Omicidi, estorsioni, droga, contrabbando, collusioni,minacce ma anche reazione alla prepotenza, condanne, battaglie vinte, legalità, impegno e bellezza. È il Mezzogiorno raccontato da David Lane, il caustico e provocatorio corrispondente dall’Italia per l’“Economist”.
Parte da Gela, luogo profondo della Sicilia, questo taccuino di viaggio, e prosegue verso nord, passando per Corleone, Palermo, Messina, Reggio Calabria, Gioia Tauro, la piana di Sibari, Otranto, Eboli, Napoli e Casal di Principe, con l’ultima tappa a Teano. David Lane ha attraversato il nostro Meridione da un capo all’altro. Ha visitato i paesi e le città, ha visto le meraviglie di cui è ricco, ha apprezzato lo splendore del suo patrimonio artistico e culturale e ha incontrato molte persone per bene. Ma ha anche toccato con mano la realtà del Sud, percepito le paure e i timori, visto la bruttezza, avvertito la violenza, i dubbi e sospetti, scoperto come lavorano i politici. Ha acquisito documenti giudiziari, sentenze, mandati di cattura e ordini di sequestro, letto i resoconti dei viaggiatori stranieri del passato, registrato ore di interviste, ma soprattutto ha ascoltato la gente. Le sue sono storie di preti e di professori, di sindaci e di sindacalisti, di poliziotti e pubblici ministeri, di agricoltori e imprenditori, di giovani e anziani che raccontano come si vive, quali difficoltà si affrontano e quali speranze si nutrono in quelle terre profanate.
Di questo libro hanno scritto:
«Dopo l’agghiacciante realtà di questo libro non sarete più in grado di divertirvi di fronte al solito sfavillante film di mafia.» Luke Coppen, “Catholic Herald”
«Un ritratto potente e sensibile di persone eroiche, spesso isolate, che hanno combattuto contro 150 anni di criminalità organizzata. Un resoconto meticoloso, un atto d’accusa impressionante.» Guy Dinmore,
“Financial Times”
«Una catastrofe di questo genere richiede scrittori, storici, giornalisti per spiegare, studiare e denunciare cosa è accaduto e cosa continua ad accadere. David Lane è una di queste voci. Ricco di informazioni molto dettagliate, questo libro è un’analisi di come la mafia, la camorra e la ’ndrangheta si siano arricchite, abbiano corrotto i politici e assassinato gli oppositori evitando le condanne.» John Foot,
“History Today”
«Un esempio di prima classe del giornalismo di inchiesta.» “CNBC European BusinessMagazine”
Indice
Introduzione. Misteri e mafiosi - 1 Gela. Tirannia moderna - 2 Corleone. Messe di legalità - 3 Palermo. Questioni di salute - 4 Messina. Terremoti e istituzioni - 5 Reggio Calabria. Morte violenta - 6 Gioia Tauro. Imprese perdute - 7 Sibari. Migranti - 8 Scanzano Jonico. Contagio - 9 Otranto. Traffici - 10 Eboli. Lavori stradali - 11 Napoli. Guerre di territorio - 12 Casal di Principe. Sistema mafioso - 13 Roma. Chiesa e Stato - Nota dell’autore - Indice analitico
Usato come nuovo, usato perché è ecologico, usato perché non posso fare altrimenti, usato perché mi ricorda qualcosa o qualcuno: le cose hanno una vita che ci riguarda da vicino. Molto di più di quanto crediamo. Potrebbero essere loro il fulcro della civiltà del terzo millennio.
