Con la liquidazione della cornice e del concetto di bellezza qualunque oggetto rischia di essere considerato, in quanto tale o perché disposto da mano umana, un'opera artistica. La giustificazione di ogni singolarità porta con sé l'imprevisto della banalizzazione e l'arte contemporanea viene interpellata sull'inaridimento delle proprie fonti di ispirazione e sul presunto desiderio di sostituire la religione prendendone il posto. Il volume, che si colloca all'intreccio tra le dimensioni politica, morale e religiosa, si interroga sulla realtà e sulla vitalità delle arti contemporanee senza nulla concedere a inclinazioni pessimistiche, apocalittiche o "declinistiche". L'autore, uno dei maggiori studiosi del pensiero di Nietzsche, si propone di individuare alcune "pagliuzze" nella paccottiglia, memore della reazione di Diderot ai sistematici detrattori dell'arte contemporanea: "Tu rimesti la sabbia di un fiume che trasporta pagliuzze d'oro, e ne ritorni le mani piene di sabbia, lasciando le pagliuzze".
Che cos'è l'anima? Esiste veramente? Se esiste, è mortale o è immortale? Ha oggi ancora senso parlare dell'anima quando le neuroscienze spiegano le attività spirituali con l'anatomia e il funzionamento del cervello? Questo libro offre una risposta a queste domande. Secondo il Vescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi "il libro è un invito a riscoprire l'anima e, attraverso questa riscoperta, a riscoprire una visione integrale della persona umana". Il teologo gesuita, padre Ivan Fucek, afferma che l'autore del testo "scava nel profondo dell'essere umano: nella sua natura, nella coscienza e nei valori umani fondamentali, indagando l'anima razionale in maniera originale e convincente, affinché ogni uomo, più o meno colto, comprenda il tremendo mistero del suo essere uomo? La situazione mondiale odierna è molto confusa e il buio prevale sulla luce perché si sta affermando una nuova "snaturata eticità". L'ideologia del gender è il segno eloquente del momento che stiamo vivendo: si intende cancellare l'amore sessuale naturale affinché ogni uomo o donna possa scegliere liberamente il proprio sesso. Tramite un'operazione chirurgica un uomo potrebbe scegliere di diventare donna e una donna uomo, non dovendo rendere conto della propria decisione né ai familiari, né allo Stato, né a Dio la cui esistenza non ha più alcun valore".
Quando due grandi spiriti si incontrano, accade qualcosa di particolare; è come se si creasse una campo energetico percepibile fisicamente, persino nelle vibrazioni dell'aria. Anche a distanza di anni, coloro che erano presenti nell'Aula Magna dell'Istituto universitario di Architettura a Venezia il 9 marzo del 2004 ricordano con emozione l'atmosfera tutta particolare creatasi in occasione dell'incontro fra Raimon Panikkar ed Emanuele Severino. I due giganti del pensiero contemporaneo mettono a confronto Oriente e Occidente per capire se possono collaborare alla ricerca di una possibile realtà ultima. Dall'incontro emergono due elementi di convergenza: l'insoddisfazione radicale nei confronti della visione dominante del mondo e la convinzione che tutto sia eterno. Ma anche l'irriducibile differenza dei rispettivi punti di vista: per Severino la follia consiste nella fede del divenire altro del mondo, che trova la sua estrema realizzazione nella tecnica, mentre Panikkar pensa che il nostro compito non sia risolvere l'enigma del mondo bensì imparare a vivere in esso. Così Oriente e Occidente, pur faticando a comprendersi, non cessano di interrogarsi l'un l'altro.
La fede cristiana è intellettualmente accettabile? Anche per una persona istruita e intelligente che vive nel XXI secolo, con tutto ciò che è accaduto negli ultimi quattro o cinquecento anni? Non vi è qualcosa di folle e di naïf o forse di stupido e irresponsabile o persino di vagamente patologico nel mantenere una simile credenza? È la domanda di fondo di questo libro. Alvin Plantinga, celebre epistemologo e filosofo della religione, avanza la nozione di "garanzia" e sostiene che la fede può considerarsi autentica conoscenza. Ma, appunto, può: non è infatti cosa che si possa dimostrare, se è vero che la fede è innanzitutto (anche se non solo) opera di Dio. L'autore sostiene che una simile dimostrazione andrebbe oltre le competenze della filosofia, il cui compito principale, in questo ambito, è invece quello di confutare le obiezioni e di superare gli ostacoli alla fede cristiana.
