Per secoli la teologia cristiana occidentale ha ignorato lo Spirito oppure lo ha relegato all'interiorità della persona. Con questo lavoro, Böhnke punta a "recuperare" quel deficit che si è verificato sia nella riflessione sia nella prassi cristiana. Per farlo, egli ricorre a una pneumatologia pratica e a una cristologia basata sulla teologia biblica, analizzando la spiritualità della pratica di Gesù e il significato del "dire nello Spirito" di marca paolina. Böhnke può così sviluppare una dottrina della Trinità che risulta innovativa - e rilevante per l'oggi -, in quanto non si presenta come speculazione metafisica, ma come dottrina pratica dell'opera definitiva e universale dello Spirito nel mondo. La dottrina su Dio e la riflessione sul suo autorivelarsi nella storia si arricchiscono così convintamente della dimensione dello Spirito, mentre al tempo stesso il discorso teologico guadagna "responsabilità" e "credibilità" agli occhi del contesto odierno. Alla comunicazione del vangelo cristiano vengono insomma aperte vie affidabili, spalancando nuove possibilità per una comprensione convincente. «Questa riformulazione pneumatologica della dottrina sulla Trinità si caratterizza non solo per la serietà e il rigore formale, ma anche per la grande densità di contenuti e di spunti di riflessione che fornisce» (Dominik Lorenz). Un testo di autentica teologia: tanto nelle analisi che dispiega, quanto nel metodo con cui fonda il ragionamento.
Le polarizzazioni dominano sempre più nei discorsi sociali, ma anche in quelli ecclesiastici e teologici. Lavorano per alternative escludenti, che mirano a rendere impossibile l'opzione della parte avversa, impedendo di prendere decisioni equilibrate. Esempi di alternative secche sono per esempio: ammorbidire la dottrina o attenersi risolutamente alla tradizione? Riformulare in chiave postmoderna l'etica sessuale o prendere sul serio l'ordine eterno della creazione? Dissolvere il dato cristiano in opzioni politiche o concentrarsi sul core business sacrale? Quando si lavora con alternative false svanisce la sfida da a mettersi in gioco, prendendo atto di una condizione umana profondamente ambivalente. Jürgen Werbick esplora le tracce di questa strategia dialettica nelle discussioni ecclesiali e nelle controversie teologiche. E abbozza una teologia che, con curiosità, senza arroccarsi su posizioni di superiorità giudicante, accetti le ambivalenze dell'umano. E così scopre come il suo parlare di esistenza umana, di grazia, di redenzione e libertà, di piacere e compimento, di fallimento e peccato, di un Dio che non ci abbandona, possa rinnovarsi nell'attuale esperienza di crisi. Non possiamo starcene a guardare placidi, al sicuro, sulla riva del mare. Siamo tutti sulla stessa barca, noi esseri umani. E sulla barca, con noi, nel mare agitato, c'è Cristo: per condividere - e salvare - ciò che è «umano, troppo umano». Un incoraggiamento a superare rigidità, pregiudizi, condanne.
Questo libro fa una rigorosa ricognizione delle teologie del Sud globale - africana, asiatica, latinoamericana, indigena e afroamericana - collocandole nei loro contesti ed evidenziandone le tendenze più significative (femminista, ecologica, liberazionista...). Sono teologie emergenti, controegemoniche e generatrici di discorsi alternativi che cercano di rispondere alle grandi sfide attuali: colonialismo, patriarcato, razzismo epistemologico, capitalismo, depredazione della natura, crisi della democrazia, fondamentalismi. Queste teologie - niente affatto secondarie - attraversano le vie dello scambio interculturale, interreligioso, interetnico e interdisciplinare. Scrive l'autore: «Gli itinerari di dialogo che ho precorso mi hanno svegliato dal sonno dogmatico, mi hanno liberato dalla innocenza culturale, mi hanno aperto nuovi orizzonti epistemologici». Ecco allora qui una innovativa proposta di cambio d paradigma nella narrazione teologica, che mette in discussione l'eurocentrismo e tiene conto della diversità e ricchezza di scenari geografici, culturali, politici e religiosi. Trascendendo i confini precedenti, i teologi del Sud del mondo aprono inaspettati sentieri di dialogo.
Il regno di Dio è il fulcro della predicazione di Gesù e il nucleo della fede cristiana. Oggi sembra però trascurato nell'annuncio ecclesiale e nella teologia. Vi domina infatti ampiamente una dottrina della redenzione incentrata sulla croce e la risurrezione: per il Catechismo della Chiesa cattolica, centro della buona novella è essenzialmente il mistero pasquale; per la teologia, salvezza e redenzione non si ricollegano in modo incisivo con la predicazione di Gesù; nelle preghiere eucaristiche è raro che compaia in modo esplicito il messaggio di Gesù sulla venuta del Regno; la signoria di Dio, concetto chiave in teologia biblica, è estranea a molti fedeli... Christoph Böttingheimer cerca perciò di riportare al centro dell'attenzione il messaggio sul regno di Dio, spiegandone il senso e l'importanza. Il regno di Dio è già presente o deve ancora venire? In che misura il ritorno di Cristo, che sembra prendere il posto della venuta del Regno, si riferisce all'universo intero? La redenzione e la salvezza derivano soltanto dalla passione e morte di Gesù in croce, o c'è di più? Dato che l'odierna crisi ecclesiale è di fatto una crisi della fede, è essenziale chiedersi: l'annuncio attuale riflette integralmente il messaggio del Gesù consegnatoci dai vangeli canonici? Una indagine rigorosa che si interroga in modo specifico sul messaggio centrale di Gesù, finito in secondo piano. Il teologo di Eichstätt intende quest'opera in chiave molto personale: come espressione di proprie ricerche e anche di proprie lotte, come appello a "pensare oltre".
Che cosa significa credere, da cristiani, oggi? A che punto siamo con la fede, nella Chiesa? Che cosa sta cambiando nel modo di vivere la fede? Che cosa reclama la nostra attenzione, in quanto credenti? Sono domande che è indispensabile sollevare per non sbagliare le mosse successive. Werbick vi risponde con acume delineando una collocazione teologica della fede. Non ci conduce in un territorio placido, in uno spazio protetto e saturo di certezze: si addentra piuttosto nelle attuali controversie religiose, facendoci al tempo stesso gustare il fascino del credere, come esperienza sempre accessibile. Raccogliere questa sfida è cosa ovvia, dal punto di vista teologico. Raccoglierla lasciandosi coinvolgere nel dialogo con chi non crede, o ha una fede diversa, è meno scontato ma del tutto qualificante. «Se mi sono proposto di lavorare su questa questione teologica a modo mio, non è perché non lo si faccia già altrove e altrimenti. Ma mi pare che sia necessario un avveduto senso teologico del "dove", per non perdere la testa e il cuore - e forse anche il coraggio - della fede, specie nelle sfide che la fede affronta oggi in Occidente».
Politica è configurare il mondo gestendo il potere pubblico. Religione è realizzare il sacro. Eppure, anche religioni come il cristianesimo e l'islam possiedono in sé una dimensione politica: rivendicano la pretesa di plasmare le società. Come influenzano il vivere insieme e le relazioni di potere? E come ne vengono esse stesse influenzate? Partendo da racconti di esperienze, analisi della società, studi di testi e riflessioni di stampo teorico, Felix Körner, gesuita ed esperto islamologo, sviluppa una teologia politica che mostra cristianesimo e islam come forze di configurazione. Egli analizza i modi specifici in cui queste due religioni hanno modellato comunità, stati e culture, influenzando la politica mondiale nel corso dei secoli, anche ricorrendo ripetutamente a potere e violenza come mezzi di legittimazione. La nuova varietà religiosa che stiamo conoscendo in Europa esige una nuova teologia politica. Solo una religione che, rigettando il ricorso alla forza, si ponga in dialogo critico con coloro che la disprezzano o ne abusano, diventa "politica" in un senso fecondo.
Le modalità in cui uomini e donne vivono il proprio essere coppia o genitori e la forma che danno alla loro vita in comune sono destinate a modificarsi con il tempo. I modelli ecclesiali di matrimonio e di famiglia, di uomo e donna, di amore e sessualità sono invece tipicamente inamovibili, "fuori dal tempo": provengono da un mondo e una cultura premoderni. Eppure anch'essi non sono fatti per durare all'infi nito, come hanno dimostrato le controversie e i dibattiti sviluppatisi attorno all'esortazione apostolica Amoris laetitia di papa Francesco (2018). Quali sono le risorse - derivanti dalla Bibbia e dalla tradizione cristiana, dalla dottrina e dalla vita, dalla liturgia e dall'ecumenismo - che contribuiscono a una comprensione moderna delle forme di relazione oggi? Quali sviluppi teologici sono necessari, oltre che adeguati, alle dinamiche del nostro tempo? Julia Knop riunisce analisi su matrimonio e famiglia espresse da diverse prospettive teologiche, mostrando come si possa parlare responsabilmente delle modalità di relazione umana, nella loro riuscita e nel loro fallimento. In questo volume si annuncia una nuova teologia del matrimonio, dell'unione fra partner e della famiglia, percorrendo una molteplicità di prospettive e inaugurando una riflessione molto profonda: quella che si attendeva da tempo.
Uno stesso battesimo per uomini e donne, un solo Dio, una sola fede. Eppure, la parte maschile della Chiesa ha spesso paura delle voci femminili, che nell'ultimo tratto della storia occidentale si sono levate come non mai. Sono state ascoltate fino in fondo? Che cosa la Chiesa ha compreso (o creduto di comprendere) del loro grido? La sua reazione è all'altezza delle questioni poste ed è espressiva della novità evangelica? A partire dalla situazione attuale, come possiamo proseguire? Con ampiezza di vedute e spirito di discernimento, Luca Castiglioni discute qui la nozione di genere: ha una sua collocazione in teologia? Alla luce delle interpretazioni storiche, dopo un'analisi sul modo in cui la Chiesa ha concepito la condizione delle donne e la loro presa di parola, Castiglioni esplora le risorse della fede cristiana, dai testi della Genesi e del Cantico dei cantici alle lettere di san Paolo e ai racconti evangelici delle relazioni di Gesù con uomini e donne. Emergono allora sfide capitali per la Chiesa, tra cui l'accesso ai ministeri (ordinati) per le donne. Prefazione di Christoph Theobald.
