Questo libro contiene la prima traduzione italiana del De Septem Sigillis, un opuscolo apocalittico in cui Gioacchino riassume le duplici persecuzioni dei due Testamenti, scandite dai sette sigilli dell’Apocalisse e dalla loro apertura. L’andamento esplicativo di questa breve opera attraversa tutto il corpus gioachimita, essendo presente in molte delle maggiori opere dell’abate, dalla Concordia Novi ac Veteris Testamenti all’Expositio in Apocalypsim, fino al celebre Liber Figurarum. Nell’introduzione al volume, il curatore sottolinea l’originalità del pensiero di Gioacchino, confrontandolo con le più importanti autorità teologiche del tempo e mettendo in risalto l’audacia e l’importanza della riflessione dell’abate calabrese.
Gioacchino da Fiore (1135-1202) è una delle figure più enigmatiche ed influenti dell’intera tradizione medievale, e la sua opera rappresenta un unicum nel panorama della storia della filosofia. Grazie alla radicalità della sua esegesi apocalittica, l’abate calabrese diede voce e sostanza ad un nuovo immaginario, disegnando una cartografia simbolica e figurale del tempo a venire. Fra le sue opere più importanti, vanno ricordate la Concordia Novi ac Veteris Testamenti, l’Expositio in Apocalypsim e il Tractatus super quatuor Evangelia.
Alfredo Gatto (1985), dottore di ricerca in Filosofia presso l’Università San Raffaele di Milano, collabora con varie riviste italiane e straniere e fa parte, sin dalla sua fondazione, della redazione del Giornale Critico di Storia delle Idee. Le sue ricerche sono incentrare sulla filosofia medievale e sul pensiero cartesiano.
Con un saggio di Andrea Tagliapietra
Le incertezze del presente non sono segni della conclusione della storia ma della certa speranza del Regno di Dio per mezzo di Maria. Il mondo d'oggi si trova in una drammatica fase di crisi o di passaggio. Ma verso cosa? L'attuale fallimento della modernità prepara forse la fine della storia? Siamo giunti forse alla fine dei tempi e del mondo? I pronunciamenti di molti santi, profeti, apostoli, teologi e Papi ci suggeriscono una risposta negativa. Non siamo alla fine dei tempi, ma di un tempo; non siamo alla fine del mondo, ma di un mondo...
È possibile e utile investigare il mistero delle realtà eterne, che si incontreranno oltre questa vita terrena? Filosofi dell'antichità, mistici e veggenti di tutti i tempi hanno cercato di svelare almeno alcuni frammenti dell'eternità. Ma la Scrittura, la Parola di Dio rivelata dell'Antico e Nuovo Testamento, offre spunti da mettere insieme, da meditare. Si tratta di espressioni spesso immaginifiche, espresse in paragoni: varchi parziali verso una esistenza non anticipabile nella sua totalità. Ma l'eterno e l'infinito vi possono essere raggiunti attraverso tessere di un mosaico mai completo. Eppure capace di suscitare il desiderio: "Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!" (Sal 122,1).
L'esperienza vissuta dall'autrice, e riportata in queste pagine, puo' sembrare un po' difficile a comprendersi, ma la vita spirituale e' come un insieme infinito di strumenti musicali dove ciascuno suona le sue note, ma tutti sono sempre in sintonia fra loro, pur se diversi. E' difficile trasmettere il messaggio del cuore e dello spirito con parole umane che hanno un'unica tonalita' che non si accorda con la molteplice tonalita' dell'essere.
In breve
Una trattazione del tema centrale della teologia cristiana, l’escatologia, nella sua versione cattolica costantemente confrontata con la teologia evangelica, in dialogo con il pensiero ebraico e la filosofia contemporanea. Un libro su «la fine di tutte le cose» (Kant), nella sua dimensione individuale e universale.
Descrizione
«Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata» (Prefazio I dei defunti): così la liturgia cattolica rievoca quel mistero della “trasformazione” (mysterium transformationis), profeticamente intravisto dall’apostolo Paolo (1 Cor 15,51).
Il presente studio si apre affrontando innanzitutto alcune questioni preliminari: la filosofia dell’ospitalità, il rapporto fra astrofisica contemporanea e riflessione teologica, la tensione fra apocalittica ed escatologia, le conseguenze dell’Illuminismo e della tragedia di Auschwitz sull’escatologia cristiana. In un secondo passaggio, configurando una sorta di escatologia fondamentale, l’autore affronta il tema del rapporto fra tempo ed eternità. Lo fa analizzando svariate posizioni filosofiche che influiscono – o potrebbero influire – su questo nodo concettuale di straordinaria importanza.
