Il simbolico è una funzione assolutamente necessaria per la comunicazione umana. Si può manifestare in oggetti materiali, in azioni concrete, in strumenti di mediazione e in dimensioni spaziali e temporali. Inoltre le azioni simboliche e gli oggetti materiali simbolici possono diventare concetti tipologici, con i quali ogni civiltà raggiunge una propria identità. Infine, la dimensione simbolica è intimamente connessa alla religiosità, che a sua volta si configura come un'esigenza elementare presente nell'uomo. Sotto la spinta della religiosità, egli attribuisce agli elementi materiali e alle azioni un significato che va oltre la vita sensibile e quotidiana per raggiungere un universo di valori. La religiosità si basa dunque sull'esperienza del quotidiano, ma contemporaneamente lo trascende, permettendo così all'uomo di dare un senso alla sua vita e al complesso dei suoi comportamenti. Questo volume intende approfondire i vari aspetti relativi alla mediazione simbolico-religiosa e scoprire come essi si configurarono in modo innovativo nel contesto dell'Europa cristiana nel pieno Medioevo.
Il volume raccoglie gli scritti di diversi studiosi di diritto internazionale, italiani e stranieri, dedicati ai diritti fondamentali della persona nella sfera economica, sociale e culturale. I temi affrontati, pur riguardando una delle principali categorie in cui sono tradizionalmente classificati i diritti umani, hanno ricevuto a lungo un’attenzione secondaria rispetto ai diritti civili e politici, e solo in tempi più recenti sono divenuti oggetto di studio e di approfondita riflessione nella comunità internazionale.
Attraverso l’esame delle norme rilevanti e della prassi internazionale, i vari studi offrono le chiavi di lettura e gli elementi necessari per comprendere il contenuto degli obblighi e dei diritti fondamentali in quest’ambito, il loro comune obiettivo di garantire la realizzazione di condizioni di vita dignitose per ogni essere umano, nonché per cogliere le connessioni che i diritti in esame hanno non solo tra di loro ma anche con i diritti civili e politici. A tal fine, oltre ad analisi di taglio generale e sistematico, sono affrontati nel dettaglio alcuni tra i più rilevanti diritti nel settore in questione (il diritto all’alimentazione, all’istruzione, all’abitazione, a un ambiente sano e i diritti in materia di lavoro).
Ampio spazio è dedicato all’opera dei principali soggetti cui compete la tutela internazionale in tale materia, a partire dalle organizzazioni internazionali che hanno predisposto strumenti di protezione specifici (l’ONU, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il Consiglio d’Europa, l’Organizzazione degli Stati Americani). A questa prospettiva tradizionale il volume affianca l’analisi del ruolo fondamentale che nella promozione dei diritti economici, sociali e culturali spetta ad altri attori dell’attuale vita di relazione internazionale, quali le istituzioni finanziarie internazionali, l’Unione Europea, le imprese multinazionali.
Scritti di: Francesco Bestagno (Università Cattolica del Sacro Cuore), Michael Bothe (Università di Francoforte «W. Goethe»), Francesco Costamagna (Università degli Studi di Torino), Marise Cremona (Istituto Universitario Europeo), Pasquale De Sena (Università degli Studi di Napoli «Federico II»), Claudio Di Turi (Università degli Studi della Calabria), Claudio Dordi (Università Commerciale «L. Bocconi»), Marco Gestri (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia), Gisella Gori (Consiglio d’Europa), Giorgio Malinverni (Corte europea dei diritti dell’uomo), Card. Renato Martino (Santa Sede), Riccardo Pisillo Mazzeschi (Università degli Studi di Siena), Silvia Sanna (Università degli Studi di Sassari).
I testi raccolti nel presente volume vogliono essere uno strumento utile per quelle parti della celebrazione eucaristica che l'ordo liturgico affida alla creatività intelligente, discreta e responsabile di chi presiede l'assemblea o di quanti animano la celebrazione stessa. Oltre all'utilizzo nella liturgia, i testi qui proposti potranno aiutare la meditazione personale, sia come preparazione alla celebrazione comunitaria sia come ripresa e approfondimento di quanto vissuto nell'assemblea eucaristica. L'intento primo di questi testi è di far convergere i diversi interventi che si susseguono all'interno della celebrazione sul vangelo del giorno, che diviene così il testo ispiratore e unificatore di tutta la liturgia. Tale convergenza è ordinata all'ascolto e all'assimilazione della Parola di Dio proclamata in ogni Eucaristia, specie della pagina evangelica, a partire dalla quale è stato scelto sia il brano dell'Antico Testamento sia, nei tempi forti e nelle feste, quello dell'Apostolo. Suggerita dunque dallo stesso lezionario, questa convergenza potrà consentire di evitare ogni dispersione o frammentazione dei contenuti del messaggio biblico e, al tempo stesso, educare la comunità cristiana a una preghiera liturgica e personale nata dall'ascolto della Parola di Dio, così che liturgia sia la prima pedagoga della preghiera dei cristiani e, in particolare, la sinassi eucaristica domenicale assuma i tratti di un'autentica scuola di preghiera.