In questa sua cristologia Werbick non si accontenta di ripetere le classiche formule dogmatiche, ma muove alla ricerca dei linguaggi adatti alla comprensione odierna, mettendo in dialogo le origini della fede cristologica con la situazione attuale del cristiano. Il teologo di Münster avvia dunque un percorso - più precisamente: «un esperimento sulla figura e sul ruolo di Gesù Cristo» - che consenta di ricomprendere oggi la cristologia "alta" e la soteriologia sacrificale, senza però limitarsi a derivarle dalla storia (e senza neppure congedarle sbrigativamente). Dio - umano presenta allora l'intuizione cristologica basilare: Dio lo si incontra "umanamente"; Dio vuol essere compreso in un essere umano. L'uomo Gesù di Nazaret è la realtà di Dio in questo mondo, poiché Gesù da lui riceve la propria umanità e da lui riceve vita, così da portare Dio ai propri simili, fino all'estremo. A partire dal mistero della persona di Gesù, Werbick dispiega in modo originale le formule della cristologia presenti nella tradizione ecclesiale e le interpretazioni teologiche dell'opera redentiva di Gesù Cristo, a volte così "dure da digerire" per la comprensione odierna. Ecco allora qui una "traduzione" nuova della testimonianza biblica: un libro che avvicina i contemporanei ai contenuti della fede in Cristo, nello sforzo di renderli più comprensibili. Werbick coinvolge nel discorso gli inizi della riflessione cristologica, ma bada anche a quanto quegli inizi apportano oggi alla compressione dei contenuti basilari del cristianesimo, a ciò che è e resta essenziale in cristologia. Un libro per avvicinare in modo comprensibile i contemporanei ai contenuti della fede in Cristo.
Prefazione del cardinal Mario Grech, segretario generale del sinodo dei vescovi
Il presente volume – curato da R. Luciani, S. Noceti e C. Schickendantz e in uscita contemporanea in edizione inglese, spagnola, portoghese – offre un apporto di grande qualità alla riflessione sulla sinodalità. I contributi che raccoglie affrontano coraggiosamente questioni aperte e argomenti problematici, ed esprimono le riflessioni di venti studiosi/e, fra i massimi esperti a livello mondiale; molti di loro sono membri della commissione teologica e della commissione metodologica del sinodo dei vescovi. Ne risulta un contributo imprescindibile per il prossimo sinodo dei vescovi (2021-2023), ma anche per lo stesso cammino sinodale della chiesa italiana (2021-2025).
Descrizione
Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, ha sollecitato la chiesa intera alla conversione pastorale e alla riforma. Tale prospettiva si è strettamente saldata con la maturazione di una coscienza e di una forma sinodale di chiesa. Ciò rappresenta una sfida straordinaria, perché comporta un cambiamento dei paradigmi, una revisione delle strutture esistenti, la creazione di nuove pratiche.
Il presente volume – curato da Rafael Luciani, Serena Noceti e Carlos Schickendantz – si offre come apporto alla riflessione in corso sulla sinodalità, ricco com’è di preziosi contributi che raccolgono le riflessioni di venti studiosi internazionali, uomini e donne. Tutti affrontano coraggiosamente questioni aperte e argomenti problematici. Lo fanno pensando insieme – sinodalmente – e intrecciando diverse competenze disciplinari, in una riflessione attuale sul mistero della chiesa che richiede, nondimeno, di considerare le implicazioni sul piano storico, fenomenico e istituzionale.
Le quattro parti del volume suggeriscono la logica aperta e dinamica che ha guidato la ricerca: si tratta di costruire la sinodalità; di riconfigurare ministeri, carismi, servizi; di creare consenso; di sinodalizzare le istituzioni. La ricostruzione del dibattito teologico e canonistico in atto si salda, allora, con l’individuazione di nuove possibili vie di sinodalità effettiva in tutti i contesti e a tutti i livelli della vita ecclesiale.
Questa pubblicazione, nata da un progetto del Gruppo iberoamericano di teologia, contribuisce al processo di riforma sinodale della chiesa per concorrere alla «edificazione del corpo di Cristo» (Ef 4,13) nell’unità della fede e dell’amore.
Commento
Questi i nomi del gruppo internazionale di autrici e autori che hanno contribuito al volume, fra i quali compaiono anche quelli dei due sottosegretari del sinodo dei vescovi:
Nathalie Becquart (Italia); Raúl Biord Castillo (Venezuela); Alphonse Borras (Belgio); Agenor Brighenti (Brasile); Catherine E. Clifford (Canada); Margit Eckholt (Germania); Massimo Faggioli (USA); Anne Béatrice Faye (Burkina Faso); Gloria Liliana Franco (Colombia); Carlos M. Galli (Argentina); Arnaud Join-Lambert (Belgio); Rafael Luciani (Venezuela); Santiago Madrigal (Spagna); Luis Marín de San Martín (Italia); Serena Noceti (Italia); Gilles Routhier (Canada); Ormond Rush (Australia); Carlos Schickendantz (Cile); Dario Vitali (Italia); Myriam Wijlens (Germania).
«La chiesa è quello che è oggi soltanto perché ha saputo legare insieme continuità e discontinuità: ha saputo svilupparsi, per portare in modo sempre nuovo il vangelo nel suo presente. È questo il fine per il quale essa è inviata» Michael Seewald.
«Tracciando la storia della teoria sullo sviluppo dei dogmi, Seewald illustra sia la mutevolezza delle espressioni dogmatiche sia i diversi sforzi compiuti per comprenderle. La determinatezza del contenuto del dogma è qualcosa che continua a provocarci e indubbiamente richiede sempre nuove determinazioni, ma in definitiva corrisponde al fatto che il Dio di Gesù Cristo si è voluto determinare facendosi umano. E vale la pena rifletterci, proprio in un tempo stanco dei dogmi come quello che abitiamo» (Jan-Heiner Tück, Christ in der Gegenwart).
Descrizione
Indicando dei punti fermi, i dogmi hanno il compito di assicurare la trasmissione inalterata della fede nel corso del tempo. Ora, che il rapporto esiste fra vangelo e dogma? Anzi, che cosa s’intende per “dogma”: una dottrina fissa, definita una volta per sempre? Oppure un insegnamento vivo, realmente aperto allo sviluppo?
Nella storia del cristianesimo forse mai quanto oggi si è discusso di cambiamento. Di rado, però, si riflette su ciò che significa esattamente in senso teologico “sviluppo” – e sviluppo del dogma, in particolare. Eppure la chiesa è stata fin dal principio una comunità dinamica che ha cercato di annunciare il vangelo, nel mutare dei tempi e delle culture, in modo comprensibile. Altrettanto ricca è la tradizione, spesso dimenticata, di teorie dello sviluppo in campo dogmatico. Vale la pena, allora, disseppellire questi approcci e dar loro criticamente nuova vita.
La chiesa in passato è stata assai più capace di cambiare di quanto molti non siano disposti a concedere. Perché non dovrebbe essere capace di farlo anche in futuro?
Rowan Williams, già docente di teologia a Cambridge e Oxford, già arcivescovo di Canterbury, porta alla luce in questo studio le connessioni cruciali fra la cristologia e la dottrina della creazione, proponendo una visione cosmica del Cristo. E svela, allo stesso tempo, il modus operandi tipico del linguaggio ecclesiale, consentendo di comprendere meglio perché sia credibile.
Descrizione
«Quello che cerco di fare in questo libro è di portare alla luce un aspetto cruciale del modo di operare del linguaggio della chiesa relativo a Gesù. Se noi avessimo un po’ più chiaro come opera questo linguaggio, potremmo comprendere meglio perché è credibile».
Il teologo Rowan Williams muove qui alla scoperta delle connessioni fra la cristologia e la dottrina della creazione, proponendo una visione cosmica del Cristo. Nel contempo, egli porta alla luce il modus operandi tipico del linguaggio ecclesiale, consentendo di comprendere meglio perché sia credibile.
In particolare, in questo studio di ampio respiro, egli sostiene una tesi decisiva: ciò che la chiesa dice di Gesù Cristo è la chiave per comprendere ciò che la fede cristiana dice del Creatore e della creazione, della relazione cioè che la fede cristiana dice del Creatore e della creazione, della relazione cioè tra il finito e l’infinito. Analizzando in maniera dettagliata un insieme di testi che vanno dai primi secoli a oggi, e che appartengono alla tradizione sia occidentale che orientale, si svelano i modi vari e indefinibili in cui i cristiani hanno scoperto, nelle loro riflessioni su Cristo, la possibilità di un approccio profondamente positivo alla creazione. Ed emerge una serie di intuizioni radicali su temi fondamentali per la fede cristiana, oltre che sull’etica e sulla politica. «Il linguaggio della dottrina ha senso non tanto come spiegazione delle cose, quanto piuttosto come ambientazione credibile per l’azione e l’immaginazione: offre un mondo in cui vivere».
Gerhard Lohfink si confronta con il tema della morte e della risurrezione. La sua riflessione si sviluppa sullo sfondo mutevole delle concezioni e delle attese del nostro tempo. Le sue risposte si basano sulla sacra Scrittura, sulla tradizione e sulla ragione. Con un linguaggio che non vuol essere convenzionale e scontato, l'autore fa risplendere la forza della risurrezione - la risurrezione di Cristo, che diventa poi la nostra. In particolare, mostra di parlare di eventi che non si collocano in un remoto futuro; la loro prossimità a noi, anzi, è tale da superare le nostre capacità di comprensione. All'alternativa tra "il nulla" e "la risurrezione dei morti" generalmente noi tentiamo di sfuggire in due modi: semplicemente rimuovendo il pensiero della nostra dipartita, oppure raccontandoci una qualche soluzione mediana - del tipo: "alla fine si scompare nella natura", o "si sopravvive nei discendenti", come dicono i più raffinati. Lohfink prende in esame proprio queste soluzioni illusorie, mostrando come esse non siano delle vere possibilità. Alla fine resta un vero aut aut: o la risurrezione o l'inesorabile nulla. Ne va delle grandi domande dell'esistenza umana. Ne va dell'idea stessa di una giustizia. «Come si può parlare oggi della risurrezione? Rispondendo a questo interrogativo, c'è una cosa di cui ho avuto sempre timore e che ho cercato di evitare in ogni pagina: annoiare il lettore».
Riproporre la questione di Dio e del suo significato per l'oggi può sembrare un'operazione di minore importanza. Eppure l'epoca segnata da un ritorno della religione secondo una modalità post-secolare denuncia un'inversione di tendenza rispetto al significato di Dio per l'uomo e la storia. Difatti, da una percezione epocale della sua assenza come spazio di un inedito umanesimo, si passa ad una ripresa filosofica della questione Dio come ermeneutica del senso, fino alla novità del pluralismo religioso che detta l'agenda della realtà di Dio come mistero e alterità. All'interno di un simile paesaggio post-secolare si snoda l'itinerario di questo lavoro. Dotolo parte da una tesi: per la ricerca umana Dio rappresenta una questione aperta, che dischiude una visione del mondo e della realtà che va oltre l'ovvio e li noto, anche là dove il controsenso e il negativo decostruiscono il vissuto religioso. Per l'essere umano, anzi, lungi dal costituire un ostacolo alla libertà e al desiderio di felicità, Dio è risorsa: può rappresentare una interpretazione della vita e del mondo capace di intercettare l'inquietudine radicale che ogni uomo e donna è. In definitiva, incontrare il Dio che ci visita vuol dire attendere ad una novità relazionale, rivedendo anche i modelli che hanno alimentato la nostra esperienza credente, perché Dio è sorpresa costante che genera una nuova sintassi teologica per il pensare, il pregare, il narrare l'avventura dell'esistenza. Dio oltre i soliti schemi, come "evento sorprendente": una scommessa intellettuale di grande respiro. «L'immagine di Dio costruita dall'uomo non consente di coglierne l'autentica identità. Dio stesso ha operato una scelta inimmaginabile: si è spogliato della cosa più preziosa che aveva, il suo potere, per non ferire più gli altri».
