
La Chiesa cattolica è stata spesso vista come un'istituzione obsoleta, legata a riti e convinzioni ormai superate e che si ostina a imporre la propria visione del mondo e della vita, costringendo le persone ad abdicare alla loro libertà di coscienza e di azione per aderire a un codice morale che appare a molti antiquato se non addirittura crudele. Eppure questa visione della Chiesa contrasta ampiamente con la vita di molti cattolici, come papa Wojtyla o Madre Teresa di Calcutta, che sono divenuti icone mondiali dell'amore e della solidarietà. Questo libro di George Weigel aiuta il lettore a superare tale apparente contraddizione guidandolo attraverso i temi chiave più controversi del cattolicesimo - dall'etica sessuale al modo di celebrare la messa, dalla fede in Cristo quale unico salvatore al rapporto con le altre religioni dimostrando come molti di questi aspetti, se compresi all'interno della visione cattolica del mondo si rivelano in realtà segni dell'amore di Dio e della Chiesa per l'uomo e per la sua inalienabile dignità.
Il libro desacralizza l'evento della rivolta studentesca del 1968, riducendone l'aura mitica e andando invece a studiare approfonditamente le dinamiche che lo caratterizzano. Secondo Aron la rivoluzione non è in realtà tale, ma è solo un delirio, uno psicodramma collettivo in cui ognuno recita una parte. Aron rifiuta nel libro di fare profezie e di dire cosa accadrà, ma a distanza di quarant'anni da quegli eventi, ci si può facilmente rendere conto di come molte delle sue analisi portassero a conclusioni che oggi sono facilmente condivisibili da tutti.
Cosa lega la mafia alla 'ndrangheta e alla camorra? Si tratta solo di atteggiamenti culturali o di vere o proprie organizzazioni con tanto di gerarchle, cerimonie di affiliazioni, regolamenti interni ecc. ? Questo libro di Enzo Ciconte ricostruisce la storia delle tre più potenti organizzazioni criminali italiane (senza tuttavia tralasciare le altre) dimostrando come vi siano alla base dei caratteri comuni che consentono di considerarle come un unico fenomeno che si esplia secondo modalità e forme diverse.