«La Bibbia non è un sito archeologico. Noi dobbiamo imparare a leggerla come luogo da cui qualcuno ci parla adesso, nel presente, per capire il nostro mondo, interpretare la nostra realtà e poter vivere tutto questo con fede» (dall’Introduzione), ed è proprio questo che fa Giuliano Zanchi in questo volume in cui rilegge com maestria e semplicità l’Apocalisse di Giovanni partendo dalle sue origini per metterne in luce il significato sempre attuale.
Sommario
Introduzione. Sulla Bibbia e noi. Crisi della profezia, nascita dell’apocalittica. Un sentimento antico e sempre nuovo. 1. Il mondo non era il trono di Dio? Il libro dell’Apocalisse di Giovanni. Ingresso nella visione. Il grande atto penitenziale. 2. Al cospetto dei vegliardi. Il rotolo: una liturgia della Parola. I sette sigilli: sintesi della storia della salvezza. Il settimo sigillo e le sette trombe. 3. Convivere col male. Le sette visioni. La grandezza di Dio e il potere del mondo. Sette coppe. Armagheddon. La caduta di Babilonia. 4. Gran Finale. Un linguaggio speciale. Fidanzamento in città. 5. Un sentimento permanente. Quattro grandi poste in gioco. Consigli in caso di vita alla fine dei tempi.
Note sull'autore
Giuliano Zanchi (1967), prete di Bergamo dal 1993, è direttore della Rivista del Clero Italiano e docente di Teologia presso l’Università Cattolica di Milano. Membro del comitato di redazione della rivista Arte Cristiana, si occupa di temi ai confini tra estetica e teologia. Per EDB ha pubblicato: Le migrazioni del cuore (2017); Un amore inquieto (2020); La giustizia più grande (2021).
Scrivere alla «cara Costituzione» era stato per il cardinal Matteo Zuppi «un'occasione per sottolineare la necessità di ricostruire, nel pieno della pandemia, quel senso civico nazionale che, dopo la catastrofe bellica, aveva permesso di dare vita a un patto costituzionale sul quale è fondata la Repubblica» (dalla postfazione). Zuppi e Valerio Onida, con linguaggi diversi, il primo con una lettera, il secondo in un dialogo con gli studenti, avvertono sulla necessità di andare oltre la Costituzione per superare le anguste barriere nazionali, affidandosi a istituzioni sovranazionali in grado di perseguire un bene che sia davvero comune. Postfazione di Pierluigi Consorti.
I Libri dei Re offrono testimonianza delle domande tremende che la conquista babilonese di Gerusalemme e la distruzione del Tempio avevano fatto sorgere nel popolo ebraico: ha ancora senso continuare a credere in un Dio che è stato sconfitto? E se gli unici dèi veri fossero quelli dei popoli vincitori? La storia biblica dei Libri dei Re cerca di rispondere a tali interrogativi. Sono dunque opere di teologia narrativa e storica, attraversate dalle figure profetiche di Elia ed Eliseo. Sono storia e profezia, perché nella Bibbia la storia è profezia e i profeti fanno diventare la storia un evento di salvezza. Quel popolo distrutto e ferito, percorso da conflitti religiosi e politici, ritrovando il senso del passato, immaginò un futuro ancora possibile. La maggiore crisi religiosa e politica, grazie a quel capitale narrativo, divenne risorsa di risurrezione. Non c'è mappa migliore dei Libri dei Re per orientarci nel nostro tempo difficile.
Gli interventi del magistero della Chiesa, considerati nella più ampia e variegata forma, sono generalmente caratterizzati da una doppia pedagogia: l'incoraggiamento per le meraviglie dell'ingegno umano e il richiamo ai rischi di utilizzi distorti. In altri termini, partono da un atteggiamento di audace apprezzamento, a cui seguono un prudente ma deciso richiamo ai fini pastorali e un monito per l'uso improprio degli strumenti. Una novità è rappresentata da un intervento di papa Francesco all'Accademia della Vita, nel quale ha affermato che non basta la semplice educazione all'uso corretto delle nuove tecnologie; esse non sono infatti strumenti neutrali, poiché plasmano il mondo e impegnano le coscienze sul piano dei valori. Più in generale, i discorsi del pontefice esprimono la consapevolezza che i media non sono neutri e che il giudizio su di essi non dipende esclusivamente dall'uso che se ne fa; la loro stessa presenza nello scenario delle relazioni sociali modifica atteggiamenti, comportamenti, visioni e scelte. La stessa enciclica Fratelli tutti richiama questi temi.
Il 'Discorso della montagna' parla di una giustizia più grande, che però non è presentata come una cosa diversa rispetto alla piccola giustizia delle cose quotidiane. Al contrario, la sollecita e la permette.
Che cosa significa che dopo il cristianesimo si è affermata una religione - l'Islam - che si riferisce a Gesù e al cristianesimo? E quando cristiani e musulmani parlano insieme in nome di Dio? Il libro solleva queste e altre questioni relative ai rapporti tra le due religioni.
La bellezza, l'estetica, in particolare l'estetica musicale, hanno qualcosa di essenziale da offrire alla riflessione teologica ed etica. Aiutano le persone a sviluppare maggiore empatia verso gli emarginati, resistenza verso le ingiustizie e solidarietà con tutto il creato.
Dio perdona sempre? No, Dio non perdona sempre. Poche volte ce lo dicono, ma è così. Non può che essere così. Laddove infatti non c'è riconoscimento del male e apertura al pentimento Dio non può accettare di abbandonare l'uomo alla menzogna che lo abita, diventandone connivente. Per quanto il perdono sia accordato (e non poche volte manifestato) come un dato previo, assoluto e immeritato, nella rivelazione biblica è ampiamente attestata un'espressione paradossale della misericordia di Dio che assume anche l'atto dell'accusa, la minaccia della punizione, l'attuazione del castigo come mezzi estremi affinché possa realizzarsi l'evento mirabile della riconciliazione e di una vita nuova trasfigurata dallo Spirito per una Nuova Alleanza. Anche quando nella propria vita non si scoprono altro che macerie e fallimento. È un corpo a corpo con Dio. Ma qui si vince o si perde insieme. Presentazione di Daniele Libanori.
San Pietro e Robin di Batman, Games of thrones e don Matteo, Nestore re di Pilo e Tina Turner, papa Francesco e gli scout. All'interno di un agile affresco pop, questo libro parla della condizione dei preti in Italia e riflette sulle molte fragilità dell'azione pastorale odierna, resa ancora più problematica dalla pandemia. Nate da numerosi colloqui con presbiteri e laici che avvertono l'urgenza di avviare una revisione audace e coraggiosa della formazione seminaristica e del ministero stesso, a partire da quello in parrocchia, queste pagine rispondono all'invito di papa Francesco a non lasciarsi rubare la gioia. L'Evangelii gaudium innerva la seconda parte della riflessione, in cui viene suggerita un'originale e concreta soluzione al clericalismo che rischia di impoverire e intristire tante vite offerte con slancio: circondarsi di poveri, giovani e donne per "rimanere" nella storia degli uomini. Prefazione Erio Castellucci.
