Questo libro e il DVD allegato, raccontano come, giorno dopo giorno, ora dopo ora, Mario Melazzini convive con la sua condizione di malato di SLA, affrontando con coraggio le difficoltà e senza mai perdere la gioia di vivere.
«La nostra società, noi tutti spesso viviamo la malattia, la disabilità, la fragilità come un qualcosa che non ci appartiene, che ci angoscia, che ci crea disagio.
Ed ecco nascere in me l’idea, il desiderio di condividere con più persone possibili il percorso che mi ha permesso di fare della mia sofferenza, del mio dolore, una concreta e reale esperienza.
Tutti noi, nella nostra quotidianità, potenzialmente possiamo incontrarci, prima o poi, con la sofferenza, non solo fisica, il dolore, la malattia, la fragilità. Dovremmo riuscire a farne tesoro, farli diventare un valore aggiunto al nostro percorso di vita.
A me è successo e, grazie alla malattia, vivo ogni giorno, come uomo, come medico e come malato, con gioia e umiltà l’infinita bellezza dell’esistere».
Mario Melazzini
Destinatari
Un ampio pubblico.
Autore
Mario Melazzini è primario del day-hospital oncologico alla Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia e da sei anni è malato di SLA, sclerosi laterale amiotrofica, una patologia degenerativa con la quale, mediamente, non si vive più di tre anni. È anche presidente dell’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica). Per le edizioni San Paolo ha pubblicato: Ma che cosa ho di diverso? Conversazioni sul dolore, la malattia e la vita (2009).
Punti forti
Un autore già conosciuto.
Una tematica importante.
Il documentario allegato andrà in onda su
Sky e Rete 4.
Il libro documenta la ricchezza che negli anni si è consolidata ed approfondita rispetto a quella esperienza di accoglienza così complessa ma 'possibile' che è l'affido familiare; per le famiglie che l'hanno sperimentato esso è sicuramente un'occasione per educarsi a vivere con gratitudine la propria paternità o maternità ed è un gesto che non rimane circoscritto dentro le mura di casa ma esprime ed indica un bene per tutti.
Il dolore e la malattia di una persona cara sono esperienze estreme che spesso costringono chi le affronta a rimettere in discussione le proprie certezze, a cercare nuove forme di comunicazione e di relazione. Fulvio De Nigris ha perso un figlio dopo un lungo coma. Un'attesa che ha rifiutato di subire passivamente, e che ha vissuto giorno per giorno nel tentativo di reagire, scegliendo di accompagnare il figlio in un difficile cammino e di tornare a sentirlo vicino nell'apparente lontananza dello stato vegetativo. Quel gesto ora prosegue nell'attività della Casa dei Risvegli Luca De Nigris, un centro di riabilitazione e ricerca creato per promuovere un nuovo modello di assistenza; per contrapporre la cultura della cura alla prassi dell'abbandono; per insegnare a riconoscere la vita anche dove sembra essere assente. Prefazione di Alessandro Bergonzoni. Postfazione di Davide Rondoni.
Valentino che si spoglia all'improvviso. Filippo che si perde tra i bidoni della spazzatura. E Guido, che non sa raccontare i suoi sogni. Quella barriera invisibile che tiene unite le incredibili diversità di Guido, Filippo e Valentino e separa le loro vite dal resto del mondo é in realtà uno dei disturbi meno conosciuti e più complessi che possano esistere. Si chiama autismo. A soffrirne, in Italia, sono 360 mila persone. E sono 360 mila le famiglie che vivono il loro dramma confinate in assoluta solitudine. È il deserto nel quale ci accompagna Maria Cristina, la mamma di Filippo, un ragazzi-no autistico di tredici anni con grave ritardo mentale che in questo libro racconta "la storia di tutte le storie" perché la sua vicenda qui diventa la voce narrante di una storia più grande, "corale", ripresa da altre testimonianze di madri, padri, nonne, alle prese con questo grave deficit. Uno tra gli handicap più diffusi ma anche uno dei meno conosciuti e curati, una disabilità della quale anche la scienza non è ancora in grado di spiegare l'origine, tuttora orfana di terapie e dati clinici. Ma sono gli stessi protagonisti a smentire - numeri alla mano - che non è vero che non si può fare nulla per chi è colpito dall'autismo. Gli esperti confermano - anche tra le pagine del volume - che se ormai è certo che per questa oscura malattia non c'è risposta ai farmaci né guarigione è altrettanto provato che la diagnosi precoce e i trattamenti riabilitativi possono garantire il maggiore recupero.
