Fra i discepoli di Gesù si trovavano membri di ambienti radicali antiromani? Quale fu la posizione di Gesù nei confronti dei gruppi religiosi del suo tempo? Subì l'influenza della teologia degli esseni, che a Qumran conducevano una vita di tipo conventuale? La risposta a queste domande presuppone la conoscenza dei partiti religiosi ebrei dei tempi neotestamentari. Lo studio di Kurt Schubert tratta la storia anteriore di questi partiti, illustrandone la nascita e il significato, e mostrando come dal movimento degli asidei, che si opponevano all'ellenizzazione del mondo ebraico, sorsero i farisei e gli esseni.
Individuare i criteri per giungere all'essenza e alla funzione del servizio liturgico nel cristianesimo primitivo non è del tutto facile, sia a causa della frammentarietà delle informazioni, sia anche perché soltanto nel I e nel II secolo è andato delineandosi un unico tipo di culto liturgico. L'operetta di Ferdinand Hahn, un classico sull'argomento, mostra tra altro come ragione dell'assemblea liturgica è per le comunità delle origini l'evento salvifico ed escatologico di Dio in Cristo e che il servizio liturgico si compie nell'edificazione della chiesa e che, aperto a chi non crede, esso ha essenzialmente funzione missionaria.
L'opera di M. Noth segna una profonda svolta sia nei fondamenti sia nell'esposizione della storia d'Israele. L'Antico Testamento - visto fin dall'inizio nel suo illimitato condizionamento umano e storico. Il coraggio di una tale considerazione dell'Antico Testamento, che si accosti al testo senza riserve, è un evento liberatore, perché non presuppone né una programmatica distruzione della storia della salvezza, né una costruzione guidata da una filosofia della storia o da una storia delle religioni. Il Noth pone la storia d'Israele in rapporto con l'ambiente medio-orientale, anche mediante ricerche linguistiche (formazione dei nomi dell'A.T.; Mari) e storico-topografiche (lista palestinese dei Faraoni; libro di Giosué) attribuendo importanza capitale alla critica letteraria e alla critica delle tradizioni. Sebbene la vita religiosa occupi un posto preminente per gli Ebrei, l'autore non cade nell'errore di scrivere una storia della religione. In primo piano sta la sorte del popolo ebraico, e viene chiaramente mostrato come essa abbia assunto importanza centrale per la nascita e lo sviluppo delle correnti religiose. Particolarmente riuscita è l'esposizione del classico moto profetico dell'ottavo secolo.
Indice del libro
dall'indice. Parte prima. Israele come lega di dodici tribù. i. L'origine delle tribù israelitiche. ii. La lega delle tribù israelitiche. iii. Le tradizioni della lega sacra delle dodici tribù. Parte seconda. La vita dell'antico Israele nel mondo siro-palestinese. i. L'assestamento delle tribù in Palestina. ii. Verso lo sviluppo della potenza politica. iii. La coesistenza dei piccoli stati di Giuda e d'Israele. Parte terza. Israele sotto il dominio delle grandi potenze dell'antico Oriente. i. L'epoca della dominazione assira e neobabilonese. ii. Il dominio dei Persiani e dei Macedoni. Parte quarta. Restaurazione, decadenza, tramonto. i. L'insurrezione maccabea e la restaurazione della monarchia. ii. L'epoca romana. Bibliografia. Indice dei passi biblici, Indice dei nomi di persona e di luogo.
Attualità di San Paolo è una delle opere più appassionanti del celebre biblista inglese, forse la figura più eminente della ricerca biblica anglosassone nel ventesimo secolo. Nelle sue pagine Charles H. Dodd cerca da una parte di individuare il posto di Paolo nella storia del cristianesimo, dall’altra di cogliere il significato del pensiero dell’apostolo in rapporto agli interessi e ai problemi dei tempi odierni. Scritto divulgativo destinato al grande pubblico, questo volume fa scoprire un Paolo vivo sempre attuale.
Come conciliare la mansuetudine e la passività esaltate dal discorso della montagna con gli imperativi della coscienza cristiana contemporanea? È ancora possibile «porgere l’altra guancia»? L’accusa di utopia, persino di nocività, rivolta talvolta a queste esortazioni, richiede qualche chiarificazione. Il breve saggio di Simon Légasse cerca di soddisfare questa esigenza con un nuovo esame dei testi e con la proposta di una serie di riflessioni che tengono conto dei problemi del nostro tempo. Benché il discorso della montagna non si collochi sul terreno della vita politica, c’è un modo peculiare del discepolo di Cristo di comportarsi in tutti questi ambiti in modo tale da restare fedele allo spirito del vangelo.