Fin dai tempi del Vaticano II, anche nella chiesa cattolica si è aperta una intensa discussione sul rapporto fra cristianesimo e altre religioni. Al riguardo, la coscienza pubblica si è ritirata in massima parte su una posizione di indifferenza. La discussione teologica, invece, mostra spesso di prediligere un certo pragmatismo oppure, per altri versi, si dilunga in interminabili dibattiti teorici.
Nel panorama generale delle discussioni, il taglio di questo libro esibisce un profilo particolare. Pone al centro dell’interesse non tanto il dialogo interreligioso in senso pratico, quanto piuttosto la comprensione di sé che il cristianesimo sta maturando di fronte alla pluralità delle religioni. In quale modo la percezione di molti sistemi di fede diversi porta a un ripensamento dell’immagine biblica di Dio? Il fenomeno di un pantheon globale costringe forse i credenti cristiani a un costruttivo giudizio autocritico? Stante la sua decisa pretesa di possedere una validità universale, il cristianesimo è effettivamente in grado di intavolare un dialogo con l’altro, con il diverso?
Da teologo dogmatico e adottando una prospettiva di storia dei dogmi, Stubenrauch parte dalla convinzione dell’unica e insuperabile incarnazione della Parola divina. La teologia cristiana delle religioni, allora, non deve portare alla relativizzazione del proprio patrimonio di fede, né al disprezzo di quello altrui. Essa, piuttosto, è la possibilità di parlare del Dio di tutti gli uomini senza pregiudizi per le loro convinzioni religiose.
In questo senso, la riflessione lancia un segnale a favore della preziosa cattolicità della fede cristiana.
Il tema della missione della Chiesa - missione vista come connaturale al suo esserci - desta oggi un forte interesse sul piano sia teologico, sia magisteriale, sia pastorale. Non è detto tuttavia che al parlare di missione corrisponda sempre una ripensamento della stessa, che permetta di uscire realmente da vecchi schemi e assuma fino in fondo la necessità di rileggere la missione ecclesiale dentro un contesto, come quello occidentale, profondamente e visibilmente mutato. Il presente studio di Roberto Repole intende assumere questa sfida offrendo la proposta di un nuovo paradigma, quello del dono. Appare così come la Chiesa viva di un dono, quello divino, e come ciò che essa realmente trasmette non sia altro che il dono di cui vive, il quale può essere mantenuto solo in quanto donato da altri: nell'unica forma possibile, quella del dono appunto, che è autentico solo a determinate condizioni. Si tratta di un paradigma adatto ad evitare una delle accuse che esplicitamente ed implicitamente viene fatta oggi ad ogni proposta di missione, di rappresentare cioè sempre e comunque una forma di violenza - senza cadere, per questo, in una riduzione della missione a dialogo in assenza di verità. Si tratta altresì di un paradigma capace di farsi carico di alcune delle sfide attuali più incalzanti: la fine della cristianità, la secolarizzazione, il pluralismo religioso e gli effetti di una globalizzazione in cui la logica economicista rischia di permeare tutto.
L'appello all'ospitalità, reclamato dai grandi filosofi del Novecento, è diventato ancora più urgente oggi, nella società dei muri e delle passioni tristi. E se la fame va sempre verso il pane, resta vero che non si sopravvive se non si impara a essere ospiti. Lezione che ci viene dalla vita: si è ospitali perché a nostra volta ospitati. La convinzione di questo volume è che la pratica ospitale abbia bisogno di un pensiero e di un modo di credere ospitali. C'è un carattere sacro, in questa consuetudine antica, che interroga la teologia. Se, prima che un diritto, esistere è un debito che si estingue solo diventando persone ospitali, la teologia è chiamata a favorire la convivenza tra le persone superando anche la propria autocomprensione, quando questa sia di ostacolo al dialogo, aiutando ad abitare questo cambio d'epoca e imparando ad accogliere le ricchezze spirituali che sono per tutti. Fino a farsi contributo pubblico a servizio della crescita umana e spirituale dell'umanità. La teologia del dialogo a partire dall'ospitalità che esce da questa ricerca sa di essere inquieta ed è consapevole di essere incompleta. Sa anche, però, essere capace di immaginazione. Quella di chi accogliendo l'altro immagina di accogliere angeli: «Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo» (Eb 13,2).
In quell’alba che annuncia la fine della notte, in quell’ora in cui «è ancora buio» (come annota l’evangelista Giovanni), esplode la gioia della Pasqua per Maria Maddalena, l’amica di Gesù, la prima persona a cui il Signore si mostra risorto.
La tradizione occidentale, in seguito, ha però mescolato e confuso le figure femminili che attorniavano Gesù. E così Maria Maddalena, erroneamente associata da Gregorio Magno la peccatrice (anonima), è stata immersa nella notte delle forze oscure di una corporeità che potrà sublimarsi solo nello slancio mistico e in una vita di penitenza.
Superando questa confusione grazie a un ritorno critico sulle fonti, il XX secolo ha ripulito a poco a poco l’immagine più autentica di Maria di Magdala. Oggi, mediate gli apporti di esegeti e teologi, ma anche per merito delle scienze umane e del nuovo sguardo che esse posano sulle donne, è ora di dare impulso a una nuova uscita dalla notte per la Maddalena, rinnovando il senso del celebre appellativo che le è riservato da secoli: “apostola degli apostoli”.
E, a partire da questa compagna di Gesù riconosciuta finalmente nella sua dignità, nella sua fedeltà, nella sua fede senza difetti, è possibile rivalutare da capo la luce che la sua figura riflette su tutte le donne nella chiesa di domani.
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È possibile fornire una definizione di religione sulla scorta del metodo fenomenologico? È questo l’oggetto del presente studio.
La fenomenologia della religione è una disciplina filosofica recente. Nasce dalla necessità di rivolgere l’attenzione all’esperienza religiosa, cercando di mantenere un’autonomia sia dalla filosofia della religione sia dalla storia delle religioni. L’incrocio tra fenomenologia e religione dischiude l’opportunità di pensare e definire un’esperienza che si fonda su una trascendenza – e che pare perciò contraddire la possibilità stessa di una fenomenologia.
L’autore di questo studio, in costante dialogo con svariati filosofi, dopo aver approfondito temi classici – mito, simbolo, rito, sacrificio, violenza e morte... – si dedica a elaborare un modo originale di pensare il rapporto tra fenomenologia e trascendenza in quanto esperienza religiosa. Ed elegge il “sacro” a chiave decisiva per l’analisi più promettente del fenomeno dell’esperienza religiosa, attestando così la necessità di un nuovo percorso teoretico.
L'escatologia, cioè la dottrina cristiana delle cose ultime, si muove tra due estremi: da una parte c'è il pericolo di presumere di sapere troppo del cielo e dell'inferno, dall'altra c'è il rischio di restare senza parole. Il manuale di Johanna Rahner supera brillantemente questa duplice sfida. Con un linguaggio facilmente comprensibile l'Autrice risponde sia alle questioni fondamentali sia a domande specifiche, come per esempio quelle che vertono sulla risurrezione dell'anima e del corpo, su un'appropriata concezione del giudizio finale, sull'idea (e quale) di un inferno eterno. Per Rahner è di particolare rilevanza affrontare la sfida di come resti possibile, dinanzi alla morte reale e al problema irrinunciabile della giustizia, una speranza che alla fine tutto andrà bene. È questa, in fondo, a dispetto di ogni esperienza di questo mondo, la nostra brama insaziabile: il sogno che, alla fine, tutto possa trovare pienezza di compimento.
Per il sentire comune, la riflessione teologica lavora in genere nell'orizzonte della concettualità, del freddo raziocinio, e tende a premunirsi contro l'immaginazione, pur senza privarsene del tutto. Non potrebbe o dovrebbe, invece, valorizzarla e integrarla meglio al proprio interno? E, se sì, quale ruolo potrebbe allora giocare l'immaginazione in teologia? Tenere l'immaginazione al proprio fianco è decisivo per chi fa teologia e indispensabile per il discorso di fede, in quanto - spiega Steeves - l'immaginazione svolge un ruolo unico per accogliere Dio che si rivela e, anzi, per realizzare la fede stessa. Credere non è solo una questione concettuale: ne va della vita concreta dei cristiani, nella preghiera, nella liturgia, nell'agire. Una collaborazione fra teologia e immaginazione sarebbe proficua, poi, persino per l'immaginazione stessa! Se la cultura contemporanea è arroventata da immagini prefabbricate, la rivelazione biblica e la grande tradizione cristiana potrebbero rinfrescarla e dissetarla. Dalle parabole all'Apocalisse, dagli inni alle omelie, i volti, le parole e le mani dei santi ci disegnano Dio. Grazie all'immaginazione, Cristo - Immagine di tutte le immagini - viene a dinamizzare i nostri immaginari fossilizzati, rendendoci liberi e felici di immaginare come lui. Integriamo dunque l'immaginazione! Ci renderà integri e capaci di giocare, a immagine di Gesù.
"Giustificati per grazia" scandaglia la tematica della giustificazione in tutte le lettere di Paolo, comprese quelle delle sue tradizioni. In sintonia con il metodo storico-critico, l'analisi retorica epistolare apre nuovi orizzonti sulla giustificazione. Già prima di Paolo la giustificazione è messa in relazione a Cristo, reso da Dio strumento di espiazione, secondo la fede condivisa delle comunità protocristiane. Introdotta nel contesto polemico della Lettera ai Galati e in funzione della figliolanza divina, la giustificazione per grazia si trova al centro della Lettera ai Romani e assume un ruolo preventivo in quella ai Filippesi. Quando esplode il dilemma sulle vie della giustificazione, Paolo opta decisamente per la fede in Cristo e non per le opere della Legge. Lo Spirito vivifica l'unica giustificazione in Cristo e la rilancia in vista della giustificazione sperata. Nell'evangelo di Paolo, giustificazione e partecipazione sono non alternative, ma accomunate dalla grazia e dalla croce di Cristo. Della giustificazione per grazia non si dirà mai abbastanza, perché è universo simbolico che coinvolge diversi interlocutori. Non una dottrina, ma l'evangelo della giustificazione è quel che rende sempre attuale l'essere giustificati per grazia.