Gli psicologi e gli operatori penitenziari li chiamano sex offenders. Per l'opinione pubblica e la subcultura carceraria sono solo "infami", e "buttare la chiave", in senso metaforico o letterale, dovrebbe essere l'unica forma di intervento su chi si è macchiato di una violenza sessuale. Questo libro, invece, illustra il primo programma di trattamento per autori di reati sessuali in atto in Italia, quello realizzato dal CIPM (Centro Italiano per la Promozione della Mediazione) nella Casa di reclusione di Bollate e nel Presidio criminológico territoriale del Comune di Milano. Frutto della collaborazione tra professionisti di discipline differenti, il progetto ha creato una Unità di trattamento, una struttura specificamente dedicata che mira a superare i meccanismi di negazione e minimizzazione di solito adottati da chi compie questi reati, per una riflessione costruttiva sul crimine commesso e una efficace prevenzione della recidiva. All'interno di un campo trattamentale di contenimento, attraverso la pratica del modeling e di esperienze emotive correttive, si tenta il recupero di individui violenti, spesso segnati da gravi traumi. In tal modo, si cerca di innescare una prassi virtuosa che, svincolandosi da una logica esclusivamente punitiva, sottragga gli autori dei reati sessuali a uno sterile stigma, puntando sulla loro responsabilizzazione. E questo anche a beneficio delle vittime e dell'intera società, e non solo dei colpevoli.
Il volume, frutto di anni di presenza sul campo, è un viaggio nell'interiorità di quanti sono colpiti da diverse vulnerabilità fisiche, psichiche e spirituali. Propone un quadro rappresentativo e non esaustivo delle tante infermità. Lo strumento è ad uso di quanti si trovano a stare accanto a chi vive l'esperienza della sofferenza e quindi in particolare di operatori pastorali, volontari, medici, infermieri, assistenti sociali, cappellani negli ospedali, parenti e amici di chi è malato.
Ogni capitolo offre un itinerario per comprendere meglio le singole patologie, non tanto dal punto di vista medico, bensì dal punto di vista umano e spirituale. Presenta una descrizione della malattia, alcune dinamiche psicologiche ricorrenti, un riferimento biblico, una testimonianza o un colloquio con un paziente e alcune indicazioni pastorali. L'ultimo capitolo non tratta di una patologia specifica, ma del destino inevitabile di ogni essere vivente, vale a dire l'esperienza del morire, con alcune indicazioni sull'accompagnamento dei morenti.
«Addentrarsi nelle diverse mappe dei sofferenti significa capirne meglio le istanze, i pensieri e i sentimenti; accoglierne i disappunti, gli sfoghi e le speranze ed essere "compagni di viaggio", non tanto per portare loro le proprie certezze, risorse o il proprio Dio, ma per scoprire i valori, le risorse e il Dio che abita in ognuno» (dalla Presentazione).
ARNALDO PANGRAZZI è nato a Cles (Trento) nel 1947. Ha completato gli studi di teologia presso i gesuiti del Weston College di Boston e dopo l'ordinazione (1974) ha lavorato per sei anni al St. Joseph Hospital di Milwaukee, dove ha dato vita a gruppi di mutuo aiuto per malati di cancro, persone in lutto, familiari di suicidi, soggetti che hanno tentato il suicidio e genitori che hanno perso un figlio. Dal 1983 al 1989 è stato consultore generale dell'Ordine Camilliano, con il compito di animare il Segretariato per il ministero. Dal 1992 al 1998 ha coordinato il servizio di cappellania presso l'Ospedale Santo Spirito a Roma. Dal 1987 è docente di pastorale e di formazione pastorale clinica presso il Camillianum, ove è stato vicepreside dal 2000 al 2006. La sua tesi di dottorato è dedicata a L'enneagramma e l'antropologia cristiana: un modello per il mondo della salute. Dal 1998 è presidente dell'Associazione Italiana Enneagramma. Ha scritto una quindicina di volumi sui temi della malattia e di pastorale sanitaria, oltre a numerosi sussidi, articoli e contributi a dizionari ed enciclopedie.
