L'opera di Charles Fourier (1772-1837) sviluppa una filosofia della ricchezza e una critica dell'industrialismo e del commercio che prefigurano gli eccessi dell'economia di mercato e anticipano la riflessione socialista. Leggere il suo pensiero alla luce di una problematica - la decrescita - che gli è in parte estranea, si rivela quindi attività feconda, che consente di esplorarne una parte finora non indagata. Senza negare i paradossi dell'opera di Fourier, Chantal Guillaume ne sottolinea la critica controcorrente del "capitalismo termo-industriale".
L'insostenibilità congiunta di pessime pratiche e mezzi fittizi per contrastarle ha trovato in Serge Latouche un analista affilato e conseguente, determinato a snidare l'impostura economica ovunque si rintani, nelle parole e nelle cose. Latouche addita il nostro vizio capitale nel vivere irresponsabilmente all'insegna dell'eccesso. Troppo di tutto: troppa produzione, troppo consumo, troppa rotazione dei prodotti, troppa obsolescenza, troppo scarto; e, insieme, troppa disuguaglianza, troppa disoccupazione, troppo saccheggio di risorse naturali, troppo inquinamento di ogni genere (biochimico, mentale, visivo, acustico). Ma a essere tossica, senza appello, è la nozione stessa di crescita ovunque si sia incarnata, nell'ultraliberismo del capitale globalizzato o nel produttivismo del socialismo reale. Dopo il fallimento delle politiche sviluppiste, anche nella versione cosiddetta "sostenibile" - ultimo, pericoloso abbaglio, secondo Latouche -, ci resta un'unica alternativa, ossia l'utopia concreta di una società governata da una logica di decrescita, che alleggerisca l'impronta ecologica, metta fine alla predazione, stringa un rapporto di parternariato con il Sud del mondo, rivitalizzi gli aspetti conviviali dell'esistenza. Un vagheggiamento irrealizzabile? Nient'affatto. Fino a che non imboccheremo la strada della decrescita serena, l'eccesso di benessere continuerà a coincidere con l'eccesso di malessere.
"Poche sono le politiche pubbliche che hanno bisogno di analisi accessibili e spassionate quanto l'immigrazione. In questo libro voglio scuotere le posizioni che si sono ormai polarizzate: da un lato l'ostilità nei confronti dei migranti, intrisa di accenti xenofobi e razzisti, ampiamente diffusa tra i comuni cittadini, dall'altro lo sprezzante ritornello delle élites liberali, condiviso dagli studiosi delle scienze sociali, secondo cui la politica delle porte aperte è un imperativo etico che in più garantisce grandi benefici."
Da molti anni Warren Buffett - definito "l'oracolo di Omaha" - è ritenuto uno dei due-tre uomini più ricchi al mondo, con un patrimonio stimato di diverse decine di miliardi di dollari. Warren ha comprato le prime azioni a 11 anni e da quel momento ha sempre guadagnato, arrivando ad acquisire quote importanti di multinazionali leader come Coca-Cola, The Walt Disney Company, American Express, Budweiser, Wal-Mart e Wrigley. Che cosa gli ha permesso di avere sempre successo in un mercato complesso e pieno di insidie come quello azionario? Quali sono i trucchi, i segreti e i principi di un businessman così geniale e atipico? I due autori, attraverso l'analisi di 125 "sentenze" del loro guru, delineano una mentalità e una filosofia caratterizzate in primo luogo dalla capacità di andare sempre in direzione opposta al "gregge". Ciò che conta per Buffett è investire i propri soldi in modo sicuro, comprando, al prezzo più vantaggioso possibile, società in grado di acquistare valore nel lungo periodo, che producano prodotti semplici e di largo consumo e siano gestite da manager in gamba. L'importante, secondo il miliardario americano, è non dare ascolto alle "sirene" del mercato, e non farsi infinocchiare dai "maghi" di Wall Street: promettono grandi guadagni in poco tempo, ma in realtà vogliono solo speculare sui nostri soldi.