Non facciamo mai caso che in albergo, al ristorante, al bar, al cinema, dormiamo tra lenzuola e mangiamo in piatti già usati centinaia di volte, ci mettiamo in bocca posate che altri hanno già utilizzato, ci accomodiamo su sedie e poltrone che hanno già sostenuto molti altri corpi. L’appartamento dove viviamo, se non è di nuova costruzione, è già stato abitato da molte altre famiglie. Le città che frequentiamo sono già state utilizzate per centinaia o migliaia di anni. L’intero pianeta è stato ed è usato e condiviso da miliardi di altri esseri umani. Dono, baratto, condivisione, abbandono, esproprio e saccheggio hanno da sempre un peso molto maggiore di quanto si pensi: l’atteggiamento, i sentimenti e le finalità che accompagnano queste azioni ci svelano la realtà del nostro rapporto con le cose, che è quasi sempre carico di senso e di affetti, ben più delle pulsioni o dei ragionamenti che guidano all’acquisto del ‘nuovo’, dove prevalgono invece sensazioni e scelte imposte dal mercato. Ma il riuso ha potenzialità nascoste: perché le cose che scartiamo ogni giorno sono tantissime e perché il recupero conviene sia a chi cede che a chi acquisisce, riduce il prelievo di materie prime e la produzione di rifiuti, promuove condivisione e commistione di gusti e stili di vita, aumenta l’occupazione. Promuovere il riuso si può fare in breve tempo e con poche risorse.
Indice
1. La vita delle cose - 2. Il distacco: tenerezze e rancori - 3. Ambigue passioni - 4. In cammino verso il riuso - 5. Cose da recuperare - 6. La cultura del riuso - 7. Condividere i beni - 8. Il souk della sostenibilità - Bibliografia
Calvino non amava parlare di sé direttamente, ma attraverso lo schermo delle immagini. Silvio Perrella ha interrogato alcune di queste immagini e le ha connesse tra loro. E ha scoperto che in molte di esse si nascondono dei veri e propri autoritratti. Il suo libro segue quindi la parabola che porta, dal "Sentiero dei nidi di ragno" alla "Giornata di uno scrutatore", dalla trilogia araldica a "Palomar", il giovane e iperattivo Calvino a diventare il malinconico sosia di se stesso. È questa la storia di una metamorfosi oscura e affascinante che si intreccia con l'evoluzione della letteratura italiana e internazionale. E che non nasconde una radicale disillusione nei confronti della politica come mezzo per cambiare in meglio la vita degli uomini.
In questo vibrante e poetico scritto, troviamo nella sua forma più limpida e completa il pensiero morale che sottende a tutta l’opera: la superiorità della natura sulla tecnologia, la salvezza dell’uomo attraverso un lavoro naturale, la celebrazione dell’individualismo spinto fino all’anarchia.
Scritto alla vigilia del secondo conflitto mondiale, questo accorato appello costituisce un tentativo disperato da parte di Giono di opporre le armi della semplicità, del buon senso e della poesia a un mondo che stava evidentemente prendendo la direzione opposta: quella del profitto e della guerra. L’appello, com’è ed era ovvio, non fu ascoltato. Rilette a più di mezzo secolo di distanza, le parole che Giono indirizza ai suoi 'amici' fanno pensare a una grande occasione perduta, nell’ultimo momento in cui forse era ancora possibile non compiere la svolta che avrebbe cancellato per sempre il modo di vivere, la cultura e la saggezza dei contadini.
Mai come oggi questo scritto di Giono si presenta attuale e urgente, se è vero che non è mai troppo tardi, e che nella mente e nelle mani dell’uomo non esiste solo il potere di distruggere, ma anche quello di crearsi la felicità.
La presente monografia su Stefano D’Arrigo (1919-1992) è dedicata ai suoi due grandi e ancora troppo misconosciuti romanzi, Horcynus Orca (1975) e Cima delle nobildonne (1985), che insieme delineano una visione della letteratura di rara potenza filosofica e mitopoietica.
Entrare in Horcynus Orca, scrive Marco Trainito, «è davvero come entrare nel labirinto del Minotauro, perché le infinite svolte narrative e gli snervanti indugi sintattico-espressivi non sono che un’iniziazione all’incontro col Mostro protagonista, che farà la sua prima apparizione esattamente nel cuore dell’opera e da quel momento accompagnerà il lettore in un viaggio di ritorno allucinante che è l’uscita non più dal labirinto del testo, ma dalla vita tout court: quella di ’Ndrja Cambrìa, quella della Storia, quella del Mondo, e quella dell’Orca stessa, la cui morte è simbolo e correlato oggettivo del “finimondo” esistenziale, storico e cosmico annunciato dal romanzo». Ecco perché la prima parte del volume, costituita da un saggio puntuale e accessibile su Horcynus Orca, si configura per il lettore come vero e proprio filo di Arianna per immergersi nell’abisso di senso che si cela dentro il misterioso e particolarmente arduo romanzo.