In questo volumetto sono raccolti gli elementi essenziali, un piccolo saggio, di ciò che potrebbe essere una introduzione alla lettura storico-religiosa dei Salmi, una presentazione di ciò che la ricerca esegetica può dire a chi voglia guardare quei testi antichi secondo una linea di sviluppo che segna la storia stessa del popolo che li ha prodotti e sotto il particolare punto di vista della religione che ha ispirato quella poesia, la religione dell’Israele biblico. «Canti di Adonaj» chiama il poeta del Salmo 137 le laudi che i figli d’Israele avevano cessato di elevare a Dio nel tempio distrutto e si erano rifiutati di cantare nel paese in cui i loro vincitori li avevano deportati, l’immonda Babilonia.
Il problema dei fratelli e delle sorelle di Gesù è stato molto spesso tema di discussione non solo nella polemica interconfessionale ma anche in dialoghi ecumenici. Anche nell’ambito della chiesa cattolica esso è oggetto di nuova attenzione da quando è stata introdotta la festa di san Giuseppe artigiano, nel vangelo del quale si parla di fratelli e sorelle di Gesù. In questo studio Josef Blinzler mira a fornire una valutazione critica delle tesi sostenute nell’antichità e in epoca odierna, per giungere alla conclusione che, secondo il Nuovo Testamento e la tradizione antica, i cosiddetti fratelli e sorelle di Gesù erano suoi cugini e cugine.
Per gli uomini d’oggi spesso inviluppati nell’esasperata strumentalizzazione di una serietà insensata o nell’insensatezza di una mondanità asfittica, la libertà del gioco è una necessità redentrice. La gaia libertà dello spirito, lo slancio estroso e insieme altruistico, il disinganno rasserenato, l’incedere leggero che non s’impantana in un mondo spesso tragico sono i tratti dell’homo vere ludens. Per il cattolico, chiesa e grazia e azione liturgica sono preludio di quella libera serenità che brillerà nell’eterno gioco della visione divina.
Morte e resurrezione raccoglie sette prediche che trattano tutte un tema fondamentale: morte e resurrezione. Esse furono tenute come prediche quaresimali nel Duomo di Treviri, si basano su alcuni brani scelti dalla Lettera ai Romani e furono intese come preparazione dei fedeli per partecipare attivamente alla liturgia del venerdì santo e della notte di Pasqua. Costituiscono anche un tentativo di rendere «intelligibili» nella predicazione alla comunità cristiana, la cui salvezza si fonda sul mistero pasquale della morte e resurrezione di Gesù, testi molto importanti di una lettera di Paolo. Si può negare Dio — e molti lo fanno —, ma nessuno può negare la morte e la sua ineluttabilità per l’uomo. Anche l’ateo è votato alla morte. La morte è la realtà della vita umana per eccellenza. La Bibbia non considera però la morte come una semplice disgrazia naturale che prima o dopo s’abbatte sull’uomo, ma come la conseguenza di una esplicita condanna di Dio: «Tu sei polvere e tu ritornerai in polvere» (Gen. 3,12); «La morte è il salario del peccato». «La morte ha raggiunto tutti gli uomini, poiché tutti hanno peccato» (Ram. 5,12). Il che significa: la morte è la conseguenza del peccato. Questo è il messaggio della Bibbia, che svelando l’origine della morte ne scioglie l’enigma. La Bibbia però non dice all’uomo soltanto: Tu sei destinato a morire a causa del tuo peccato; ma annuncia anche che Dio nel suo amore ha intrapreso qualcosa per liberare l’uomo dalla schiavitù della morte, per riscattarlo dalla morte. FRANZ MUSSNER, nato nel 1916, sacerdote della diocesi di Passau, compì gli studi teologici e biblici in Passau, Monaco e Roma. Nel 1950 conseguì il dottorato in teologia, nel 1952 ottenne l’abilitazione per il Nuovo Testamento. Dal 1952 èprofessore ordinario nella Facoltà Teologica di Treviri, dal 1965 alla Scuola Superiore di Filosofia e Teologia di Ratisbona. Le opere più importanti sono: Der Begrifi des ‘Lebens’ im Johannesevangelium; Studien zur Theologie des Epheserbriefes; Die Botschaft der Gliechnisse Jesu; il grande commento alla Lettera di Giacomo (pubblicato presso la Paideia).
Pur essendo una trattazione compiuta dei vari argomenti implicati nel fenomeno della tragedia greca e pur seguendo di dramma in dramma l'opera dei singoli tragici (compresi i minori), l'opera di Max Pohlenz non è un manuale nel senso corrente. La tragedia greca non è una somma di problemi esteriormente tenuti insieme da un intento didattico, bensì un lavoro unitario, concepito organicamente, valido soprattutto per la lezione derivante dal suo insieme, dove la tragedia greca è illustrata come fenomeno complesso, incidente su tutta la vita dei greci; con le parole stesse dell'autore: "La tragedia greca è, oltre che servizio divino, anche servizio del popolo. È arte popolare nel senso più alto". Ed è anche un'opera, questa di Max Pohlenz, scritta in una lingua suggestiva, che continua a restare la migliore introduzione per chi desideri iniziarsi a questa problematica tanto affascinante.
