Il volume è la nuova edizione aggiornata del Manuale di Studi strategici pubblicato da Vitae Pensiero nel 2010 e più volte ristampato negli anni successivi. Che cos'è la strategia? Come si è sviluppato il 'pensiero strategico' nella storia? Esistono alcuni principi 'immutabili' della guerra? Che cosa sono le 'nuove guerre', i 'conflitti asimmetrici' e la 'guerra fra la gente'? E gli 'studi strategici'? Ripercorrendo l'opera di diversi autori che nel corso del tempo si sono confrontati con queste domande impegnative, da Tucidide a Sun Tzu,da Machiavelli a Clausewitz, fino ai contemporanei Liddell Hart, Kissinger, Luttwak, Giampiero Giacomello e Gianmarco Badialetti provano a spiegare, in maniera chiara e sintetica, da dove provengono concetti e termini strategici (così male utilizzati nei media), quali sono le dinamiche strategiche che condizionano il ricorso alla forza militare da parte dei governi e quali gli strumenti (come il controllo degli armamenti e il peacekeeping) che possono oggi limitarne le conseguenze. Ne risulta un manuale agevole, rivolto in particolare agli studenti di scienze politiche, relazioni internazionali, cooperazione e sviluppo e peace studies, ma utile anche, più in generale, a coloro che sono interessati a capire i rapporti tra politica e logica di guerra, nella convinzione che in una democrazia è fondamentale conoscere questi temi per poterne discutere apertamente.
Parlare della donna significa spesso, oggi, soffermarsi sulle discriminazioni cui va incontro, sulla necessità di fare altri passi importanti nel campo dell'uguaglianza con l'uomo, sulla preoccupazione per l'escalation della violenza di genere. Molto cammino ci aspetta ancora, ma un aiuto prezioso può arrivarci da una strada finora poco percorsa, che supera gli stereotipi dei luoghi comuni e rovescia i termini della questione: non si tratta di promuovere la rincorsa della donna a essere 'come l'uomo', ma di evocare l'identità femminile come risorsa anche per l'uomo e per la società. Partendo dalla teoria psicoanalitica della donna come portatrice di un'apertura che crea varchi nella realtà ordinata e regolata dallo sguardo maschile, Francesco Stoppa costruisce un'originale riflessione su come l''anomalia' femminile, con la sua capacità di accogliere l'inatteso, di tracciare solchi e aprire spazi di incontro, possa rappresentare un modello diverso di approccio alla vita e di costruzione dei legami. Questa diversità della donna oppone infatti all'autoreferenzialità e alla semplificazione maschile l'esercizio di civiltà che consiste nel dare ospitalità a tutto ciò che non entra mai a regime, ma in cui riposano i tratti più autentici dell'umano. È come il comune 'gioco del quindici', ci suggerisce sorridendo Stoppa, dove è la casella assente a far funzionare tutto, a permettere, per il fatto di essere vuota, il movimento delle altre. Ed è come la costola perduta di Adamo: una 'rottura', una perdita di equilibrio, capace di riportare all'uomo un surplus di vita. «Questo è una donna per l'uomo: il precipitato, la forma, certo effimera ma per i suoi effetti miracolosa, grazie a cui il richiamo della vita, il suo mistero, trovano di che incarnarsi. La vita di cui allora possiamo anche cessare di avere paura, che possiamo accogliere in noi fino a prendercene cura, fino a esserle grati di aver interrotto il nostro sonno senza sogni».
Talvolta si coltiva un'immagine della preghiera come astrazione dal mondo che consente di entrare nei cieli rarefatti della mistica e incontrarvi l'insondabile mistero divino. Le cose, almeno per la preghiera cristiana, non stanno così: i salmi, che ne sono il modello, lo dimostrano con suggestiva sovrabbondanza. Questi centocinquanta componimenti poetici ci parlano di uno stare ?davanti a Dio' fatto dei molteplici toni e colori dell'esperienza umana, di quella terra con cui sono impastati i figli di Adamo. I registri che risuonano nei salmi sono infatti quelli della lode, del ringraziamento, della benedizione, ma insieme anche quelli della domanda smarrita, dell'invocazione e perfino dell'invettiva. I salmi ci insegnano a superare il mutismo dei nostri sentimenti nel colloquio con Dio, offrendoci una sorta di lessico e di grammatica della preghiera. La verità dell'esperienza umana, con tutte le sue durezze e i suoi interrogativi senza risposta, non viene mai dissimulata attraverso quella prospettiva spiritualizzante o edificante che sempre fa tornare i conti della vita. Nello stesso tempo, i salmi attestano che questi molti modi di stare davanti a Dio sono accomunati da una radicale, e talvolta nuda, fiducia in lui. La tensione così disegnata è all'origine del fascino che queste preghiere tutt'oggi continuano a esercitare. Bruno Maggioni nei suoi rapidi commenti al libro dei salmi mostra di essere in piena sintonia con lo spirito che li anima. Questi sobri suggerimenti di lettura conducono fino alla soglia del salmo. Tocca al lettore varcarla.
