L'"Autobiografia spirituale" di Nikolaj Berdjaev non è l'ultimo libro scritto dal grande filosofo russo; cacciato dalla propria patria per decisione diretta di Lenin e stabilitosi a Parigi dal 1924, Berdjaev ne terminò infatti la versione iniziale già nel 1940 e prima della morte vi portò alcuni ritocchi, ma quest'opera resta comunque il suo testamento spirituale per la chiarezza con la quale, ripercorrendo la propria storia personale e quella di un mondo devastato da guerre e rivoluzioni, riscopre la centralità della persona creata da Dio e definita dal rapporto con un Dio che vuole la sua creatura come essere libero e creatore. La libertà e l'infinita creatività umana, continuamente riaffermate da Berdjaev, non sono quindi un gesto di autoaffermazione nichilista, in cui l'uomo nega tutto quanto si trova al di fuori del proprio arbitrio e della propria fantasia, ma sono piuttosto la continua tensione della persona per aderire al mistero dell'esistenza, al mistero degli esseri e delle cose e alla loro infinita e sorprendente bellezza. Riflessione critica generata da questo rapporto creatore e dall'esistenza che esso genera, la filosofia è sempre religiosa, crede in Dio o lo nega, ma non può essergli indifferente: essendo amore della sapienza, essa è continuamente alla ricerca del vero e del significato della vita che il filosofo sperimenta quotidianamente.
Gli ultimi avvenimenti hanno rilanciato il tema della laicità. Letterati, sociologi, politici e teologi lo affrontano in saggi, articoli e convegni con significati ogni volta diversi. Il libro s'inserisce nel dibattito proponendo un percorso di ricerca per l'elaborazione di un nuovo modo d'intendere la laicità, senza però abbandonare la questione del rapporto tra Stato e Chiesa, tra scienza e fede. Dopo l'analisi del processo storico, che in Occidente ha visto nascere, svilupparsi ed entrare in crisi la laicità, il volume analizza il senso del cosiddetto "ritorno del religioso", si misura con i quesiti posti all'etica e alla politica dalla manipolazione genetica da un lato e dalla crisi della democrazia dall'altro. Che effetto ha tutto ciò sui cristiani e la loro fede? Si metteranno in discussione o continueranno a farsi rappresentare da chi proclama i "diritti" dell'embrione, emargina le donne, discrimina gli omosessuali e demonizza l'eutanasia?
Quali sono i tratti essenziali e specifici che fanno, di noi, degli esseri umani? In che cosa consiste l'"umanità" dell'essere umano? Per rispondere a questa domanda, Williams indaga le differenze che ci distinguono dalle macchine ma anche dagli altri animali, individua i requisiti indispensabili di una efficace teoria dell'evoluzione, analizza il rapporto cruciale tra etica ed evoluzione (che cosa un essere umano "deve" e cosa "può" fare?), ricostruisce infine alcune delle diverse connotazioni che distinguono, nella storia del pensiero, i valori tipicamente umani di giustizia e libertà.
"Se il filosofo deve coltivare il senso della possibilità cantato da Musil, deve costruire mondi e paesaggi mentali con pazienza e a volte temerarietà, restando disponibile a stupirsi del risultato. L'immaginazione è una componente essenziale di questo esercizio, che si accompagna spesso a una impressione di solitudine sconfinata. E in effetti ci sono dei punti di svolta quando si esplorano i paesaggi mentali che si sono costruiti, in cui è come se ci si affacciasse alla finestrella ventosa, intagliata nella pietra, in cima alla torre altissima di una cattedrale in rovina lasciata da un'antica civiltà; sul vuoto di questa solitudine sono in agguato una vertigine e una malinconia." Wassermann, Antonio Giona, Sally Percival, Johannes Jung sono alcuni dei personaggi che in questi racconti chiedono al lettore di concedere loro il privilegio di esistere per un attimo, di perorare la causa della loro vita impossibile sospesa tra astrazione e disinganno.
Ogni giorno ci serviamo di nomi. Ignoriamo tuttavia quale sia la loro natura più segreta. Inoltre temiamo l’anonimato come il nostro peggiore nemico. Ma finché non sappiamo cosa siano i nomi, non potremo affrontare davvero quella determinazione dell’esistenza che sappiamo che in qualche modo ci tocca e ci riguarda tutti da vicino. Così parlando, leghiamo il nostro dire alla denominazione di cose, di persone, di fatti, siano essi reali o inesistenti. Eppure di questo gesto così abituale ignoriamo le conseguenze più profonde. Né abbiamo ancora imparato a pensare cosa significhi dare un nome o portarne uno. Cosa implica il fatto di dare un nome a un figlio? a degli animali? Cosa significa chiamare qualcuno “amico”? Cos’è quel nome di famiglia nel quale ognuno reca memoria del padre e della madre, oltre la loro morte? Nomi di nomi s’interroga sulle figure che costellano la nostra vita (la madre, il padre, gli amici e i nemici, i figli e le famiglie, l’ospite, il testimone, il capo, il colpevole, gli animali…) per ripensarle a fondo a partire dalla valenza che in ciascuna di loro assume il nome proprio.
GLI AUTORI
GIANLUCA SOLLA insegna Filosofia presso l'Università di Verona.
Le riflessioni raccolte in queste pagine costituiscono dei "segnavia antropologici" ai quali viene affidato il compito di indicare un percorso per il recupero integrale di quell'umanesimo che, all'avvio di questo terzo millennio, oltre ad essere avvertito come una necessità culturale, è inteso soprattutto come imprescindibile condizione di sopravvivenza della civiltà europea. All'uomo contemporaneo che vuole riconoscere se stesso nella creatura fatta a "immagine e somiglianza di Dio", a quanti siano disposti a non far cadere l'invito "diventa ciò che sei", rifuggendo dal rischio di cadere in facili rimedi, l'autore suggerisce le opportune terapie di riappropriazione della dignità personale. L'esercizio delle virtù civili, che viene proposto come modello di un umanesimo applicato e stile di vita affidato alla quotidianità, risulta un valido strumento per orientarsi nel mondo presente e per offrire, in particolare ai giovani, le indicazioni per essere attori consapevoli e impegnati nella storia dell'umanità.