Lo speciale fascino di questo libro è nel dichiarato proposito di studiare non le concezioni etiche dei filosofi e in generale degli intellettuali (ateniesi e non) del V e IV secolo a.C., bensì le vedute morali allora correnti, quelle comunemente riconosciute da cittadini non particolarmente qualificati sotto il profilo della ricerca di una rigorosa razionalizzazione del comportamento. Va da sé che simili ricerche aprono prospettive di straordinario interesse, dato che ne scaturiscono indicazioni circa il contesto e l'humus in cui hanno operato molti filosofi e intellettuali ben noti (da Tucidide a Socrate, da Euripide a Ippocrate), e così pure uomini di teatro, cultori di arti figurative, retori, leaders politici, ecc. Lo studio di K.J. Dover consente così per la prima volta di stimare la distanza tra l'ethos e le filosofie morali dell'epoca, fornendo "un contributo di fondamentale importanza per la comprensione dell'etica greca"". (Lloyd-Jones)
Mentre la più sofisticata tecnologia bellica occidentale rovesciava fuoco e morte su Bassora e Bagdad, da certe case e villaggi si udiva levarsi un'invocazione antica: "Aiuto, Hibil Ziua!". Erano case e villaggi abitati dai mandei, gli appartenenti all'unica religione che, divenuta religione di popolo, sia sopravvissuta sino ai nostri giorni emergendo dal complesso magma dello gnosticismo tardoantico. Soffocata da tredici secoli di dominazione islamica, la religione maniaca si presenta oggi con il fascino di una sapienza antica e le contraddizioni di una visione arcaica del mondo.
Questo libro si rivolge ai lettori anche non specialisti come introduzione al mondo mandaico tradizionale, alla sua storia spesso tormentata, ai suoi riti, alle sue leggende, ai suoi miti. Parte integrante del volume è un'estesa antologia di testi maniaci in traduzione italiana annotata, che consente un primo contatto con i nuclei più significativi di una produzione letteraria quanto mai ampia e particolare.
Si è portati facilmente a credere che il cuore dell'Antico Testamento sia costituito soprattutto dai profeti. Molti di questi furono grandi personalità religiose e le loro parole continuano a sorprendere per la freschezza e l'originalità, ma è d'altra parte vero che i profeti furono anche i grandi conservatori della tradizione israelitica. Con le parole di Isaia: "Alla legge! Alla testimonianza! Se non parlano così, non ci sarà aurora per loro!". Deposito della tradizione è soprattutto il Pentateuco, e in esso il Deuteronomio. È qui che s'incontrano la "legge" e il "codice". Il volumetto di Norbert Lohfink aiuta, in modo nuovo e vivo, a penetrare la teologia dell'alleanza.
L'opera si articola in cinque parti dedicate rispettivamente alla pasqua nel Nuovo Testamento in rapporto alla pasqua veterotestamentaria e giudaica, agli elementi della celebrazione pasquale, alla terminologia della salvezza pasquale, alla pasqua come evento salvifico (pasqua e alleanza, pasqua ed espiazione), e infine alla salvezza come liberazione, anche nei risvolti liturgici e sacramentali e sotto l'aspetto della componente ecclesiologica. Lo schema strutturale molto chiaro adottato da N. Füglister gli consente di mettere ordine in una moltitudine di dati documentari di grande importanza, secondo finalità ben precise, utilizzabili soprattutto per il rinnovamento teologico, liturgico e pastorale.
Commento esauriente, opera di teologi diversi, delle lettere minori di Paolo, ciascuna presentata in una nuova traduzione e preceduta da introduzione. Nel commento alla lettera ai Galati - di W. Beyer e P. Althaus - si toccano punti fondamentali della teologia paolina, al centro della quale vi è la conversione. H. Conzelmann mostra come la lettera agli Efesini e quella ai Colossesi siano strettamente collegate fra loro, la prima avendo come tema centrale la riflessione sulla chiesa, la seconda la lotta contro la gnosi. G. Friedrich commenta le lettere ai Filippesi e a Filemone, mentre A. Oepke si dedica alle due epistole ai Tessalonicesi. I vari commenti si distinguono anche per una serie di brevi excursus particolarmente stimolanti (ad esempio sull'attesa della parusia, l'Anticristo, l'escatologia e gli inizi dell'organizzazione ecclesiastica).