Cuore pulsante dell'etica biblica, il comandamento dell'amore del prossimo sta al centro del Nuovo Testamento ed è al cuore del messaggio cristiano: se infatti affonda le radici nell'Antico Testamento e nel giudaismo, con Gesù è diventato la parola-chiave della morale cristiana. Cristo, la cui etica si fonda essenzialmente sull'annuncio di Dio come Padre amorevole, ha rideterminato l'idea del "prossimo" (chi è il mio prossimo e perché l'amore va rivolto proprio a costui?) così come la pratica concreta dell'amore (che cos'è l'amore del prossimo e come si manifesta? chi lo esige? a chi è rivolto questo comandamento? come si rapporta l'amore del prossimo con l'amore di Dio e con l'amore di se stessi? che valore ha?). E l'eco del comandamento dell'amore, che per Gesù include sempre anche l'amore dei nemici, dal cristianesimo delle origini continua a risuonare con forza fino ai giorni nostri. In questo libro viene ricostruito il profilo dell'etica neotestamentaria e ne vengono ridiscusse le posizioni qualificanti, andando oltre i dati più naturali e scontati, e confrontandosi coraggiosamente con le obiezioni e le riserve più critiche. Non da ultimo, si intende riscoprire quali implicazioni e quale forza di orientamento - sul piano psicologico, su quello sociale e politico, su quello squisitamente teologico - derivino oggi per noi dal comandamento dell'amore. Un testo indispensabile per riscoprire su solide basi l'amore del prossimo, fulcro dell'etica cristiana.
In questo suo importante lavoro, Kurt Appel elabora una teoria teologica del tempo, mostrandone il ruolo centrale nella concezione di Dio da parte della filosofia speculativa – da Leibniz a Kant, da Hegel all’ultimo Schelling. Il concetto di tempo si mostra così come una chiave decisiva per la comprensione di questi due complessi sistemi di pensiero, la filosofia e la teologia. Il tempo al quale noi normalmente pensiamo, quello lineare e meccanico dell’orologio, scorre uniforme e indefinito, sempre uguale. È un continuum senza qualità di sorta, neutrale e asettico, del tutto indifferente: e pre- tende di dettar legge. Indagando il rapporto esistente fra il tempo della rivelazione (nel paradigma biblico) e il tempo secolarizzato (del paradigma post-moderno), Appel mette in scacco i presupposti di quest’ultimo. Mostra come la concezione del tempo cronologico in eterna espansione sia del tutto insufficiente. E svela come il senso del tempo aperto dalla creazione di Dio e occupato dall’intimità di Dio risieda «nelle infinite costellazioni dell’affezione che fanno il mondo degno di essere vissuto e il regno di Dio ospitale per una creatura realmente finita» (P. Sequeri). L’eternità, in questo scenario, risulta momento di un tempo intrinsecamente liturgico, nel cui passato – aperto e sempre da riscrivere – ci perviene il nome di Dio, e la cui dignità risiede nella vulnerabilità, nell’indisponibilità e nell’apertura dell’essere. Una sorprendente teoria teologica del tempo. Un modo inaspettato di guardare al Dio cristiano che si dona come nostro ospite nel tempo.
KURT APPEL, nato nel 1968, filosofo e teologo, è docente di teologia fondamentale e di filosofia della religione presso l’università di Vienna e direttore della piattaforma di ricerca interdisciplinare «Religion and Tran- sformation in Contemporary European Society». Tiene corsi universitari sia a Milano sia a Trento. In italiano ha pubblicato: Apprezzare la morte. Cristianesimo e nuovo umanesimo (EDB, Bologna 2015).
Questo libro riproduce per la prima volta due saggi di un'attualità sconcertante: stesi nel 1955 e mai editi prima d'ora «per motivi non più ricostruibili», oggi vengono pubblicati a cura di un profondo conoscitore dell'opera balthasariana, il teologo svizzero A.M. Haas, e con una documentata e illuminante Postfazione del teologo di Vienna J.-H. Tück. In queste pagine von Balthasar riesce a delineare una teologia delle cose ultime nel senso di «una teologia della finitezza» (W. Löser). Con l'affascinante forza linguistica della sua prosa teologica, von Balthasar presenta l'insegnamento escatologico della chiesa in alcuni aspetti che segneranno il suo pensiero successivo: risultano decisivi, in particolare, il recupero della centralità di Cristo e della speranza universale, ma anche il riferimento alla teologia della croce e alla "discesa agli inferi". Quest'ultimo elemento è stato indicato da Joseph Ratzinger come il vero contrassegno del pensiero balthasariano. «Queste righe vengono consegnate alle stampe, superando le mie esitazioni, unicamente per far risplendere meglio possibile nella dottrina tradizionale della chiesa - dalla quale non ci si deve scostare in alcun punto - la centralità cristologica». Così lo stesso von Balthasar in una sua Prefazione, che concludeva richiamando l'importanza della "discesa agli inferi": «Chi si rifiuta di guardare in quella profondità difficilmente potrebbe riuscire a sviluppare tutto il concetto di grazia e redenzione che ci è accessibile nella fede».
Cosa vuol dire essere “cattolico”? Vuol dire praticare i sette sacramenti che accompagnano l’uomo dalla culla alla tomba, o affidare la propria salvezza a una gerarchia piuttosto che a novene, indulgenze e pellegrinaggi? No, questa sarebbe una caricatura. In realtà, il cattolicesimo non è una determinata dottrina cristiana né, tantomeno, una data organizzazione religiosa. Il cattolicesimo è un certo modo di vivere e di pensare il cristianesimo. È viverlo e pensarlo in termini di sacramentalità.
Descrizione
La sacramentalità, ossia la forma di pensiero sacramentale, è l’essenza del cattolicesimo: questa la tesi centrale del libro.
Se il cattolicesimo sta o cade con la sacramentalità – che, si badi, è ben di più del rozzo sacramentalismo – è indispensabile mettere a fuoco che la mediazione sacramentale poggia sulla distinzione (non sulla identificazione) fra il piano visibile e il piano invisibile, pur ritenendoli inseparabili. L’autorità di Cristo e l’autorità del ministero apostolico, la verità in sé e il dogma che la indica sono come il significato e il significante in un simbolo: distinti, ma inseparabili. Ecco perché la chiesa cattolica concepisce come sacramento non solo i suoi sette atti fondamentali, ma pure se stessa.
Karl-Heinz Menke prosegue però oltre. Se davvero l’essenza del cristianesimo va individuata nel principio di sacramentalità, allora bisogna riconoscere che al centro più intimo dell’identità cattolica, negli ultimi decenni, sono state inferte delle ferite più profonde di quelle dei tempi della Riforma protestante e dell’Illuminismo europeo. E questo soprattutto per due motivi: in ragione della cosiddetta postmodernità, qui intesa nella sua complessità; e anche a motivo di un ecumenismo irenico e superficiale, che chiude gli occhi di fronte alla differenza fondamentale esistente fra le confessioni cristiane.
La riflessione di Menke a proposito di questa sacramentalità sotto attacco (e a volte incrinata) non si limita al piano teorico e ideale, ma tocca anche temi di spinosa attualità. Si possono accogliere a cuor leggero le aperture di chi chiede di ammettere le donne al sacerdozio, di chi riduce l’eucaristia a banchetto conviviale, di chi relativizza l’indissolubilità del matrimonio e di chi vorrebbe trasformare la “chiesa dall’alto” in una “chiesa dal basso”? Chi non riconosce nella sacramentalità l’essenza del cattolicesimo, risponderà di sì e non vedrà in questo alcun rischio di perdere la propria identità. Il presente libro sostiene invece la concezione opposta: in termini, se necessario, volutamente provocatori.
L'autore affronta in termini inaspettati l'idea di Dio e la questione della sua verità, inserendola nel vivo del dibattito teologico contemporaneo. Analizzando con perspicacia la 'verità cristologica' di Dio così come emerge fra Primo e Nuovo Testamento, ed esaminando la storia della teologia trinitaria, dall'età patristica all'epoca contemporanea, Bertuletti giunge infine a prospettare uno schema sistematico radicalmente ripensato per una teologia trinitaria del XXI secolo.
La relazione tra filosofia e teologia rappresenta una problematica costante del cammino di pensiero di Martin Heidegger. Non è solamente l’oggetto di una conferenza del 1927 e nemmeno una semplice tematica per una rilettura della sua opera. In seguito alla pubblicazione di diversi testi maggiori del grande filosofo, rimasti a lungo sconosciuti, e alla luce del rinnovamento delle ricerche sulle sue origini sociali e intellettuali, la questione richiedeva un nuovo esame.
Philippe Capelle-Dumont evidenzia le tre topiche fondamentali di questa relazione – filosofia e teologia biblica, filosofia e ontoteologia, pensiero dell’essere e attesa del dio – e le differenti tappe della loro tematizzazione. L’autore analizza il rapporto di Heidegger con la tradizione teologica utilizzando un triplice punto di vista: il radicamento nella cultura cattolica; il debito nei confronti degli schemi fondamentali della teologia cattolica e (soprattutto) protestante e dei loro principali fondatori: san Paolo, sant’Agostino, la Scolastica medievale, Lutero, Bultmann; la provenienza che autorizza paradossalmente l’uscita mai compiuta dalla teologia cristiana. Rifiutando ogni interpretazione teologica del pensiero heideggeriano, l’autore interroga infine il tema del “ritirarsi” come motivo ermeneutico centrale e come asse portante di una rinnovata concezione dei rapporti tra la filosofia e la teologia.
Un contributo eccezionale alla storia della filosofia e della teologia.
Philippe Capelle-Dumont, 1954, è dottore in Filosofia e in Teologia, doyen onorario della Facoltà di filosofia dell’Institut Catholique di Parigi, professore all’Università di Strasburgo, presidente della Cattedra di metafisica Etienne Gilson (Parigi) e direttore delle collane «Philosophie et Théologie» (Éditions du Cerf) e «Chaire Gilson» (PUF). Le sue ricerche spaziano tra fenomenologia, metafisica e filosofia della religione. È autore di numerose opere tradotte in diverse lingue, fra le quali: Philosophie et apologétique, 1999; Jean Nabert et la question du divin (postfazione di Paul Ricoeur), 2004; Raison philosophique et christianisme (con Jean Greisch), 2004; Expérience philosophique et expérience mystique, 2005; Dieu existe-t-il encore? (con André Comte-Sponville), 2005; Finitude et mystère, 2005; Nomi divini e nomi metafisici, 2007; Dieu et la cité, 2008; Fenomenología francesa actual, 2009; Fiducia nella ragione (come editor), 2010; Anthologie. Philosophie-Théologie (5 volumi), 2009-2011.