Una risposta chiara e scientifica, ma di grande accessibilità, alle provocazioni ateiste e scientiste, tornate di recente molto di moda. Nella cultura contemporanea, grazie ad autori come Richard Dawkins, Sam Harris e Piergiorgio Odifreddi, prende sempre pis piede l'idea che ci sia una frattura insanabile ta fede e scienza e che l'ateismo sia una forma superiore di conoscenza e di moralità, una conseguenza logica delle scoperte scientifiche, del progresso tecnico e delle valutazioni storiche sul passato dell'umanità. In realtà, oggi come ieri, rimangono assolutamente intatte le stesse domande sul senso e il perchè dell'uomo, della vita e dell'universo: il rifiuto di un Dio creatore e la presunzione dell'uomo di aver esaurito qu sto mistero ha portato l'ateismo a rovesciarsi in una forma di fede assoluta e dogmatica (nell'uomo, nella scienza e nella politica) che, inseguendo vanamente il proprio paradiso, ha invece realizzato il peggiore inferno sulla terra, dal nazionalismo al razzismo, dall'eugenetica all'utopia dell'immortalità biologica tramite la manipolazione genetica e la clonazione. Dimostrando che la vera libertà non sta nel radicale rifiuto di Dio e che dunque l'uomo non può essere ateo.
Questo libro costituisce un esempio di filosofia della religione propriamente detta: interrogandosi su una questione peculiare della teologia - quella del "peccato originale" nella tradizione ebraico-cristiana -, non si propone né di sostituirsi a essa offrendo un fondamento razionale alla rivelazione, né tantomeno di imitarla svolgendo la ricerca nell'ottica della fede. Tenta invece un'interpretazione propria, mostrando come con tale tematica la religione affronti, seppur con intenti e esiti diversi, problemi analoghi a quelli della filosofia. Ecco che il racconto biblico della cacciata dal Paradiso terrestre - con cui si sono confrontati tra gli altri Kant, Hegel, Benjamin e Heidegger - si rivela luogo privilegiato per lo studio del nesso fra libertà, relazione e male: in Genesi 3 la libertà viene istituita e consegnata ai paradossi che contraddistinguono i tentativi di pensarla in una prospettiva relazionale, nella quale il male emerge come patologia della relazione. Se l'approccio religioso offre importanti elementi di stimolo e di chiarificazione all'indagine filosofica, il filosofo può sorprendersi - nel suo pensare a un "Dio possibile" - di riuscire a rischiarare alcuni aspetti della stessa tradizione religiosa.
"L'anima è parte della specie umana e perciò, benché separata, dal momento che mantiene la natura disposta all'unione, non può essere detta "individua substantia", cioè, ipostasi, o sostanza prima (...) Per cui non le si addice né la definizione, né il nome di persona" (Tommaso D'Aquino, Summa theologiae, I, q. 29 a. 1 ad 5). "Ho sempre stimato che queste due questioni, di Dio e dell'anima, erano le principali di quelle che devono essere dimostrate piuttosto dalle ragioni della filosofia che non della teologia" (R. Descartes, Meditazioni sulla filosofia prima nella quale è dimostrata l'esistenza di Dio e l'immortalità dell'anima). "Ma che cosa fa, in fondo, l'intera filosofia moderna? Da Cartesio in poi - e, per la verità, più a dispetto di lui che sulla base del suo esempio - da parte di tutti i filosofi, sotto l'apparenza di una critica al concetto di soggetto e di predicato, si perpetua un attentato contro l'antico concetto di anima, - vale a dire: un attentato al presupposto fondamentale della dottrina cristiana" (F. Nietzsche, Al di là del bene e del male, 54).
