La democrazia non è il prerequisito della crescita
economica. Al contrario, è la crescita a essere
un prerequisito della democrazia.
E l’unica cosa di cui non ha bisogno sono gli aiuti.
L’analisi-choc del perché l’iniezione
di aiuti economici nelle casse dei paesi
africani è un’iniezione letale.
Il 13 luglio 1985 va in scena il concerto “Live Aid”, con un miliardo e mezzo di spettatori in diretta: l’apice glamour del programma di aiuti dei Paesi occidentali benestanti alle disastrate economie dell’Africa subsahariana, oltre mille miliardi di dollari elargiti a partire dagli anni Cinquanta. Venticinque anni dopo, la situazione è ancora rovinosa: cosa impedisce al continente di affrancarsi da una condizione di povertà cronica? Secondo l’economista africana Dambisa Moyo, la colpa è proprio degli aiuti, un’elemosina che, nella migliore delle ipotesi, costringe l’Africa a una perenne adolescenza economica, rendendola dipendente come da una droga. E nella peggiore, contribuisce a diffondere le pestilenze della corruzione e del peculato, grazie a massicce iniezioni di credito nelle vene di Paesi privi di una governance solida e trasparente, e di un ceto medio capace di potersi reinventare in chiave imprenditoriale. L’alternativa è chiara: seguire la Cina, che negli ultimi anni ha sviluppato una partnership sofisticata ed efficiente con molti Paesi della zona subsahariana. Il colosso cinese, che non deve fare i conti con un passato criminale di colonialismo e schiavismo, è infatti in grado di riconoscere l’Africa per la sua vera natura: una terra enorme ricca di materie prime e con immense opportunità di investimento. Definita l’anti-Bono per lo spietato pragmatismo delle sue posizioni, in questo libro Dambisa Moyo pone l’Occidente intero di fronte ai pregiudizi intrisi di sensi di colpa che sono alla base delle sue “buone azioni”, e lo invita a liberarsene. Allo stesso tempo invita l’Africa a liberarsi dell’Occidente, e del paradosso dei suoi cosiddetti “aiuti” che pretendono di essere il rimedio mentre costituiscono il virus stesso di una malattia curabile: la povertà.
"Fragile stabilità" è l'espressione con la quale gli organismi economici più qualificati descrivono la fase in cui si trova l'economia mondiale. Segni di stabilizzazione e di cauta ripresa, sono evidenti. È dunque giusto accoglierli con sollievo e speranza. Ma vi sono due modi di leggerli. Il primo è di buttarsi la crisi dietro le spalle come qualcosa di definitivamente superato, da dimenticare, un semplice incidente di percorso, se non un incubo. Il secondo è di guardare avanti, con decisione e coraggio, oltre la crisi ma passando attraverso la crisi, cercando cioè di spremere da un'analisi approfondita e indipendente della stessa i suoi profondi insegnamenti. Chi si illude, e sono molti, di ritornare al business as usual per ripercorrere le antiche strade, come se nulla fosse successo, compie un'azione non solo erronea, ma illusoria e dannosa. Il libro cerca di percorrere la seconda strada: guardare oltre la crisi con speranza, ma senza nulla dimenticare dei suoi grandi insegnamenti.
Le donne reggono il mondo. Lavorano più degli uomini, si fanno carico del "welfare domestico" quotidiano, gestiscono l.economia e il denaro con più lungimiranza, in situazioni di crisi, in casa o nella propria azienda. Eppure in tutto il mondo guadagnano meno e sono meno rappresentate nelle istituzioni, nei Parlamenti e nei consigli d'amministrazione delle imprese. Queste pagine sono un punto di vista, diverso e plurale, per comprendere i motivi di tali diseguaglianze e "cucinare" un futuro diverso. 12 conversazioni per dare voce alle intuizioni di esperte e studiose le cui opinioni spesso si perdono tra quelle gridate degli uomini e che raccontano un.altra economia, fatta non solo di profitti, ma di relazioni, di cura delle intuizioni, di attenzione alle prossime generazioni. L'economia, il welfare, il lavoro, le leggi e la tutela dei diritti, l'accesso al cibo, i cambiamenti climatici, l'urbanistica in una prospettiva di genere e nelle parole di Simona Beretta, Marina Terragni, Ann Pettifor, Monica D'Ascenzo, Manuela Naldini, Francesca Bettio, Paola Villa, Beatrice Costa, Liana Ricci, Silvia Macchi e Stefania Scarponi. Elena Sisti si occupa di ricerca economica, è esperta in particolare di sviluppo e sostenibilità. Beatrice Costa si occupa di ricerca su diritti delle donne e politiche di genere per ActionAid.
