
Dopo il primo volume, dedicato a Israele e a come prese forma in simboli la sua esperienza sullo sfondo degli imperi cosmologici del vicino Oriente Antico, il secondo volume di Ordine e storia, un grande classico della filosofia politica, si rivolge all'area greca. Anche qui si attuò una rottura con la prospettiva cosmologica, grazie a un "salto nell'essere" in cui il mito fu oltrepassato nell'ordine trascendente-divino. Si trattò di un passaggio graduale, scandito dalla transizione dal mito alla filosofia. Esso prese avvio nell'epica omerica, con la creazione del mito olimpico e il risveglio della coscienza di un comune ordine egeo che poggiava su un passato minoico-miceneo. Proseguì con la Teogonia esiodea, in cui il materiale mitico, soprattutto omerico, venne riplasmato secondo un'intenzione speculativa. Approdò infine mediante l'anello intermedio dei "filosofi mistici" Senofane, Parmenide ed Eraclito - alla metafisica di Platone e Aristotele. Il termine di questa transizione trova espressione nella formula "Dio misura invisibile dell'uomo". Questo lungo percorso viene scandito da Voegelin in due volumi: il primo dei quali (quello presente) inizia dal remoto passato minoico e termina con i rivolgimenti dell'età della Sofistica.
In concomitanza con le numerose crisi degli ultimi anni, gli appelli alla "solidarietà" nella sfera pubblica si sono moltiplicati e il valore dell'aiuto reciproco e della condivisione di risorse e rischi è stato ampiamente riscoperto e riattualizzato, anche con relativo successo. Eppure, l'idea di solidarietà risulta ancora ostaggio di una cattiva retorica che rende il suo richiamo innocuo e generico. Sorta nel lessico giuridico latino, sostituto moderno degli antichi legami di fraternità ed erede della Rivoluzione francese e di quella industriale, essa è sin dall'inizio concepita come risposta concreta - fondata essenzialmente sul riconoscimento di un'interdipendenza - a contraddizioni e palesi ingiustizie, così come ai problemi di integrazione sociale. Il libro ripercorre le principali tappe storico-filosofiche di un concetto in parte sottostimato e dimenticato dalla più ampia riflessione sulla giustizia, contribuendo a riscoprirne i caratteri più distintivi (primi fra tutti: reciprocità e orizzontalità) e la sua importanza decisiva sul piano politico e morale. Il testo si misura anche con le sfide e i problemi che riguardano la solidarietà europea e le prospettive di mutuo supporto su scala globale.
La proverbiale difficoltà del linguaggio di Heidegger e la vertiginosa altezza delle questioni da lui affrontate rendono particolarmente ardua la comprensione del suo pensiero, tanto più che esso si inerpica per sentieri non praticati dal senso comune. L'unico vero modo per superare questo ostacolo è quello di affrontare la lettura diretta delle sue opere, seguendolo passo per passo nel suo cammino di pensiero. Mai come per Heidegger appare indispensabile una guida adeguata che aiuti a penetrare nei recessi talvolta oscuri del suo meditare.
Il 10 marzo 1762 il protestante Jean Calas viene giustiziato in una piazza di Tolosa, di fronte a una folla inferocita. L'accusa è quella di aver ucciso il figlio, sospettato di volersi convertire al cattolicesimo. Nonostante l'inconsistenza delle prove e l'arbitrarietà di un processo che risponde più alle storture del fanatismo religioso che al rigore della ragione e della giustizia, la supplica di Calas - che fin sul patibolo non cessa di protestare la propria innocenza - rimane inascoltata. Non da Voltaire, che impugna la penna contro questa palese ingiustizia. L'anno successivo viene pubblicato il breve e fulminante "Trattato sulla tolleranza". Non solo Voltaire chiede la riabilitazione della memoria di un padre amorevole e di un uomo innocente: la sua invocazione assume i toni di un'accorata denuncia del fanatismo religioso e della superstizione, di un vibrante appello alla tolleranza e alla libertà di pensiero destinato a risuonare nei secoli a venire.
Lettere filosofiche (o Lettere sugli Inglesi) sono il frutto della permanenza di Voltaire in Inghilterra. Furono pubblicate anonime a Londra nel 1733 e in Francia nel 1734. Si tratta di un libro polemico e per molti versi di propaganda ideologica, che intende mostrare i benefici effetti della libertà religiosa, politica, filosofica, scientifica e letteraria; nel contempo, contiene anche una satira della società francese a lui contemporanea, con la sua intolleranza, il suo dispotismo e i tanti privilegi e pregiudizi che la funestano. Questo libro singolare fu ben presto messo all'indice, ottenendo nondimeno un cospicuo successo di pubblico e una risonanza internazionale, anche in virtù delle straordinarie qualità della prosa voltairiana, sempre chiara, avvincente e spumeggiante.
Cosa accadde a Lisbona il 1° novembre del 1755? Perché l'immane disastro del terremoto, che in quel giorno rase al suolo la capitale portoghese e fu avvertito in buona parte dell'Europa, è un evento che ancora ci riguarda? Lisbona inaugura un significato inedito della parola "catastrofe" e, insieme, segna l'inizio dell'epoca in cui stiamo vivendo. Se una data può essere indicata per il passaggio di consegne fra il passato e l'epoca secolare, questa data va fissata nell'evento-soglia costituito dal terremoto di Lisbona, dalle reazioni degli intellettuali illuministi e dalla partecipazione emotiva della nascente opinione pubblica europea. Il Poema di Voltaire, la lettera di risposta di Rousseau, i saggi in cui il giovane Kant rifl ette sulle cause fisiche del terremoto lusitano, intarsiati alle considerazioni sullo spettacolo e sull'amministrazione del disastro, sulle geometrie morali della compassione e sull'ottimismo gnoseologico e ontologico della scienza, sono le voci di un dibattito che, come la catastrofe, rimane, da allora, sempre drammaticamente attuale.
Che cosa fa di un'immagine un'immagine, ossia una rappresentazione pittorica? Che cosa rende un'immagine del tutto diversa da altre rappresentazioni, per esempio dai segni verbali? Sono interrogativi che risalgono alle origini della riflessione occidentale e sono variamente diffusi in molte tradizioni di pensiero. Ma in filosofia sono stati affrontati in modo sistematico soltanto di recente, a partire dal Novecento, per essere poi oggi discussi in una vera e propria esplosione di teorie. Al punto di vista più tradizionale, che lega la pittorialità dell'immagine a fattori di ordine percettivo o esperienziale, si è affiancato una concezione semiotica o strutturalista, che inscrive l'immagine in un particolare tipo di sistema di segni. E tuttavia, come mostra l'autore, l'antica e ingenua idea già considerata da Platone che per raffigurare qualcosa bisogna somigliare all'oggetto raffigurato ancora si insinua nel pensiero attraverso l'insufficienza di tutte le nuove teorie.