La seconda parte del volume presenta una lettura attualizzata di Cima delle nobildonne, il secondo e ancor meno noto romanzo di D’Arrigo, alla luce del recente dibattito sulle radici dell’Europa e dell’Occidente. Con una stringente argomentazione a sostegno della colta cavalcata lungo taluni snodi cruciali dell’immaginario occidentale, Marco Trainito cerca di mostrare come il romanzo aiuti a comprendere laicamente la ricca e complessa stratificazione storico-culturale della nostra identità, che alcuni fondamentalisti nostrani (teocon, teodem, atei devoti e/o neoguelfi) vorrebbero semplificare, mutilare e tradire in nome di una presunta essenza ebraico-cristiana della civiltà occidentale.
Capita a tutti di rimandare le cose da fare, e spesso per lungo tempo. Sia che si tratti di piccole incombenze quotidiane, come lavare i piatti o eseguire una manutenzione domestica, oppure di questioni più importanti, come consegnare in tempo un lavoro o pagare le tasse, in cui rimandare comporta persino una perdita di denaro. Eppure, procrastinare le cose da fare e non essere sempre efficienti e organizzati è un atteggiamento mentale molto diffuso, peraltro presente a ogni livello e scandito dal rintocco continuo dei sensi di colpa.
Con intelligenza e ironia Kathrin Passig e Sascha Lobo ribaltano i luoghi comuni sul tema e ci svelano come sottrarci alla pressione delle interminabili liste di cose da fare, e-mail, richieste, progetti e doveri, conservando il piacere e la gioia di fare quello che stiamo facendo.
Per tutti coloro, e sono tanti, che soffrono di “procrastinazione” è finalmente arrivato il loro libro.
Mafia likes fog, like wolves. La mafia vuole la nebbia, come i lupi. Le parole di un poliziotto kosovaro sono la sintesi di un Paese in cui dieci anni di amministrazione ONU non hanno portato benessere e giustizia, ma miseria e criminalità. Dove, in nome della stabilità dei Balcani, si è legittimata una classe dirigente legata a doppio filo con la mafia. Attraverso una scrupolosa inchiesta giornalistica Giuseppe Ciulla e Vittorio Romano tracciano un bilancio a tinte fosche della gestione internazionale: l'insabbiamento dei processi per crimini di guerra, le investigazioni sulle più alte personalità politiche del Paese (tutti o quasi ex comandanti UCK) misteriosamente sparite nel passaggio di consegne dalle Nazioni Unite all'Unione Europea; i rapporti degli osservatori OSCE che denunciano l'inerzia dell'ONU, rimasti lettera morta; le responsabilità degli USA. Il Kosovo è grande quanto l'Abruzzo e con 14.000 soldati NATO dovrebbe essere uno dei posti più sicuri del mondo. Perché allora a nord di Mitrovica si spara ancora? Per i magistrati il Kosovo è uno degli snodi più importanti per il traffico di armi, droga, organi ed esseri umani verso l'Occidente. Come mai quindi alle frontiere nessuno controlla i carichi dei camion? Nel cuore dei Balcani che marciano verso l'Europa il Kosovo è uno Stato delle mafie, autoproclamatosi indipendente, che ci riporta a una nuova guerra fredda.
Nel testo viene identificato un filo conduttore che consente di dare un senso unitario agli avvenimenti che hanno preso l'avvio dalla fine del secondo conflitto mondiale. Vengono ripercorse le tappe del progetto, politico e culturale, che aveva in animo di "liberare le menti di tutto il popolo dall'ignoranza, dal pregiudizio, dal sospetto e dalla paura, al fine di essere educati alla giustizia, alla libertà e alla pace...". Si cerca di spiegare perché quel progetto così "giusto" e condivisibile si sia dimostrato fallimentare, nonostante tutte le buone intenzioni dei promotori e perché sia indispensabile cambiare rotta il più rapidamente possibile. Bisogna prendere coscienza del fatto che ci troviamo davanti a un bivio e siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro e quello dei nostri figli. Anche se lo spazio di manovra è limitato, siamo ancora in grado di decidere se vogliamo vivere dentro un sistema invisibile che utilizza una poderosa macchina propagandistica che mira a sedurre la stampa, la scuola, le istituzioni culturali, scientifiche, caritatevoli, di intrattenimento, religiose, mediche, con il canto delle sirene di un mondo riempito di idoli materialisti e governato da uno stato onnipotente, oppure se vogliamo vivere in un sistema in cui ciascuno sia aiutato a comprendere le innumerevoli difficoltà e insidie del vivere quotidiano e come potervi far fronte con le limitate risorse umane.