La presenza di nuove soggettività nei luoghi della cura, i pazienti immigrati, pone i servizi socio-sanitari di fronte al difficile compito di rispondere ai bisogni di persone provenienti da universi culturali e linguistici plurimi e differenziati.
e' opinione condivisa considerare la "distanza culturale" una variabile significativa per comprendere le complesse dinamiche di inclusione e di partecipazione dell'immigrato nei luoghi della cura e, più in generale, nel paese di accoglienza.
Chi si accinge ad entrare in un rapporto terapeutico con i pazienti provenienti da altre culture, "depositari di una alterità" rispetto alla quale occorre riuscire a trovare strumenti di meditazione terapeutica e comunicativa, è chiamato ad apprendere un nuovo habitus professionale e nuovi stili di assistenza, capaci di promuovere una nuova cultura educativa della mediazione nei luoghi della cura.
« La condivisione di vita fa riconoscere le capacità ed abilità che altrimenti verrebbero nascoste e, soprattutto, fa vedere il positivo creativo che c’è in ognuno.»
(dalla prefazione di Giovanni Paolo Ramonda)
Scorrendo le pagine di questo libro viene un dubbio: è un’opera sul teatro o sul disagio minorile? Difficile classificare. Perché la storia che qui si racconta è fatta apposta per rompere ogni schema.
L’occasione è data da un evento tragico: il terremoto che nel 2002 ha colpito Linera di Santa Venerina, paesino della Sicilia dove l’autrice del libro vive nella sua casa famiglia, assieme al marito e a tanti figli. La voglia di teatro nasce per far divertire i ragazzi ed aiutarli ad uscire da questa terribile esperienza.
Dai laboratori e dalla scelta di rileggere la storia di Pinocchio emerge il desiderio di raccontarsi, di tirare fuori vissuti a volte drammatici, di liberarsi da chi vorrebbe continuare a manovrare i fili.
Storie di vita che diventano spettacolo. Un percorso alla scoperta di quell’”X factor” presente in ciascuno, che qui non serve per eliminare gli avversari ma, al contrario, per valorizzare le differenze, convinti che «non vince chi arriva primo ma chi arriva con gli altri». Un percorso artistico che diventa scuola di vita e di speranza, non solo per i giovani protagonisti ma anche per quanti sono disposti a dare fiducia, a credere che anche un pezzo di legno scartato può diventare un vero bambino.
Laura Lubatti è nata in Piemonte nel 1963. Dal 1992, dopo il matrimonio con Marco Lovato, veneto di origine, vive a Linera di Santa Venerina (CT) grazie a don Oreste Benzi che come “dono di nozze” propone loro di aprire una casa famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII in terra siciliana. Un “viaggio di nozze” che dura da 18 anni, con la bellezza di 14 figli, naturali e “rigenerati nell'amore”.
Operatrice di teatro sociale, è co-animatrice generale del “Coordinamento arti” per la Comunità Papa Giovanni XXIII.
Da dieci anni ha avviato una compagnia teatrale che coinvolge ragazzi provenienti da storie di disagio ed emarginazione, attiva anche all’interno del carcere minorile.
Un percorso attorno alla malattia e al mondo che circonda il malato, alla ricerca della forma sincera ed empatica delle relazioni nel tempo dell’«ospite inatteso».
Un vademecum per malati, parenti, assistenti e per chiunque si trovi ad affrontare il drammatico e fecondo mondo della sofferenza.