Per quasi duemila anni il Cantico dei cantici è stato letto da ebrei e cristiani in chiave allegorica, ossia in un modo diverso da quello con cui si legge tutto il resto della Bibbia. Il ricorso all'allegoria, che conferisce al testo un significato estraneo, è stato per così dire inevitabile di fronte a un'opera talvolta incomprensibile alla lettera. In questo lavoro di Giovanni Garbini i numerosi e svariati problemi posti dal Cantico sono affrontati in una maniera radicalmente nuova. La ricostruzione filologica del testo attraverso le più importanti testimonianze pervenuteci, dalla tradizione manoscritta ebraica alle versioni antiche, ha consentito di recuperare un'opera che, sotto l'esile velo del linguaggio amoroso, espone la più originale e rivoluzionaria concezione teologica del pensiero occidentale, senza la quale sarebbe forse impensabile lo stesso cristianesimo. Si può ora comprendere perché il mistico Rabbi Aqiba soleva dire che «tutto il corso del tempo non è degno del giorno in cui è stato dato a Israele il Cantico dei cantici», il più recente ma anche il più importante dei libri della Bibbia ebraica.
Il lavoro di Sabino Chialà si compone di una nuova traduzione - con introduzione e commento - del Libro delle parabole di Enoc (parte del Primo libro di Enoc o Enoc etiopico). Tra gli apocrifi dell'Antico Testamento, il Libro delle Parabole è senza dubbio quello che più ha fatto discutere sia per i problemi intrinseci al testo stesso sia per la sua collocazione all'interno di quella che si suole chiamare letteratura apocalittica. Se l'introduzione è in gran parte dedicata alla questione primaria della datazione del testo, il commento per parte sua tenta di leggere il testo all'interno del quanto mai complesso alveo culturale nel quale esso si colloca: Qumran, gli esseni, la cosiddetta apocalittica, la variegata letteratura raccolta sotto il nome di apocrifi o pseudepigrafi dell'Antico Testamento e, infine, gli stessi scritti del Nuovo Testamento. Due excursus chiudono l'opera: il primo dedicato all'identità e alla sorte dei "condannati", che ripetutamente ricorrono nel testo; il secondo al "Figlio dell'uomo", che Costituisce la nozione più caratteristica e insieme più controversa del Libro delle parabole.
Per cercare di comprendere rettamente le parabole evangeliche è necessario rispondere a tre domande: di che cosa parlano? A chi sono dirette? Come ottengono il loro scopo? Le parabole di Gesù s'interessano dell'agire più che delle idee: si propongono di inculcare negli ascoltatori una condotta da seguire o da non seguire, oppure vogliono render conto di un comportamento di Gesù o di Dio. Le parabole si rivolgono ad ascoltatori con i quali il parabolista, pur trovandosi in disaccordo, vuole evitare una discussione diretta: esse si presentano così come mezzo di dialogo. La forza di persuasione delle parabole è dovuta anzitutto all'esperienza vissuta sulla quale si fondano: esperienza degli ascoltatori, ma anche esperienza personale di Gesù. Per quest'ultima caratteristica, restano una via d'accesso privilegiata alla coscienza che Gesù aveva di se stesso e della sua missione.
Nella storia della chiesa la memoria delle comunità delle origini ha sempre funto di volta in volta da modello, da esempio, da ideale, talora anche da mito: in particolare in periodi critici, la possibilità di un ritorno all'antico e alle origini si ripropone con vigore sempre nuovo. Il saggio di Pier Cesare Bori colma una lacuna nella storia della ricerca, affrontando sistematicamente il tema del modello della chiesa primitiva nell'antichità cristiana, della maggiore o minore normatività dell'immagine della chiesa delle origini nella coscienza della chiesa antica. Al centro di quest'opera sta la questione di come e in quale misura tra il terzo e il quinto secolo sia l'Oriente sia l'Occidente abbiano concepito la chiesa del Nuovo Testamento come esemplare e normativa, e di come e in quale misura, pur nella certezza della continuità, in quei secoli si sia percepita una sorta di distanza dalle origini, non solo nel tempo ma anche nella qualità dell'esistenza religiosa.
"Il commentario dello Schelkle, giunto ormai alla quinta edizione, offre al lettore un'esegesi accurata, aggiornata e di ampio respiro, in cui i singoli termini biblici più significativi vengono esaminati nel contesto del vasto ambito storico-culturale al quale appartengono... Questo interessante e stimolante commentario è arricchito anche da un'ampia bibliografia... oltre che da molte note, prezioso sussidio, quasi ad ogni pagina. Ben dieci excursus su temi inerenti alla teologia delle tre epistole costituiscono un altro elemento positivo in questo volume" (Protestantesimo).