Questo papa venuto dalla fine del mondo "demonizza il capitalismo". Sono bastate poche frasi del pontefice "contro l'economia che uccide" per bollarlo come "papa marxista". Che a fare certi commenti siano editorialisti di quotidiani finanziari, o esponenti di movimenti come il "Tea Party" americano, non deve probabilmente sorprendere. Molto più sorprendente, invece, è che siano stati condivisi anche da alcuni settori del mondo cattolico, dal momento che, come mostrano Tornielli e Galeazzi, vaticanisti fra i più accreditati nel panorama internazionale, alla base dei ragionamenti di Bergoglio non c'è che la radicalità evangelica dei Padri della Chiesa. Delle disuguaglianze sociali e dei poveri è ammesso parlare, a patto che lo si faccia di rado. Un po' di carità e un pizzico di filantropia, conditi da buoni sentimenti, vanno bene, mettono a posto la coscienza. Basta non esagerare. Basta, soprattutto, non azzardarsi a mettere in discussione il "sistema". Un sistema che, anche in molti ambienti cattolici, rappresenterebbe il migliore dei mondi possibili, perché - come ripetono senza sosta le cosiddette "teorie giuste" - più i ricchi si arricchiscono meglio va la vita dei poveri. Ma il fatto è che il sistema non funziona, e oggi viene messo in discussione da un papa che in questo libro propone una riflessione sul rapporto fra economia e Vangelo. Temi che troveranno spazio anche nella sua prossima enciclica. Con un'intervista esclusiva su capitalismo e giustizia sociale.
In Europa e in Italia la crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2008 sembra non finire mai: la Fondazione Edison continua così a occuparsene, ricostruendone la cronistoria e offrendone ai lettori un'analisi e proposte puntuali, anche con questo quarto volume, che esce dopo quelli di Marco Fortis "La crisi mondiale e l'Italia" (2009) e "Dentro la crisi: 2009-2011. America, Europa, Italia" (2011) e quello di Alberto Quadrio Curzio e Marco Fortis "Debito e crescita. L'equazione della crisi" (2013). La serie di articoli qui presentata copre il periodo che va dalla fine del 2012 alla prima metà del 20l4. quando nella perdurante crisi economica italiana, in cui la ripresa del Pil continua a stentare, è comparso un elemento di novità e di possibile fiducia per il futuro: l'esito elettorale del 25 maggio 2014. Dal rafforzamento del Governo Renzi, la cui determinazione è incoraggiante, l'Italia si attende riforme strutturali per rilanciare crescita ed occupazione ed una forte pressione sulle istituzioni europee per superare il rigore con lo sviluppo socio-economico.
Proseguire sulla strada dell'unione? Come? Quella che abbiamo oggi è una unione economica solo in minima parte: troppo ancora contano le decisioni dei governi, nazionali e locali, e le tante corporazioni di ogni paese. Né si può parlare di unione monetaria finché non si realizza l'unione bancaria. Allora che cosa fa difetto alla nostra "unione molto incompleta"? È mancata soprattutto - come sottolinea questo saggio - la volontà di realizzare un destino comune. Ogni unione presuppone infatti il desiderio di realizzare un bene che ci accomuna, cioè quanto si fa "per" gli altri e non solo "con" gli altri. Di qui l'importanza della solidarietà e della cooperazione, valori senza i quali il sogno europeo di venticinque anni fa rischia di svanire.
