La nascita di comunità educative che apprendono insieme ed insieme crescono è una positiva conseguenza della valorizzazione detta dimensione relazionaLe umana. Questo atteggiamento di fondo trova il suo risvolto didattico nell'utilizzo di alcune strategie proprie per l'inclusione: il cooperative learning, il tutoring, l'apprendimento collaborativo, la classe come comunità che apprende, le tribes.
In questo libro vengono rivisitate in forma critica le principali applicazioni deLl.'apprendimento cooperativo e si guarda a tutte Le ormai note strategie per l'inclusione con l'ottica di strumenti di una filosofia dell'umano.
Nicoletta Rosati
Già dirigente scolastica, si è occupata dal 1990, per incarico del Ministero della Pubblica istruzione e delta Direzione scolastica Regionale dei. Lazio, della formazione iniziale e continua dei docenti delle scuote di ogni ordine e grado. Ha seguito in qualità di docente formatore le prime sperimentazioni connesse con l'introduzione delle lingue moderne netta scuola primaria e dell'infanzia e con la realizzazione, dal 1977, dell'inclusione scolastica degli alunni diversamente abili nonché con la sperimentazione dei nuovi curricoli nella scuola primaria e secondaria.
Attualmente è docente di Teorie e metodi di programmazione e valutazione scolastica, di Metodologia e tecnica del gioco e dell'animazione e di Metodologie dell'animazione di gruppo e di comunità presso l'università Lumsa di Roma e di Pedagogia generate, Pedagogia deLL'intersoggettività e Didattica generale presso la sezione inglese dell'Istituto Superiore di Scienze religiose "Mater EccLesiae". È autrice, oltre che di numerosi articoli sulle tematiche della formazione docente e sulla metodologia e didattica, anche dei seguenti volumi: La lingua straniera nel concorso magistrale, La continuità educativa, Didattica modulare, First steps in English, la personalizzazione del percorso di insegnamento-apprendimento, Cooperative Learning a misura di bambino, Pedagogia e didattica del gioco, Principi e percorsi di programmazione scolastica.
Il libro, frutto di un lavoro di ricerca trentennale, offre una descrizione, organizzata in quattro parti, di quel modello particolare di animazione educativa che è l'animazione culturale e di cui l'autore del libro è un fondatore. La prima parte tenta una definizione dell'animazione. La seconda parte è dedicata ai fondamenti antropologici dell'animazione culturale. La terza parte affronta la descrizione dell'obiettivo generale e degli obiettivi particolari dell'animazione culturale. La quarta e ultima parte presenta una sintesi del metodo dell'animazione che si sviluppa attraverso quattro passi.
Il messaggio positivo che il libro di Massimo Bettetini intende comunicare è che un'educazione all'immagine è possibile. Tale educazione non può comporsi di algide indicazioni; è chiamata a incarnarsi nella famiglia. Perfettamente consapevole della complessità dell'oggi e dell'emergenza educativa in cui versiamo, l'autore ci conduce con speranza e ironia verso una visione da cui emergono suggerimenti concreti per muoversi nella giungla del web senza rinunciare a essere persone, composte di anima, psiche e corpo.
Quando nei primi decenni del secondo Novecento la pedagogia era ancora impegnata nel definire la propria identità di sapere, Edda Ducci era appena uscita dagli studi di filosofia teoretica e si apprestava ad entrare nel complesso logos del sapere pedagogico. Nonostante il sospetto dei pedagogisti, timorosi di una indebita colonizzazione filosofica, l'autrice stava per intraprendere una strada, quella del dialogo, che la porterà negli anni ad una singolare interpretazione del rapporto filosofia-pedagogia. Per l'autrice è sempre stato chiaro che la «pedagogia è un contenitore troppo vasto» e che la differenza non consiste soltanto nel considerare l'uomo come oggetto o soggetto, ma piuttosto come l'esplicitarsi di due possibilità: l'una sostiene il sapere circa l'oggetto/soggetto; l'altra mira al costituirsi di una dialettica costantemente alimentata dalla simbiosi tra sapere e modo di essere del soggetto/oggetto. Perciò la filosofia dell'educazione di Edda Ducci non è vista come techne, ma come qualcosa che imprime un suo sigillo ad una praxis che pensa e vive la persona come un "al di là" dell'oggetto.
Stavolta smetto. Quante volte lo abbiamo pensato? Eppure quella specie di tavoletta fonte perennemente aperta di contenuti ci tiene lì, attaccati. A suon di reel, post, like che bombardano il nostro cervello già alle prese con le fatiche della vita. Ma quale vita? Quella reale o quella virtuale? Questo non è il solito libro di analisi, quella è già stata fatta, e non serve un esperto, basta osservare la realtà. Questo testo spiega come - con tanto di esercizi pratici - evitare che vostro figlio, o nipote o chiunque attorno a voi, finisca nella stessa spirale. E il primo passo per uscire dalla dipendenza del terzo millennio lo dobbiamo fare proprio noi adulti. La buona notizia è che c'è speranza, per tutti. Non è mai troppo tardi per invertire la rotta.