Dopo gli storici lavori di Naumann (1901) e Weichelt (1910), il primo commento italiano all'opera di Nietzsche condotto capitolo per capitolo. L'opera di Sossio Giametta mostra "Così parlò Zarathustra" come l'esplosione del genio morale e poetico di Nietzsche che, in combinazione ma anche in contrasto con le sue tesi filosofiche, costituisce una summa della sapienza occidentale. Guida alla grandezza, ditirambo alla purezza e canto di solitudine, lo Zarathustra insegna il valore del corpo e l'attaccamento alla terra, incita all'amore di sé, che è sacrificio, e all'amore della vita, che è fierezza, responsabilità e lotta, contrapponendosi ai Vangeli cristiani, che negano valore autonomo alla vita e impediscono di cogliere la pienezza per cui vale la pena di vivere e morire. Una lettura attenta, condotta sull'edizione critica, di una delle più significative opere del pensiero occidentale. Un'interpretazione controcorrente di un autore discusso, a cui si affiancano una puntuale analisi stilistica e una ricostruzione completa delle fonti e dei riferimenti culturali e filosofici di Nietzsche.
Nel XXI secolo qualcosa di nuovo si annuncia nel rapporto fra cristianesimo e civiltà. Si profila una fase postmoderna denotata da un cambiamento espansivo del confine fra religione e vita civile. Le religioni hanno ricominciato ad acquistare spazio nella sfera pubblica, opponendosi al pluricentenario movimento che vorrebbe allontanarle dalla vita civile.
In questo volume sono raccolti diversi studi, ormai dispersi e quasi introvabili, dedicati da Roberto Nebuloni ad Adorno, Horkheimer, Marcuse, Schütz e, successivamente, a Lagneau, Madinier, Nabert, Thévenaz: diverse tradizioni di pensiero – la francofortese, la fenomenologica e infine la Filosofia riflessiva – che Nebuloni attraversa ricostruendone con scrupolo i passaggi più significativi, certamente decisivi per il pensiero filosofico del Novecento. Ma Nebuloni si volge ai propri autori anche con un forte interesse teoretico, sollecitandone fra l’altro l’impensato e aprendo così prospettive nuove, spesso disattese dalla critica. Per questa via, oltre che una corretta ricostruzione dei diversi contesti speculativi, gli scritti di Roberto Nebuloni finiscono per offrirci anche una duplice proposta di pensiero: da un lato la prospettiva che torna a prefigurare un pensiero dell’assoluto, ma in termini discreti e con il rigore di una riflessione trascendentale, dall’altra la riflessione che si raccoglie sulla potenza del linguaggio simbolico inteso come il luogo privilegiato in cui viene infine a parola l’indicibile presenza del sacro.
Roberto Nebuloni, nato a Varese nel maggio del 1950, morì il 29 giugno 1994 in Valle Introna in un incidente di montagna. Aveva iniziato la sua ricerca scientifica dedicandosi in particolare agli autori della Scuola di Francoforte. Il suo lavoro più cospicuo a questo riguardo è il volume Dialettica e storia in Th. W. Adorno (1958). Successivamente si era dedicato anche allo studio della francese Filosofia riflessiva, pubblicando in particolare saggi su Lagneau, Madinier, Nabert, Thévenaz e soprattutto il volume Certezza e azione. La filosofia riflessiva in Lagneau e Nabert (1984). Si era infine volto allo studio di Rosmini, cui va riferito il suo ultimo libro, Ontologia e morale in A. Rosmini (1994).
Il volume, dopo aver riscosso ampio consenso dalla critica, fu onorato – nel maggio 1995 e nell’ambito del «Progetto Rosmini» – col premio alla memoria «Emilio Cecchetti».
Metafora che allude all'intenzione di superare il vuoto del nichilismo, "Oltre Saturno" sviluppa riflessioni che recuperano la dimensione utopica, in quanto progetto di apertura alla speranza e alla serietà della responsabilità. L'obiettivo è un incontro dialogico tra una pluralità di prospettive dal cui confronto deve risultare la possibilità di interpretare il presente, in modo da aprire vie d'uscita alle strettoie dell'oggi. I capitoli del volume investono tematiche attuali (etiche, politiche e religiose) strettamente intrecciate fra loro e articolate in una sequenza dialogica continua: ermeneutica del presente, filosofia e fede di fronte al nichilismo, pluralità prospettica, globalizzazione come spazio conflittuale, convergenza etica interculturale, riorganizzazione cosmopolitica, dialogo interreligioso, riabilitazione dell'utopia e della speranza.
I nostri concetti "non saranno mai i protagonisti di una commedia finita ove ciascuno ha la sua parte... saranno sempre i 'sei personaggi in cerca d'autore'". Bruno de Finetti (1906-1985), di cui ricorre quest'anno il centenario della nascita, non è stato soltanto un grandissimo matematico ma anche un filosofo nel senso più autentico della parola, capace di analizzare con spietato rigore le invenzioni della ragione per renderci comprensibile il mondo. Lo dimostrano queste pagine inedite del 1934, che vedono ora la luce grazie all'impegno della figlia Fulvia. A decenni di distanza, mentre infuria la polemica sul "relativismo", le parole di Bruno de Finetti, rivelano come i nostri valori si fondino "non su roccia ma su sabbia" e risultano più vive che mai.