Il testo intende descrivere, inquadrare, comprendere e spiegare il comportamento e l’esperienza religiosa dei primi seguaci di Gesù, mediante il ricorso a un’analisi psicologica del loro vissuto al tempo delle origini cristiane. Ne nasce un’opera pionieristica di estremo interesse per le scienze bibliche, per la storia del cristianesimo e per la teologia.
Dalla quarta di copertina:
Com’è nato il cristianesimo? Come poté un piccolo gruppo, sorto in seno al giudaismo, cambiare così tanto la storia del mondo? Gerd Theissen descrive qui il comportamento e l’esperienza religiosa vissuta dei primi cristiani. La sua Psicologia del cristianesimo delle origini mette ordine nell’affascinante molteplicità dell’esperienza cristiana primitiva di sé e del mondo e la rende comprensibile a lettori/lettrici del nostro tempo.
Nel corso di questa documentata ricerca il grande biblista mette in luce come nei più antichi testi cristiani ci sia più vita e vitalità di quanto non permetta di riconoscere il loro successivo uso nella teologia e nell’amministrazione della chiesa.
Inoltre, nella sua considerazione psicologica del cristianesimo delle origini, Theissen tiene conto anche della grande “eresia” del II secolo, della gnosi, e la interpreta come una forma di esperienza mistica e come parte della ricchezza della religione cristiana di quel periodo.
Un’opera che interessa scienze bibliche, storia del cristianesimo e teologia.
Un tema decisivo per ripensare il Gesù storico: i suoi insegnamenti sulla Legge di Mosè e sull’etica, e di conseguenza la sua presa di posizione su questioni fondamentali quali il divorzio, i giuramenti, il sabato, le regole di purità, e naturalmente sul comandamento dell’amore. Meier affronta la tematica da vero maestro, con lo stesso rigore dimostrato nei tre precedenti volumi.
Dalla quarta di copertina:
I precedenti volumi dell’opera monumentale Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico si basano sulla convinzione che, sebbene le informazioni storiche documentate siano abbastanza limitate, indipendentemente da una prospettiva confessionale, è tuttavia possibile giungere a un consenso sui fatti storici fondamentali della vita di Gesù.
In questo a lungo atteso quarto volume, Meier affronta un nuovo tema – gli insegnamenti del Gesù storico sulla Legge di Mosè e sull’etica – con lo stesso rigore che egli ha mostrato nei suoi precedenti tre volumi.
Dopo una valutazione critica delle opinioni scientifiche circa il valore e la rilevanza della Legge mosaica al tempo di Gesù, questo quarto volume tratta degli insegnamenti di Gesù su tematiche legali fondamentali quali il divorzio, i giuramenti, il sabato, le regole di purità; tratta inoltre i diversi comandamenti dell’amore ricorrenti nei vangeli. Dalla ricerca di Meier emerge la figura complessa di un ebreo palestinese del I secolo, il quale non intendeva affatto abolire la Legge, ma nello stesso tempo era impegnato in dibattiti concernenti l’osservanza della stessa. Solo accogliendo questa immagine del Gesù storico alle prese con le questioni della Torah possiamo evitare – secondo la conclusione dell’autore – il diffuso errore di costruire una teologia morale basata sullo studio di “Gesù e la Legge”.
Con la collaborazione di
Hans-Dieter Mutschler e Michael Sievernich
Dalla quarta di copertina:
La fede cristiana nella creazione è superata dalla teoria dell'evoluzione?
In cosa consistono il significato profondo e la bellezza, ancora oggi affascinante, della fede cristiana nella creazione? È possibile mostrarne anche la verità? Le intuizioni su Dio e sul mondo che troviamo nel testi biblici e nei grandi pensatori che hanno riflettuto sulla fede nella creazione (come, per esempio, Agostino, Tommaso d'Aquino, Guardini) contribuiscono a umanizzare l'essere umano? E per andare alla radice della questione: Dio continua veramente ad agire nel mondo? Se sì, in che modo? Ma allora come possiamo conciliare le tante forme del male, presenti in questo mondo, con la bontà del Creatore? Cosa ci offre in più la fede cristiana nella creazione rispetto alle spiegazioni del mondo che provengono dalle scienze della natura? Qual è il suo contributo per un'etica ecologica? È in grado di dare impulsi positivi al dialogo Interculturale (per esempio nei confronti dell'islam)?
A tutto questo Medard Kehl dà risposte fondate e comprensibili, senza eludere nessuna questione.
Un'opera chiara, informata in particolare sui dibattiti scientifici, rigorosa, che affronta anche questioni di attualità.
Un’opera interdisciplinare e interconfessionale che rende accessibili i concetti essenziali e i temi centrali della Bibbia, utilizzando i risultati più recenti dell’esegesi e della filologia, e integrandoli con le ricerche sull’antichità, sulla storia sociale, sull’iconografia… Uno strumento di studio e di consultazione indispensabile per la ricerca biblica, che offre una panoramica completa e orientamenti precisi.
Secondo di quattro volumi, il testo è organizzato per lemmi come un dizionario, ma si propone di essere un significativo esperimento che rivisita e attualizza la concettualità della teologia cristiana per favorire un confronto con la cultura contemporanea. Un libro che rende disponibili le forme e le strutture essenziali di una scienza religiosa responsabile e aperta al futuro, fornendo un servizio prezioso sia alla ricerca teologica sia al dialogo con la filosofia e le scienze.
Dalla quarta di copertina:
L’opera, I concetti fondamentali della teologia, si articola in quattro volumi. Non si tratta propriamente di un dizionario teologico, anche se è scandita in ordine alfabetico, ma di un significativo esperimento che rivisita e attualizza, con tutti i sussidi della scienza moderna, la concettualità della teologia cristiana.
Ogni voce è affidata a uno specialista, generalmente di lingua tedesca, che presenta, in una monografia di sintesi, storia e teoresi della concettualità teologica, esposta, analizzata e contestualizzata in forma nuova, con ricca e aggiornata bibliografia internazionale.
L’opera rende un servizio prezioso alla ricerca teologica, ma anche al dialogo con la filosofia, con le scienze e con la cultura contemporanea, rendendo disponibili le forme e le strutture essenziali di una coscienza e di una scienza religiosa, responsabile e aperta al futuro.
L’opera si articola in tre sezioni:
1. Profilo e funzione della missiologia
2. Inculturazione e identità
3. Frammenti di teologia della missione
Dalla quarta di copertina:
Il concetto di “Missione” risulta oggi appesantito storicamente, in quanto ricorda la storia del colonialismo e dell’imperialismo culturale occidentale, ma il teologo di Münster lo assume e lo riconduce, in un coraggioso progetto, al suo significato come dato fondamentale della fede cristiana.
La Missione è espressione vitale della Chiesa, in essa vive la visione cristiana, aperta a tutti gli esseri umani. Per questo la Missione, per un verso, ha il suo fondamento nella destinazione universale del Vangelo, e per un altro verso essa si compie nella testimonianza della fede, che si contrappone a forme di comunicazione della fede, che siano colonialistiche, paternalistiche e di indottrinamento.
Il dare-testimonianza dei cristiani è l’agire missionario nella sua forma autentica.
Un libro documentato e coraggioso sul rapporto tra Magistero e teologia firmato da uno dei più noti teologi cattolici canadesi.
Una nuova opera classica di teologia fondamentale. Un testo unico nel suo genere per lo studio e per la prassi della teologia, contraddistinto da grande profondità intellettuale e rigore logico. Una legittimizzazione impressionante e efficace della fede cristiana.
Dalla quarta di copertina:
La credibilità è diventata in tutti i campi sociali un bene scarso e prezioso. Anche la credibilità del cristianesimo ha subito una drastica riduzione. Una secolare contestazione e un secolare smascheramento delle pretese del cristianesimo hanno lasciato il loro segno. La teologia fondamentale affronta la storia di questa contestazione e di questo smascheramento, e tenta risposte critiche alle argomentazioni che, nel passato e nel presente, mettono in discussione e minano l’autocomprensione cristiana.
Anche il progetto qui proposto cerca di assolvere questo compito, che si potrebbe definire, nel senso migliore della parola, apologetico. Nei quattro trattati o “Temi Controversi” – Religione, Rivelazione, Redenzione, Chiesa – esso espone anzitutto la storia della contestazione della validità avanzata dal cristianesimo, per poi indicare le “buone ragioni” che permettono di essere e rimanere cristiani grazie ad una legittimazione razionale della fede.
Una serie di riflessioni intermedie si occupa di questioni gnoseologiche e antropologiche di fondo, la cui trattazione costituisce il profilo specifico di un progetto di teologia: fede e ragione, il linguaggio della fede, fede e senso.
Ma la legittimazione razionale della fede non esige solo che si “contraddicano” le argomentazioni della critica, bensì anche che si prenda seriamente tale critica come una sollecitazione a compiere un’autoverifica, perché solo così è possibile fronteggiarla.
Il progetto del Werbick è proteso a rendere un servizio teologico alla credibilità della fede cristiana, in un tempo in cui il cristianesimo si trova minacciato sia dal fondamentalismo sia dalla de-tradizionalizzazione.
Una nuova opera classica di teologia fondamentale. Un testo unico nel suo genere per lo studio e per la prassi della teologia, contraddistinto da grande profondità intellettuale e rigore logico. Una legittimizzazione impressionante e efficace della fede cristiana.
Recensioni:
Uno sguardo immediato alla struttura dell’imponente opera di Werbick può indurre a ritenere che essa riproponga in buona sostanza la successione classica dei trattati codificata dall’apologetica moderna: demonstratio religiosa, demonstratio christiana, denionstratio catholica. Da ciò si potrebbe precipitosamente concludere che l’opera in questione sia collocabile in quel filone presente nella produzione teologico fondamentale degli ultimi decenni, registrabile sotto la cifra dell’aggiornamento, inteso appunto come rielaborazione in un contesto culturale mutato di un impianto apologetico che nondimeno rimane immodificato. Il tentativo di aggiornamento si paleserebbe qui, ad esempio, nello sdoppiamento della demonstratio christiana nel trattato sulla rivelazione e nel trattato sulla redenzione, che intende mettere esplicitamente a tema la questione della rilevanza antropologica dell’automanifestazione di Dio. Oppure, nel fatto che i trattati portino il nome di “tema controverso” e non di “dimostrazione”, magari come rassegnato cedimento alla diffidenza contemporanea nei confronti di qualunque argomentazione rigorosa di una fondazione ultima.