Il capitalismo non è più sostenibile. A meno di cambiamenti radicali nel modo in cui la popolazione mondiale vive, produce e gestisce le proprie attività economiche - con i consumi e le emissioni aumentati vertiginosamente - non c'è modo di evitare il peggio. Cosa fare allora? Il messaggio è dirompente: si è perso talmente tanto tempo nello stallo politico del decidere di non decidere, che se oggi volessimo davvero salvarci dal peggio dovremmo affrontare tagli così significativi alle emissioni da mettere in discussione la logica fondamentale della nostra economia: la crescita del PIL come priorità assoluta. "Non abbiamo intrapreso le azioni necessarie a ridurre le emissioni perché questo sarebbe sostanzialmente in conflitto con il capitalismo deregolamentato, ossia con l'ideologia imperante nel periodo in cui cercavamo di trovare una via d'uscita alla crisi. Siamo bloccati perché le azioni che garantirebbero ottime chance di evitare la catastrofe - e di cui beneficerebbe la stragrande maggioranza delle persone - rappresentano una minaccia estrema per quell'élite che tiene le redini della nostra economia, del nostro sistema politico e di molti dei nostri media."La via d'uscita che intravede Naomi Klein non è una Green Economy all'acqua di rose, ma una trasformazione radicale del nostro stile di vita. "La buona notizia è che molti di questi cambiamenti non sono affatto catastrofici; al contrario, sono entusiasmanti".
La sesta edizione italiana contiene il materiale di studio più recente, rivisto e aggiornato in seguito alla crisi finanziaria globale del 2008-2009. La novità più importante è il nuovo capitolo 20 intitolato "Il sistema finanziario: opportunità e pericoli", che analizza il sistema finanziario e i suoi legami con l'economia nel suo complesso: discute le cause delle crisi finanziarie, le loro ripercussioni macroeconomiche e le politiche che potrebbero mitigarne gli effetti e ridurre la probabilità del loro verificarsi. Molte analisi di casi sono nuove oppure sono state profondamente modificate alla luce delle recenti turbolenze economiche mondiali, che hanno comportato anche una riorganizzazione dei contenuti del libro. Il funzionamento del sistema monetario, per esempio, viene trattato prima di quanto non accadesse nella precedente edizione, perché per comprendere i provvedimenti delle banche centrali è necessario acquisire con esso una buona dimestichezza.
Questo volume, realizzato per facilitare lo studio, e il ripasso, risponde ad una duplice esigenza pratica, in quanto le schede sinottiche in esso contenute: possono essere consultate di pari passo con la lettura del manuale istituzionale per avere un quadro riassuntivo e sistematico della disciplina; possono essere staccate ed inserite sia nel manuale adottato che nelle spirali del blocco degli appunti presi durante i corsi. Si consiglia inoltre, prima di ogni lezione, di dare una rapida lettura alle schede per iniziare a familiarizzare con gli argomenti che saranno trattati dal docente.
Islanda, Grecia, Argentina, un domani forse anche Spagna e Italia: i paesi a rischio default sono sempre di più.
Perché la crisi economica? Sarebbe stato possibile prevederla? E per quale ragione non è stato fatto? José Antonio de Aguirre è uno studioso spagnolo che con il suo testo ci rivela quel che gran parte degli economisti e dei giornalisti economici non ci dicono o, forse, non sanno dirci. Abituati a muoversi nel chiuso e cristallizzato recinto della loro professione, non osano mettere in discussione i dati di base su cui poggiano i nostri sistemi monetari. Non si rendono conto che affidarsi a una banca centrale monopolista confligge con i più elementari principi della società aperta, la quale si regge sull'istituzionalizzazione della concorrenza. Non sanno pensare a un mondo diverso da quello dominato dalla pura e semplice cartamoneta, che alimenta enormi e fragili piramidi, il cui crollo determina drammatiche e prolungate crisi e gravi fenomeni di disoccupazione. Quando poi la stasi dell'attività genera una caduta dei prezzi, gli addetti ai lavori si allertano: perché la mancanza di inflazione rende pesante il debito pubblico e la posizione dei grandi debitori, i "favoriti" che vivono in simbiosi con il potere politico. Ma quegli stessi esperti non dicono mai che l'inflazione sostenuta dalle politiche pubbliche azzera, a ogni generazione, i risparmi faticosamente messi da parte dai cittadini. Presentazione di Lorenzo Infantino.