La libertà dell'individuo, l'affermazione di sé e dei propri diritti e desideri, punto focale della modernità, è diventata oggi il culto ossessivo dell'identità personale. Un vero e proprio 'monoteismo del sé' che, consumando compulsivamente il mondo e gli altri come puri strumenti della propria realizzazione, finisce per consumare la sua stessa umanità. Il primo santo del calendario post-moderno non è più, come annunciava Marx, Prometeo, che sfidava gli dei in favore degli uomini. È Narciso, che vive dell'amore dell'altro ma non lo riconosce e non restituisce nulla. È un destino segnato per l'umano? Questo dogmatico 'tutto intorno a me' che ormai mostra in molti modi il suo carattere distruttivo - dal ripiegamento narcisistico dell'amore al fanatismo religioso, dallo svuotamento della comunicazione alla soggezione della tecnica, dalla commercializzazione del dono alla burocrazia del diritto - non conosce alternativa? Pierangelo Sequeri dice di no, noi non siamo questo, l'umano non funziona affatto come lo racconta il pensiero unico. E una via d'uscita c'è. Occorre avere il coraggio di disarmare questa pulsione ossessiva che conduce al nulla, andando al meccanismo che la innesca: si tratta, nelle parole di Sequeri, di «rovesciare il tavolo del soggetto moderno». Invece di accanirsi sulla domanda 'chi sono io', alla quale l'individuo non è in grado di dare risposta, guadagnandone solo frustrazione e maggiore aggressività, bisogna imparare a chiedersi 'per chi sono io', un interrogativo capace di aprire il varco verso un'avventura personale e di relazione che ha il sapore della libertà. Rovesciando l'ordine delle sue domande di senso, l'umano trova eccome la sua destinazione, e cambiare rotta non è poi così difficile: «Non si tratta di cancellare la dignità del soggetto libero e consapevole, sacrificandola all'alterità o alla collettività. Si tratta di uscire - mentalmente, anzitutto - dall'incantamento di Narciso, impasticcato e afasico, rompendogli lo specchio e mandandolo a lavorare. Scoprirà di essere migliore, sarà felice. (E anche noi)».
Il libro cristiano, in questo volume conclusivo della trilogia che Giuliano Vigini ha dedicato alla sua storia, si trova di fronte alla sfida della modernità, a partire dai fermenti rinascimentali fino alle effervescenze dell'epoca contemporanea. Una parabola amplissima, che l'autore ripercorre per nuclei tematici, in una visione di sintesi che colloca opere e protagonisti nei diversi contesti culturali e storici. Dopo il resoconto delle edizioni più significative della Bibbia dal Seicento a oggi, ci si sofferma sull'apologetica cristiana, da Pascal a Chateaubriand fino a Newman e Chesterton, per addentrarsi poi nel filone della spiritualità femminile, con le sue grandi protagoniste, come Teresa d'Avila o Edith Stein, ma anche con figure meno note ma intense come Benedetta Bianchi Porro. Con i libri di pietà e devozione si entra in un campo ancora più prolifico, di cui si offre uno sguardo d'insieme e alcuni esempi classici, come Grignion de Monfort e Alfonso Maria de' Liguori. Rilevante è poi la messa a fuoco sui rapporti tra letteratura e cristianesimo, che propone i Promessi sposi come «romanzo della Provvidenza», ma considera anche quegli scrittori francesi (Mauriac, Claudel, Saint-Exupéry) che del messaggio cristiano hanno dato una rappresentazione emblematica e personale. Infine, il volume ripercorre i «volti della profezia e della contestazione» (da Rosmini a Léon Bloy, da Péguy a Mazzolari), per concludere con quattro grandi esperienze di «spiritualità contemporanea» (Charles de Foucauld, Giovanni XXIII, Divo Barsotti, Carlo Maria Martini) che hanno lasciato nel Novecento un segno che non si cancella.
«Lo studio di Kierkegaard fu da me vissuto sin dall'inizio come una necessaria integrazione della mia formazione metafisica, volta ai temi costitutivi dell'essere: temi che, per se stessi, sarebbero privi di senso se non fossero percorsi partendo dalla carne viva dell'esistenza e solo per ritornare nel suo cuore cercandone senso e destino». Virgilio Melchiorre raccoglie qui in un'unica opera i contributi che ha dedicato al pensiero di Søren Kierkegaard dal 1953 fino a oggi. Venti scritti che, mediante un'accurata ricognizione storico-teoretica del dettato kierkegaardiano, ne analizzano i diversi aspetti - estetico, etico, teologico - senza tralasciarne la valenza critica rispetto alle categorie di un idealismo oramai al tramonto. Attraversando oltre mezzo secolo di ricezione italiana del filosofo danese, il volume è a un tempo occasione e testimonianza: occasione, per chiunque intenda comprendere e approfondire il pensiero di Kierkegaard, di accedere a testi ancora fondamentali e ormai difficilmente reperibili; testimonianza di un percorso di ricerca e di riflessione rigoroso, di alto valore etico e teoretico, caratterizzato dalla tenace attenzione alla struttura ontologica dell'essere umano e alla trascendenza metafisica del suo fondamento nella loro inscindibile unione.