In realtà, una tale valutazione superficiale non renderebbe giustizia della portata teorica del lavoro di Werbick. Per cogliere adeguatamente l’intenctio auctoris occorre rileggere l’opera a partire dalle tre “riflessioni intermedie”, cui è assegnato il compito di raccordare le diverse sezioni del volume. Esse sono dedicate alla elucidazione di un triplice rapporto: fede e ragione, fede e linguaggio simbolico, fede e senso. Scandendo il passaggio fra i trattati, tali riflessioni intermedie suggeriscono che ciò di cui si intende far questione, affrontando i differenti temi della religione, della rivelazione, della redenzione e della chiesa, è in realtà sempre di un unico oggetto, ossia appunto della fede cristiana. Sotto questo profilo, l’ambizione di Werbick appare quella di elaborare una ontologia dell’affidamento e della sua radicazione nell’atto della libertà, come infrastruttura teorica per argomentare la portata singolare e insieme universale di una teologia della fede cristiana e della sua fondazione nell’evento cristologico. Soltanto ponendosi in tale prospettiva, diventa possibile portare all’evidenza il progetto unitario soggiacente alla trattazione dei vari temi controversi, il quale obiettivamente risulta eccedere i limiti angusti di un mero aggiornamento dell’impianto apologetico moderno.
Di questo progetto, nello spazio limitato di una recensione, si possono restituire com’è ovvio solo i tratti essenziali. Punto d’avvio è la riflessione circa il tema della religione, che nella prospettiva seguita da Werbick si presenta come il luogo per argomentare l’essere nel legame in quanto dimensione fondamentale della condizione umana, la quale non sopporta di venire risolta nella visione di matrice illuministica del soggetto autoreferenziale e autofondato. È proprio attraverso e dentro la trama di relazioni, che segnano insuperabilmente il cammino della libertà dell’uomo nella sua dimensione di concretezza, che si accende nella coscienza la percezione originaria della notizia di ciò che concerne l’uomo incondizionatamente, poiché lo pone di fronte a quella promessa e a quella sollecitazione, da cui dipende il compimento della vita buona. È tale realtà dell’incondizionato promettente e interpellante, che trova evidenza simbolica nelle rappresentazioni del divino disponibili nelle differenti tradizione religiose. L’ambivalenza, dalla quale queste risultano attraversate, le destina tuttavia ad essere sospese, per quanto riguarda l’affermazione della loro verità, all’effettuarsi indeducibile di un evento al di sopra del quale non potrebbe accadere alcunché di più grande. Si tratta dell’evento grazie al quale «l’assoluto concede alla libertà finita una relazione con se stesso, in cui questa può trovare se stessa e può proprio così corrispondere all’assolutezza dell’assoluto» (p. 193).
Tale precisamente è il tema della rivelazione, e in particolare della determinazione storica che essa ha ricevuto nell’accadimento cristologico. Ciò che appare centrale nella vicenda di Gesù, così come viene attestata dagli scritti neotestamentari, è il costituirsi di un’implicazione sempre più radicale tra quella vicenda stessa e il darsi del regno di Dio, inteso come l’inizio che non cessa mai di cominciare del dono del tempo, in forza del quale è infranta la prigionia in una vita condannata alla deriva verso il semplice passato ed è invece dischiuso l’accesso verso il futuro promettente. L’esito imprevedibile della vicenda di Gesù nell’avvenimento pasquale della resurrezione del Crocifisso porta a compimento il processo rivelativo, e proprio per questo ne manifesta pienamente la dimensione redentiva, come condizione ultima di possibilità di una libertà finalmente riconciliata. Al proposito merita citare direttamente l’A.: «Poiché è avvenuta una cosa di cui non è possibile pensarne una più grande, poiché la libertà riconciliante di Dio si è rivelata come l’approvazione originaria che libera il sì della libertà umana dal voler realizzarsi come semplice autoaffermazione, per questo è possibile dire che in questo fondamento è ‘risolto’ l’abisso della libertà umana e che la libertà umana diventa possibile come libertà di amare e di apprezzare l’altro nella sua alterità» (p. 749).
L’evento rivelativo e salvifico, che si produce nella vicenda cristologica, si rende accessibile nel corso del tempo in virtù della mediazione offerta dalla chiesa. Questa mediazione è all’altezza del suo compito solo quando non si autocomprenda al modo della sostituzione rappresentativa o del rimando estrinseco rispetto all’evento, bensì rigorosamente nei termini della testimonianza. La qualità testimoniale dell’agire ecclesiale è precisata nella caratterizzazione della comunità cristiana come «istituzionalizzazione della relazione con l’incondizionato» (p. 997), e ancora come il «simbolo reale della volontà buona di Dio» anticipata dall’inizio del Regno (p. 1000), che diventa la condizione storico-concreta affinché la libertà umana si disponga ad accogliere nell’affidamento la forma cristologica del suo attuarsi secondo verità.
Fino qui la ricostruzione sommaria del progetto teorico sotteso all’opera di Werbick. In questa sede risulta impraticabile tentare una ripresa critica, che si proponga di verificare in modo analitico se e in quale misura l’A. abbia in effetti corrisposto al proprio intento nello svolgimento del suo lavoro […]. Per il merito di porre tale questione del tutto decisiva ad un livello di profondità non comune, l’opera di Werbick si raccomanda senza dubbio all’attenzione non superficiale del dibattito teologico contemporaneo.
D. Arbarello, in Teologia 1 (2004) 106-107
«L'opera del Meier costituisce la biblioteca fondamentale sulla nascita, la vita e la morte di Gesù per il prossimo millennio» (B.L. Visotzky).
Il secondo volume analizza a fondo il rapporto fra Gesù e il suo mentore, Giovanni Battista, la sua concezione del Regno e la sua fama di taumaturgo.
Dalla quarta di copertina:
In questo secondo volume della ricerca di J.P. Meier si approfondisce il tentativo di dare una risposta al più grande enigma della ricerca religiosa moderna: chi era Gesù? L'autore mette a sfondo di queste pagine un immaginario incontro tra un cattolico, un protestante, un ebreo e un agnostico, che si ritrovano per elaborare un documento comune su chi fosse Gesù di Nazaret e su che cosa abbia significato. Un ebreo marginale è ciò che secondo Meier quel documento rivelerebbe.
Il primo volume termina con la figura di Gesù ormai prossimo alla maturità. In questo secondo volume, l'autore prende in esame le parole e le opere di Gesù durante il suo ministero pubblico. Dall'analisi attenta che Meier consacra al suo mèntore, al suo messaggio e ai suoi miracoli emerge un ritratto veramente vivo di Gesù.
Il secondo volume risolve il dibattito aperto da tempo sul rapporto tra Gesù e il suo mèntore, Giovanni Battista. Si giunge alla conclusione che Giovanni ha esercitato un particolare influsso su Gesù: «In un certo senso, Gesù non fu mai senza Giovanni». Il ministero profetico di Giovanni, il suo messaggio di penitenza, il monito di un imminente giudizio e il rito del battesimo sono confluiti nel ministero stesso di Gesù. L'annuncio della fine dei tempi da parte del Battista continuò decisamente a formare in Gesù la convinzione che Dio stava venendo a salvare il suo popolo. La profonda analisi condotta sui vangeli mostra che la proclamazione del 'regno di Dio' da parte di Gesù andava oltre la minaccia del giudizio, fino alla promessa che tale regno, regno di salvezza e guarigione, era vicino.
L'autore confuta il moderno scetticismo, sostenendo in modo persuasivo che la tradizione sui miracoli di Gesù, analizzata in base a criteri storici, non fu inventata dalla chiesa primitiva. Al contrario, tale tradizione risale allo stesso Gesù storico: «Se la tradizione dei miracoli deve essere rigettata in toto perché non storica, allora lo stesso dovrebbe valere per ogni altra tradizione nei vangeli». Contraddicendo altri studiosi, questo libro mostra che Gesù operava come un taumaturgo, non come un 'mago', poiché i miracoli di Gesù avevano lo scopo di «condurre le persone alla fede, al pentimento e al discepolato».
Il volume, a firma di uno dei più noti teologi olandesi, riproduce lo sfondo filosofico-culturale dell'attuale dimenticanza di Dio; ma soprattutto indica le nuove vie di pensiero nella filosofia e nella teologia degli ultimi decenni che possono portare a una ripresa del rapporto tra Dio e cultura.
Dalla quarta di copertina:
Il pensiero di Dio non è più necessario quale fermento della nostra cultura, quale premessa concettuale del nostro mondo e della nostra autocomprensione. Ma cosa significa allora continuare a pensarlo, e come lo si può pensare? L'Autore, uno dei più noti teologi cattolici olandesi, cerca in quest'opera di parlare oggi di Dio di fronte alla ragione critica, prendendo sul serio tutte le obiezioni e i dubbi che possono venir sollevati nei confronti della fede in Dio. Ciò che gli preme è di tener aperta la domanda su Dio come una possibile domanda della vita umana e di dischiudere vie di pensiero verso Dio per quanti sono alla ricerca di un senso critico per l'esistenza e per la storia.
Il volume riproduce lo sfondo filosofico-culturale dell'attuale dimenticanza di Dio; ma soprattutto indica le nuove vie di pensiero nella filosofia e nella teologia degli ultimi decenni che possono portare a una ripresa del rapporto tra Dio e cultura.
"L'opera del Meier costituisce la biblioteca fondamentale sulla nascita, la vita e la morte di Gesù per il prossimo millennio" (B.L. Visotzky). Tra le questioni difficili affrontate nel primo volume: il concepimento di Gesù fu verginale? ebbe fratelli e sorelle? si sposò o fu celibe? era illetterato? conobbe l'ebraico e il greco come l'aramaico?
Dalla quarta di copertina:
Il testo affronta il più grande enigma della ricerca religiosa moderna: chi era Gesù?
Questo libro rappresenta il primo tentativo esauriente di un biblista cattolico americano di trattare in maniera rigorosamente scientifica il “Gesù storico”. Per “Gesù storico”, Meier intende il Gesù che possiamo recuperare o ricostruire usando gli strumenti della moderna ricerca storica. Considerato lo stato frammentario delle fonti e la natura indiretta degli argomenti, il ritratto che ne deriva è incompleto e talvolta congetturale. Eppure, sostiene l’Autore, qualcosa si guadagna. L’“affermazione unanime” che emerge è aperta all’indagine ed al dibattito di tutte le parti interessate in eguale misura – cattolici, protestanti, ebrei, credenti e agnostici. Può servire come terreno comune per il dialogo ecumenico e per l’ulteriore ricerca.
Tra le questioni difficili che Meier affronta nel primo volume: il concepimento di Gesù fu verginale? ebbe fratelli o sorelle? si sposò o fu celibe? era illetterato? conobbe l’ebraico ed il greco come l’aramaico?
Il resoconto sobrio e ben ponderato di Meier sulla vita di Gesù è quanto meno sorprendente, come se quasi duemila anni più tardi considerassimo per la prima volta Gesù nel modo in cui devono averlo considerato i suoi contemporanei – “un ebreo marginale” – con tutte le implicazioni e le questioni sollevate da questo titolo deliberatamente provocatorio.