Nell’aprile del 2009 un uomo politico di settantadue anni, l’uomo più ricco del Paese, nonché Presidente del consiglio in carica, si presenta in un ristorante della periferia di Napoli per partecipare ai festeggiamenti dei diciotto anni di una ragazza. La notizia, corredata di foto, sarà riportata su tutti i giornali. Dovrebbe essere «scandalo», e invece nessuno, o quasi, parla di vergogna. Perché? Che si tratti di un sentimento in via di scomparsa? Ma cos’è esattamente la vergogna, che tipo d’affetto costituisce? Perché differisce dalla colpa e dal pudore?
Il libro di Marco Belpoliti parte da questo fatto di cronaca per poi allargarsi e diventare subito un’indagine a tutto campo sulla vergogna stessa nell’attuale società, segnata dalla cultura del narcisismo e dal dominio delle immagini. Scritto come un racconto, questo saggio ci conduce nel carcere iracheno di Abu Ghraib, a Tokyo, nelle camerette degli hikikomori, a Città del Capo in compagnia di J.M. Coetzee, a New York con Andy Warhol, e nella Londra multietnica di Salman Rushdie; ritorna a Nagasaki, ritratta da un fotografo giapponese subito dopo l’esplosione atomica e visitata da Günther Anders, e poi va nella Las Vegas del porno di David Foster Wallace. Due scrittori attraversano le pagine con le loro riflessioni: Primo Levi e Franz Kafka.
“Immigrati o rifugiati,
poco importa.
Oggi in Italia è più
semplice parlare
di clandestini e
rimandarli tutti indietro.”
Sayed ha vent’anni. A undici è dovuto scappare dall’Afghanistan, lasciando la madre e la propria casa, per sfuggire a chi lo voleva costringere a combattere con i talebani. È arrivato in Italia dopo nove anni di viaggio, tra stenti e periodi di prigionia, trattato in modo disumano. Quella di Sayed è solo una delle tante storie raccolte da Laura Boldrini nella sua lunga esperienza in prima linea. Cosa spinge migliaia di persone a cercare di raggiungere le coste italiane sfidando ogni pericolo? Che cosa sappiamo veramente di loro? Dobbiamo averne paura? È giusto respingerli, come il governo italiano ha deciso di fare dal maggio 2009? Oggi nel dibattito pubblico si tende a considerare tutti i migranti allo stesso modo, mettendoli indistintamente in un unico grande calderone e presentandoli come minaccia alla sicurezza. Anche i rifugiati, da vittime di regimi e conflitti, finiscono per rappresentare un pericolo. Un grande equivoco che mina i principi di solidarietà e di diritto radicati da sempre nella società italiana. Dalle parole di Laura Boldrini emerge una realtà invisibile all’opinione pubblica. L’autrice, che negli anni ha affrontato con passione e coraggio alcune tra le principali crisi umanitarie _ dal Kosovo, all’Afghanistan, dal Sudan all’Iraq _ racconta la propria esperienza, maturata nell’incontro costante con il dolore di chi è costretto a scappare. Ma descrive anche l’Italia della solidarietà, spesso oscurata dai mezzi d’informazione: dagli uomini che mettono a rischio la propria vita per salvare in mare i naufraghi partiti dalle coste africane, alle tante persone che nel rapporto quotidiano con immigrati e rifugiati realizzano un’integrazione vera e spontanea, gettando le basi per la società italiana del futuro.
“Dopo Il metodo antistronzi sono stato inondato
da “storie di stronzi” da tutto il mondo… E mi sono
reso conto che i capi erano le figure centrali nella
maggior parte di quelle storie.