In questo libro uscito postumo, il grande studioso inglese dei media mette a tema, nel modo lucido e accattivante che ormai è la cifra dei suoi scritti, il rapporto tra i media e il futuro della civiltà. Al di là del potere economico o di convincimento da tempo riconosciuto ai mezzi di comunicazione, essi rivestono, secondo Silverstone, anche un ruolo fondamentale nella costruzione dei rapporti tra le persone. Lo sviluppo pervasivo dei media condiziona il nostro contatto con l’altro, portando il mondo nella nostra quotidianità, avvicinando l’esperienza dell’esterno da noi in maniera sempre più forte. Ma la situazione non è così chiara e rettilinea. La ‘vicinanza’ prodotta dai media (e accentuata dal processo di globalizzazione economica e sociale) è in realtà apparente. Il mondo irrompe nel nostro quotidiano – spesso con la diretta drammaticità di eventi come la strage di Beslan o la devastazione a opera dell’uragano Katrina o anche, su un versante più positivo, con la ricchezza dell’offerta polifonica dei nuovi media, internet sopra tutti – ma poi rimane chiuso in questo spazio individuale, diventa spettacolo da guardare, senza che venga messa in gioco una relazione tra i diversi interlocutori.
Il mondo con cui entriamo in contatto è un mondo ‘mediato’; è uno spazio nuovo, non solo reale e non solo immaginario, dove ormai si costruiscono le trame della nostra civiltà; è, nella felice invenzione lessicale di Silverstone, una mediapolis, uno spazio definito di relazioni, di comunicazione politica e sociale. Questo spazio, che è il nostro orizzonte relazionale e che sempre più lo sarà in futuro, assegna anche a noi un ruolo da giocare, e diventa quindi, sul duplice versante dei produttori e dei fruitori dei media, uno spazio di moralità e di responsabilità, di obblighi e di giudizio. Questo è il ‘tavolo’ – per riprendere una suggestiva metafora di Hannah Arendt cara a Silverstone – su cui si giocherà il nostro futuro all’interno della mediapolis, un futuro, un compito, che passa attraverso la riflessione, l’apertura, la pluralità, il ritorno alla giusta distanza e all’ospitalità. Se la mediapolis distruggerà o piuttosto costruirà i rapporti tra le persone è la sfida cui tutti noi, non solo gli studiosi dei fenomeni mediali, siamo chiamati a rispondere.
Roger Silverstone (1945-2006) è stato uno dei pionieri dello studio dei media nel panorama inglese e mondiale. Professore di Media and Communications alla London School of Economics and Political Science, si è distinto per il suo originale punto di vista sulle comunicazioni, occupandosi principalmente del modo in cui i media rappresentano il mondo, influendo sulle persone, sulla loro vita di tutti i giorni, sulla loro immaginazione, sulla loro memoria, sulle relazioni che instaurano con gli altri. Tra i suoi libri, sono stati tradotti in italiano Televisione e vita quotidiana e Perché studiare i media?
Il libro presenta per la prima volta dopo oltre due secoli un commento al testo della seconda Critica di Kant. Paragrafo per paragrafo l'autore guida il lettore a una intelligenza diretta del testo che tiene presente sia il complesso degli scritti di Kant sia il contesto della riflessione morale alla fine del secolo XVIII. Nell'intento di cogliere il significato obiettivo della Critica, l'autore evita una lettura armonizzatrice che passi sopra a scabrosità e incongruenze del testo e che miri a costruire un'etica aggiornata alle discussioni moderne, ma estranea alle argomentazioni del filosofo di Königsberg. Il commento è inframezzato da numerosi excursus nei quali vengono discussi separatamente concetti e problemi di particolare rilevanza che si presentano nel corso della Critica. L'autore ha cercato di distinguere l'esegesi immanente, nella quale ci si prefigge di individuare il significato obiettivo del testo kantiano, da un'esegesi esterna la quale valuti l'etica di Kant dal punto di vista di quell'esperienza morale che è comune a tutti gli uomini. Una siffatta valutazione coincide largamente con la filosofia morale di san Tommaso.
Il volume propone una ricerca per documentare la ragionevolezza e la 'convenienza' per l'intero sistema economico del prendere in considerazione il principio qualificante della dottrina cattolica che dichiara il lavoro "chiave della questione sociale" e insieme ne afferma la priorità sul capitale. Il tutto in riferimento alle grandi trasformazioni degli ultimi decenni: che differenza fa, quali problemi pone passare dal lavoro sulla propria terra o nel proprio negozio artigiano, vendendo su un mercato locale, al lavorare nella grande impresa o per un mercato globale? È evidente come ciò rifletta una concezione dell'uomo e della società, propria sebbene non esclusiva della Chiesa, che poi influisce sulla concezione dell'economia.