Moltmann ripercorre le tappe del suo cammino teologico, descrive gli incontri che hanno segnato la sua biografia e gli eventi che hanno influito sul suo pensiero, spingendolo a elaborare una teologia originale. Un'opera che coniuga alla perfezione teologia e biografia.
Dalla quarta di copertina:
Fare teologia non è stato e non è per Moltmann un’attività astratta al di là del mondo, ma un’attività alimentata dall’esperienza nel mezzo della vita e con la vita.
In questo volume l’Autore ripercorre ancora una volta le tappe del suo cammino teologico, descrive gli incontri che hanno segnato la sua biografia e gli eventi che hanno influito sul suo pensiero e lo hanno spinto a elaborare la sua teologia. Si sofferma a lungo sulla prospettiva della speranza, aspetto centrale del suo pensiero teologico, e spiega i concetti fondamentali della propria teologia e la loro intima connessione.
Un libro che incoraggia a fare teologia e a interessarsi della teologia.
L’opera si articola in quattro parti:
I. Che cos’è la teologia?
II. Ermeneutica della speranza
III. Riflessi di una teologia liberante
IV. Nel “vasto spazio” della Trinità
Dopo 'Teologia e Chiesa 1', la raccolta di questi saggi prosegue il dialogo fra teologia, chiesa e mondo, in tutto il rispetto della verità e della carità. Il libro rappresenta la più recente trattazione di teologia sistematica di Walter Kasper.
Un'opera importante, classica e insieme controversa, e tuttavia scritta in prospettiva ecumenica.
La presente opera di Küng sulla giustificazione si colloca nella linea del dialogo tra teologie di diverse confessioni. La prima parte del volume mira a una lettura obiettiva di K. Barth; la seconda parte è lo sviluppo della dottrina cattolica sulla giustificazione fondato su una penetrante analisi delle definizioni e dichiarazioni infallibili del magistero.
L’opera, ormai collaudata in campo internazionale, è una organica trattazione ecclesiologica che si articola in cinque parti: 1. La Chiesa reale; - 2. Sotto il Regno-di-Dio che viene; - 3. La struttura fondamentale della Chiesa; - 4. Le dimensioni della Chiesa; - 5. Il servizio nella Chiesa.
Il volume si prefigge due obiettivi: offrire un contributo sia alla cristologia in generale che alla comprensione teologica della filosofia hegeliana in particolare.
I saggi moltmanniani qui riuniti documentano il sorgere della teologia della speranza e le applicazioni, soprattutto in campo prassistico ed etico, che Moltmann è andato svolgendo dal tema della sua opera maggiore ‘Teologia della speranza’.
Il volume raccoglie quindici saggi, che Pannenberg è andato scrivendo dal 1959 al 1967: essi mirano a cogliere il significato che la coscienza storica assume per la comprensione delle testimonianze bibliche.
Il tema ‘fede e storia’ risulta essere una delle più grandi questioni della chiesa e della teologia nell’epoca moderna. Esso percorre come un filo rosso i saggi del teologo di Tübingen, raccolti in questo volume.
I saggi e i contributi raccolti in questo volume sono il frutto di un confronto fra la tradizione della chiesa e le diverse sollecitazioni che alla teologia contemporanea provengono dallo spirito dell'età moderna: illuminismo, critica storica, secolarizzazione e teoria critica della società.
Un completo trattato sistematico della teologia dei novissimi in dialogo con le moderne scienze dello spirito.
Un'esposizione d'assieme della dottrina dei princìpi teologici morali.
L'opera dell’autore di ’Teologia della speranza’ che approfondisce la via escatologica in teologia.
Studio di ampio respiro, dove l'Autore, sollecitato dalla sfida ecologica, affronta il problema del conoscere la natura a partire da Dio, cercando di individuare quale nuovo atteggiamento mentale e pratico assumere nei confronti della natura, se è vista come creazione di Dio.
Dalla quarta di copertina:
Con questa opera Jürgen Moltmann fa un secondo passo sulla via dei 'Contributi sistematici di teologia'. Dopo la 'Dottrina su Dio', elaborata in Trinità e Regno di Dio, si espone qui una 'Dottrina ecologica della creazione'. Se, secondo l'antica impostazione, il problema della creazione era il problema di come conoscere Dio a partire dalla creazione, ora, secondo la nuova impostazione sollecitata dalla sfida ecologica, il problema è quello di conoscere la natura a partire da Dio: quale nuovo atteggiamento mentale e pratico assumere nei confronti della natura, se è vista come creazione di Dio.
Studio di ampio respiro, dove l'autore pratica un metodo ecumenico, entrando in dialogo con teologi di confessioni diverse, anche di provenienza ebraica e, in vista di una ecumene secolare, anche con gli scienziati e con i tecnologi.
Un’esposizione ampia e documentata dell’antropologia teologica, attenta alla storia dei dogmi, al dialogo ecumenico e al confronto tra scienze umane e teologia.
I nostalgici dell’antico paganesimo accusano il monoteismo giudeo-cristiano di essere intollerante. E c’è invece chi sogna una specie di Santa Alleanza dei ‘tre grandi monoteismi’ contro l’ateismo. Sullo sfondo di questa problematica la trattazione coglie la genesi e il significato del monoteismo cristiano nella prospettiva biblica.
Il primo volume affronta in tutta la sua complessità storica e teoretica la dottrina su Dio. Il secondo volume sviluppa la dottrina della creazione del mondo, l’antropologia, la cristologia e la riconciliazione del mondo ad opera di Cristo. Il terzo volume tratta dell’ecclesiologia, della dottrina dei sacramenti e dei ministeri, dell’esistenza cristiana del singolo e della escatologia.
Una sintesi solida e innovatrice su una complessa tematica storica, filosofica e teologica.
La comprensibilità del dettato e la completezza della trattazione ne fanno un testo nato dalla scuola e destinato alla scuola, ma insieme anche un libro di lettura e di riflessione su un tema centrale della fede cristiana.
Un’opera fondamentale che si addentra nel complesso mondo dell’odierna economia industriale per affrontarne i problemi da una angolazione teologica.
Un approfondimento del tema trinitario condotto nella prospettiva della storia della salvezza e dell’esperienza umana di Dio.
Una raccolta di saggi vigorosi, dove trova espressione una teologia pubblica, che individua luoghi e modi per parlare di Dio nel mondo della globalizzazione, ma anche dell’esclusione.
Il discorso sulla risurrezione di Gesù Cristo si trova al centro del messaggio cristiano. Quest’opera, documentata e completa, ne studia tutti gli aspetti rilevanti e cerca di integrarli in un progetto complessivo. Un’opera di analisi e di sintesi, una vera summa su un tema centrale e arduo, già collaudata da traduzioni in campo internazionale.
Dalla quarta di copertina:
Il discorso sulla risurrezione di Gesù Cristo si trova al centro del messaggio cristiano. Quest’opera, documentata e completa, ne studia tutti gli aspetti rilevanti e cerca di integrarli in un progetto complessivo.
Nell'Introduzione vengono descritte le vie di accesso universale al tema della risurrezione, partendo dagli odierni problemi di comprensione. I primi due capitoli analizzano quindi le tradizioni bibliche e il loro sviluppo. Seguono due capitoli di teologia fondamentale che esaminano, in discussione con le obiezioni della critica della modernità, le questioni relative alla nascita della testimonianza pasquale e della fondazione della fede pasquale.
Ma il punto focale dell'opera è costituito dal quinto capitolo sistematico, che cerca di illustrare in modo nuovo e coerente il contenuto e il senso della fede pasquale e di dare una risposta alle questioni relative al significato di tale fede per il pensiero critico, per l'atto personale di fede, per la speranza e per la prassi dei cristiani di oggi,
Infine il sesto capitolo approfondisce, chiarisce e sviluppa ulteriormente queste prospettive in dialogo con le più importanti e recenti pubblicazioni dedicate alla risurrezione.
Un’opera di analisi e di sintesi, una vera summa su un tema centrale e arduo, già collaudata da traduzioni in campo internazionale.
Si ripropone qui a oltre trent'anni dalla sua prima pubblicazione (1967) la trattazione della dottrina della Trinità ad opera di uno dei teologi più importanti del nostro secolo; opera che si può considerare ormai un classico. In questo trattato, Karl Rahner analizza il posto che occupa la dottrina della Trinità all'interno della teologia cattolica e sviluppa una sua lettura di questa dottrina in modo molto originale e innovativo, a partire dal suo ormai famoso assioma: «La Trinità economica è la Trinità immanente, e la Trinità immanente è la Trinità economica».
Uno studio documentato sulla teologia della risurrezione che collega il momento cristologico (la risurrezione di Gesù) e il momento soteriologico (la nostra partecipazione alla sua risurrezione). Una sintetica teologia della risurrezione, svolta nei suoi momenti essenziali.
Dalla quarta di copertina:
L'impressione diffusa è che la teologia della risurrezione sia solo un corollario del valore salvifico della vicenda di Gesù, incentrata sul sacrificio della croce. Ne soffre l'annuncio cristiano, specialmente la predicazione e la catechesi, che, in occasione del messaggio pasquale, sviluppa riflessioni sulla speranza cristiana, tanto generiche da essere solo "simbolo" per l'agire dell'uomo come artefice del suo futuro e della storia. Le dimensioni propriamente salvifiche, antropologiche, ecclesiali, missionarie dell'annuncio pasquale sono svolte senza esplicito riferimento alla risurrezione di Gesù. Tale situazione è il riverbero della riflessione teologica sulla risurrezione. Nella cristologia corrente la valenza salvifica della Pasqua è come appannata ed è difficile vedere il raccordo interiore che corre tra il momento "cristologico" (la risurrezione di Gesù, il suo rapporto con il Padre) e il momento "soteriologico" (il dono dello Spirito, la conversione dei discepoli, la costituzione della chiesa, l'invio della missione, l'attesa del ritorno di Gesù).
Il documento sudio intende collegare il momento cristologico (la risurrezione di Gesù) e il momento soteriologico (la nostra partecipazione alla sua risurrezione). Tale sguardo sintetico è ritrovato proprio nella fede pasquale, quale luogo in cui si realizza "simultaneamente" il compimento della vicenda di Gesù e la possibilità reale della nostra partecipazione al suo cammino. Una sintesi teologica della risurrezione, svolta nei suoi momenti essenziali.
Un’opera completa e documentata su una delle più ardue tematiche teologiche emergenti.
Dalla quarta di copertina:
La problematica della teologia delle religioni è stata protagonista, in anni recenti, di un'evoluzione dalla questione della possibilità di salvezza in Gesù Cristo per i membri delle altre tradizioni religiose a quella del ruolo che tali tradizioni svolgono nella salvezza dei loro aderenti.