- Robert I. Sutton
Se almeno una volta nella vita avete avuto un
capo stronzo, questo libro è dedicato a voi:
per non essere mai più vittime passive e
- se anche voi aspirate a diventare capi -
per non somigliare a lui.
“Quando cerchiamo (o sogniamo) un bravo
capo, non vogliamo soltanto qualcuno che
non sia uno stronzo patentato: vogliamo
una persona perbene, e che sappia fare
molte cose.”
Robert I. Sutton
La maggior parte di noi ha un capo, oppure è un capo, o entrambe le cose. E siccome è sul lavoro che trascorriamo una buona fetta del nostro tempo, costruire dei rapporti civili e improntati al rispetto e alla collaborazione tra capi e sottoposti è essenziale per una vita serena e ricca di soddisfazioni. Dopo lo straordinario successo del Metodo antistronzi, Robert Sutton ha deciso di concentrarsi sulla forma di stronzaggine più subdola e letale, quella che va a braccetto con l’esercizio dell’autorità: è più facile essere un bastardo matricolato, quando si occupa la scrivania più grande. L’arsenale del cattivo capo è praticamente inesauribile, dalle forme più sottili e crudeli di mobbing alla pura idiozia: nessuno vorrebbe avere un superiore come quel produttore di Hollywood che licenziava un assistente alla settimana perché “odiava essere guardato negli occhi”, o come il presidente di quello studio legale per cui “contava solo il guadagno, e al diavolo tutto il resto”. Per fortuna Sutton cita anche le eccezioni, come quella dirigente che si incaricò in prima persona di trovare un nuovo impiego ai dipendenti che era stata costretta a licenziare, e si sforzò di farli lavorare fino all’ultimo giorno in un’atmosfera di fiducia e rispetto reciproco. Come riconoscere se il nostro capo è uno stronzo occasionale o uno stronzo patentato e, se necessario, come neutralizzarlo con successo? E se siamo noi a dover gestire un gruppo di lavoro, come riuscire a imitare i capi migliori, e a promuovere il bene dell’azienda e dei colleghi, oltre che il nostro? Testa di capo non è un arido manuale di management, e non pretende di fornire una formula magica per trasformare il luogo di lavoro in un paradiso: in queste pagine scopriremo che un buon capo è testardo ma non troppo, ha la mente aperte ma le idee ben chiare, è una persona decisa ma sa tenere sotto controllo la rabbia, temperandola con l’empatia. Sa quando è ora di ringraziare e di chiedere scusa, ma anche quando è necessario fare il “lavoro sporco” e liberarsi delle mele marce. Non esiste una ricetta infallibile per trasformarsi nel boss migliore del mondo: Sutton ci insegna piuttosto che buoni capi si diventa, con la dedizione e la tenacia, lasciandosi ispirare dai migliori e imparando dagli errori dei peggiori. Essere il capo significa assumersi la responsabilità non solo del rendimento dei sottoposti, ma anche e soprattutto del loro benessere psicofisico: e i due fattori sono correlati, perché un dipendente felice è un dipendente più produttivo. Sotto la guida di persone corrette, preparate e intelligenti, ciascuno di noi può dare il massimo, dentro e fuori dall’ufficio: e vivere meglio.
Come nasce la musica all'interno della produzione cinematografica? Quali sono le strategie compositive del musicista chiamato a commentare le immagini in movimento? Cosa accade nelle complicate fasi della post-produzione quando la musica viene montata con i rumori e i dialoghi? Come viene trattata la colonna sonora quando un film è restaurato oppure edito nei supporti in dvd che oggi affollano il mercato? Questo libro intende offrire una risposta a tali quesiti, nella convinzione che questa sia la necessaria premessa per ascoltare in maniera consapevole la musica di un film. Il testo è articolato in dieci capitoli che ripercorrono le fasi dell'allestimento della musica in un film, partendo dai primi scambi di opinioni fra regista e compositore per giungere alla scrittura, al montaggio e missaggio. I capitoli finali, invece, sono riservati alla produzione discografica della musica per film, ai problemi del restauro e ai percorsi che portano questi brani a far parte di spot pubblicitari, sigle televisive, programmi concertistici o balletti.