Da qualche tempo si è introdotta la percezione che il mondo può andare realmente verso il rischio della fine. E questo potrebbe davvero accadere a causa di un evento della storia prodotto dagli uomini. Allora è necessario lavorare per un pianeta in cui la politica e l'economia non dominino, ma servano come risorse per la vita comune e il governo del mondo. C'è comunque un'ultima carta da giocare: cambiare la nostra idea dell'umano, convertirci da soci a fratelli, e da fratelli a prossimo. È per questa via che ci accompagna l'enciclica di papa Francesco Fratelli tutti. Ma se tutto ciò non bastasse, se nonostante gli sforzi la Terra non riuscisse a salvarsi da sola? Allora, come per una nuova Ninive, «ci sarà un Dio che, struggendosi di amore per il mondo e per l'uomo, senza eleggere, escludere e scartare nessuno, afferrerà il mondo che ci sfugge di mano e lo restituirà alla vita», per la sola, straordinaria e divina ragione che ci sono oltre 7 miliardi di persone e una grande quantità di animali che lo abitano.
In che modo la Caritas italiana, istituita il 2 luglio 1971 per volontà di Paolo VI, ha vissuto nei suoi primi cinquant'anni la fraternità evocata da papa Francesco nell'enciclica Fratelli tutti? Le strutture diocesane e parrocchiali si sono misurate nella loro attività quotidiana con molti dei temi approfonditi nell'enciclica, dall'ecumenismo alla costruzione della pace, dalla nonviolenza alla ricerca della giustizia, dalla promozione umana all'accoglienza dei rifugiati. Le storie raccontate in questo libro mostrano come ciò sia avvenuto nell'esperienza concreta di alcuni operatori e di alcune realtà territoriali. Introduzione Francesco Soddu. Postfazione Stefano Russo.
L'esilio è dimensione della condizione umana. I profeti accompagnano negli esili della vita, il che vale soprattutto per Ezechiele, che riceve la sua vocazione nell'esilio di Babilonia. La profezia è essenziale quando la vita deporta in terre straniere e la speranza e la fede rischiano di spegnersi.
Ci sono momenti e situazioni che chiamiamo "crisi", in cui il pozzo della vita si prosciuga. Procediamo nel deserto dell'anima e nella notte del cuore, alla ricerca di nuovi significati e di strade per il futuro. La sfida che questo libro intende approfondire riguarda il modo in cui interpretiamo e affrontiamo le crisi della nostra vita e della nostra società. Può essere la crisi un tempo provvidenziale? Possiamo trovare una "buona notizia" pur dentro l'esperienza traumatica e dolorosa della "notte"? Come scorgere nella crisi la possibilità di un muovo e un'opportunità di cambiamento e di trasformazione? A partire da queste domande e con uno sguardo alla pandemia da Coronavirus, l'autore immagina un approccio diverso alla "questione Dio", un nuovo modo di essere Chiesa e una spiritualità possibile per il futuro.
Il libro è una lunga lettera scritta per gli amici in tempo di pandemia. Parla del tempo che stiamo vivendo, che ha messo a nudo le fragilità delle nostre organizzazioni sociali, economiche e anche religiose, aprendo a possibili inquietanti scenari di difficile e complessa interpretazione, e vuole essere una mappa che aiuti il lettore a non perdere l'orientamento, a trovare la sorgente capace di dissetare la sua sete esistenziale. La diagnosi del tempo presente è condotta in maniera assai precisa e si allarga al legame tra pandemia e crisi ecologica. A questo quadro problematico va aggiunta la fragilità delle democrazie occidentali che la pandemia ha reso ancora più evidenti. Che fare dinanzi a un contesto cupo e a un futuro divenuto tanto incerto? Con mirabile concretezza, molto utile anche in chiave pastorale, Theobald indica le sorgenti alle quali attingere per ridare fiato al legame sociale che tiene uniti gli uomini tra loro. Si ritrovano qui molti temi cari all'autore, ridetti e ripensati in una forma adeguata all'urgenza del momento e con un linguaggio accessibile a tutti e non specialistico.
Un affresco biografico che attraversa momenti cruciali della storia del XX secolo. Si potrebbe definire in questo modo il discorso che Giuseppe Dossetti tenne nella sala dello Stabat Mater dell'Archiginnasio di Bologna il 22 febbraio 1986, in occasione del conferimento del premio Archiginnasio d'oro. In questo libro, il discorso viene introdotto da una ricostruzione storica e biografica di Enrico Galavotti e corredato da uno studio conclusivo di Fabrizio Mandreoli su alcune tematiche teologiche, spirituali e politiche presenti nel discorso e nella vicenda complessiva di Dossetti. In questo secondo intervento si presentano anche alcune annotazioni sulla rilevanza odierna delle prospettive dossettiane per la vita politica, sociale ed ecclesiale italiana e mediterranea.
L'autore racconta che una fedele, prestando forse per la prima volta attenzione alle parole recitate nel Credo, era giunta alla conclusione che non credeva veramente neppure alla metà degli articoli di fede. «Non è difficile immaginare quelli che la inquietavano: "Credo in Dio Padre onnipotente" e allora Auschwitz e Hiroshima? "Creatore del cielo e della terra" e il Big Bang e l'evoluzionismo?». I destinatari del libro, che affronta uno ad uno in maniera agile tutti gli articoli di fede, sono i molti a cui accadrebbe la stessa cosa se smettessero di recitare il Credo "con il pilota automatico". Tutti i credenti, quindi, perché chi non è almeno un po' scettico coi tempi che corrono?
Sommario
Prologo. Introduzione. Il Credo. I. CREDO IN DIO PADRE E LA SUA OPERA CREATRICE. 1. Credo in Dio Padre onnipotente. 2. Creatore del cielo e della terra. II. CREDO IN GESÙ CRISTO E NELLA SUA OPERA REDENTRICE. 3. Credo in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore. 4. Concepito per opera e per grazia dello Spirito Santo è nato da santa Maria Vergine. 5. Patì sotto Ponzio Pilato. 6. Fu crocifisso, morì e fu sepolto. 7. Discese agli inferi. 8. Il terzo giorno risuscitò da morte. 9. Salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente. 10. Di là verrà a giudicare i vivi e i morti. III. CREDO NELLO SPIRITO SANTO E LA SUA OPERA DI SANTIFCAZIONE. 11. Credo nello Spirito Santo. 12. La santa Chiesa cattolica. 13. La comunione dei santi. 14. Il perdono dei peccati. 15. La risurrezione della carne. 16. La vita eterna. Epilogo. Bibliografia.