L'odierna trasformazione inedita della svolta antropologica pone all'elaborazione del "nuovo umanesimo" l'esigenza di articolare un nuovo assetto del religioso in chiave filosofico-teologica. A questa elaborazione contribuisce la ricerca qui presentata, che poggia sullo scavo approfondito e scientifico dei testi del Beato Antonio Rosmini. Da questa attenta analisi emerge una forma propria di metafisica della pro-affezione, che porta all'evidenza l'esperienza della coscienza stessa come originariamente etica perché assolutamente affettiva (e viceversa). Questo approccio, senz'altro originale, in quanto, tra l'altro, approfondimento coerente della teoria della coscienza credente di Pierangelo Sequeri, articola intrinsecamente le connessioni epistemologiche dei saperi e delle scienze, anche umane, e perviene alla ricomprensione della cifra unitaria della mutazione epocale della post-modernità, individuandola nella coscienza morale riflessa, intesa come giudizio speculativo di un giudizio pratico.
Finalità e contenuti del volume costituiscono un controcanto di riflessioni al clima del sentire fattuale della persona umana. L’Autore s’impegna in un percorso filosofico teso a cogliere e motivare la specificità ontologica dell’uomo nella quadruplice valenza relazionale: con se stesso, con Dio, con l’altro da sé e con l’ambiente. Pone così in campo analisi fenomenologiche e storico-esistenziali tese alla riscoperta delle radici metafisiche della relazionalità in ordine alla vita etica, religiosa, civile e ambientale. L’obiettivo finale è la ricomposizione dell’ethos relazionale nel cui spazio spirituale la domanda religiosa ha piena cittadinanza.
Il volume si chiude con una Postfazione di Ardian Ndreca e Niketa Stefa dal titolo "La persona tra metodo fenomenologico e istanze metafisiche".
Il problema dell'origine del male, della scelta e della libertà del pensiero di Luigi Pareyson. Chi è il primo colpevole del male? Perchè il male morale e la sofferenza? Forse fa parte delal natura? Alle risposte seguono nuove domande ancora più intricate. Quanto più aumenta la luce sulla questione tanto più aumenta la complessità. Quando si cerca di tornare indietro per cercare il colpevole o il perchè dell'esistenza del male, scopriamo che è difficile se non impossibile farlo. Se i colpevoli del male morale sono l'uomo e il demoniaco (quest'ultimo sicuramente solo per chi crede) l'origine e la possibilità di esso trova invece spiegazione" solo se si arriva al Principio di tutto. Lì, in quel "Luogo Immemorabile", come lo chiama Luigi Pareyson, si è fatta una Scelta che, ancor prima della Libertà, Lì proprio in Dio, inteso come Luogo e ancor di più come Soggetto, si è prodotta un'ambiguità che può darci una certa intelligenza circa l'origine del male."
Una riflessione a due voci (biblica e antropologica) sul tema della strada e del viaggio, autentico momento di verità e di incontro con l'altro, occasione di scoperta di sé e del mondo.
Il volume propone l'edizione di un testo fondamentale per la comprensione dell'ampio dibattito svoltosi in età moderna sulla questione della "guerra giusta". La statura intellettuale dell'autore e la sua ricchezza argomentativa, che richiama e vaglia scrupolosamente le "opiniones" di numerosi autori della tradizione medievale e del pensiero moderno, fanno della "Disputatio De Bello" un punto di riferimento teorico non solo per ricostruire il dibattito sul "bellum iustum" nel pieno svolgersi dell'aspro periodo di conflitti che gli storici chiamano "secolo di ferro", ma anche per vedere all'opera il nascente diritto internazionale dell'età moderna, di cui Suàrez è considerato uno dei fondatori. Tra '500 e '600, in effetti, la riflessione giusinternazionalista fu chiamata a una nuova, avvincente e definitiva sfida. Nuove domande mettevano alla prova i capisaldi della dottrina del "bellum iustum": si dà la possibilità di una guerra "giusta" per entrambe le parti? L'intervento bellico 'preventivo' per soccorrere gli "innocentes" (quella che oggi chiamiamo "guerra umanitaria") è una "guerra giusta"? Quali azioni sono lecite "in bello"? Suàrez affrontò tutte queste questioni e, come attestano le pagine qui pubblicate, vi rispose con scrupolo investigativo e dovizia argomentativa, facendo della disputatio sulla guerra un testo di riferimento per il dibattito dell'epoca e una fonte indefettibile per la storiografia odierna.