Negli ultimi anni, anche se a fasi alterne, è riemersa la memoria della colonia nella società italiana; a favorire questo ritorno sono state le richieste di riparazioni provenienti da ex colonie o da paesi occupati dall'Italia durante la guerra, in particolare dall'Etiopia e dalla Libia, per i danni economici e morali procurati dalla presenza italiana ma anche l'afflusso, sempre più crescente dalla metà degli anni Ottanta del Novecento, di immigrati africani non solo in Europa ma prima di tutto in Italia, spesso provenienti da paesi ex coloniali. Il presente lavoro, alla luce di fonti inedite conservate presso l'archivio storico della Banca d'Italia, esamina il processo di decolonizzazione e il modo in cui si è articolato in Africa e in particolare in Somalia attraverso la riorganizzazione mondiale del secondo Novecento, che inferiscono sul recente processo di globalizzazione.
Le classi dirigenti hanno una funzione importante nelle nostre società. Rendono possibili obiettivi altrimenti irraggiungibili, rimuovendo gli ostacoli che inibiscono la crescita nel lungo periodo. Ma come si formano? Come vengono selezionate? Gli strumenti dell'economia del lavoro sono molto utili per mettere a fuoco i meccanismi di selezione delle élite, per analizzare il mercato del lavoro dei politici o gli incentivi, i redditi, l'uso del tempo e la struttura delle carriere dei manager. Il libro offre un contributo originale, colma una lacuna in termini di dati oggettivi sull'argomento e mette in luce le molte cose che si possono imparare utilizzando tali dati, sia sul fronte dei politici che dei manager. L'analisi evidenzia quanto le connessioni tra componente politica e manageriale siano forti e come nel tempo similitudini e sovrapposizioni siano aumentate. L'intreccio sempre più stretto tra mondo degli affari e politica può facilmente degenerare in controllo politico che difetta di accountability, cioè di responsabilizzazione. È bene che il ruolo dei manager e quello dei politici rimangano separati.
cinesi comunisti sono
diventati capitalisti migliori
di noi. Per questo il loro
modello di sviluppo può
salvare la nostra economia
e, forse, riformare
la nostra democrazia.
La coppia democrazia-capitalismo è in crisi, vittima di una depressione che non è solo finanziaria. Trionfa invece il capi-comunismo visto che mentre la nostra economia va in pezzi, la Cina cresce a ritmi vertiginosi. Più 9 per cento del Pil nel 2009 e un piano di investimenti grandioso: strade, scuole, ospedali, ferrovie, colossali impianti per la produzione di energie rinnovabili. Si può ancora dire che il comunismo è stato sconfitto dalla storia? O è tempo di cominciare a guardare alla società con occhi un po’ più a mandorla? Per esempio, le misure anticrisi attuate dai nostri governi sono servite ad arricchire gli stessi speculatori responsabili del collasso, mentre l’intervento statale cinese ha permesso di limitare i danni e ricominciare a crescere. La nostra vita politica è scossa da continui scandali e violazioni del diritto, mentre in Cina stanno nascendo nuove forme di partecipazione, pur all’interno del partito unico. E tra i grattacieli di Shanghai e Pechino si avverte uno slancio verso la modernità che il vecchio Occidente non riesce più nemmeno a immaginare. Da Margaret Thatcher a Berlusconi, da Wall Street al Cile di Pinochet, passando sempre per Pechino, questo libro racconta una deriva che abbagliandoci con la promessa del benessere ci sta privando della libertà. E grazie a esempi e testimonianze di imprenditori, studiosi, giornalisti, attivisti dei diritti umani spiega invece come la Cina sta lavorando per migliorarsi. Un modello da imitare? Almeno una lezione da apprendere: il nostro capitalismo si salverà solo se sapremo cambiare radicalmente i capitalisti. E il nostro sistema di vita è destinato al tracollo, se non impareremo a guardare con occhi più aperti quella che continuiamo a chiamare “democrazia”.