Luis González-Carvajal Santabárbara, dottorato in Teologia all'Università Pontificia di Salamanca, è stato parroco a Madrid, segretario generale della Caritas spagnola e professore alla Facoltà di Teologia dell'Università Pontificia Comillas e direttore del Dipartimento di Teologia morale. È autore di numerose pubblicazioni in campo teologico e pastorale.
Il fascino che il libro dell'Apocalisse esercita su chi legge la Bibbia è straordinario. È un fascino che alle volte ci tiene distanti, forse per paura di sperimentare il limite della nostra comprensione o per quella sottile angoscia che ci scatta dentro quando dobbiamo pensare alla fine del mondo. Ma allo stesso tempo è un fascino che ci porta ad approfondire l'ultimo libro biblico alla ricerca di qualche indizio che ci sveli il futuro. In verità l'Apocalisse non ci parla del futuro, ma di quel presente che è l'eternità sottesa ad ogni istante.
Il Sabato santo rischia di essere considerato un intervallo vuoto tra la morte di Gesù e la sua risurrezione. Si tratta in realtà di un passaggio fondamentale per il cuore della fede cristiana, perché si colloca nel punto in cui morte e vita rifluiscono l'una nell'altra. Per spiegarlo, l’autore fa ricorso a tre film di Sean Penn, Spike Lee, Anne Fontaine e a un video di Bill Viola come se si trattasse di parabole contemporanee. Lo spettatore, con i protagonisti, è costretto a precipitare nel fondo oscuro della morte. Lì, con una logica sorprendentemente ineccepibile, avviene il rovesciamento e la vita si impone in tutto il suo fulgore. Luce e tenebre sono più intimamente connesse e la vittoria finale è completa proprio perché porta inscritto il dolore patito, non come un affronto fortunatamente superato o come la testimonianza di uno scampato pericolo, ma attraverso il segno dei chiodi sulle mani del Signore risorto.
Sommario
Introduzione. I. 11’09’’01 (Sean Penn, 2002). II. The 25th Hour (Spike Lee, 2002). III. Les innocents (Anne Fontaine, 2016). IV. Earth Martyr (Bill Viola, 2014).
Note sull'autore
Fabio Landi, licenza in Teologia sistematica, è docente al Liceo classico Parini di Milano e responsabile dell’Ufficio di pastorale scolastica della diocesi ambrosiana.
In un'epoca in cui i legami sociali sembrano diventare soltanto liquidi e virtuali, l'educazione affettiva e sessuale può svolgere una funzione civile di grande rilievo perché costruisce i presupposti per vivere l'amore e gustare la possibilità di essere generativi insieme agli altri. L'autore sviluppa questo tema attingendo alla sua esperienza clinica di psicoanalista e dopo aver ulteriormente approfondito l'argomento nel corso di una ricerca triennale. Questo libro si rivolge innanzitutto a genitori, insegnanti, educatori e agli operatori impegnati direttamente sul campo. Il contributo della psicoanalisi all'educazione consiste nell'illustrare le dinamiche inconsce che entrano in gioco nel legame tra emozioni, affetti, sessualità e amore, quattro esperienze differenti ma intimamente intrecciate tra loro.
Dove va, la Chiesa? Per tentare una risposta, questo libro parte da sessant'anni fa, da quella svolta decisiva che fu per il cattolicesimo il concilio Vaticano II. Sessant'anni da quando l'autore, giovanissimo, venne mandato dall'agenzia Ansa in Vaticano. Da allora, giorno dopo giorno, ha seguito la traiettoria della Chiesa nel passaggio di millennio. Sei papi, e gli ultimi tre non italiani. Una religiosità che cambiava, si rinnovava, esprimendosi in un nuovo modo di intendere e vivere il Vangelo; ma anche crisi profonde, divisioni, scandali. Una Chiesa tornata ad essere compagna di viaggio dell'umanità, a condividerne speranze, conquiste, ma anche sconfitte, continui sconvolgimenti. Muri che cadevano, ideologie che fallivano, ma restavano le povertà, le ingiustizie, restava una società che sembrava escludere Dio dalla quotidianità. E, nel raccontare la storia della Chiesa, l'autore ha aggiunto la sua testimonianza personale, i suoi rapporti con i Papi e diversi episodi inediti. Ma, proprio sul finire, il libro si è incrociato con l'esplosione di una tragedia che ha sconvolto l'intero pianeta e, per certi aspetti, la Chiesa stessa. Eppure, proprio da come molte persone hanno reagito alla pandemia, proprio dall'inquietudine che le ha riportate a guardarsi dentro, a riascoltare quella voce interiore, s'è avvertito che si stava in qualche modo ricomponendo l'antica scandalosa frattura tra fede e vita. Come dire che, la rivoluzione avviata sessant'anni fa dal Concilio, cominciava finalmente a dare i suoi frutti: e non tanto nelle mille riforme canoniche o istituzionali, ma all'interno delle coscienze.
Descrizione
L’impresa di parlare di Dio nel nostro tempo e di predicarlo può mettere in movimento la mente e il cuore in un gran numero di direzioni, dischiudendo ampi orizzonti forse inesplorati fuori e dentro la coscienza di ciascuno. Ma può anche facilmente diventare la sua propria caricatura e deludere amaramente l’attesa legittima che l’espressione «predicazione cristiana» – di cui il «sermone» è lo strumento tradizionale e principale – può suscitare.
Sommario
Popolo dell’Avvento (Matteo 25,1-13). Natale 2018. «La Parola è diventata carne» (Giovanni 1,14). La luce nelle tenebre (Giovanni 1,5). Epifania: i magi e noi. La fede come viaggio (Matteo 2,1-12). Tre flashes su Gesù (Matteo 9,35; 10,1). Le tentazioni di Gesù e le nostre (Luca 4,1-13). La parabola del padre (Luca 15,1-3.11b-32). «Dammi da bere» (Giovanni 4,4-14). Ecce homo! (Giovanni 18,38–19,5). Pasqua: un racconto controcorrente (Giovanni 20,11-18). Pentecoste conosciuta e sconosciuta (Pentecoste, 31 maggio 2020). «Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati» (Isaia 51,1). La Trinità: una storia d’amore (2 Corinzi 13,12-13). «Io piego le ginocchia davanti al Padre» (Efesini 3,14-21). La casa di Dio che non è una casa (Genesi 28,10-28). Dio all’incontrario (Giobbe 23). Domenica dell’eternità (2 Corinzi 4,15).