In questo breve saggio l'autore si propone un triplice obiettivo. Il primo riguarda la chiarificazione di alcuni termini andati arbitrariamente in disuso e che sviano dalla corretta conoscenza del fenomeno. Il secondo è quello di proporre un modello interpretativo della pedofilia che non tenga solo conto delle situazioni prossime agli eventi criminosi, ovvero quelle a ridosso dei fatti, bensì quelle remote, che non sembrano avere nulla a che fare con i gesti ed i comportamenti di chiara matrice patologica. Questi comportamenti entrati nello stile di vita di tutti vengono sottovalutati e tolgono al bambino la sana attenzione derivante da un?educazione serena ed equilibrata. Essi richiedono l'attenzione simultanea di tutti coloro i quali, a vario titolo, ruotano attorno al bambino ed alle sue necessità tra cui in primo luogo la protezione dalle insidie del mondo. Il terzo obiettivo è quello di indurre nel lettore un sano protagonismo che prenda il suo inizio da una revisione personale dello stile di vita, del proprio comportamento quotidiano e dei valori. In tal senso le sollecitazioni che provengono dal modello presentato in questo saggio miranti l'individuazione delle cause remote, si basano sull'assioma che tutti noi possiamo avere una qualche responsabilità, oppure possiamo dare un contributo determinante alla soluzione.
Accompagnato da Virgilio, Dante visitò tutti e nove i cerchi dell'Inferno, dove si puniscono per l'eternità i malvagi irredimibili; ma nel ventre di quel luogo spaventoso non trovò traccia dei disabili. Eppure, a quel tempo, essi erano considerati portatori del peccato massimo, e cioè la non conformità fisica e mentale al paradigma della specie umana, come dire all'immagine di Dio. Il decimo cerchio è quel pezzo di Inferno che va cercato sulla terra. Da sempre l'esser fuori da una norma è considerato un attentato all'ordine naturale delle cose, un pericolo da combattere con ogni energia. La presenza di caratteri che differenziano un individuo dalla maggioranza dei suoi simili è in grado di produrre uno svantaggio sociale, un handicap, e lo relega ai margini della comunità di appartenenza, quando non lo estromette del tutto. Nel corso dei secoli il significato di disabilità è stato molto più affine a quello di colpa e peccato, oppure di inutilità; talvolta anche di crimine. La storia della disabilità è la mappa delle più irrazionali e ataviche paure dell'uomo; l'orrore della diversità, di tutto ciò che in qualunque modo non è conforme alla corrente idea di normalità; il sospetto che possa portare sciagura e morte; la conseguente, feroce determinazione a cancellare per quanto possibile ogni segno della differenza o almeno a irreggimentarlo per negargli potenza e renderlo innocuo. Presentazione di Giorgio Cosmacini.
Anche i genitori invecchiano e per un figlio è sempre difficile accettarlo. Come affrontare le loro nuove debolezze, fragilità, le continue richieste di attenzioni, e l’ineluttabilità della loro disperazione. È inevitabile sentirsi impreparati a diventare genitori dei propri genitori ma è una situazione che prima o poi ogni figlio si trova davanti. Ed è di questo delicato momento che ci parla Sophie Fontanel. Ci racconta di una madre di ottantasei anni, con la memoria che va e viene, che ogni tanto cade e si fa male, che improvvisamente ha bisogno di cure continue e che non sa più stare da sola. Ci descrive come la sua vita di donna in carriera, indipendente, libera si trasformi radicalmente. I sensi di colpa, le preoccupazioni, le corse in ospedale, le vacanze cancellate all’ultimo momento. Ma Sophie Fontanel ci parla anche del grande amore che le unisce, della loro complicità, dei segreti, le confidenze, di quel rapporto unico e speciale che solo una madre e una figlia hanno. E di come in un momento come questo, in cui le parti sembrano invertite, in realtà un figlio ha ancora tanto da imparare dal proprio genitore. Perché non si finisce mai di crescere.Compralo su LibreriaColetti.it