Tale problematica è attualmente oggetto di un'ulteriore trasformazione: ci si comincia a domandare quale significato positivo possa ricoprire, nel piano divino per l'umanità, il pluralismo religioso che caratterizza il tempo presente e di cui il mondo ha acquisito chiara coscienza. La risposta a tale interrogativo non può essere dedotta a priori da affermazioni dogmatiche, ma deve basarsi al contempo sulla prassi del dialogo interreligioso, in un vero e proprio "circolo ermeneutico" fra l'esperienza cristiana originaria e quella odierna.
Una riproduzione organica della trattazione eucaristica per la nostra epoca e una convincente difesa dell’esigenza di una rinnovata prassi eucaristica.
Dalla quarta di copertina:
L'opera concentra la sua attenzione su tre momenti cruciali della tradizione – il Nuovo Testamento, la chiesa ante-nicena e il tardo Medioevo – presentando un quadro esauriente dei testi e della pratiche liturgiche, delle teologie dominanti, e delle spiritualità ad esse connesse; e tutto ciò senza perdere di vista le esigenze e le questioni contemporanee.
Ne risulta una riproposizione organica della trattazione eucaristica per la nostra epoca e una convincente difesa dell'esigenza di una rinnovata prassi eucaristica. «L'eucaristia – scrive l'Autore – fa la chiesa. La edifica in quanto popolo dell'alleanza di Dio. La edifica nella memoria di tutta la sofferenza dell'umanità. La edifica in quanto testimonianza della fedeltà e dell'amore di Dio fra le rovine dell'umano».
Edizione italiana a cura di Enzo Valentino Ottolini del Seminario Teologico di Bergamo.
Una mappa di orientamento per il passo del Duemila, stesa da protagonisti della teologia del XX secolo.
Dalla quarta di copertina:
L'opera presenta una raccolta di scritti di grandi teologi, centrati su due polarità del dibattito teologico di fine secolo: globalizzazione e regionalizzazione della teologia, ed è scandita in quattro parti.
Nella prima parte si opera una ricognizione di cammini conciliari: il rinnovamento ha preso inizio con l'autorità della libertà. Nella seconda parte si istituisce un confronto tra globalizzazione e regionalizzazione della teologia nel XX secolo. I grandi movimenti della teologia non si dissolvono, ma si trasformano. Quanto più globali noi siamo, tanto più regionali noi diventiamo. Nella terza parte si raccontano «storie di futuro della fede», per intravedere così, esperienzialmente e narrativamente, i cammini futuri. Nella quarta parte, infine, si opera il passaggio alle visioni di teologi e teologhe, che rovesciano la memoria della sofferenza in conversione al futuro.
La raccolta internazionale di scritti è pubblicata in onore di Rosino Gibellini, direttore letterario dell'Editrice Queriniana (Brescia), che ha fondato e diretto, in particolare, la Biblioteca di teologica contemporanea, e il Giornale di teologia.
Editori dell'opera: Dietmar Mieth (Tubinga), Edward Schillebeeckx (Nimega), Hadewych Snijdewind (Utrecht).
Collaboratori; Giuseppe Alberigo (Bologna), Leonardo Boff (Rio de Janeiro), Christian Duquoc (Lione), Claude Geffré (Parigi), Gustavo Gutiérrez (Lima), Virgil Elizondo (San Antonio), Bernhard Häring (Gars am Inn), Hermann Häring (Nimega), Bas van Iersel (Nimega), Werner Jeanrond (Lund), Norbert Greinacher (Tubinga), Johann Baptist Metz (Vienna), Dietmar Mieth (Tubinga), Jürgen Moltmann (Tubinga), Aloysius Pieris (Colombo), Edward Schillebeeckx (Nimega), Hadewych Snijdewind (Utrecht), Elisabeth Schüssler Fiorenza (Boston), David Tracy (Chicago).
La convinzione che anima il libro è questa: un esercizio critico della ragione teologica offre possibilità di un confronto a tutto campo con le molteplici articolazioni della coscienza credente dell’uomo. L’Autore indica come dalla fede si possano trarre elementi utili per una cultura più vitale e profonda della ragione e della religione, che il razionalismo confessionale e l’agnosticismo della filosofia hanno largamente mortificato.
Con l’aiuto della psicologia del profondo, l’Autore (teologo e psicoterapeuta) indica modalità nuove di interpretazione dei testi biblici, per ricondurre l’esperienza religiosa alle sorgenti più profonde della psiche umana. Così questi stessi testi, aldilà di una comprensione storico-critica, possono sviluppare ancora quelle energie libranti di cui sono capaci. In questo modo l’Autore getta un ponte tra scienza biblica e religioni dell’umanità. L’opera si articola in 2 volumi: il 1° ricerca la verità delle forme espressive archetipiche e il 2° cerca la verità delle opere e delle parole.
Una lettura complessiva dell’opera e della vita di Bonhoeffer basata sullo studio di tutti gli scritti, situata nel contesto storico e teologico contemporaneo.
Dalla quarta di copertina:
La figura dell'ánthropos téleios, cioè dell'uomo che affronta con animo indiviso le frammentazioni della modernità, coniugando le esigenze di una fede integralmente vissuta con quelle dell'autonomia del mondo adulto, è il filo conduttore di questo volume. Esso offre anche in Italia una lettura complessiva dell'opera e della vita di Bonhoeffer basata sullo studio di tutti gli scritti, sull'indagine dettagliata del contesto storico, sul confronto critico con il pensiero teologico contemporaneo e sulla diretta conoscenza della più recente ricerca tedesca.
Tra i temi affrontati, in particolare: la dimensione dialogica del 'modo di pensare' bonhoefferiano, la questione ebraica, sequela ed ermeneutica, la Chiesa confessante e la politica ecclesiastica del nazismo, theologia crucis e pensiero sapienziale, il rapporto con Lutero e la dottrina della giustificazione, il confronto con Barth.
L'Autore ripercorre l'esperienza biblica, sia dell'Antico sia del Nuovo Testamento, per farne emergere le tracce della presenza dello Spirito di Dio come forza di trasformazione.
Dalla quarta di copertina:
Nessuno può mettere in dubbio l'ampiezza del movimento carismatico odierno, che vive in modi nuovi l'esperienza dello Spirito. Ma se gli esponenti del più grande movimento spirituale della storia non si ingannano, si dovrà forse concludere che ad essere cieco è il cosiddetto mondo secolare, al quale un discorso sullo Spirito evoca solo fumosità e astrazione? Partendo da questo interrogativo d'attualità il teologo di Heidelberg sviluppa una completa ed elaborata teologia dello Spirito santo, capace di orientare nel campo conflittuale del nostro tempo, che è tempo di esperienza dello Spirito, di ricerca dello Spirito, ma anche di scetticismo e incredulità.
Una teologia 'realistica' (come la definisce l'Autore) dello Spirito santo, che mira a cogliere le nuove sensibilità e a dare espressione alle nuove possibilità di esperienza della presenza di Dio nello Spirito.
Il primo volume affronta in tutta la sua complessità storica e teoretica la dottrina su Dio. Il secondo volume sviluppa la dottrina della creazione del mondo, l’antropologia, la cristologia e la riconciliazione del mondo ad opera di Cristo. Il terzo volume tratta dell’ecclesiologia, della dottrina dei sacramenti e dei ministeri, dell’esistenza cristiana del singolo e della escatologia.
Un trattato completo e sistematico sul tema della pace nel mondo contemporaneo.
L'opera ripercorre e ricostruisce la problematica 'teologica' e, più in generale, religiosa del pensiero filosofico del Novecento. A questo scopo chiama a raccolta i maggiori specialisti e studiosi, assegnando loro il compito di redigere un saggio, essenziale e documentato, sulle figure più significative e i capitoli più importanti del secolo scorso.
Dalla quarta di copertina:
Il progetto di quest'opera è nato dall'idea di ripercorrere e di ricostruire la problematica «teologica» e, più in generale, religiosa nella filosofia del Novecento. Per questo sono stati chiamati a raccolta docenti e studiosi - specialisti per i loro studi e per i loro scritti nei vari ambiti storiografici e teoretici -, impegnandoli a redigere un saggio, essenziale e documentato, sui più significativi filosofi (che nel testo si susseguono in ordine cronologico, da Nietzsche a Habermas) (1-37) e su importanti capitoli della cultura del nostro secolo (38-45). La ricostruzione presenta quasi una storia del problema «teologico» nella filosofia del XX secolo, che risulta inoltre arricchita dalle numerose citazioni dei testi «teologici» più espressivi.
Collaboratori del volume:
Angela Ales Bello, Dario Antiseri, Emilio Baccarini, Massimo Baldini, Francesco Bellino, Marco Bonato, Nynfa Bosco, Giuseppe Cantillo, Gerardo Cunico, Attilio Danese, Giulia Paola Di Nicola, Anna Escher Di Stefano, Umberto Galeazzi, Alessandro Ghisalberti, Rosino Gibellini, Giovanni Invitto, Irene Kajon, Tommaso La Rocca, Roberto Mancini, Paolo Miccoli, Aniello Montano, Gianfranco Morra, Paolo Nepi, Michele Nicoletti, Pier Paolo Ottonello, Giancarlo Penati, Giorgio Penzo, Ugo Perone, Sergio Quinzio, Bernardo Razzotti, Paola Ricci Sindoni, Graziano Ripanti, Aurelio Rizzacasa, Armando Savignano, Mario Signore, Sergio Sorrentino, Piero Stefani.
Dalla secolare repressione dell'inconscio Drewermann individua la causa dell'assenza d'anima nella teologia e dell'assenza di Dio nella psicanalisi. E propone il superamento di entrambi questi vicoli ciechi in una visione che sia capace di coniugare salvezza e guarigione, ritrovamento di Dio e ritrovamento di sé, psicoterapia e cura d'anime.
Dalla quarta di copertina:
Psicanalisi e teologia morale è un'opera, originariamente in tre volumi (1982-1984) più volte riediti, in cui il teologo e psicoterapeuta tedesco Eugen Drewermann intende mostrare come la teologia morale cristiana può essere all'altezza della realtà complessa della vita umana solo attraverso una fattiva collaborazione con le scienze umane.
L'opera si articola in tre parti, ciascuna delle quali riprende i saggi più importanti, indicati dall'Autore, dei tre volumi dell'edizione originale: I. >Angoscia e colpa; II. >Vie e deviazioni dell'amore; III. >Ai confini della vita.
Nella secolare repressione dell'inconscio Drewermann individua la causa dell'assenza d'anima nella teologia e dell'assenza di Dio nella psicanalisi. E propone il superamento di entrambi questi vicoli ciechi in una visione che sia capace di coniugare salvezza e guarigione, ritrovamento di Dio e ritrovamento di sé, psicoterapia e cura d'anime.
L'opera che introduce all’intera tematica di Friedrich Gogarten, uno dei più grandi teologi del nostro secolo.