Note sull'autore
Paolo Ricca, pastore della Chiesa Valdese, è stato professore ordinario di Storia della Chiesa e Ecumenismo alla Facoltà valdese di Teologia dal 1976 al 2002. Dottore in Teologia a Basilea sotto la guida di Oscar Cullmann, ha ricevuto nel 1998 il Dottorato honoris causa dalla Facoltà teologica dell'Università di Heidelberg. Dirige per Claudiana la Collana «Opere scelte – Lutero».
Il cardinale Matteo Zuppi e il professor Andrea Segrè si interrogano, da prospettive diverse, sui principali cambiamenti in corso e su come sarà il nostro futuro. Che cosa rimarrà della drammatica esperienza della pandemia che ha colpito tutto il mondo? Come coglierne anche i tratti positivi, quelli che ci permettono di uscire dalla «normalità» delle nostre esistenze di prima e guardare a nuovi stili di vita per il futuro? A partire dalle parole che più usiamo nel nostro lessico quotidiano si confrontano due prospettive - una spirituale e religiosa, l'altra laica e scientifica - che nel discorso si integrano e forniscono al lettore un quadro di riferimenti e di valori per vivere il nostro nuovo tempo.
Venezia, 12 novembre 2019: un'acqua alta senza precedenti in un anno che ha visto bruciare l'Alaska e la Siberia e accentuarsi lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia. Sono segni di un tempo inedito, in cui la minaccia del mutamento climatico si fa sentire con forza crescente sulla famiglia umana, suscitando la reazione dei giovani del movimento globale "Fridays for Future". Un tempo che stiamo imparando a chiamare Antropocene, in cui la specie umana è diventata il principale fattore che muove la storia biologica e geologica del Pianeta. La stessa pandemia Covid-19 è legata anche a un'interatazione ormai distorta con l'ambiente. Come abitare questo tempo? Come far fronte a mutamenti a livello di quella struttura ecosistemica planetaria che supporta la vita? Quali prospettive etiche si disegnano per orientarci alla sostenibilità e all'ecogiustizia? Per dare futuro all'umanità occorrono trasformazioni esigenti a livello dei comportamenti personali e sociali: una conversione ecologica, un cambiamento di rotta, una giusta transizione. Ma quali orizzonti teologici possono supportare tali processi? Prefazione di Enrico Giovannini.
Categoria cruciale della fede cristiana, in relazione a Cristo, all'Eucaristia e alla vita dei credenti, il sacrificio appartiene all'esperienza universale dell'uomo nel rapporto con la sfera sovrumana. Esso prende la forma di uno scambio simbolico di beni, che ha il carattere dell'offerta, dell'immolazione e dell'unione, al fine di instaurare una relazione di riconoscenza, benevolenza e comunione con la sorgente della creazione e della storia. Per questo il sacrificio ha una dimensione cosmica, antropologica e sociale, si fonda sul racconto mitico dell'origine del cosmo, dell'uomo e della società e si attua nel rito, che rende presente quell'origine come possibilità per ogni nuovo inizio. Questo saggio indaga il tema nella storia moderna e contemporanea, svolgendo il rapporto tra mito e rito; recupera la memoria nella rivelazione biblica e nella storia della fede della chiesa, articolando il rapporto tra evento e rito; ne propone una rilettura teologico-spirituale, declinando il rapporto tra racconto e dramma. Per dire la singolarità del sacrificio di Cristo, dell'Eucaristia e della vita nello Spirito.
Se di fronte a qualcuno indossiamo il naso rosso, anche solo per gioco e per pochi minuti, ci accorgiamo subito del suo effetto. Abbandonando la nostra identità per un po', possiamo scoprire nuove forme di comunicazione e una diversa immagine di noi, forse meno entusiasmante, ma più vera, e con la stessa spontaneità dei bambini riusciamo ad avvicinare gli altri senza aspettative e pregiudizi. Erede del buffone e del giullare, il clown ne mescola sapientemente gli intenti e ne purifica il messaggio. Egli esprime una sua psicologia ed è in grado di suscitare una pedagogia che può prendere la forma del gesto terapeutico nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri e persino nelle aziende. Perché talvolta, rinunciare a prendersi troppo sul serio può risultare un esercizio molto utile per diventare più leggeri.
Il cammino sinodale che ha coinvolto le Chiese dell'Amazzonia e i documenti che lo hanno accompagnato (dal Documento Preparatorio all'Esortazione postsinodale Querida Amazonia, passando per l'Instrumentum Laboris e il Documento Finale) consegnano una visione ecclesiologica particolarmente significativa, che sollecita le Chiese di tutto il mondo. Una Chiesa dal volto amazzonico, che vuole custodire le sue radici culturali e la sua sapienza antica. Una Chiesa che ascolta il grido del povero e della terra e leva la sua voce profetica, davanti alla crisi ecologica e a un sistema economico ingiusto, fino al martirio. Una Chiesa che, con coraggio, ha prospettato "nuovi cammini" per essere una comunità tutta ministeriale, di uomini e donne, per garantire a tutti l'ascolto della Parola e la possibilità di partecipare all'eucaristia, con linguaggi, liturgie, attività pastorali adeguati ai diversi contesti sociali e culturali. Una Chiesa locale che offre la sua esperienza e la sua storia come contributo alla crescita della Chiesa intera, per tutti "casa comune".
Solo in sedici versetti dei Vangeli Maria parla in modo esplicito. Si tratta in tutto di 154 parole greche (compresi gli articoli, i pronomi, le particelle) delle quali ben 102 occupate dall'inno del Magnificat. Se stiamo al dettato testuale, le frasi che Maria pronuncia sono sei: due all'annunciazione dell'angelo Gabriele; una più vasta nella visita ad Elisabetta; una nel tempio di Gerusalemme davanti al figlio dodicenne in compagnia dei dottori della Legge; due, infine a Cana durante le nozze. Eppure un altro episodio si aggiunge a questo elenco. Dal Golgota, Gesù morente interpella direttamente sua Madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Maria, in questo caso, tace, ma il suo è un silenzio eloquente, un «sì» muto ma efficace, la sua settima, estrema parola, tacita ma decisiva perché la introduce in una nuova maternità.