La parte centrale del saggio individua tre dimensioni decisive dell’oggetto di studio: Wohlmuth si concentra anzitutto sul linguaggio escatologico, precisamente dal punto di vista della sua qualità poetica ed estetica (escato-estetica); poi sulla dimensione logica e la rilevanza veritativa dell’escatologia (escato-logica); infine sulla questione dell’agire ultimamente responsabile di fronte alla morte, dell’agire verificato escatologicamente (escato-prassi).
L’ultima parte è dedicata a tematiche particolari: il morire e la risurrezione, l’alternativa fra inferno e paradiso come stati escatologici, la beatitudine eterna e la speranza nel compimento. Tali questioni sono affrontate nell’ottica della compenetrazione – o meglio del superamento – di escatologia individuale ed escatologia generale. Una volta ripreso il dibattito fra Ratzinger e Lohfink sulla “risurrezione nella morte” (una teoria escatologica che non ha pari nella storia recente della teologia), Wohlmuth approfondisce quell’approccio paradigmatico: ripensando sia la formula paolina che parla di “trasformazione” radicale, ossia di nuova creazione, sia il rapporto fra anima e corpo.
L’intero sviluppo del testo è contraddistinto da un confronto serrato con filosofi contemporanei come Heidegger e Husserl, ma soprattutto da un dialogo stimolante con pensatori ebraici come Buber, Rosenzweig, Benjamin, Adorno, Levinas, Scholem e Derrida.
Un testo, agile ed essenziale, sul significato del Paradiso. L'Autore sviluppa le seguenti tematiche: l'escatologia, il rapporto tra cultura contemporanea e vita eterna, la confusione di idee sull'aldilà, le immagini e i simboli del Paradiso, il linguaggio mistico, l'esperienza liturgica legata al Paradiso ed infine la spiegazione in chiave catechistica della vita eterna.
Come si rapportano tra loro l'annuncio della Resurrezione e il continuo morire dell'uomo? Appoggiandosi all'evento di Cristo, l'uomo può trasformare la morte, che non è l'ultima fase della vita. Questo aspetto colgono in modo sinfonico, ispirati dalla medesima spiritualità di Ignazio di Loyola, Karl Rahner e Hans Urs von Balthasar, anche se vi si approcciano con metodi e atteggiamenti diversi.
"Mi ritrovai in un mondo completamente nuovo. Il mondo più bello e più strano che avessi mai visto... Luminoso, vibrante, estatico, stupefacente. C'era qualcuno vicino a me: una bella fanciulla dagli zigomi alti e dagli occhi intensi. Eravamo circondati da milioni di farfalle, ampi ventagli svolazzanti che si immergevano nel paesaggio verdeggiante per poi tornare a volteggiare intorno a noi. Non fu un'unica farfalla ad apparire, ma tutte insieme, come un fiume di vita e colori che si muoveva nell'aria." Queste sono alcune delle parole usate da Eben Alexander, neurochirurgo e professore alla Medicai School dell'università di Harvard per descrivere il Paradiso. Il dottor Alexander è uno scienziato che non ha mai creduto alla vita dopo la morte eppure è toccato a lui esserne testimone. Nel 2008 ha contratto una rara forma di meningite e per sette giorni è entrato in coma profondo che ha azzerato completamente l'attività della sua corteccia cerebrale. In pratica il suo cervello si è completamente spento, eppure una parte di lui era ancora vigile e ha intrapreso uno straordinario viaggio verso il Paradiso. Al suo risveglio il dottor Alexander era un uomo diverso, costretto a rivedere le sue posizioni profondamente razionali sulla vita e sulla morte: esiste una vita oltre la vita, esiste il Paradiso ed è un luogo d'amore e meraviglia. "Milioni di farfalle" è la testimonianza di questa esperienza.
Sembra più facile appassionarsi alla lettura dell'Inferno di Dante che a quella del Paradiso, che può apparire come un nulla immacolato. Ma il Paradiso dantesco è più variato e violento dell'Inferno. Lì, Beatrice dichiara al poeta: "S'io ridessi tu ti faresti di cenere". Ecco perché mettiamo il Paradiso alla porta: temiamo la sua gioia esigente. E allora ci fabbrichiamo un piccolo paradiso artificiale, rassicurante: un inferno molto rispettabile. Certo, non si tratta di fuggire verso un altro mondo immaginario né di regredire verso il paradiso terrestre della Genesi, che, lo sappiamo, è definitivamente perduto. Alla nozione di un aldilà opponiamo a buon diritto l'esigenza di vivere hic et nunc. Ma non riusciamo mai a essere veramente qui, adesso. Ed è a questo punto che il vero paradiso rivela il suo paradosso e si difende dalle sue parodie: non è evasione verso un altrove, ma grazia lacerante di essere infine presenti a tutti e a ciascuno, in un'apertura sinfonica, una creatività corale. Questo libro è un invito a percorrere un itinerario attraverso la filosofia, la teologia e le arti - da Nietzsche a san Tommaso, da Baudelaire e Proust a Bernini, da Sade a Mozart - per accostarsi a ciò che il paradiso ha di più terribile e di più bello: la ferita della sua beatitudine. Non si tratta di una consolazione, ma di una convocazione a quella gioia che deve farci perdere ogni contegno - come un clown - e distruggere ogni contentamento - come un fiume...