Il volume illustra e analizza gli strumenti di base della ricerca educativa, indirizzati all'operatore che voglia progettare ricerche concrete, basate su questionari, prove di valutazione, interviste e sessioni di osservazione, allo scopo di raccogliere elementi utili per prendere decisioni consapevoli e informate nello svolgimento della propria professione. Attraverso la ricerca educativa è possibile individuare strumenti concreti per rispondere alle esigenze che emergono nei processi formativi ed educativi, adattare le pratiche alle caratteristiche degli utenti e dei contesti, valutare l'adeguatezza e l'efficienza delle pratiche, sostituire l'ottica dell'"emergenza continua" con un'ottica di pianificazione e valutazione.
Ha ancora un senso oggi educare? È l'interrogativo che si pongono molti educatori che sperimentano una crescente difficoltà nel vivere e nel dare efficacia alla loro azione educativa. Gentitori, insegnanti, sacerdoti, catechisti, pur nella diversità dei loro ruoli, avvertono come sia difficile entrare in comunicazione con le nuove generazioni e offrire loro proposte autorevoli e interessanti che aprano orizzonti significativi e credibili per una vita realizzata.
Lo scopo di queste pagine è quello di favorire una riflessione che aiuti a ritrovare il senso dell'educazione e solleciti verso l'elaborazione di un modello educativo adatto a questo tempo, e al momento stesso che consenta di superare la percezione di fatica che prende tutti gli educatori davanti al loro compito, per recuperare dell'educazione anche la bellezza e l'appassionante intensità umana.
È comune rilevare una diffusa insoddisfazione tra gli educatori che fanno i conti con gli incerti e scarsi esiti del loro impegno. Attraverso un'ampia selezione di testi e un articolato saggio d'apertura, il libro offre uno strumento agile per focalizzare ciò che è essenziale nella pratica educativa, cioè il suo costituirsi come azione volta alla conquista della libertà. Le schede didattiche conclusive permettono di trattare in modo laboratoriale - in contesti sia formali sia informali - i contenuti del testo che sono espressi in un linguaggio accessibile anche a chi non abbia alle spalle studi specifici.
Un volume inedito e straordinario scritto da uno degli allievi della scuola di Barbiana. Paolo Landi è stato a scuola da un "fustigatore di coscienze", così come definisce don Milani. Mettere a fuoco la pedagogia dell'educatore don Milani descrivendone il personaggio, la scuola, i metodi usati nel fare scuola, nonché il come deve essere l'insegnante per volare alto nel fare scuola, quello che don Lorenzo definiva: il come bisogna essere. Molti si soffermano sulla cronologia della vita di don Lorenzo, Paolo Landi invece testimonia e riporta il cuore di questo prete e l'anima del suo insegnamento.
Questo libro è un percorso, un prendere per mano chi abita il dolore della perdita di un figlio o di una figlia, un provare a camminare spalla a spalla con i genitori sopravvissuti alla morte, in bilico sul filo della sofferenza più grande. L'Autore affronta le domande impossibili di chi attraversa questo lutto: come si può vivere il dolore? Perché a mio figlio e non a me? Dove era Dio? Come portare avanti la vita? Interrogativi che restano senza risposte. Ma con grande umanità si può accompagnare chi queste domande le sperimenta, perché esse aprono processi, spingono ad andare oltre le solite e banali parole sulla morte, spalancano nuovi orizzonti verso l'Infinito che rende digeribile il finito.
Giocare-senza-giocattoli non è uno slogan né una moda del momento, ma la proposta del recupero del gioco libero e spontaneo dei bambini mediato da non-giocatti ossia da elementi naturali o oggetti della quotidianità che non sono stati progettati originariamente per giocare. L'esperienza del cestino dei tesori, del gioco euristico, degli adventure playground e della playbox costituiscono alcune delle proposte per la rivalutazione delle attività ludiche che non richiedono uso di giocattoli preconfezionati, prodotti dell'industria specializzata del giocattolo, ma si riferiscono a materiale "povero", quotidiano e all'esperienza dell'outdour education. Un aspetto particolare del gioco senza giocattoli è rappresentato dalla mindfulness che viene proposta come attività ludica per favorire l'attenzione selettiva, la concentrazione e il silenzio anche con bambini piccoli. Esperienze e ricerche compiute con educatrici ed insegnanti connotano le proposte presentate per giocare senza giocattoli.
Riscoprire il pensiero dimenticato di Maria Montessori a proposito dei bambini e della religione. Tre scritti che indagano lo sviluppo del sentimento religioso nell'infanzia. Riscopriamo l'insegnamento del Vangelo secondo cui la religione, prima ancora che fatto culturale e di dottrina, è un sentimento, un rapporto vitale dell'anima con Dio; e che un misterioso legame di amore unisce Dio e il bambino. Prefazione di Monica Amadini.