Il lebbrosario di Abu Zaabal, a una quarantina di chilometri a nord est del Cairo, è un microcosmo in cui convivono disperazione e gioia e in cui le suore missionarie comboniane ed elisabettine portano da decenni aiuto e conforto ai malati. Questo libro racconta le profonde emozioni suscitate dall'incontro con i lebbrosi. Piccoli episodi di quotidianità si intrecciano alle vicende personali dei malati che, inaspettatamente, raccontano volentieri le loro storie passate e la realtà che stanno vivendo. Il mondo di Abu Zaabal è doloroso e difficile, ma anche pieno di amore, di semplice progettualità, di gesti solidali. Le voci delle prime missionarie raccontano le difficoltà degli inizi e gli atti di generosità, che come un positivo contagio, hanno permesso la costruzione di alloggi accoglienti, sale operatorie, laboratori di protesi, attivando una solida rete di volontari disposti a donare il proprio tempo ai malati, da sempre ultimi tra gli ultimi.
La preghiera del Padre nostro è stata di recente ripensata e riscritta da due teologi, Vito Mancuso e José Tolentino Mendonça, dal gruppo folk rock dei Gang, dal cantautore Vasco Brondi (meglio noto come Le luci della centrale elettrica), dal gruppo di rock alternativo Il Teatro degli Orrori e dallo scrittore Erri De Luca. L'analisi delle loro rielaborazioni mostra un comune denominatore: l'intenzione di responsabilizzare l'uomo - nella sua relazione con l'altro, con sé e con il mondo - facendo leva su un testo condiviso. In particolare, la declinazione laica del discorso da parte dei Gang e di De Luca riguarda il rapporto con i migranti, con gli sbarchi e le stragi del Mediterraneo, cioè con un conflitto culturale e politico a tutt'oggi irrisolto. In questi testi, il dialogo tra la letteratura e altri linguaggi esprime quindi una lettura profonda del nostro tempo, offre un orizzonte non banale a cui tendere e dimostra come esso sia cercato da artisti diversi attraverso le parole di una preghiera universale ripensata e riscritta anche in chiave civile. È l'espressione della ricerca di un «noi», di una comunità solidale capace di costruire parole diverse rispetto alla retorica dominante.
Una rilettura della protostoria biblica, narrata nei primi undici capitoli del libro della Genesi, offre una visione del «peccato d'origine» oltre la tradizionale riduzione dogmatica e catechistica del «peccato di Eva». Due peccati originari, dell'adam maschile e di quello femminile, segnano in realtà l'intero dramma della storia umana come mancata relazione dialogica, personale e paritaria del maschile e del femminile. L'opera del Creatore, che destina la coppia umana a impersonare il reciproco dono di amore, viene mal recepita e mortificata, segnalando «la necessità avvertita di una radicale redenzione finale della specie umana». La svolta radicale della pedagogia di Dio - che ricomincia con Abramo il suo dialogo personale, perenne e affettuoso con l'umanità - viene illustrata attraverso una riflessione sulla seconda delle Dieci parole quale promessa nuziale del Signore destinata a tutta l'umanità.
Il sacrificio costituisce l’atto religioso per eccellenza del rapporto con Dio in numerose tradizioni religiose. Basti ricordare i sacrifici umani praticati nell’antica Grecia e fra gli Incas in America, quelli di animali praticati in Israele fino alla distruzione del Tempio nel 70 d.C., ma anche l’interpretazione cristiana della morte in croce di Gesù come sacrificio offerto a Dio e ripresentato nella liturgia eucaristica, e alla spiritualizzazione del sacrificio avviata già nel Primo Testamento e proseguita nel Nuovo. Dai Veda indiani all’attuale Messale romano, in cui tale terminologia ritorna costantemente, attraversando società tradizionali e moderne, i sacrifici hanno un nucleo e una logica comuni?
Descrizione
Una signora del pubblico, che sta ascoltando la predica di Neale Donald Walsch, a un certo punto si alza e chiede: «Se Dio volesse farci arrivare un messaggio, intendo il suo messaggio più importante per tutti noi, e lei dovesse sintetizzarlo in un paragrafo, che cosa scriverebbe?». Dopo una breve pausa, Neale risponde: «Lo ridurrei a quattro parole: voi mi avete frainteso».
La scena è narrata nel film Conversazioni con Dio, in cui si racconta la storia vera di Neale Donald Walsch il quale, dopo aver perso il lavoro ed essere finito nel baratro, vive una forte esperienza religiosa e diventa un famosissimo messaggero spirituale.
Alla base della crisi spirituale del nostro tempo vi è un grande ostacolo per la fede cristiana: abbiamo frainteso Dio e ne abbiamo interiorizzato un’immagine oppressiva e soffocante, quella di un contabile puntiglioso e di un giudice severo. Questo libro nasce dal desiderio di aiutare le persone a superare le immagini di Dio negative e malsane, che spesso hanno ferito la loro vita. Dinanzi alla situazione di queste persone abbiamo il dovere di chiederci: come è possibile fare una buona esperienza di Dio? È possibile annunciare Dio come una buona notizia?
Sommario
Prefazione (E. Bianchi). Introduzione. I. Quale Dio? II. Non avrai altro Dio. Contro l’idolatria. III. Fede, immaginazione e immagini di Dio. IV. Immagini benefiche di Dio. V. Gesù ci svela il vero volto di Dio. Conclusione.
Note sull'autore
Francesco Cosentino, sacerdote calabrese, è docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Gregoriana e officiale della Congregazione per il clero. Tra le sue pubblicazioni recenti: Immaginare Dio. Provocazioni postmoderne al cristianesimo (Cittadella, 2010); Il Dio in cammino. La rivelazione di Dio tra dono e chiamata (Tau, 2011); Sui sentieri di Dio. Mappe della nuova evangelizzazione (San Paolo, 2012); Incredulità (Cittadella, 2017).
Enzo Bianchi è monaco laico, fondatore della Comunità monastica di Bose, a Magnano, della quale è stato anche priore fino al gennaio 2017. Nel 2014 Papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Collabora con La Stampa, La Repubblica, L’Osservatore Romano, Avvenire, Jesus e Famiglia Cristiana. Per EDB ha pubblicato Michele Pellegrino. Padre della Chiesa padre della città (con Luigi Ciotti ed Ernesto Olivero, 2012), Via crucis. Meditazioni e preghiere (2013) e Leggere la Bibbia nella Chiesa (con Massimo Grilli e Luca Mazzinghi, 2015).