Che cosa significa oggi parlare di diritti umani? L'argomento è tra i più discussi dei nostri giorni e i due autori del volume lo affrontano unendo alla loro competenza un taglio originale e innovativo. Invece di scegliere una prospettiva di analisi filosofica o di fare il punto sulle normative esistenti in materia, essi propongono al lettore la forma del lessico, organizzando in ordine alfabetico la trattazione tematica delle principali questioni rilevanti per i diritti umani fondamentali. Grazie a questa scelta - per cui si susseguono capitoli dai titoli quali Alimentazione, Crimini internazionali, Donne, Lavoro, Torture, Vittime - il volume acquista un'immediata chiarezza. I diritti umani sono trattati nei contesti pratici in cui solitamente vengono invocati, discussi e presi in considerazione. E temi tradizionali quali la pena di morte, la difesa dei bambini, il diritto a una casa sono affiancati da altri emergenti quali gli armamenti, la cultura, i mass media. La struttura alfabetica consente una lettura mobile, non lineare: il lettore è così sollecitato a porsi domande e a tracciare liberi percorsi di riflessione.
Il volume nasce nel contesto di una ricerca tripartita, che esplora la questione del bene nell’ambito del dibattito filosofico contemporaneo. A questo sono dedicati altri due volumi collettanei: Forme del bene condiviso (Bologna 2007) e Etica di frontiera. Nuove forme del bene e del male (Milano 2008), a cui si aggiunge in modo coordinato il presente volume con un approfondimento sul tema dell’agire dal punto di vista antropologico. Esso si presenta come un itinerario attraverso diverse aree dell’esperienza indagate nella prospettiva dell’azione e delle sue forme, con l’attenzione rivolta alle figure del bene che vi si delineano. La prima parte propone linee teoriche sull’agire secondo diverse sensibilità filosofiche, analitica, neoclassica, neokantiana, neoaristotelica. Nelle tre parti successive l’indagine traccia degli itinerari teorici entro grandi ambiti esemplari dell’esperienza, in cui sono in gioco l’agire linguistico, quello sociale e quello della cura dell’umano. L’incrocio delle indagini sull’agire prospetta diverse figure del bene, raccolte attorno a tre idee fondamentali: il bene come rivelazione del senso umano dell’agire; il carattere relazionale intrinseco al bene dell’agire; il bene dell’agire, rivelativo e relazionale, come generativo dell’umano. L’apice del significato umano dell’agire, infatti, è l’attivazione e la cura della relazione come luogo in cui è in atto una qualche forma di generazione o rigenerazione dell’umano.
Francesco Botturi, ordinario di Filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano, si è occupato di antropologia e di filosofia della storia, nell’ambito della filosofia francese contemporanea (Struttura e soggettività. Saggio su Bachelard e Althusser, Milano 1976; Filosofia della in-differenza. Univocità e nichilismo in G. Deleuze, 1986 e 1987), nell’ambito della filosofia moderna con gli studi su G.B. Vico (La sapienza della storia. G.B. Vico e la filosofia pratica, Milano 1991 e Tempo, linguaggio, azione. Lineamenti della vichiana “storia ideale eterna”, Napoli 1996) e con prospettiva teoretica (Desiderio e verità. Per una antropologia cristiana nell’epoca della secolarizzazione, Milano 1986 e Per una filosofia dell’esperienza storica, Milano 1987). Successivamente ha orientato la sua ricerca in campo antropologico-etico con numerosi saggi, tra cui Per una epistemologia della ragion pratica (2004), Esperienza del bene e dinamismo della ragion pratica (2004), Etica degli affetti? (2004), L’ontologia dialettica della libertà (2005), Universalismo e multiculturalismo (2006), Intelligenza pratica e totalità soggettiva (2007). Presso Vita e Pensiero dirige con C. Vigna l’«Annuario di etica».
Il successo di trent'anni di riforme economiche cinesi ha posto in discussione l'efficacia delle politiche di sviluppo - note come "Post-Washington consensus" - promosse dalle organizzazioni multilaterali. Partendo dall'assunto che le istituzioni sono importanti per la crescita, il consenso prescriverebbe che i paesi in via di sviluppo si dotino di governi che disciplinino un sistema di diritti di proprietà stabili e definiti e creino istituzioni capaci di rafforzare i mercati: in sostanza la good governance ossia un mix di liberalizzazione, privatizzazione delle proprietà statali, trasparenza della pubblica amministrazione e assenza di corruzione - dovrebbe indurre lo sviluppo economico. Non era così nella Cina di Deng Xiaoping: i diritti di proprietà non erano né stabili né chiari, la corruzione era diffusa, il governo era coinvolto in tutti i settori dell'economia. Ancora oggi le istituzioni cinesi si conformano poco ai paradigmi liberali. Eppure la Cina si è sviluppata con estremo successo. Come si spiega questo esito in apparenza paradossale? Per dare una risposta il volume utilizza gli strumenti della political economy. Quindi la Cina si è sviluppata importando (pur senza ammetterlo) il capitalismo, e da questa esperienza è utile trarre conclusioni che sfidano il consensus, soprattutto ora che la crisi finanziaria del 2008 costringe anche i paesi storicamente industrializzati a rivedere i rapporti tra stato e mercato.