Una massa di risparmio equivalente al Pil del mondo viene gestita, a loro esclusiva discrezione, da enti finanziari quali fondi pensione, fondi di investimento, assicurazioni e vari tipi di fondi speculativi. La maggior parte è controllata da grandi banche. Il loro mestiere consiste nell'investire quotidianamente soldi degli altri: per questo sono chiamati investitori istituzionali. In appena vent'anni il peso di questo «capitalismo per procura» nell'economia mondiale è diventato formidabile: gli investitori istituzionali hanno oggi in portafoglio oltre la metà del capitale delle imprese quotate. Nel tutelare gli interessi dei risparmiatori, sono in genere indifferenti alle conseguenze sociali degli investimenti che effettuano. Il loro unico criterio guida è la massimizzazione a breve termine del rendimento finanziario. Dalla crisi esplosa nel 2008, che ha coinvolto in diversi modi anche gli investitori istituzionali, si potrà stabilmente uscire soltanto con nuove forme di regolazione dell'economia.
Posto che controllano la metà di essa, le riforme dovranno necessariamente coinvolgere anche questi enti: se i loro capitali fossero investiti in infrastrutture, scuole, trasporti, ambiente, l'economia del mondo ne trarrebbe sicuro vantaggio. A tale scopo occorrerebbe anche ridare voce, nelle loro strategie di investimento, ai milioni di persone che a essi affidano i loro soldi.
L'opera
L’autore affronta in cinquanta voci concise e chiarificatrici i fondamenti dell’economia, ne esplora i luoghi comuni (dalla «mano invisibile» di Adam Smith alla legge della domanda e dell’offerta e al «dilemma del prigioniero») e, ricorrendo a un linguaggio chiaro ed efficace, ne rende accessibili gli aspetti teorici apparentemente più complessi. Conway espone le idee e i concetti essenziali dell’economia mettendo in luce come essa influisca su ogni aspetto della nostra vita quotidiana, fino a illustrare i problemi più scottanti e attuali del momento come la recente crisi finanziaria mondiale.
I lettori
Un libro di facile lettura, ricco di esempi concreti, destinato a chiunque voglia comprendere l’abc dell’economia senza essere uno specialista della materia. E senza annoiarsi.
Edmund Conway
Edmund Conway, un affermato giornalista, cura le pagine economiche del quotidiano britannico «The Telegraph».
La casa è la più significativa forma di investimento dei risparmi di buona parte delle famiglie italiane. Come la crisi immobiliare negli Stati Uniti ha rivelato, ciò che accade nel settore delle abitazioni è di fondamentale importanza per il buon andamento dell'economia nel suo complesso. Questo volume fornisce un'introduzione all'analisi economica della casa, secondo diverse prospettive. In un costante confronto con la realtà degli altri paesi ricchi, si mostra come la casa incida sui bilanci delle famiglie italiane e il percorso attraverso cui si è giunti all'attuale assetto del mercato abitativo, con una netta prevalenza della proprietà sull'affitto. Particolare attenzione è dedicata ai casi di "disagio abitativo" delle famiglie. Se il mercato delle abitazioni è dominato dall'iniziativa privata, l'intervento pubblico è comunque centrale, sia in termini regolativi sia per il sostegno ai costi della casa. Si esamina quindi l'evoluzione delle politiche pubbliche, dai piani casa agli interventi che coinvolgono il sistema tributario.
Massimo Baldini insegna Scienza delle finanze nella Facoltà di Economia "Marco Biagi" dell'Università di Modena e Reggio Emilia.