Lungo la storia dei popoli, la profezia ha assunto molte forme. Quella che prese in Israele è stata però diversa, speciale, unica. La qualità della profezia biblica, la sua forza, la sua durata, la sua immensa bellezza, la cura e la fedeltà con cui è stata trasmessa nei millenni, ne fanno un patrimonio universale, una vetta del genio spirituale dell'umanità. Il profeta Geremia vive, opera e scrive durante la più grande crisi vissuta dal popolo di Israele, che culminerà con la presa di Gerusalemme, la distruzione del tempio e la deportazione in Babilonia. Vive in un piccolo regno schiacciato da grandi superpotenze. Per vocazione, deve contrastare i suoi capi e i sacerdoti che in quella crisi epocale continuano a illudersi di poter resistere agli imperi che li stanno minacciando. Geremia capisce, per vocazione, che un mondo sta finendo. Lo dice, lo grida, ma il popolo non vuole ascoltarlo, e lo perseguita. Geremia è il profeta del tempo della notte, ma con un sole dentro che gli consente di vedere un'aurora diversa da quella che il popolo, illuso, vorrebbe vedere. E l'annuncia, la canta. Fino alla fine. A tutti, ma prima ai re e ai sommi sacerdoti, senza paura.
Benché la sua lettura sia gravemente amputata nella liturgia della Veglia pasquale, il racconto del passaggio del Mar Rosso, al capitolo 14 dell’Esodo, continua a essere ben noto. Forse lo è, del resto, perché è uno dei rarissimi testi biblici che mettono in scena una violenza divina, che ha probabilmente costretto i censori liturgici a riconoscerne la centralità insostituibile nella Bibbia, ma anche nella simbologia della risurrezione. In realtà, questo testo racconta proprio un passaggio dalla morte alla vita, il momento nel quale Dio prende nella sua trappola per metterlo a morte colui che negava a un popolo il diritto di vivere, il momento nel quale YHWH spezza le catene del suo popolo, liberandolo non solo dalla schiavitù dell’Egitto, ma anche dalla sua complicità interiore con i suoi oppressori. Prefigurazione della risurrezione di Gesù, ma anche del battesimo che associa il credente alla morte del suo Signore, affinché partecipi alla sua risurrezione e sia una nuova creatura, questo passo è servito anzitutto da matrice alla maggior parte dei testi biblici che evocano la salvezza offerta da Dio al suo popolo.
È negli anni terribili del «decennio nero», durante il quale in Algeria si contrappongono islamisti e forze armate, che si colloca la straordinaria testimonianza di due uomini. Sono Christian de Chergé, priore del monastero trappista dell’Atas, a Tibhirine, rapito e ucciso nel 1996 con altri sei confratelli, in circostanze non ancora completamente chiarite, e monsignor Pierre Claverie, vescovo domenicano di Orano, assassinato lo stesso anno, con il suo autista musulmano Mohamed, per aver condannato apertamente tutte le forme di violenza.
Si tratta di due figure particolarmente luminose nel cuore della Chiesa d’Algeria, fortificata nella sua volontà di restare con i musulmani algerini, anche dopo l’indipendenza del Paese, dalla personalità del cardinale Duval e dall’impegno di sacerdoti, consacrati e laici.
Sommario
Introduzione. I. Osare l’ospitalità. 1. Il complesso intreccio etimologico del termine «ospite». 2. Ospitalità: gesto sovversivo alla base della relazione. 3. La sacralità del gesto ospitale. II. Pierre Claverie: un algerino per alleanza. 1. Una complessa ricerca identitaria. III. Christian de Chergé e i monaci di Tibhirine. Il lungo apprendistato dell’ospitalità. 1. Incontri interreligiosi e pratiche di ospitalità. 2. Dalla posizione alta a quella bassa: l’esperienza di essere accolti. 3. «Fare un’esperienza con delle esperienze»: un approccio di teologia pratica. 4. Divenire ospite dell’Algeria. Conclusione.
Note sull'autore
Claudio Monge, domenicano, ha trascorso due anni con frère Roger Schutz nella comunità monastica ecumenica francese di Taizé. Vive a Istanbul, dove è responsabile del Centro culturale dei domenicani. Dottore in Teologia delle Religioni e diplomato in Lingua e cultura turco-ottomane all’Università di Strasburgo, ha insegnato all’Università di Friburgo ed è visiting professor in Polonia, Francia, Svizzera, Italia, Canada e Brasile. Consultore del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, è autore di numerose pubblicazioni, tra cui Taizè. La speranza condivisa (EDB 2016).
«Gli immigrati sono troppi». «Hanno tutti il telefonino». «Sono tutti terroristi». «Ci rubano il lavoro». «Non pagano le tasse». «Basta salvataggi in mare». Sono alcuni dei luoghi comuni e delle fake news che si ascoltano per strada o si leggono sui social o sui giornali e che contribuiscono a definire l'orientamento dell'opinione pubblica. Le storie vissute dai migranti, raccontate - come avviene in questo libro - da chi li incontra quotidianamente, contribuiscono a sfatare le dicerie, presentando la realtà dei fatti e le reali dimensioni dei fenomeni. Un contributo che, a partire da chi frequenta direttamente o indirettamente luoghi di incontro e condivisione con i migranti, può aiutare a comprendere meglio le persone oltre i pregiudizi.
Le sentenze parlano chiaro: un ambiente politico largamente inquinato, settori della società civile degradati, amministratori fortemente collusi, esercenti condizionati, una presenza accentuata di malavitosi. In questo contesto la parrocchia palermitana di Brancaccio era diventata una nicchia di legalità mal sopportata dalla mafia. In quel contesto padre Pino Puglisi si era trovato a vivere. Qui aveva portato la sua chiesa in prima linea nella promozione umana, ma il suo impegno ha sfidato la mafia, che non ha esitato a ucciderlo barbaramente.
Riflettere sulle Scritture ebraiche è importante, anche nella prospettiva del dialogo, per più di un motivo. La nascente comunità cristiana, sin dai suoi inizi, decise di farle proprie, adottando a criterio interpretativo fondamentale la messianicità di Gesù. Inoltre il Primo Testamento è per il cristiano una testimonianza del Dio che si rivela, esattamente come il Nuovo Testamento: per la sua fede, i due Testamenti costituiscono un’unità che si completa a vicenda.
Sommario
Sigle e abbreviazioni. I. Un solo Libro, due eredi (B. Salvarani). II. Le prime comunità dei seguaci di Gesù. Uno sguardo antropologico e storico (A. Destro - M. Pesce). III. L’interpretazione ebraica della Scrittura (E.L. Bartolini De Angeli). IV. Una lettura cristiana delle Scritture di Israele. La complessa categoria di «compimento» (E. Castellucci).
Note sull'autore
Adriana Destro è docente di Antropologia culturale all’Università di Bologna
Mauro Pesce è stato fino al 2011 professore di Storia del cristianesimo all’Università di Bologna
Elena Lea Bartolini De Angeli è docente di Giudaismo ed Ermeneutica ebraica alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale
Erio Castellucci, teologo, è arcivescovo di Modena-Nonantola
Brunetto Salvarani è docente di Missiologia e Teologia del dialogo alla Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna.
Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, viene brutalmente assassinato il 24 marzo 1980 mentre celebra la messa nella cappella di un ospedale. Ai suoi funerali il teologo gesuita Ignacio Ellacuría, che sarà assassinato a sua volta nove anni dopo, afferma pubblicamente che «con monsignor Romero Dio è passato per El Salvador». In questo libro, nel quale confluiscono i contributi e i ricordi di quattro gesuiti dell'America centrale, si ripercorre la biografia di Romero, segnalando i momenti chiave della sua vita e facendo emergere le svolte più significative del suo percorso interiore. Gli autori si soffermano inoltre sulle caratteristiche e la forza profetica delle sue omelie, note in ampi settori della Chiesa universale ancor prima della beatificazione, e su come, dopo la morte, la sua figura sia divenuta sempre più universale.
Questo testo affronta il Prologo del Vangelo di Giovanni non come un inno al Logos, come viene comunemente spiegato, ma come un midrash giudaico del primo versetto della Genesi. Si tratterebbe dunque di un commento fatto con un metodo molto particolare che conduce a una vera e propria reinterpretazione dei primi versetti della Bibbia, un racconto della salvezza dalla creazione a Cristo. Per sostenere questa interpretazione l'autore confronta il testo greco del Codice Beza (Cambridge 1581) con il codice Vaticano e quello Sinaitico e recupera l'elaborazione filosofica-teologica di Filone d'Alessandria sulla figura del Logos, in base alla quale il Prologo di Giovanni si orienta verso Dio e verso il creato.
Mobilità, flussi e accelerazione sono elementi essenzialmente urbani e moderni. È inevitabile che le avanguardie e il progresso, le mode e le nuove tendenze muovano dal vissuto urbano, siano da esso irradiate e con esso in qualche modo coincidano. Dietro la crescente e diffusa omologazione dei linguaggi e oltre l'universalizzazione delle mode e dei mercati, la diseguaglianza delle condizioni di vita progredisce in maniera evidente e preoccupante. L'urbano è un teatro particolarmente esposto ai sommovimenti diversificanti che imprimono solchi di disparità nel campo della socialità globale. Più volte negli ultimi decenni le Chiese si sono interrogate sul ruolo che intendono assumere di fronte alle trasformazioni territoriali e sociali delle grandi città. L'urbanizzazione non è un processo che inizia sulla soglia o ai bordi delle chiese, ma fluisce in tutti gli ambiti della vita cristiana. Una pastorale urbana credibile e incisiva non offre semplicemente servizi e non si esaurisce nell'itineranza o nell'uscita. Come «l'essere nel mondo» è per i cristiani un gesto costitutivo, così «l'essere nella città» è un radicamento credibile nel terreno della prossimità a Dio e agli uomini.
In Italia ci sono circa 8000 Comuni, quindi 8000 sindaci, più o meno 40.000 assessori e 150.000 consiglieri comunali. E poi ci sono i segretari delle sezioni locali dei partiti e i loro iscritti, i fondatori delle centinaia di liste civiche, i militanti e coloro che si candidano alle elezioni. Un popolo di oltre due milioni di persone che, in un Paese sempre più disgustato dalla politica, continua a darsi da fare e a «metterci la faccia». Roberto Beretta dà voce, in questo libro, all'esperienza dei «piccoli politici», i moltissimi che si trovano pro tempore a ricoprire un incarico in uno dei Comuni italiani, spesso con compensi minimi e a diretto e continuo contatto con il rebus dei piccoli e grandi problemi da risolvere, possibilmente in fretta.Un modo per osservare la cosa pubblica «dal basso» e far emergere che cosa significa, molto prosaicamente, «fare politica» e ancor più amministrare la cosa pubblica al «livello zero» della democrazia. Tra l'incudine delle regole imposte dall'alto e il martello dei cittadini che pensano dipenda tutto da chi sta in Municipio.Dal gradino più basso della famigerata «casta», uno sguardo ironico e preciso sull'Italia lontana dai riflettori.
Nell’estate inquieta del 1988, la mattina del 14 settembre, viene ucciso a Trapani il giudice Alberto Giacomelli, che da più di un anno ha lasciato la toga per andare in pensione. È, a tutti gli effetti, un delitto “senza”: senza clamore, senza assassini (mai trovati), senza movente per lungo tempo, senza lapidi e celebrazioni. Un delitto senza memoria, inghiottito da depistaggi, omertà, ignoranza e, sullo sfondo, l’ombra cupa di Totò Riina.
Giacomelli era presidente delle misure di prevenzione del Tribunale, un uomo defilato, silenzioso, sobrio. Uno che dietro il sipario decideva i destini economici di quei “galantuomini” e che aveva messo la firma su un patrimonio che, per volontà e in nome del popolo italiano, non doveva più appartenere alla mafia. Lontana dalle attenzioni dei cronisti e dalle luci degli studi televisivi, la storia di Giacomelli viene ora riconsegnata alla memoria grazie ai ricordi di chi lo ha conosciuto.
Custodito da millenni nel cuore della Bibbia, il libro del profeta Isaia è un esercizio prezioso per cominciare o ricominciare a sperare dopo le distruzioni, le rovine, i lutti e le false consolazioni. Per affrancarsi dai sacrifici inutili e sciocchi, per sgomberare il campo dall’idea errata di un Dio affamato di sacrifici, che agisce dentro la logica economica del dare e dell’avere.
Tutti i profeti sono potatura, concime, sarchiatura, mietitura, raccolto, vendemmia, dello spirito e quindi della vita. Non sono equilibrati, né tantomeno politicamente corretti e prudenti. Sono sempre di parte, esagerati, eccessivi.
L’unico modo che essi hanno di amare il loro popolo è non attenuare la forza radicale ed eccessiva della parola. Il buon senso e la moderazione sono virtù delle istituzioni, non dei profeti. Ma senza l’eccesso e l’imprudenza dei profeti, le istituzioni e l’economia diventano tristi uffici di burocrati, il potere solo sopruso, i poveri non si vedono più e restano abbandonati nelle periferie. Con la loro voce, i profeti fanno vedere ciò che i potenti non riescono, o non vogliono, più guardare.