I frammenti pervenuti del XXXI libro della Biblioteca di Diodoro rappresentano una delle principali fonti sul periodo compreso tra la terza guerra macedonica e la terza guerra punica (168-152/1 a.C.), fase sotto molti aspetti decisiva per l'evoluzione dei rapporti tra Roma e il mondo greco. Il XXXI si caratterizza come libro 'ellenistico', in ragione della molteplicità degli scenari geografici e degli attori storici considerati all'infuori di Roma e, malgrado l'assenza di un evento bellico centrale, si segnala come quello di gran lunga meglio preservato nel panorama delle ultime due decadi frammentarie della Biblioteca, in ragione di una tradizione particolarmente composita. Si tratta di uno dei pochi libri per cui sono possibili confronti per esteso con passi della fonte maggiormente seguita nella circostanza da Diodoro, le Storie di Polibio, ciò che rende possibile una disamina accurata delle modalità di elaborazione della materia da parte dello storico siceliota.
Il volume contiene venti saggi scritti da grandi specialisti italiani, francesi e tedeschi sull’Ordine religioso dei Templari, i Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis. Rispetto alla conoscenza diffusa sull’argomento, sono presenti novità assolute, per esempio in rapporto alla legislazione, con gli studi sul manoscritto 44 A 14 della Biblioteca Corsiniana di Roma appartenente all’Accademia dei Lincei, ma anche per gli studi condotti in ambito inglese su un codice di recente ritrovamento della Biblioteca Capitolare di Modena, sicuramente appartenuto a una domus templare italiana, in cui sono descritte le cerimonie liturgiche dei cavalieri del Tempio. Inoltre si è voluto inserire la storia di questo Ordine religioso nel contesto del Mediterraneo al tempo delle spedizioni, o meglio dei pellegrinaggi armati (passagia) verso la Terra Santa. Specialisti di sicura competenza hanno affrontato il problema dei rapporti tra i pauperes commilitones e i poteri costituiti, imperatori, re, papi e sultani, mentre altri hanno indagato il loro modo di rappresentarsi nei sigilli utilizzati da alcuni responsabili dell’Ordine. Ogni saggio, di facile lettura, si conclude con una bibliografia utile per chi voglia approfondire le questioni trattate. Il tutto senza alcun cedimento ai miti storiografici e letterari che continuano a circolare nella cultura mondiale. In particolare, il saggio conclusivo del libro affronta nello specifico la storia di queste utilizzazioni del mito templare, chiarendone le ragioni e le implicazioni religiose, politiche e sociali.
Il volume si colloca nel quadro delle iniziative organizzate dall'Università Cattolica in occasione dell'anno giubilare della Misericordia voluto da papa Francesco: un percorso composto da workshop, mostre, eventi teatrali, letterari, musicali, che si concluderà il 10-12 novembre2016 con un grande Convegno nazionale. Il libro riunisce gli Atti del Seminario scientifico interdisciplinare di teologia, filosofia e scienze dell'uomo che costituisce il momento fondativo ditale percorso intitolato appunto "La Misericordia e le sue opere". Teologi e filosofi si confrontano al fine di restituire la categoria di "misericordia" al suo pieno significato. È innanzitutto il nome di Dio creatore e redentore, che non si accontenta di "fare del bene", ma che chiama gli uomini a divenire "suoi figli". La "misericordia" è perciò una categoria molto "esigente": non lascia tranquilli, chiede conversione e impegno personali. Alle riflessioni dei teologi e dei filosofi, seguono quelle di giuristi, economisti e sociologi: l'impegno a "essere misericordiosi", come lo è Dio, comporta infatti un cambiamento anche dell'uomo pubblico e del suo modo di operare nel mondo.
Da quando nel 1540, quasi cinque secoli fa, Paolo III istituì ufficialmente la Compagnia di Gesù, gesuiti e papato sono legati da una relazione speciale che ha attraversato la storia della Chiesa e della modernità. Da subito, con il loro 'quarto voto', i gesuiti dichiarano obbedienza incondizionata verso il pontefice, ponendosi come strumento al servizio dei disegni di Roma dapprima nella strategia missionaria e poi anche nella formazione delle classi dirigenti e nei rapporti con le grandi istituzioni politiche europee. Ma questo rapporto esclusivo e intenso non è stato sempre fluido e in armonia: ha conosciuto, anzi, momenti di grande difficoltà e incomprensione, come nel XVIII secolo, quando la Compagnia fu soppressa da papa Clemente XIV o in tempi più recenti, dopo il Vaticano II, per le acute tensioni con Paolo VI prima e Giovanni Paolo II poi. Con il suo stile consueto, di grande rigore storico abbinato a una capacità di narrare in modo sapido e avvincente le vicende umane dei protagonisti, John O'Malley dipinge in questo libro un colorato affresco nel quale il rapporto singolare, tumultuoso e variegato, tra gesuiti e papato si muove sul palcoscenico ben più ampio delle vicende storiche e politiche, tra svolte clamorose e colpi di scena, tragedie e risalite, polvere e onori, fino ad arrivare all'evento più inatteso: il primo papa gesuita della storia, Francesco.