L’attuale scenario del mondo vede l’umanità in preda all’angoscia per il proprio futuro. In questo contesto di paura e incertezza, padre Livio Fanzaga ci invita a rileggere la storia del mondo come parabola di provvidenza e di salvezza: dalla Creazione al peccato originale, dalla Incarnazione, morte e Resurrezione di Gesù al ritorno glorioso di Cristo. Un ritorno preparato da segni grandiosi – lo sconvolgimento delle potenze naturali, la persecuzione della Chiesa, lo scatenamento del Male e l’impostura anticristica – annunciati dalle profezie bibliche, dai discorsi evangelici apocalittici di Gesù, dalle visioni di santi e mistici cristiani e dalle apparizioni mariane degli ultimi duecento anni. Dopo aver smantellato a una a una tutte le false profezie – dai millenarismi di varia natura fino alle apocalissi dei Maya e dei Testimoni di Geova – padre Livio giunge all’ultimo capitolo, dedicato a Medjugorje, richiamando l’estremo appello alla conversione della Regina della Pace a una umanità che guarda al futuro con timore: Cristo sta per tornare e darà compimento alla storia spalancando all’uomo le porte dell’eternità.
Un esaustivo trattato sulle tematiche escatologiche alla luce dell'esegesi biblica cattolica. Dopo circa trent'anni di studio, e approfondimenti vari, sulle tematiche escatologiche, con il presente lavoro l'Autore intende colmare una specifica lacuna dottrinale cattolica, anche se si registrano nuove pubblicazioni che trattano con competenza l'escatologia...
Dopo circa trent’anni di studio, e approfondimenti vari, sulle tematiche escatologiche, con il presente lavoro l’Autore intende colmare una specifica lacuna dottrinale cattolica, anche se si registrano nuove pubblicazioni che trattano con competenza l’escatologia. Questi lavori, pur pregevoli per le sistematizzazioni dottrinali formulate, non hanno, a nostro avviso, incidenza catechetica e pastorale. In tempi in cui imperversano delle pseudo-rivelazioni private, interpretate e supportate anche teologicamente, spesso in palese contraddizione con il consolidato insegnamento magisteriale, s’impone il recupero dell’identità dottrinale cattolica sulle tematiche escatologiche. In questo studio monografico di teologia escatologica, l’Autore si è attenuto a quanto biblicamente teorizzato e autorevolmente formulato dall’esegesi cattolica e dal Catechismo della Chiesa Cattolica, nella convinzione di rispondere all’esigenza di ravvivare la tensione escatologica e di rafforzare l’impianto dottrinale cattolico con specifici e determinati contributi esplicativi. Infine, il lavoro intende rispondere anche a quanto richiesto dall’urgenza della rievangelizzazione, offrendo indicazioni dottrinali e pastorali, poiché, per “annunciare il Vangelo della speranza, è necessaria una solida fedeltà allo stesso Vangelo. La predicazione della Chiesa, quindi, in tutte le sue forme deve essere sempre più incentrata sulla persona di Gesù e deve sempre più orientare a Lui […] Perché la speranza sia vera e indistruttibile, la “predicazione integra, chiara e rinnovata di Gesù Cristo risorto, della Risurrezione e della Vita eterna” dovrà costituire una priorità nell’azione pastorale dei prossimi anni” (cfr. GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in Europa, Esortazione apostolica post-sinodale, Sinodo dei vescovi ottobre 1999, Libreria Editrice Città del Vaticano, 2003, n. 48). Ѐ urgente che la Chiesa, sempre più minoritaria e avversata, si riappropri di una catechesi cristocentrica, essenzializzata e kerigmatica, come la primitiva predicazione apostolica, e sprigioni tutto il suo potenziale profetico per scuotere le coscienze ammanettate da un Satana sempre più scatenato, pronto all’immissione storica del suo vicario-Anticristo “perché sa che non gli resta più molto tempo” (Ap 12, 12).