SOMMARIO
Introduzione. Il non-idolo di Dio. I suoni e i colori delle parole. Come lanterne nell’attesa. Custodi del buon seme. Il nome del bambino. L’abbaglio dei fuochi fatui. È la fine che ci salva. Il giorno dei figli. La fraternità del Sabato santo. La profezia della focaccia d’uva. I dialoghi della notte e dell’aurora. La sofferenza degli occhi impotenti. Chi crede saprà aspettare. La maledizione dei profeti ruffiani. La Laudato sii del profeta. La libertà delle mani scosse. La sovranità perfetta dell’idolo. L’abbraccio dell’angelo terrestre. Le consolazioni della profezia. Il segno di Adamo. La maledizione delle risorse. La vocazione del secondo giorno. Le ferite feconde del nuovo parto. Il necessario è troppo poco. Quel fiore del male che salva. Altri angeli sulla stessa grotta. La benedizione dell’acino salvato. Perché la notte non è infinita. Bibliografia.
«Anche nei momenti in cui l'uomo tocca il fondo e rasenta il confine con l'essere bestia, c'è sempre un foro di luce dal quale è possibile vedere la speranza di ricominciare da capo». Questo libro racconta storie di persone che hanno sbagliato per i motivi più diversi: l'educazione (non) ricevuta, l'ambiente di vita, il miraggio dei soldi facili, gli eventi traumatici improvvisi, le violenze domestiche, i momenti di rabbia o di follia, l'incapacità di uscire da situazioni infernali. Ma racconta soprattutto storie di donne e uomini che hanno avuto la possibilità di un riscatto morale, civile o spirituale, grazie alle pene alternative al carcere, al conforto di chi ha dato loro fiducia e le ha considerate innanzitutto persone, alle famiglie che hanno saputo aspettare e offrire loro una ragione di speranza, alle comunità che le hanno accolte senza giudicare, a chi ha saputo offrire loro la possibilità di un lavoro e di sentirsi utili.
Un cristianesimo di nuova generazione, restio ad allinearsi docilmente ai modelli ecclesiali della tradizione cattolica e delle Chiese della Riforma, si sta rapidamente diffondendo in Africa, Asia e America Latina ed è ormai pronto a mettere radici anche in Europa. Più interessato a proporsi come esperienza immediata della potenza dello Spirito che a elaborare categorie teologiche, questo cristianesimo crede nell'efficacia dei doni spirituali nel promuovere il cambiamento interiore e il successo nella vita mondana e si affida a leader carismatici che sapientemente trasformano le liturgie in spettacoli di massa per provare i loro poteri di guarigione e profezia. Un elemento che riassume tutti questi aspetti è la scelta di strutture «extra-large» che sul piano architettonico non ripetono gli stili dell’arte sacra, ma si integrano nel panorama delle metropoli, preferendo la forma esteriore di grandi auditori e di multisale di preghiera. L’organizzazione drammaturgica dello spazio sacro è al servizio di una messa in scena: la guerra contro gli spiriti del male in nome di Gesù e dello Spirito Santo, cui, sotto la regia del leader, tutti potenzialmente sono chiamati a partecipare, recitando ruoli da co-protagonisti.
"Il giapponese di Varsavia" è un racconto che testimonia l'interesse di Shusaku Endo per la figura di Massimiliano Kolbe, il frate polacco, ora santo, che aveva vissuto come missionario in Giappone prima di morire nel campo di stermino di Auschwitz nel 1941. Il racconto è il segno della predilezione che Endo prova per coloro che, pur essendo considerati deboli e inutili, compiono il gesto supremo di offrire la propria vita per gli altri. Ne "Un uomo di quarant'anni" che apre questa raccolta di racconti di Shusaku Endo per ammettere una colpa che lo affligge da tempo e che non è riuscito a raccontare nemmeno al prete in confessionale, un uomo si confida a un merlo indiano perché lo sguardo del volatile è colmo di compassione e privo di condanna. In "Unzen" l'autore introduce la figura dell'apostata Kichijiru, uno dei personaggi centrali del romanzo "Silenzio" e descrive il proprio pellegrinaggio verso le sorgenti calde e solforose del monte Unzen, dove molti cristiani del Seicento furono torturati e costretti all'abiura.
La storia di Cappuccetto Rosso e il racconto della creazione del mondo e dell'umanità all'inizio del libro della Genesi hanno una storia letteraria simile. A partire da tradizioni tramandate per secoli solo oralmente, si sono formati testi che, a un certo punto della loro storia compositiva, possono dirsi conclusi. Si tratta di opere con una struttura e un significato precisi, orientate a trasmettere una particolare pragmatica mediante l'identificazione di una morale. Tuttavia, questi testi hanno continuato a modificarsi anche dopo essere stati messi per iscritto; il racconto originario viene utilizzato, la storia raccontata resta la stessa, ma il messaggio cambia perché cambia la struttura formale del racconto.
Le discipline interpretative moderne fanno riferimento sia alla linguistica che alla scienza del testo e si sviluppano in parallelo alle scienze letterarie di carattere umanistico. Per questo, dal punto di vista scientifico, non fa alcuna differenza analizzare i racconti della creazione all'inizio della Bibbia ebraica o la storia di Cappuccetto Rosso. In entrambi i casi l'analisi letteraria permette di leggere il testo come un tutto coerente e di trarre illuminanti conclusioni.
La Via Crucis, dal latino "via della Croce", detta anche"Via dolorosa, è un rito con cui la Chiesa ricostruisce e commemora il percorso di Gesù che si avvia alla crocifissione sul Golgota. In origine, la vera Via Crucis richiedeva ai devoti di recarsi materialmente in visita nei luoghi in cui Gesù aveva sofferto, ma poiché un tale pellegrinaggio era impossibile per molti, la rappresentazione delle quattordici stazioni all'interno delle chiese divenne un modo per portare idealmente a Gerusalemme ogni credente. Itinerario di grande carica emotiva, la Via Crucis ha ispirato gli artisti del passato - da Giandomenico Tiepolo a Franz Liszt - e continua ancora oggi a interpellare i grandi maestri, come testimoniano le formelle che Mimmo Paladino ha realizzato per la cappella del Centro pastorale Carlo Maria Martini dell'Università di Milano-Bicocca.
«Nella luce limpida del mattino si disegnava chiaramente il fumo scuro che usciva dai camini dei forni crematori». Con una prosa concisa e stringata, il diario inedito dell’ebreo olandese Jo Koopman giunge direttamente da Auschwitz. Scritto quasi in presa diretta, tra il 1945 e il 1946, questa testimonianza restituisce la vita quotidiana nel campo di sterminio nazista, le paure, le vessazioni, l’incombere della morte. Ma anche la liberazione ad opera dei russi e il lungo viaggio attraverso l’Europa orientale che ricorda quello descritto da Primo Levi nel libro La tregua. «Non fu toccante – scrive Koopman - ma ben deludente, dopo un viaggio così lungo e pieno di emozioni, il nostro arrivo in Olanda», esperienza purtroppo comune a molti dei sopravvissuti alla notte del Novecento.